Venceslao, Firenze, Vangelisti, 1704 (Vincislao)

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino.
 
 ERENICE
 
 ERENICE
 Urna, che del mio sposo
930chiuder dovrai le ceneri adorate,
 in que’ pallidi marmi
 non ben mi piaci. Ancora
 ti manca il più bel fregio. Il cor ti manca
 di Casimiro. Io vel porrò. Lo attendi
935da un amor disperato.
 Tinto poi di quell’ostro,
 il tuo pallido orror sarà più grato.
 
 SCENA II
 
 ERNANDO e detta
 
 ERNANDO
 Principessa, a te viene
 un amico, un amante
940ad unir le sue pene al tuo dolore.
 ERENICE
 Di vendetta si parli e non d’amore.
 ERNANDO
 Vendetta, sì, vendetta (Si accosta all’urna e snuda la spada)
 anch’io voglio, anch’io giuro.
 O tu che sanguinosa
945qui d’intorno t’aggiri, ombra insepolta,
 tu ricevi i miei voti e tu gli ascolta.
 Lo sdegno e ’l fido brando
 Ernando a te consacra, alma diletta,
 e sarà gloria mia la tua vendetta.
 ERENICE
950Quanto mi piace l’odio tuo.
 ERNANDO
                                                    Lo irrita
 amor nel tuo dolore.
 ERENICE
 E pur ritorni a ragionar d’amore.
 ERNANDO
 Amor che non offende
 né la tua fé né l’amistà d’Ernando
955non può irritarti. I mali tuoi nol fanno
 più ardito e baldanzoso. Egli è ben forte
 ma disperato.
 ERENICE
                             E s’egli è tal, l’accetto.
 Disperato è anche il mio.
 ERNANDO
                                                Tale il prometto.
 ERENICE
 Ti ricevo or compagno
960nel mio furore.
 ERNANDO
                               Andiamo. Io più d’un seno
 t’additerò dove infierire.
 ERENICE
                                                Andiamo.
 Ma tua sola mercede
 fia ch’Erenice all’amor tuo dà fede.
 
    Di mia tradita speme
965grido vendetta al ciel!
 
    Vibri dal fosco seno
 nembi di strali ardenti,
 col tuono e col baleno
 punisca i tradimenti
970del barbaro crudel.
 
 SCENA III
 
 Prigione.
 
 CASIMIRO incatenato
 
 CASIMIRO
 Ove siete? Che fate,
 spirti di Casimiro? Io di re figlio,
 io di più regni erede,
 io tra marmi ristretto? Io ceppi al piede?
 
975   Dure ritorte,
 con braccio forte
 vi scuoterò,
 vi spezzerò.
 Vuole il padre ch’io mora. Ahi! Che farò?
 
980Ch’io mora? È tanto grave il mio delitto?
 Ah sì, per me cadde il fratel. Ma cadde
 senza colpa del cuore.
 Volea morto il rival; n’ha colpa amore.
 Amor, sì sì, tu solo
985sei mia gran colpa. O d’Erenice, o troppe
 bellezze a me fatali, io vi detesto.
 Son misero, son reo, son fratricida,
 perché v’amai; sono spergiuro ancora,
 spergiuro ed empio a chi fedel m’adora.
 
990   Ombre squallide, furie d’amor,
 su venite, tormentate,
 lacerate questo cor.
 
    Date morte... Ah no, fermate
 e lasciate
995tanto solo a me di vita
 che dir possa lagrimando:
  «Cara sposa fedel, io ti ho tradita».
 
 SCENA IV
 
 GISMONDO, LUCINDA e detto
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
 Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
1000(Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, (dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi)
 leggo sulla tua fronte
1005la sorte mia. Tu vieni
 nunzia della mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo
 ma la ricevo in pena
 d’averti iniquo, o mia fedel, tradita,
1010se pur la ria sentenza
 sul labro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 (Desta pietà).
 LUCINDA
                             (Caro dolor). Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
1015Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
 di tua pietade io sono;
1020ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo; del primo
 tuo pianto io son contenta,
1025godo di perdonarti
 e la vendetta mia fia l’abbracciarti.
 GISMONDO
 Prenci, non più dimore, il re vi attende.
 CASIMIRO
 A che?
 LUCINDA
                Dal regio labro
 l’alto destin ne intenderai.
 CASIMIRO
                                                   Già scordo
1030vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon; temer non dei.
 GISMONDO
 Or vi precedo.
 LUCINDA
                             Andiamo; o gioia!
 CASIMIRO
                                                                O sorte!
 A DUE
 Né sciolga un sì bel laccio altri che morte.
 
