Lucio Vero, Venezia, Niccolini, 1700

 ATTO TERZO
 
 Campo de’ romani attendato. Seguono giuochi militari in forma di danza fra’ soldati romani.
 
 SCENA PRIMA
 
 LUCILLA, CLAUDIO e soldati
 
 LUCILLA
 Romani, armi strignete; ed armi io chiedo
 ma in altr’uso le chiedo
 che di scherzo e di giuoco.
960Su’ vostr’occhi un ingrato,
 ch’è vostro imperador perch’è mio sposo,
 contro tutte le leggi
 di natura e del mondo, innalza al grado
 e di moglie e d’augusta
965una schiava regina; e me ripudia,
 me d’un Aurelio figlia,
 me del sangue latin nobil germoglio.
 Sugli occhi vostri il tenta; e ancor si soffre?
 So che duce ei vi fu; seco de’ Parti,
970gente indomita, fiera
 e difficile al giogo,
 trionfaste, nol niego; e forse alcuno
 delitto stimerà, dopo sì illustre,
 perigliosa vittoria,
975l’arme impugnar contro un guerrier sì forte,
 cui solo è debitor de la sua gloria.
 Romani, al valor vostro
 fate più di giustizia.
 Dopo un mondo sconfitto, a voi dovete
980l’onor de la vittoria;
 e se ’l dovete altrui, dite, o guerrieri,
 qual è ’l cesare vostro?
 Chi ’l vostro duce? E chi dà leggi a Roma?
 Come Lucio e da chi poc’anzi ottenne
985il titolo d’augusto? A lui nol diede
 forse il mio genitor? Sol la mia destra
 cesare nol facea? S’ei la rifiuta,
 qual ragion su l’impero
 più gli riman? L’ubbidirete alora
990ch’è infedele ad Aurelio?
 Che i numi offende? E i giuramenti obblia?
 No, romani, nol credo. Ommai confido
 vilipesa da lui, da lui negletta,
 a la vostra virtù la mia vendetta.
 CORO DI ROMANI
995Viva Lucilla, viva.
 CLAUDIO
 Principessa, condona. È grave il torto
 che da Lucio ricevi. Ei l’ire esige
 da quest’anime grandi e le vendette.
 Ma che? Punir si denno
1000più del ripudio tuo le leggi offese.
 Sì, romani, ricorso
 fan queste a voi. Con gl’imenei vietati
 le trascura un tiranno e le calpesta.
 Quando mai col latino
1005misto il sangue stranier Roma sofferse?
 Qual fra le nostre leggi,
 più di questa sinor sacra ed intatta,
 passò fra noi? De’ nostri augusti ancora
 chi violarla osò? Giulio pur arse
1010per la bella d’Egitto alta regina;
 ma ’l Lazio non la vide; ed ella, intanto
 ch’ei dava leggi a Roma,
 il suo vedovo letto empié di pianto.
 Claudio, Neron, mostri del Tebro e nomi
1015a la nostra memoria ancor funesti,
 si affollarono a’ piedi
 tutte le leggi e rispettar quest’una.
 D’un’altra Berenice
 anche Tito avvampò; ma giunto al trono,
1020fu di darle costretto
 con le lagrime agli occhi il mesto addio.
 Il timor de la legge
 tanto poté. Lucio primiero, in onta
 e d’Aurelio e di Roma,
1025la vilipende. Andiam, romani, andiamo.
 Lucilla offesa e le neglette leggi
 dividan le vostr’ire;
 e la pena d’un empio
 sia di freno a’ tiranni e sia di esempio.
 TUTTI
1030Viva Lucilla, viva e Lucio mora.
 LUCILLA
 
    L’infedel che m’ha schernita
 perda regno.
 
 CLAUDIO
 
                           E vita ancora.
 A DUE
 
 Mora, mora.
 
 LUCILLA
 
    Ch’egli mora? Ah, Claudio, sento
1035che quest’alma ancor l’adora.
 
 Stanza tutta a lutto, con trono a parte.
 
