Venceslao, Milano, Malatesta, 1705

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Viale di verdura contiguo agli appartamenti di Erenice, con urna sepolcrale nel mezzo che si va fabbricando da scultori polacchi, i quali intrecciano il ballo, finito il quale esce Erenice.
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
 Urna, che del mio sposo
 chiuder dovrai le ceneri adorate,
995in que’ pallidi marmi
 non ben mi piaci. Ancora
 ti manca il più bel fregio. Il cor ti manca
 di Casimiro. Io vel porrò. Lo attendi
 da un amor disperato.
1000Tinto poi di quell’ostro,
 il tuo pallido orror sarà più grato.
 
 SCENA II
 
 ERNANDO ed ERENICE
 
 ERNANDO
 Principessa, a te viene
 un amico, un amante
 ad unir le sue pene al tuo dolore.
 ERENICE
1005Di vendetta si parli e non di amore.
 ERNANDO
 Vendetta, sì, vendetta
 anch’io voglio, anch’io giuro. (Si accosta all’urna e snuda la spada)
 O tu che sanguinosa
 qui d’intorno ti aggiri, ombra insepolta,
1010tu ricevi i miei voti e tu gli ascolta.
 
    Lo sdegno e ’l brando
 l’amico Ernando
 consacra a te.
 
    Alma diletta,
1015farò vendetta
 che a te dia pace
 e gloria a me.
 
 ERENICE
 Quanto mi piace l’odio tuo!
 ERNANDO
                                                    Lo irrita
 amor nel tuo dolore.
 ERENICE
1020E pur ritorni a ragionar di amore.
 ERNANDO
 Amor che non offende
 né la tua fé né l’amistà di Ernando
 non può irritarti. I mali tuoi nol fanno
 più ardito e baldanzoso. Egli è ben forte
1025ma disperato.
 ERENICE
                             E s’egli è tal, l’accetto.
 Disperato è anche il mio.
 ERNANDO
                                                Tale il prometto.
 ERENICE
 Ti ricevo compagno
 nel mio furore.
 ERNANDO
                               Io più d’un seno, o bella,
 ti additerò dove infierir.
 ERENICE
                                               Sì, vanne
1030l’armi e l’ire a dispor.
 ERNANDO
                                          Tosto ogni indugio
 per la vendetta è pena.
 ERENICE
 Ma tua sola mercede
 fia che Erenice a l’amor tuo dà fede.
 ERNANDO
 
    Ama, sospira e piangi
1035ma non cercar pietà.
 
    L’amor che chiede affetto
 sol ama il suo diletto
 più che l’altrui pietà.
 
 SCENA III
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 L’opra illustre compisci, anima amante;
1040e se speme ti è tolta,
 la gloria tua, non la tua brama ascolta.
 
    Sarà gloria a la costanza,
 il dover senza mercede,
 idol mio, per te languir.
 
1045   Toglie il merito a la fede
 la speranza del gioir.
 
 SCENA IV
 
 Torre che serve di prigione, corrispondente al palazzo reale.
 
 CASIMIRO solo incatenato
 
 CASIMIRO
 Ove sete? Che fate,
 spirti di Casimiro? Io di re figlio,
 io di più regni erede,
1050io tra marmi ristretto? Io ceppi al piede?
 
    Dure ritorte
 con braccio forte
 vi scuoterò,
 vi spezzerò.
1055Vuole il padre ch’io mora; ahi! Che farò?
 
 Ch’io mora? È tanto grave il mio delitto?
 Ah sì! Per me cadde il fratel. Ma cadde
 senza colpa del core.
 Volea morto il rival, ne ha colpa amore.
1060Amor, sì sì, tu solo
 sei mia gran colpa. O di Erenice, o troppo
 bellezze a me fatali, io vi detesto.
 Son misero, son reo, son fratricida,
 perché vi amai. Sono spergiuro ancora,
1065spergiuro ed empio a chi fedel mi adora.
 
    Ombre squallide, furie di amor,
 su venite, tormentate,
 lacerate questo cor.
 
    Date morte... Ah no! Fermate
1070e lasciate
 tanto solo a me di vita
 che dir possa lagrimando:
  «Cara sposa fedele, io t’ho tradita».
 
 SCENA V
 
 GISMONDO, LUCINDA e CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
1075Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
1080leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
 nunzia de la mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
1085di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
 sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 Desta pietà.
 LUCINDA
                         (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
1090tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
1095di tua pietade io sono;
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo; del primo
1100tuo pianto io son contenta.
 Godo di perdonarti
 e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 LUCINDA
 
    Caro...
 