 SCENA V
 
 Sala regia.
 
 VINCISLAO con guardie e GISMONDO
 
 VINCISLAO
 Nozze più strane e meno attese e quando,
1035Polonia, udisti? Onor le chiede, impegno
 le stringe; e questa reggia
 ne serve all’apparato e le festeggia.
 Ma...
 GISMONDO
             S’avanza a’ tuoi cenni
 la regal coppia.
 VINCISLAO
                               Venga.
1040Tu ciò che imposi ad affrettar t’invia.
 Al principio dell’opra
 ben corrisponda il fin.
 GISMONDO
                                           Strane vicende,
 vi figura il pensiero e non v’intende.
 
 SCENA VI
 
 CASIMIRO, LUCINDA e VINCISLAO
 
 CASIMIRO
 De’ più illustri sponsali
1045questa è la reggia.
 LUCINDA
                                    E qui t’attende il padre.
 VINCISLAO
 Figlio, in onta a tue colpe
 son padre ancora. Allor che morte attendi,
 agl’imenei t’invito e ti presento
 in Lucinda una sposa.
1050Tutto altro oggi attendevi
 fuorché un tal dono. Abbilo a grado, il chiede
 tuo dover, mio comando e più sua fede.
 LUCINDA
 (Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh, come
 è possibile, o padre,
1055che sì tosto si cangi
 la sorte mia? Dovea morir...
 VINCISLAO
                                                     Eh, lascia
 la memoria funesta,
 pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più della vita
1060m’è il dono tuo. Lo accetto,
 non perché tu ma perché amor l’impone
 e alla bella Lucinda
 non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VINCISLAO
                                         Or questa gemma
1065confermi a lei la marital tua fede. (Le dà un anello)
 CASIMIRO
 Ma più di questa gemma
 te la confermi il core.
 LUCINDA
 Mio conforto.
 CASIMIRO
                            Mio ben.
 A DUE
                                               Mio dolce amore.
 VINCISLAO
 Sposi, sì casti amplessi
1070lasciar si denno in libertà.
 CASIMIRO
                                                  Due volte
 mi fosti padre.
 LUCINDA
                              E vita
 ti deggio anch’io.
 VINCISLAO
                                  Regina,
 all’amor tuo si è sodisfatto?
 LUCINDA
                                                    Appieno.
 VINCISLAO
 Se’ paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
1075tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VINCISLAO
 Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
 La fé serbasti.
 VINCISLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
 qui far mi resta, or che la fé serbai;
 ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VINCISLAO
1080Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
1085Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi,
 se mi sei più crudel, meno m’offendi.
 E tu che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
1090Carnefice vuol torti
 la vita che ti diede e romper tutti
 gli ordini di giustizia e di natura.
 Né ti risenti? E soffri
 attonito la tua, la mia sciagura?
 CASIMIRO
1095Lucinda, anima mia,
 che far, che dir poss’io? Veggio i miei mali
 e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango; o sposa,
 misera sposa! giunta
1100a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
1105Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
 amor, sangue e ragione;
 ecciterò ne’ popoli lo sdegno,
 empierò d’ire il regno,
 di tumulti la reggia,
1110tratterò ferro e foco.
 
    E se teco io non vivrò,
 teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio;
1115il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, sei sposo ancora;
 serbi il nome di figlio a chi t’uccide,
 nieghi il nome di sposo a chi t’adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
1120che più m’è caro, io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante;
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur; ti è cara, il veggio,
 la morte tua, vanne, l’incontra, all’empio
1125carnefice fa’ core e ’l colpo affretta;
 ma sappi, io pur morrò,
 dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi?
 Tu impallidisci? Il mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
1130mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
 che ti chiedo in morendo. Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
1135Tollerar più non posso
 la pietà di quel pianto; andrò men forte,
 se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto, non ho costanza
 per rimirarti a piangere;
1140sposa, t’abbraccio, addio.
 