 SCENA II
 
 LUCIO VERO con guardie e NISO
 
 LUCIO VERO
 Dal sen di Vologeso
 s’è divisa l’ingrata?
 NISO
                                      E l’ha da l’ombre
 tratta a forza Aniceto.
 LUCIO VERO
 Che? Mi credea sì fiacco
1040nel mio poter? Tempo egli è ancora, o Niso?
 NISO
 Tutto è pronto ed attende
 i tuoi cenni, o signor.
 LUCIO VERO
                                         Quanto t’imposi
 sappi eseguire. A che m’astrigni, amore,
 per giugnere a un diletto (Va sul trono)
1045e per domar la crudeltà d’un cuore?
 
 SCENA III
 
 BERENICE, ANICETO e LUCIO VERO sul trono
 
 ANICETO
 Qui, regina, a goder di tua fierezza
 l’apparato e la pompa
 ti appresta ommai. Qui del tuo amor superbo,
 quasi in vago teatro, ardon le faci.
1050Mira; è l’orrida scena
 degna degli occhi tuoi. Mira e disponi
 a’ più barbari oggetti il cuor feroce.
 LUCIO VERO
 Che dirà mai?
 ANICETO
                              Rimanti.
 Sola ti lascio in libertà di pianti. (Si chiude la stanza)
 
 SCENA IV
 
 BERENICE e LUCIO VERO sul trono
 
 BERENICE
1055Ove sono? Che miro? O dio! Qual scena
 e di lutto e di orror? Qual da un tiranno
 reggia crudel mi si presenta agli occhi?
 Di Tieste qui forse
 si preparan le cene? A chi si adorna
1060l’orribile apparato? A chi fa mai
 pompa de’ suoi terrori?
 Misera Berenice, ancor nol sai?
 
    Caro sposo, e dove sei
 che mi lasci afflitta e sola?
 
1065   Se hai pietà de’ mali miei,
 mi rispondi e mi consola.
 
 Aimè! Fra tanti orrori
 del più barbaro ancor non m’era avvista.
 LUCIO VERO
 (Pur mi vide).
 BERENICE
                              Spietato,
1070ch’esser vuoi testimon de’ miei tormenti,
 dimmi, dov’è il mio sposo?
 Che ne facesti? Ei morto è forse? E forse
 de la tua crudeltà questo è ’l teatro?
 LUCIO VERO
 Ben lo saprai.
 BERENICE
                            S’ei giace
1075vittima d’impietà, concedi almeno
 che spirar possa l’alma
 sul caro busto. A me l’addita ommai.
 Ov’è? Se l’uccidesti,
 a che mel celi? A che?
 LUCIO VERO
                                           Tosto il vedrai.
 BERENICE
1080Sì, vedrò... Ma che ascolto?
 Qual funesta armonia, qual suon lugubre
 mi ferisce l’udito? E ’l cor mi piaga?
 Quale oggetto?
 LUCIO VERO
                              Già s’apre (S’apre una porta)
 l’uscio fatal.
 BERENICE
                         Che fia?
1085Teme, affanni, sospetti,
 finite di squarciar l’anima mia.
 
 SCENA V
 
 NISO, seguito da un paggio che sostiene un bacino coperto di drappo nero, e li suddetti
 
 NISO
 Cesare, o Berenice, (Prende il bacino e lo depone sopra d’un tavolino)
 questo dono ti fa. Qui lo depongo.
 Tu lo discuopri e ’l mira.
1090Il mio uffizio adempii. Regina, addio. (Torna a chiudersi la porta)
 
 SCENA VI
 
 BERENICE e LUCIO VERO sul trono
 
 BERENICE
 Cesare a me fa un dono?
 LUCIO VERO
 Cesare a te lo deve.
 BERENICE
 Dono spietato e degno
 de la man d’un tiranno,
1095che racchiudi? Che ascondi? O dio! Tu forse,
 sotto a quel nero vel, del caro sposo
 la tronca testa... Ah, che in pensarlo io manco,
 sudo, agghiaccio... O codarda
 destra di Berenice,
1100che più badi a scoprirlo?
 Tu ancor mi sei rubella?
 Tu non osi ubbidirmi? Ardisci, o lenta.
 
    Su quel caro volto esangue
 vo’ finir l’egro respiro.
 