 CASIMIRO
 
                   Bella...
 
 A DUE
 
                                  Questo petto
 leghi amor in mezzo a l’armi.
 
                                     mio
1105   Come grande è il            tormento,
                                      tuo
 sommo ancor sarà il contento
 ch’oggi amor saprà donarmi.
 
 CASIMIRO
 Ed è vero, o mia cara,
 che non sia inganno il mio gioir.
 LUCINDA
                                                             Ti accerti
1110anche il labbro real. (Parla piano a Gismondo)
 CASIMIRO
                                        Scordo già tutti
 vicino a te, mio bene, i mali miei.
 GISMONDO
 Ubbidisco, o regina. (Parte)
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon. Temer non dei.
 CASIMIRO
 Si avanza il genitor.
 
 SCENA VI
 
 VENCESLAO, GISMONDO, CASIMIRO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
                                       Vanne, o Gismondo.
1115Al principio de l’opra
 ben corrisponda il fin.
 GISMONDO
                                           Strane vicende,
 vi figura il pensiero e non v’intende. (Parte)
 VENCESLAO
 Figlio, in onta a tue colpe
 son padre ancora. Alor che morte attendi,
1120agl’imenei t’invito e ti presento
 in Lucinda una sposa.
 Tutt’altro oggi attendevi
 fuorché un tal dono. Abbilo a grado. Il chiede
 tuo dover, mio comando e più sua fede.
 LUCINDA
1125(Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh, come
 è possibile, o padre,
 che sì tosto si cangi
 la sorte mia? Dovea morire...
 VENCESLAO
                                                       Eh, lascia
 la memoria funesta.
1130Pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più de la vita
 m’è ’l dono tuo. Lo accetto,
 non perché tu ma perché amor lo impone;
 e a la bella Lucinda
1135non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VENCESLAO
                                         Or questa gemma (Dà un anello a Casimiro che poi con esso sposa Lucinda)
 confermi a lei la marital tua fede.
 CASIMIRO
 Ma più di questa gemma
 te la confermi il core.
 LUCINDA
1140Mio tesoro.
 CASIMIRO
                        Mio ben.
 A DUE
                                           Mio dolce amore.
 VENCESLAO
 Sposi, sì casti amplessi
 lasciar si denno in libertà.
 CASIMIRO
                                                  Due volte
 mi fosti padre.
 LUCINDA
                              E vita
 ti deggio anch’io.
 VENCESLAO
                                  Regina,
1145a l’onor tuo si è soddisfatto?
 LUCINDA
                                                     Appieno.
 VENCESLAO
 Se’ paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
 tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
 La fé serbasti.
 VENCESLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
1150qui far mi resta, or che la fé serbai.
 Ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VENCESLAO
 Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA, CASIMIRO e poi GISMONDO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
1155giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
1160E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
 Carnefice vuol torti
 la vita che ti diede e romper tutti
 gli ordini di giustizia e di natura.
1165Né ti risenti? E soffri
 attonito la tua, la mia sciagura?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
 che far? Che dir poss’io? Veggo i miei mali
 e so di meritarli.
1170Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
1175sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
 amor, sangue, ragione.
 Ecciterò ne’ popoli lo sdegno.
1180Empierò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
    E se teco io non vivrò,
 teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
1185Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, se’ sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi ti uccide,
1190nieghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro, io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
1195Va’ pur; ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra, a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò,
 dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi!
1200Tu impallidisci! Il mio morir tu temi!
 Né temi il tuo! Che pietà è questa! Priva
 mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
 che ti chiedo in morendo.
 GISMONDO
                                                 Il cor da l’alma
1205svellersi sento. Prence...
 CASIMIRO
 L’infelice sa tosto
 la sua sciagura.
 GISMONDO
                               Il regal padre...
 CASIMIRO
                                                             Intendo.
 Vengo, vengo, Gismondo. Un sol momento
 dona a un misero amico, a un fido amante.
 GISMONDO
1210E resisto!
 LUCINDA
                     E non moro!
 CASIMIRO
                                              Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
 Tollerar più non posso
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
1215se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto; non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
 Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
1220Ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.
 
 SCENA VIII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
1225ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
 Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui ’l pianto? A l’armi, a l’armi,
1230già che tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 ne la reggia l’ingresso. Ecco già parmi
 di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
1235di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ahi, dove son? Che parlo?
 