    Se più rimango, io moro
 ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.
 
 SCENA VIII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
1145Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
 ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
1150Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui il pianto? All’armi, all’armi,
 già che tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 nella reggia l’ingresso. Ecco già parmi
1155di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
 di dar vita al mio sposo e d’abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ah dove son? Che parlo?
 
    Vaneggia la spene,
1160delira l’affetto
 e intanto il mio bene
 a morte sen va.
 
    Lo salvo pietosa,
 lo abbraccio amorosa
1165e ancora ristretto
 fra’ ceppi egli sta.
 
 SCENA IX
 
 Galleria.
 
 ERNANDO ed ERENICE con ferro alla mano
 
 ERENICE
 Tutta cinta è dal popolo feroce
 la sarmatica reggia. Ognun la vita
 chiede di Casimiro.
1170Teco fra lor passai; né fu chi ’l guardo
 torvo a noi non volgesse. Ancor nel petto
 mi trema il cor.
 ERNANDO
                                Sì tosto
 si avvilisce il tuo sdegno?
 ERENICE
 No no, mora il crudele e pera il regno.
 ERNANDO
1175Pera anche il re ma ’l colpo
 esca dalla tua mano.
 ERENICE
 Io svenar Vincislao?
 ERNANDO
 Sì, quelle son le regie stanze.
 ERENICE
                                                       Ernando,
 cerco vendetta e non infamia.
 ERNANDO
                                                        Il ferro,
1180che dee passar nel sen del figlio, ha prima
 in quel del padre a ripassar. Che importa
 che tu ’l comandi o ’l vibri?
 ERENICE
 Come, val tanto adunque
 d’un reo la vita?
 ERNANDO
                                 Parmi
1185tutta incendio e tutt’armi
 veder la reggia. Ahi dove andranno, dove
 l’ire a cader? Su te cadran, su te,
 misera patria e miserabil re.
 ERENICE
 Ma che dee farsi?
 ERNANDO
                                   Al sol pensarvi io tremo,
1190sudo, m’agghiaccio. Io primo offeso, io primo
 rinunzio alla vendetta e getto il ferro.
 Generosa Erenice,
 nel tuo dolor la tua ragione ascolta.
 Perdona a Casimiro, anzi perdona
1195alla patria, al monarca, alla tua gloria.
 Con sì bella vendetta
 meglio noi placherem l’ombra diletta.
 ERENICE
 Io dar perdono? Ernando...
 ERNANDO
 S’apre l’uscio real. Vanne ed implora
1200al regio piè...
 ERENICE
                           Vo’ pensar meglio ancora.
 ERNANDO
 
    Spunta su quei begli occhi
 un lampo di seren,
 
    un lampo lusinghier
 ch’è di pietà forier
1205dentro a quel sen.
 
 SCENA X
 
 VINCISLAO con guardie
 
 VINCISLAO
 A me guidisi il figlio.
 Giorno, o quanto diverso
 da quel che ti sperai! Giorno fatale!
 Oggi nacqui alla luce,
1210oggi moro ne’ figli. Itene e i lieti
 apparati d’amor cangiate, amici,
 in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Vincislao, più genitor non sono.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO con guardie e detto
 
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
1215incerto fra la vita e fra la morte,
 eccomi.
 VINCISLAO
                  Sorgi. (Anima mia, sta’ forte).
 CASIMIRO
 Nelle tue mani è ’l mio destin.
 VINCISLAO
                                                         Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VINCISLAO
1220Cieco rotasti il ferro
 fra l’ombre.
 CASIMIRO
                         Il ferro strinsi e fui spietato.
 VINCISLAO
 Alessandro uccidesti.
 CASIMIRO
 Il mio germano uccisi.
 VINCISLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
1225E del colpo l’error fu più delitto.
 VINCISLAO
 Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              L’ho ma le taccio, o sire;
 se discolpe cercassi, io sarei ingiusto;
 sarò più reo, perché tu sia più giusto.
 VINCISLAO
 (Vien meno il cor). Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
1230Re, padre...
 VINCISLAO
                        E prendi in questo
 l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
 L’ultimo?
 VINCISLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VINCISLAO
 Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove, signor?
 VINCISLAO
                                                             A morte.
 CASIMIRO
 A morte?
 VINCISLAO
                     Sì, ma vanne
1235non reo ma generoso. Un cor vi porta
 degno di re che non imiti il mio.
 A me sol lascia i pianti, a me i dolori
 e insegnami costanza allor che mori.
 CASIMIRO
 