1105Scuopri, o man; mira, o sguardo... O dio! Che miro? (Allo scoprirsi del bacino, s’ode una sinfonia allegrissima; cade l’apparato lugubre della scena che si cangia in un salone imperiale. Sul bacino trova Berenice la corona e lo scettro. Lucio Vero scende dal trono. Aniceto comparisce dal fondo della scena)
 
 SCENA VII
 
 LUCIO VERO, BERENICE ed ANICETO
 
 LUCIO VERO
 Tu miri, o Berenice,
 i doni d’un tiranno.
 Cesare a te gl’invia. Vedi se sono
 al tuo rigor dovuti e a’ torti miei.
1110Vedi, prendili, o cara,
 e con essi il mio cuor. Succeda alfine
 nel tuo seno ostinato
 cesare a Vologeso. Ama un affetto
 che ti fa augusta; e se ancor forse indegno
1115son degli affetti tuoi,
 ama almen nel mio cuore
 il sovrano poter degli occhi tuoi.
 ANICETO
 
    Sì, begli occhi, disarmate,
 con chi v’ama, i vostri sguardi
1120de l’inutile rigor.
 
    Né tornate ad irritar,
 vaghi ancor di lacrimar,
 tanta fede e tant’amor.
 
 LUCIO VERO
 E taci ancora?
 BERENICE
                             Augusto, i’ tacqui e ’ntanto
1125le tue voci ascoltai, vidi i tuoi doni.
 Ma se credi che vinta
 m’abbia l’orror passato e ’l ben vicino,
 t’inganni assai, t’inganni. Un sol momento
 tanto non può. Questo real diadema
1130m’è oggetto di terror. Vedi qual prezzo
 trovi ne l’alma mia. Vedi, il rifiuto
 e con esso il tuo amor. Solo il mio sposo
 quel ben saria...
 LUCIO VERO
                                Troppo soffersi, ingrata.
 Aniceto.
 ANICETO
                   Signore.
 LUCIO VERO
                                     A Vologeso
1135reca ferro e velen. Digli ch’entrambi
 Berenice gl’invia. Digli che scielga
 qual più gli aggrada. (Io vedrò morto alfine
 l’autor de l’altrui fasto e del mio duolo).
 BERENICE
 Ferma.
 LUCIO VERO
                 Ubbidisci.
 ANICETO
                                       Io volo.
 
 SCENA VIII
 
 LUCIO VERO e BERENICE
 
 BERENICE
1140Che farò? Proteggete, (Lucio Vero passeggia senza guardarla)
 giusti dei, l’innocenza! O dio! (Partito
 è ’l ministro crudel). Cesare, augusto,
 m’odi.
 LUCIO VERO
                Inutili prieghi.
 BERENICE
 Se di stragi se’ vago,
1145da me principia.
 LUCIO VERO
                                  Or non è ’l tempo.
 BERENICE
                                                                     Io quella
 son che ti sprezzo, a’ doni tuoi superba,
 a’ tuoi voti spietata;
 io quella son che più t’offendo.
 LUCIO VERO
                                                          Ingrata. (Le dà un’occhiata)
 BERENICE
 Qual colpa ha Vologeso
1150de la mia crudeltà? Perché punirlo
 d’un delitto non suo? Sospendi ancora
 la sentenza fatal.
 LUCIO VERO
                                 Voglio che mora. (Vuol partire. Berenice l’arresta e s’inginocchia)
 BERENICE
 Eccoti, augusto, a’ piedi
 l’altera Berenice. A te prostrata,
1155più che accenti dal labbro, (Lucio Vero la mira attento)
 sparge pianti dal ciglio. Ella ti chiede
 ancor l’ultima volta il dolce sposo.
 Le tue porpore auguste
 non macchiar col suo sangue; e se a’ miei prieghi,
1160se a l’afflitta innocenza
 darlo ricusi, a la tua fama il dona.
 T’acquisteria sol di tiranno il nome
 l’estinto Vologeso.
 Hai punito il mio orgoglio.
1165Ecco imploro pietà.
 LUCIO VERO
                                      M’hai troppo offeso.
 BERENICE
 E in me t’offro la vittima. Qual frutto
 da l’altrui morte avresti?
 Non t’amava innocente
 e iniquo t’amerei? Cesare, o dio!
1170Che più badi? Che fai? Salva il mio sposo;
 salva il tuo onor. Ten priego
 per le lagrime mie, per quest’invitta
 man che ti bagno e per gli dei custodi...
 LUCIO VERO
 Non più.
 BERENICE
                    Ma già nel volto (Sorge)
1175veggio un fausto sereno. I giusti prieghi
 t’han vinto e l’innocenza. Imponi ommai...
 Ah per mio mal forse tacesti assai.
 
