Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 ATTO SECONDO
 
 Stanza di Mitridate con due porte laterali, l’una dirimpetto all’altra.
 
 SCENA PRIMA
 
 MITRIDATE e APAMEA
 
 APAMEA
 Questo imploro, o signor, che tu ritardi,
 non che tu sciolga l’imeneo.
 MITRIDATE
                                                     Né sciorlo
 posso né ritardar. Data è la fede.
 APAMEA
 Qual fa ingiuria a tua fede un breve indugio?
 MITRIDATE
415E da l’indugio qual vantaggio attendi?
 APAMEA
 Che di Farnace il cor si cangi e m’ami.
 MITRIDATE
 Saprà farlo cangiar paterno impero.
 APAMEA
 Sposo il vorrei da amore e non da forza.
 MITRIDATE
 Pronubo non è amor di regie nozze.
 APAMEA
420E i preghi di Apamea nulla otterranno.
 MITRIDATE
 O diverso dal cor parla il tuo labbro
 o Apamea per Farnace ha sol disprezzo.
 APAMEA
 Il vorrei; ma non posso. Ah! Troppo io l’amo.
 MITRIDATE
 L’ami; e a chi l’offre a te la man rispingi?
 APAMEA
425In veder lui restio, mi arretro e soffro.
 Chi sa che tanta un giorno
 sofferenza nol vinca?
 Questo giorno verrà. Mio re, l’attendi;
 e non espormi al danno e a la vergogna
430di un mortai odio o d’un rifiuto aperto.
 MITRIDATE
 Tanto in te di virtù, tanto di merto
 ravviso, o principessa,
 che più m’invoglio ad affrettare al figlio
 l’onor d’esserti sposo.
435Lasciane. Ei viene a noi.
 
 SCENA II
 
 FARNACE e i suddetti
 
 APAMEA
                                               Prence, han parlato
 a favor del tuo core i voti miei
 ma invan. Colpa io non ho, se usar si voglia
 forza agli affetti tuoi.
 Deh! Non m’odiare almen, se amar non puoi.
 
440   Se rendermi non puoi
 amore per amor,
 destino è del tuo cor, pena del mio.
 
    Ma se degli odi tuoi
 fossero oggetto poi
445i puri affetti miei,
 più misera io sarei, tu ancor più rio.
 
 SCENA III
 
 MITRIDATE e FARNACE
 
 MITRIDATE
 Figlio, a sì bei sponsali,
 quando ancor non vi fosse
 la ragion di due regni e ’l mio volere,
450pieghevole dovria renderti amore
 che tanti a te presenta
 ne la bella Apamea d’aspetto e d’alma
 ricchi tesori. Io ti credea più attento
 al tuo ossequio e al tuo bene; e sento pena
455ch’io t’abbia a comandar d’esser felice.
 FARNACE
 Sire, il dirò, da la bontà d’un padre
 io più mi promettea. Quel mio sincero
 priego a lasciarmi in libertà gli affetti...
 MITRIDATE
 Cotesta libertà non ha chi è figlio
460di re. L’alme volgari
 si scielgono gli oggetti
 e consultan gli affetti.
 De la nostra grandezza
 noi siam sudditi e schiavi; e la severa
465politica del trono
 passa anche al regio talamo e v’impera.
 FARNACE
 Le sue massime ha ’l regno aspre ed inique;
 e ha le sue la natura
 più soavi e più giuste...
 MITRIDATE
470E di natura non è legge ancora
 che si ubbidisca al genitor?
 FARNACE
                                                    S’ei cose
 n’esigga oneste.
 MITRIDATE
                                Iniqua cosa io forse
 chieggo nel nodo illustre?
 FARNACE
 Apamea, lo confesso,
475è un’amabile sposa.
 Ma nel fondo del cor sta quell’arcano,
 per cui m’è tolto d’accettarla. Il cielo
 non mi fece per lei.
 MITRIDATE
                                      Per lei ti sceglie
 Mitridate; e l’insana
480protervia tua non farà mai ch’io manchi
 di fede e ch’io tradisca
 le speranze de l’Asia.
 FARNACE
 Dal forte cor non misurar gli eventi
 d’una guerra fatal. Pesane i rischi.
485La Cappadocia, la Bitinia ed altri
 regni già tuoi Roma ti tolse. Il Ponto,
 già tuo retaggio avito, ora è suo dono.
 MITRIDATE
 Temerario! Suo dono?
 Non son più re? Schiavo di Roma io sono?
490Perfido. Ecco il tuo arcano,
 Farnace ha cor romano.
 FARNACE
 L’ho qual convien di Mitridate al figlio.
 Or parla il zelo; e a l’uopo
 parlerà il braccio. Alor fin dentro a Roma
495porterò, se il vorrai, le stragi e ’l foco.
 MITRIDATE
 Io, Farnace, a tant’opra
 disporrò i mezzi. Or tu consenti al nodo.
 FARNACE
 Questo...
 MITRIDATE
                    Più non opporti.
 FARNACE
                                                    Ah! S’ami un figlio...
 MITRIDATE
 S’io men t’amassi, non avrei, Farnace,
500sofferto tanto.
 FARNACE
                             Assolvi
 da sì crudel necessità...
 MITRIDATE
                                             Ad un’ira,
 funesta al sangue mio, risparmia un cenno.
 FARNACE
 Quel dovere...
 MITRIDATE
                             Ubbidisci... (Farnace vuol replicare e Mitridate nol lascia)
 Non più.
 FARNACE
                    (Che pena! Oh! Se non fosse Aristia).
 