    Vado costante a morte,
1240conservami tu solo
 la sposa mia fedel.
 
    Pensando al suo gran duolo,
 sento il mio cor men forte,
 più il mio destin crudel.
 
 SCENA XII
 
 VINCISLAO, poi ERENICE
 
 VINCISLAO
1245Importuno dover, quanto mi costi!
 ERENICE
 Vengo...
 VINCISLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
 del reo figlio la pena,
 risparmia i voti. A te della vendetta
 debitor più non sono.
1250Il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
 E te ne assolve ancora
 la pietà d’Erenice.
 Per me non veggia il regno
 la natura in tumulto,
1255la patria in armi, la pietà in esiglio.
 All’ombra d’Alessandro
 basti il mio pianto e ti ridono il figlio.
 VINCISLAO
 No, colla tua pietade io non m’assolvo.
 Se restano impunite,
1260passan le colpe in legge
 e non le teme il volgo,
 se l’esempio del re non le corregge.
 
 SCENA XIII
 
 ERNANDO e detti
 
 ERNANDO
 Anch’io, sire...
 VINCISLAO
                             Opportuno
 tu giungi, amico. In sì grand’uopo io cerco
1265o ragione o conforto.
 ERNANDO
 Per chieder grazie al regio piè mi porto.
 VINCISLAO
 L’avrai quando anche fosse
 la metà del mio trono.
 ERNANDO
 Ti chiedo...
 VINCISLAO
                        E che?
 ERNANDO
                                       Del principe il perdono.
 VINCISLAO
1270Come?
 ERNANDO
                 N’han la tua fede i voti miei,
 in ciò non re ma debitor mi sei.
 VINCISLAO
 Tutto a te deggio e regno e vita. Solo
 la mia giustizia, l’onor mio, la sacra
 custodia delle leggi io non ti deggio.
 ERNANDO
1275Principe, al tuo destin scampo non veggio.
 
 SCENA XIV
 
 GISMONDO e detti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
 rompi ogn’indugio ed arma
 d’acciar la destra e di costanza il core.
 VINCISLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avvenne?
 GISMONDO
                                                                                 Il prence...
 VINCISLAO
1280Morì? Per esser giusto
 già finii d’esser padre.
 GISMONDO
                                            Ah se riparo
 tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VINCISLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
1285la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
 fugati i tuoi custodi, al suol gittati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda;
1290ognun grida, ognun freme; e se veloce
 tu non vi accorri, invano
 freno si cerca al popolo feroce.
 VINCISLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
1295dover, pietà, legge, natura, a tutti
 sodisfarò, sodisfarò a me stesso.
 Seguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
1300ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    L’arte, sì, del bel regnar
 da me il mondo apprenderà.
 
    Ei vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà.
 
 SCENA XV
 
 ERENICE
 
 ERENICE
1305Che sarà? O del mio sposo
 adorata memoria,
 non per viltà ma perdonai per gloria.
 
    Perché ingannarmi,
 cara speranza,
1310se non lo merita
 questo mio cor.
 
    Perché allettarmi,
 lieta in sembianza,
 per poi abbattermi
1315con più dolor.
 
 SCENA XVI
 
 Luogo magnifico con trono.
 
 CASIMIRO, LUCINDA, popoli e soldati
 
 LUCINDA
 
    Viva e regni Casimiro.
 Viva viva.
 