    Rendimi il mio diletto;
 tornami a consolar.
 
1180   O se lo brami estinto
 svenalo in questo petto;
 vivo qui nol lasciar.
 
 LUCIO VERO
 Sì... Qual rumor?...
 
 SCENA IX
 
 NISO e li suddetti
 
 NISO
                                      Deh fuggi.
 LUCIO VERO
 Niso, che arrechi?
 NISO
                                    Alti perigli. Han presa
1185Efeso i tuoi soldati e ver la reggia...
 LUCIO VERO
 Qual furor li trasporta?
 Chi n’è l’autor?
 NISO
                               Claudio e Lucilla.
 LUCIO VERO
                                                                 Come?
 Non partirono ancora?
 NISO
 Tutto il popolo è in armi e ognuno grida:
1190«Viva, viva Lucilla e Lucio mora».
 BERENICE
 Cesare.
 LUCIO VERO
                 (O amore!) A la prigion tu, Niso,
 vanne e fa’ che Aniceto
 sospenda il colpo.
 BERENICE
                                   Ah generoso augusto,
 lascia ch’io l’accompagni e vada anch’io
1195il mio sposo a salvar, l’idolo mio.
 LUCIO VERO
 Te lo concedo.
 NISO
                             Ah, fuggi.
 
 SCENA X
 
 LUCIO VERO
 
 LUCIO VERO
 Un cieco amor dove mi trasse? In rischio
 son di perder l’impero e Berenice.
 Cresce il tumulto; altra difesa a noi
1200più non riman, se ’l nostro cuor ci manca.
 Tu nel grave periglio, anima ardita,
 o mi serba l’impero
 o non lasciarlo almen che con la vita.
 
    Spirti feroci, a l’armi,
1205a l’armi, invitto cuor.
 
    Forte virtù disarmi
 il mio destin crudele,
 il mio nemico amor.
 
 SCENA XI
 
 CLAUDIO, LUCILLA, seguiti dall’esercito, e LUCIO VERO
 
 CLAUDIO
 A chi rompe la fede e obblia le leggi,
1210non sa Roma ubbidir. Lucio, deponi
 quei, che sì mal sostieni
 in su la fronte, imperiali allori.
 Con le schiave regine
 vanne più sciolto indi a trattar gli amori.
 LUCIO VERO
1215Claudio, con men di fasto
 al tuo cesare parla; ancor tal sono;
 e l’augusto diadema
 quel valor, che mel diede, (Impugna la spada)
 mi sosterrà sino alla morte.
 CLAUDIO
                                                    Invano
1220cerchi scampo dal ferro; e tuo malgrado,
 lo scettro deporrai.
 Su, romani.
 LUCIO VERO
                         Deporlo (Tutti fanno lo stesso)
 potrò sol con la vita.
 CLAUDIO
                                       E morirai.
 LUCILLA
 Sospendete, miei fidi,
1225i colpi e l’ire. Claudio,
 vo’ che ancora una volta
 m’oda l’ingrato; e tu, infedel, m’ascolta.
 CLAUDIO
 Che pensi?
 LUCIO VERO
                        I detti attendo.
 LUCILLA
 Vilipesa e tradita, io ben dovrei
1230a’ miei giusti furori
 dar più facile orecchio e vendicarmi.
 Ma ti ravvedi alfine. A tempo ancora
 se’ di pentirti e tel concedo io stessa.
 Io stessa in su quel trono,
1235da cui, come dal cor, tu mi scacciasti,
 ti rimetto, se ’l chiedi, e ti perdono.
 CLAUDIO
 Come?
 LUCIO VERO
                 Che far degg’io?
 LUCILLA
                                                 Rimanda a’ Parti
 Vologeso e la moglie.
 Allontana Aniceto;
1240perdona a Claudio; e qual ti serbo i miei,
 gli affetti tuoi mi rendi;
 ubbidisci a le leggi e augusto sei.
 LUCIO VERO
 La tua bontà, più che ’l timor de’ mali,
 le mie colpe mi addita.
1245Ma in tal necessità giurarti amore
 parer può del timor, più che del cuore.
 LUCILLA
 Dove l’opra si chiede,
 mentir non osa il labbro.
 Parla.
 LUCIO VERO
              Che dir potrò, se non ch’indegno
1250son del tuo amor? Le giuste leggi accetto.
 Primo autor de’ miei falli e reo ministro,
 Aniceto si esigli.
 Torni libero a’ Parti il re cattivo
 e la fatal consorte.
1255Claudio, al seno ti stringo; e tuo, mia sposa,
 sì, tuo sempre sarò fino a la morte.
 LUCILLA
 O gradite promesse!
 CLAUDIO
                                        O fausta sorte!
 LUCILLA
 Per gli augusti sponsali il Campidoglio
 fia teatro più illustre.
1260Efeso si abbandoni.
 LUCIO VERO
                                       E mentre amiche
 secondano i tuoi voti e l’aure e l’onde,
 addio funesti alberghi, inique sponde.
 CLAUDIO
 Che più si tarda? Al lido, augusti.
 A TRE
                                                               Al lido.
 LUCIO VERO
 Com’esser può ch’io già ti fossi infido?
 