 SCENA IV
 
 LADICE, ARISTIA per una porta, GORDIO, DORILAO per l’altra e i suddetti
 
 MITRIDATE
505Ladice, io ne arrossisco.
 L’indegno ancor resiste;
 né comprendo perché.
 LADICE
                                            Vuoi di sua colpa
 la cagion ravvisar? Vedila. (Mostrando Aristia)
 MITRIDATE
                                                   Aristia?
 ARISTIA
 Io?
 LADICE
          Farnace sedotto
510da le lusinghe di costei, di un basso
 affetto si fa gloria.
 Ben me ne avvidi; rinfacciai l’iniqua.
 Mel negò; ma i suoi lumi
 smentiano il labbro. A pena
515volsi il passo da lei, ch’ella e Farnace
 lungo sui casi loro
 tenner consiglio e si lasciar non senza
 lagrime. In quel suo fosco
 silenzio or la rimira e la condanna.
 ARISTIA
520La regina è in error. Vana è l’accusa.
 Signor, non le dar fede.
 DORILAO
 Prence, non ostinarti. (Piano a Farnace)
 GORDIO
 (Superba! Or ben le sta). (A piano)
 MITRIDATE
                                                 Farnace!...
 FARNACE
                                                                       A torto
 imputare a costei vuolsi una colpa,
525di cui la so innocente.
 MITRIDATE
 Ma del sospetto intanto
 pagherà il fio... Soldati....
 FARNACE
 L’ara si appresti, o sire; ardan le faci;
 giurisi l’amistà; giurisi a Roma
530la mortal guerra; sposo
 attendami Apamea; si spenga ogn’ira;
 tolgasi ogni sospetto; abbia ognun pace;
 e si segua il destin. Qual nol credesti
 e qual ei non volea, verrà Farnace.
 
535   Nol volea; ma sono astretto.
 Cedo a forza e cangio affetto.
 Vuol così la sorte e ’l padre.
 
    Le sì torbide sue ciglia
 rassereni e più contenta
540a la bella amante figlia
 corra omai la regal madre.
 
 SCENA V
 
 MITRIDATE, LADICE, ARISTIA, GORDIO e DORILAO
 
 MITRIDATE
 Grazie agli dii, tutto è già in calma.
 LADICE
                                                                  E tanto
 di Farnace ti fidi? In quel suo stesso
 subito cangiamento
545non temi altri disegni?
 GORDIO
                                             E il suo non temi
 affetto per Aristia?
 DORILAO
                                      (Ei non s’inganna). (A parte)
 MITRIDATE
 Non portiamo agli estremi
 il sospetto e ’l furor.
 LADICE
                                       Ma cauti ancora
 non trascuriamo i mezzi.
 MITRIDATE
550Dorilao, rinforzate
 sien le custodie in Eraclea. D’uscirne
 si divieti a Farnace e dal suo fianco
 non discostarti, a ogni sua mossa attento.
 DORILAO
 Non potresti fidarlo a miglior mano. (Parte)
 MITRIDATE
555De la fé di Farnace
 siane Aristia in ostaggio. A te l’affido. (A Ladice)
 Io vo la pompa ad affrettar. Ne avvisi
 Gordio i legati; e con la figlia a l’ara
 te attendo, o mia Ladice.
 LADICE
560È gloria del tuo amor ch’io sia felice.
 MITRIDATE
 
    Come non vuoi ch’io t’ami? (Fermasi prima alquanto a guardarla)
 Ciò ch’io desio tu brami.
 Leggi nel mio pensier
 e adempi il mio voler,
565pria che lo spieghi.
 
    Così da sposo e re
 non escono per te
 comandi o preghi.
 