 CASIMIRO
 Duci, soldati, popoli, Lucinda, (Con spada alla mano)
 qual zelo v’arma? Qual furor vi muove?
1320Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Deh prima
 rendetemi i miei ceppi o questo ferro
 trafiggerammi. E tu datti alfin pace,
 mio solo amor, mio sol dolor, in questa
1325sorte mia disperata,
 raro esempio di fé, sposa adorata.
 LUCINDA
 
   Non mi dir d’amarmi più,
 anima senza fé, senza pietà.
 
    Tu amor per me non hai,
1330né tu l’avesti mai.
 Perché con me? Perché tant’empietà?
 
 SCENA ULTIMA
 
 VINCISLAO, ERNANDO e detti
 
 VINCISLAO
 Ed è vero e lo veggio?
 CASIMIRO
 Padre e signor, ritorno
 volontario a’ tuoi ceppi,
1335depongo ancor la spada e piego il capo.
 Solo a questo perdona
 popol fedel. Zelo indiscreto il mosse;
 di me disponi. In me le leggi adempi,
 in me punisci il fallo.
1340Fratricida infelice io morir posso,
 non mai figlio ribel, non reo vassallo.
 VINCISLAO
 Popoli, da quel giorno, in cui vi piacque (Va sul trono)
 pormi in fronte il diadema, in man lo scettro,
 resi giustizia e fui
1345ministro delle leggi e non sovrano;
 ora non fia ch’io chiuda
 con ingiusta pietade e regno e vita.
 Si deve un fratricida
 punir nel figlio. Il condannai. La legge
1350re mi trovò, non padre,
 voi nol voleste; ed ora
 padre non re mi troverà natura.
 Figlio, ti accosta.
 CASIMIRO
                                 Al soglio,
 piego umil le ginocchia.
 LUCINDA
1355(Cor, non anche t’intendo).
 VINCISLAO
 Qual re avesti, o Polonia, il raro, il grande
 atto, per cui lo perdi, ora t’insegni.
 Volermi ingiusto è un non voler ch’io regni. (Vincislao si cava la corona e la vuol porre al figlio)
 CASIMIRO
 Che fai, signor?
 VINCISLAO
                                Conviene
1360far cader la tua testa o coronarla.
 CASIMIRO
 Mora il figlio e tu regna.
 VINCISLAO
                                               Il re tu sei.
 Col voler d’Erenice,
 colla virtù d’Ernando,
 il popolo ti acclama. Io reo ti danno
1365e assolver non ti posso.
 Or che tu sei sovrano,
 assolverti potrai colla tua mano. (Corona il figlio)
 LUCINDA
 (Gioie, non m’opprimete).
 CASIMIRO
 La corona io ricevo
1370in deposito, o padre, e non in dono.
 Tu sarai re, io servo
 le leggi tue pubblicherò dal trono.
 ERNANDO
 Io pure in te, nuovo monarca, adoro
 l’alto voler del tuo gran padre.
 CASIMIRO
                                                         Ernando,
1375non eredito re gli odi privati.
 Ti abbraccio, amico; e tu, Erenice, in lui
 da me prendi uno sposo,
 se nel fratello un te ne tolsi.
 ERNANDO
                                                    O sorte!
 ERENICE
 Signor, erra insepolta
1380ancor ombra amorosa. Almen mi lascia
 pianger l’estinto, anzi che ’l vivo abbracci.
 ERNANDO
 Mi basta or sol che rea
 nell’amarti non sia la mia speranza.
 ERENICE
 Tutto speri in amor merto e costanza.
 CASIMIRO
1385Ultimo a te mi volgo,
 diletta sposa; cari
 solo per te mi son la vita e ’l regno.
 LUCINDA
 Tanta è la gioia mia
 che parmi di sognar, mentre ti annodo.
 ERNANDO
1390Col tuo giubbilo, o patria, esulto e godo.
 VINCISLAO
 Figlio, in sì lieto giorno,
 queste festive pompe,
 destinate per me, siano tue glorie.
 Oggi per te rinasco, oggi più degno
1395principio e nuova vita e nuovo regno.
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
 nostro duce e nostro re.
 
    Te si unisca a far beato
 tempo e sorte, amor e fé.
 
 Fine del drama