1265   Così grande è ’l mio contento
 ch’ei mi basta a tor di vita.
 
    Ma lo tempra il pentimento
 che ho d’averti sì tradita.
 
 LUCILLA
 
    M’è sì caro il tuo dolore
1270ch’ei mi sforza a più adorarti.
 
    Sol per lui gode il mio core
 il piacer del perdonarti.
 
 SCENA XII
 
 CLAUDIO
 
 CLAUDIO
 Lucilla, eccoti lieta.
 Necessità, che più d’amore è forte,
1275il tuo sposo infedel rende al tuo seno.
 Nel cor del re senso è l’amor che piace,
 legge è l’amor che giova.
 Ragion di stato i loro affetti approva.
 
    Un’alma reale
1280in nodi d’amor
 ha un laccio ch’è frale
 né ’l sente sul cor.
 
    Non ama per fede
 ma sol per goder.
1285Né un regno è mercede
 di breve piacer.
 
 SCENA XIII
 
 BERENICE con ferro in mano
 
 BERENICE
 Stimolata, agitata
 e da pene e da furie,
 ove vado? Ove sono? Il luogo è questo,
1290lo riconosco, è ’l luogo
 del decreto fatal. Misero sposo,
 quindi uscì la tua morte.
 Era qui ’l fier tiranno,
 qui l’infame ministro, io qui presente.
1295Chi m’invola le vittime? Sol dopo
 l’esecrando misfatto,
 solitudini incontro?
 Forse per l’altrui man son vendicata?
 Giovi il saperlo e poi morir. Con questo
1300consolatore avviso,
 ombra cara, adorata,
 ti abbraccierò nel fortunato Eliso.
 
    Su le sponde al pigro Lete,
 ombra amante t’abbraccierò.
 
1305   A quell’alme illustri e liete
 ne l’amore e ne la fede
 forse vile non sembrerò.
 
 Porto di Efeso ingombrato dalle navi romane.
 
 SCENA XIV
 
 LUCIO VERO, LUCILLA, CLAUDIO, NISO, romani e schiavi
 
 LUCILLA
 Cesare.
 LUCIO VERO
                 Augusta sposa.
 LUCILLA
 Sicura esser poss’io de la tua fede?
 LUCIO VERO
1310Sicuro esser poss’io del tuo perdono?
 LUCILLA
 T’amai tradita.
 LUCIO VERO
                               Ed or pentito io sono.
 LUCILLA
 
    Se fido ritorni,
 quest’alma non sa
 negarti pietà.
 