 SCENA VI
 
 LADICE, ARISTIA e GORDIO
 
 LADICE
 Aristia così mesta?
 ARISTIA
570Io? Di che? Sii più giusta. Ai tuoi contenti
 altra non hai che più gioisca. Amore
 feliciti i diletti
 de la coppia real. Pronuba Giuno
 il talamo ne infiori; e lieta danza
575vi guidino d’intorno
 la cipria diva e le sue grazie ancelle.
 GORDIO
 Come ben finger sa! (A Ladice)
 LADICE
                                         No, Gordio. Gli occhi
 m’apre alfin disinganno. Esco d’errore.
 Per Farnace in Aristia
580fu amistà, non amore.
 Non è così? (A Aristia)
 ARISTIA
                         Così, o regina.
 LADICE
                                                     Il suo (A Gordio)
 ragionar con Farnace
 era in pro d’Apamea. Quanto ti deggio! (Ad Aristia)
 ARISTIA
 Più che non pensi. (A Ladice)
 LADICE
                                      A lei strale amoroso (A Gordio)
585mai non giunse a ferir l’alma pudica.
 Non è egli ver? (Ad Aristia)
 ARISTIA
                                Di libertà mi pregio.
 LADICE
 Tu che hai libero il cor, gradisci il degno
 sposo che t’offro in Gordio. Egli ti adora.
 ARISTIA
 (Ahi! Qual nuova tirannide!)
 LADICE
                                                       Vuoi fede?
590Ricchezze? Dignità? Favor? V’è tutto.
 Sia l’amor tuo de l’amor suo mercede.
 Ladice ti rivegga a lui consorte;
 o amante di Farnace ancor ti crede.
 
    Lo sposo accetta; e poi
595la cara, la diletta,
 dirò, sarai per me.
 
    Ama il mio dono; e poi
 le grazie mie dal trono
 scenderan sol per te.
 
 SCENA VII
 
 ARISTIA e GORDIO
 
 GORDIO
600Bella Aristia, sinora
 tacque il mio affetto. Ardire
 prende egli omai da un regal labbro. Io t’amo;
 e dal primo tuo sguardo,
 che mi scese nel sen, presi ad amarti.
 ARISTIA
605Segui. D’udir mi piace
 un sì illustre trionfo
 che malgrado del cor fatto han quest’occhi.
 GORDIO
 Soffrire in altro tempo
 potea con men di pena il fier rifiuto
610che già ti leggo in fronte. Or che congiunto
 andar può col mio danno il tuo periglio,
 più me ne attristo e fremo. Amor ti chieggo,
 non per dolor che di me stesso io senta
 ma per pietà che del tuo mal mi punge.
 ARISTIA
615Quanto mai debbo a sì pietoso amante!
 Ben ingrata sarei, se di conforto
 nol degnassi in mercede.
 Sappi che sì mi piace il mal che soffro
 che il rimedio ne fuggo.
620Volendomi felice,
 misera mi faresti. Or tu, che hai tanta
 pietà del mio dolore,
 ama il rifiuto mio, più che ’l mio amore.
 GORDIO
 Ricusarmi non basta,
625che mi deridi ancor?
 ARISTIA
                                         Gordio, vil serva,
 io deriderti? Io teco
 tanto oserei? Tu fede...
 ricchezza... dignità... favor... tu hai tutto.
 È ver... Ma... Che far vuoi,
630l’amor solo di Aristia aver non puoi.
 
    L’augellin posa in quel ramo.
 Beve il cervo a quel ruscello
 e ogni cor sol per quel bello,
 che a lui piace, arde d’amore.
 
635   Se da forza o da comando
 si destasse in noi l’affetto,
 non sarebbe più diletto
 ma tirannide e dolore.
 
 SCENA VIII
 
 GORDIO
 
 GORDIO
 Che si cerca di più? Qual più sicura
640de l’amor di costei prova? Deriso
 è Gordio. La superba
 non sa amar chi non vanta
 titoli a le corone.
 Lo saprà la regina; e invendicato
645non andrà Gordio. Il nodo
 di Apamea con Farnace
 siane il primo gastigo; e poi l’altera,
 da Farnace tradita
 e da Gordio fuggita,
650tronco vedendo a sue speranze il volo,
 oppressa resti da vergogna e duolo.
 
    Certe beltà, che vanno
 gonfie di troppo orgoglio
 e che un piacer si fanno
655del cieco altrui cordoglio,
 trovino alfin disprezzo,
 ove credeano amor.
 
    Noi le facciam sì altere
 col tollerar cotanto;
660odon le umil preghiere;
 mirano il largo pianto;
 e ’l fasto lor si pasce
 del nostro vil dolor.
 
 Fine dell’atto secondo