    Vaneggia oppresso il cor
 tra nembi del timor,
 la calma l’alma
1240perdendo va.
 
    E ognor di fiera stella
 sento che mi flagella
 la crudeltà.
 
 SCENA IX
 
 Galleria di statue.
 
 ERENICE ed ERNANDO con ferro in mano
 
 ERENICE
 Tutta cinta è dal popolo feroce
1245la sarmatica reggia. Ognun la vita
 chiede di Casimiro.
 Teco fra lor passai; né fu chi ’l guardo
 torvo a noi non volgesse. Ancor nel petto
 mi trema il cor.
 ERNANDO
                                Sì tosto
1250si avvilisce il tuo sdegno!
 ERENICE
 No no, mora il crudele e pera il regno.
 ERNANDO
 Pera anche il re; ma ’l colpo
 esca da la tua mano.
 ERENICE
 Io svenar Venceslao!
 ERNANDO
1255Sì, quelle son le regie stanze.
 ERENICE
                                                       Ernando,
 cerco vendetta e non infamia.
 ERNANDO
                                                        Il ferro,
 che dee passar nel sen del figlio, ha prima
 in quel del padre a ripassar. Che importa
 che tu ’l comandi o ’l vibri!
 ERENICE
1260Come! Val tanto adunque
 d’un reo la vita?
 ERNANDO
                                 Parmi
 tutta incendio e tutt’armi
 veder la reggia. Ahi dove andranno, dove
 l’ire a cader? Su te cadran, su te,
1265misera patria e miserabil re.
 ERENICE
 Ma che dee farsi!
 ERNANDO
                                   Al sol pensarvi io tremo,
 sudo, mi agghiaccio. Io primo offeso, io prima
 rinunzio a la vendetta e getto il ferro;
 generosa Erenice,
1270nel tuo dolor la tua cagione ascolta;
 a la patria, al monarca, a la tua gloria
 con sì bella vendetta
 meglio noi placherem l’ombra diletta.
 ERENICE
 Io dar perdono? Ernando...
 ERNANDO
1275S’apre l’uscio real. Vanne ed implora
 al regio piè...
 ERENICE
                           Vuo’ pensar meglio ancora.
 
    Qual senza stella
 la navicella
 ondeggia l’anima
1280e non ha pace.
 
    Ragion disanima
 la sua vendetta,
 pietà l’alletta,
 rigor le piace.
 
 SCENA X
 
 ERNANDO
1285Seguiam suoi passi. Un sol rifiuto, Ernando,
 non stanchi il tuo soffrir né lo sgomenti.
 Odio che si rallenti è quasi estinto
 e, quando ascolta, un cor di donna è vinto.
 
    Torna men fiera, o bella,
1290da’ pace al tuo dolor,
 tempra lo sdegno.
 
    Di Venere la stella
 sol accenda il tuo cor
 d’amor nel regno.
 
 SCENA XI
 
 VENCESLAO con guardie
 
 VENCESLAO
1295A me guidisi il figlio.
 Giorno, o quanto diverso
 da quel che ti sperai! Giorno fatale!
 Oggi ne’ tuoi trionfi
 gioie sognava, Ernando; ed in voi, figli,
1300oggi penar convienci. Itene e i lieti
 apparati di onor cangiate, amici,
 in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Venceslao, più genitor non sono.
 
    Taci, amor; cedi, natura;
1305cor di re non tormentar.
 
    Oggi vuol la mia sciagura
 che a punir mi affretti un figlio
 ed un altro a vendicar.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO con guardie e VENCESLAO
 
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
1310incerto fra la vita e la morte,
 eccomi.
 VENCESLAO
                  Sorgi. (Anima mia, sta’ forte).
 CASIMIRO
 Ne le tue mani è ’l mio destin.
 VENCESLAO
                                                         Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VENCESLAO
1315Cieco rotasti il ferro
 fra l’ombre.
 CASIMIRO
                         Il ferro strinsi e fui spietato.
 VENCESLAO
 Alessandro uccidesti.
 CASIMIRO
 Il mio germano uccisi.
 VENCESLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
1320E del colpo l’error fu più delitto.
 VENCESLAO
 Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              L’ho ma le taccio, o sire.
 Se discolpe cercassi, io sarei ingiusto.
 Sarò più reo, perché tu sii più giusto.
 VENCESLAO
 Vien meno il cor. Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
1325Re, padre...
 VENCESLAO
                        E prendi in questo
 l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
 L’ultimo!
 VENCESLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VENCESLAO
 Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove, signor?
 VENCESLAO
                                                             A morte.
 CASIMIRO
 A morte!
 VENCESLAO
                    Sì, ma vanne
1330non reo ma generoso. Un cor vi porta
 degno di re che non imiti il mio.
 A me sol lascia i pianti, a me i dolori;
 e insegnami costanza alor che muori.
 CASIMIRO
 
    Vado a morir, ti lascio
1335la pace ch’ho nel cor.
 