 SCENA XV
 
 BERENICE e li suddetti
 
 BERENICE
1315Di pietà non è tempo;
 è tempo di rigor, tempo è di stragi.
 LUCILLA
 Berenice...
 BERENICE
                       Lucilla,
 strigner puoi quella man che fuma ancora
 del sangue del mio sposo?
 LUCIO VERO
1320Come?
 BERENICE
                 Amare un tiranno,
 teco sì traditor, meco sì iniquo?
 LUCIO VERO
 Dunque!...
 BERENICE
                       Sì sì, tiranno,
 egli è morto. Ecco il ferro
 che lo trafisse. Eccone il sangue. Il mira.
1325Ne godi, empio, ne godi. Or va’; che badi?
 Va’ a saziar la vista
 nel cadavere esangue... e in quelle piaghe...
 Vanne... Aimè! Voi cedete,
 ire mal sostenute, e ’l duol vi opprime.
 CLAUDIO
1330Desta pietà.
 BERENICE
                         Ma che più piango? In vita
 mi sostenea la sola
 speme de la vendetta. Amato sposo,
 perdonami se fui
 troppo tarda a seguirti o a vendicarti
1335troppo impotente. Ommai quel ferro istesso,
 quello che te svenò me sveni ancora.
 Berenice, si mora. (Alza il ferro per uccidersi)
 
 SCENA ULTIMA
 
 VOLOGESO e li suddetti
 
 VOLOGESO
 Ti arresta.
 LUCILLA
                      O dei!
 LUCIO VERO
                                    Che vedo?
 BERENICE
 Vologeso.
 VOLOGESO
                     Mia vita.
 BERENICE
                                        E vivi? E ’l credo?
 VOLOGESO
 
1340   Sì sì, credilo, alma gradita;
 vivo ancora per adorarti.
 
    Non poteva uscir di vita,
 idol mio, senza abbracciarti.
 
 BERENICE
 Ma che? Poc’anzi esangue
1345non ti lasciai ne la prigion?
 VOLOGESO
                                                    No, cara.
 Quell’era di Aniceto...
 LUCIO VERO
 Che? Aniceto morì?
 LUCILLA
                                       Come?
 CLAUDIO
                                                       In qual guisa?
 VOLOGESO
 Per tuo cenno ei già offerto
 quindi il ferro m’avea, quindi il veleno.
1350Questo mi scielgo e lo accostava al labbro,
 quando l’aria ad un punto
 d’alte grida risuona e mal distinte
 col nome di Lucilla
 le porta a noi. Già cercano i custodi
1355da la fuga lo scampo e sol mi veggio
 col fier ministro. Io, presa
 dal rischio mio lena e coraggio, il tosco
 gitto ad un punto, il ferro impugno, il vibro
 e a l’incauto Aniceto in sen lo immergo.
1360Esco da l’ombre e salvo
 qui te, mio ben, da morte. Or più contento,
 cesare, il capo mio,
 reo d’un nuovo misfatto, a te presento.
 LUCIO VERO
 Per gastigo d’un empio il ciel ti elesse,
1365Vologeso, e ’l tuo braccio
 me sottrasse a un delitto e te a la morte.
 Con voi, coppia d’amor, specchio di fede,
 abbastanza fui reo. Ponete ommai,
 ve ne priego, in obblio
1370tu la mia crudeltà, tu l’amor mio.
 BERENICE
 Generoso monarca.
 LUCIO VERO
                                      Ite; la vostra,
 la mia felicità più non sospendo.
 Libertà, regno, pace e ciò che caro
 v’è più d’ogni altro bene, a voi vi rendo.
 VOLOGESO
1375De’ tuoi favori...
 LUCIO VERO
                                 A vostro
 piacer tornate, ove vi chiama il core;
 e noi, mia dolce sposa,
 andiam più lieti, ove ci chiama amore.
 TUTTI
 Tutti andiam lieti, ove ci chiama amore. (Qui segue l’imbarco de’ personaggi, parte in una nave e parte in un’altra. S’ode frattanto una lieta sinfonia di stromenti, dopo la quale, partendosi appoco appoco le navi dal lido, cantano tutti)
 LUCIO VERO e LUCILLA
 
1380   Spirate, o zeffiri,
 l’aure seconde.
 
 VOLOGESO e BERENICE
 
    In calma stabile
 scherzino l’onde.
 
 TUTTI
 
    E tutto giubbili
1385col nostro cor.
 
 LUCIO VERO, VOLOGESO
 
    Fatali sponde...
 
 LUCILLA, BERENICE
 
 Funesti lidi...
 
 A QUATTRO
 
 Da voi per sempre
 lontan mi guidi...
 
 LUCIO VERO, VOLOGESO
 
1390Cortese fato.
 
 LUCILLA, BERENICE
 
 Propizio amor.
 
 Fine del drama