    Tu della sposa intanto (Verso Venceslao)
 tergi l’amaro pianto,
 consola il suo dolor.
 
 SCENA XIII
 
 VENCESLAO, poi ERENICE
 
 VENCESLAO
 Importuno dover, quanto mi costi!
 ERENICE
1340Vengo...
 VENCESLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
 del reo figlio la pena,
 risparmia i voti. A te de la vendetta
 debitor più non sono.
 Il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
1345E te ne assolve ancora
 la pietà di Erenice.
 Per me non vegga il regno
 la natura in tumulto,
 la patria in armi, la pietà in esiglio.
1350A l’ombra di Alessandro
 basti il mio pianto e ti ridono il figlio.
 VENCESLAO
 No, con la tua pietade io non mi assolvo.
 Se restano impunite,
 passan le colpe in legge;
1355e non le teme il volgo,
 se l’esempio del re non le corregge.
 
 SCENA XIV
 
 ERNANDO e li sudetti
 
 ERNANDO
 Anch’io, sire...
 VENCESLAO
                             Opportuno
 tu giugni, amico. In sì grand’uopo io cerco
 o ragione o conforto.
 ERNANDO
1360Per chieder grazie al regio piè mi porto.
 VENCESLAO
 L’avrai quando anche fosse
 la metà del mio trono.
 ERNANDO
 Ti chiedo...
 VENCESLAO
                        E che?
 ERNANDO
                                       Del principe il perdono.
 VENCESLAO
 Come?
 ERNANDO
                 N’han la tua fede i voti miei.
1365In ciò non re ma debitor mi sei.
 VENCESLAO
 Tutto a te deggio e regno e vita. Solo
 la mia giustizia, l’onor mio, la sacra
 custodia de le leggi io non ti deggio.
 ERNANDO
 Principe, al tuo destin scampo non veggio.
 
 SCENA XV
 
 GISMONDO frettoloso e li sudetti
 
 GISMONDO
1370Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
 rompi ogn’indugio ed arma
 di acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo!
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avvenne?
 GISMONDO
                                                                                 Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
1375già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah se riparo
 tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
1380Sono infranti i suoi ceppi,
 fugati i tuoi custodi, al suol gittati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 Ognun grida, ognun freme; e se veloce
1385tu non vi accorri, invano
 freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
1390soddisferò, soddisferò a me stesso.
 Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
1395   L’arte, sì, del ben regnar
 da me ’l mondo apprenderà.
 
    Ei vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà!
 
 SCENA XVI
 
 ERENICE e GISMONDO
 
 ERENICE
 Che sarà? O del mio sposo
1400adorata memoria,
 non per viltà ma perdonai per gloria.
 
    Langue ne l’alma il fier
 di vendetta pensier,
 il cieco sdegno.
 
1405   Ma se cede il furor,
 più barbaro l’amor
 vi tien il regno.
 
 SCENA XVII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Di così strani eventi
 attonito mi ha reso il moto e ’l corso.
1410Numi, un guardo migliore
 volgete al nostro regno;
 e non faccia a noi fede
 de la vostra possanza il vostro sdegno.
 
    Taccian l’ire di nembi funesti,
1415pene a l’alma, spaventi al pensier.
 
    Del periglio l’orrore sol resti
 ma l’orrore si cangi in piacer.
 
 SCENA XVIII
 
 Luogo magnifico con trono reale.
 
 CASIMIRO, LUCINDA, popoli, soldati escono al suono di militari strumenti
 
 LUCINDA, POPOLI
 
    Viva e regni Casimiro.
 Viva, viva.
 
 CASIMIRO
1420Duci, soldati, popoli, Lucinda, (Con spada alla mano)
 qual zelo v’arma? Qual furor vi muove?
 Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Dovrò la vita al vostro
 tumultuoso amore?
1425Dopo un german con minor colpa ucciso,
 ucciderò con più mia colpa un padre?
 Non è questa la vita
 ch’io chieder posso. Ah prima
 rendetemi i miei ceppi,
1430traetemi al supplizio; e quando ancora
 v’è chi si opponga, questo,
 sì, questo acciar trafiggerammi; in pena
 del mio, del vostro eccesso
 io ’l carnefice sol sarò a me stesso.
1435E tu datti alfin pace,
 mio solo amor, mio sol dolore, in questa
 sorte mia dispietata,
 raro esempio di fé, sposa adorata.
 LUCINDA
 
   Non dir di amarmi più,
1440anima senza fé, senza pietà.
 
    Tu amor per me non hai
 né tu l’avesti mai.
 Perché con me? Perché tanta empietà?
 
 SCENA ULTIMA
 
 VENCESLAO, ERENICE, ERNANDO, GISMONDO e li sudetti
 
 VENCESLAO
 Ed è vero? E lo veggio?
 CASIMIRO
1445Padre e signor, ritorno
 volontario a’ tuoi ceppi,
 depongo ancor la spada e piego il capo.
 Solo a questo perdona
 popol fedel. Zelo indiscreto il mosse;
1450di me disponi. In me le leggi adempi.
 In me punisci il fallo.
 Fratricida infelice io morir posso,
 non mai figlio rubel, non reo vassallo.
 LUCINDA
 
    Viva, viva Casimiro.
 
 TUTTI
 
1455Viva, viva. (Venceslao va sul trono)
 
 VENCESLAO
 Popoli, da quel giorno, in cui vi piacque
 pormi in fronte il diadema, in man lo scettro,
 resi giustizia e fui
 ministro de le leggi e non sovrano.
1460Ora non fia ch’io chiuda
 con ingiusta pietade e regno e vita.
 Si deve un fratricida
 punir nel figlio. Il condannai. La legge
 re mi trovò, non padre.
1465Voi nol volete; ed ora
 padre, non re mi troverà natura.
 Figlio, ti accosta.
 CASIMIRO
                                 Al soglio,
 piego umil le ginocchia. (Casimiro ascende due o tre gradini del trono e s’inginocchia dinanzi al padre)
 LUCINDA
 (Cor, non anche t’intendo).
 VENCESLAO
1470Qual re avesti, Polonia, il raro, il grande
 atto, per cui lo perdi, ora t’insegni.
 Volermi ingiusto è un non voler ch’io regni. (Venceslao si cava la corona di capo in atto di porla su quello del figlio)
 CASIMIRO
 Che fai, signor?
 VENCESLAO
                                Conviene
 far cader la tua testa o coronarla.
 CASIMIRO
1475Mora il figlio e tu regna.
 VENCESLAO
                                               Il re tu sei.
 Col voler di Erenice,
 con la virtù di Ernando,
 il popolo ti acclama. Io reo ti danno
 e assolver non ti posso;
1480or che tu se’ sovrano,
 assolverti potrai con la tua mano. (Venceslao corona il figliuolo al suono di timpani e trombe)
 LUCINDA
 Gioie, non mi opprimete. (Preso per mano Casimiro discende con esso lui dal trono)
 CASIMIRO
 La corona io ricevo
 in deposito, o padre, e non in dono.
1485Tu sarai re. Io servo
 le leggi tue publicherò dal trono.
 ERNANDO
 Io pure in te, nuovo monarca, adoro
 l’alto voler del tuo gran padre.
 CASIMIRO
                                                         Ernando,
 non eredito re gli odi privati.
1490Ti abbraccio, amico. E tu, Erenice, in lui
 da me prendi uno sposo,
 se nel fratello un te ne tolsi.
 ERNANDO
                                                    O sorte!
 ERENICE
 Signor, erra insepolta
 ancor l’ombra amorosa. Almen mi lascia
1495pianger l’estinto, anzi che il vivo abbracci.
 ERNANDO
 Mi basta or sol che rea
 ne l’amarti non sia la mia speranza.
 ERENICE
 Tutto speri in amor merto e costanza.
 CASIMIRO
 Diletta sposa, cari
1500solo per te mi son la vita e ’l regno.
 LUCINDA
 Tanta è la gioia mia
 che parmi di sognar, mentre ti annodo.
 GISMONDO
 Col tuo giubilo, o patria, esulto e godo.
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
1505nostro duce e nostro re.
 
    Te si unisca a far beato
 tempo e sorte, amor e fé.
 
 Ballo che rappresenta i quattro elementi e termina il drama.