Don Chisciotte in corte della duchessa (Pasquini), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO QUARTO
 
 Sala.
 
 SCENA PRIMA
 
 DON ALVARO e ALTISIDORA
 
 DON ALVARO
 Scorgo ben che mentisce.
 ALTISIDORA
 Perché nol sai mirar cogli occhi miei,
1300ch’egli è un tiranno e il mentitor tu sei.
 DON ALVARO
 lo mentitor! Che vedo
 che amor forza non vuol, che m’è già noto
 ch’egli t’adora, ch’egli è tuo, che tieni
 la sua giurata fede e che lo debbo
1305smentir se nega amore,
 io sono il falso, io sono il mentitore?
 ALTISIDORA
 Per vincer quel crudel tutto t’infinsi;
 ed egli a tanto affetto,
 con superbo rifiuto, alfin rispose
1310per tuo consiglio, traditor.
 DON ALVARO
                                                  Se il dice,
 col ferro il sosterrà.
 
 SCENA II
 
 LAURINDO e i suddetti
 
 LAURINDO
                                      Questa mia vita
 è disposta per te. Chi mai t’offende?
 DON ALVARO
 Il nimico sei tu.
 LAURINDO
                                Come?
 DON ALVARO
                                                Un’ingiuria
 vantar per mio consiglio?
 LAURINDO
                                                 Io non t’intendo.
 DON ALVARO
1315Conto ne vo’ da te.
 ALTISIDORA
                                     Laurindo, parti.
 LAURINDO
 Ch’io parta colla taccia
 d’aver mancato al mio dover? Non soffro
 onta sì vergognosa.
 DON ALVARO
                                      Ah mentitore!
 LAURINDO
 Caro mi fai costar ciò che ti devo.
 ALTISIDORA
1320Don Alvaro, m’ascolta...
 DON ALVARO
                                             Come? Indegno
 del nome sei di cavalier, se pensi
 che, per quel poco che mi devi, or voglia
 sopra di te vantaggio.
 LAURINDO
                                          E tale ancora
 sei tu, se credi che Laurindo possa
1325macchiare il proprio onore.
 ALTISIDORA
                                                    E tanto ardisci
 contro d’un che divise
 teco sostanze e cor? Laurindo, parti.
 LAURINDO
 E reo mi debbo far, se reo non sono?
 Posso soffrir che ingrato
1330esser non gli vogl’io ma...
 DON ALVARO
                                                La viltade
 non coprir con virtù.
 LAURINDO
                                        Senza delitto...
 DON ALVARO
 Codardo, non hai cor.
 ALTISIDORA
                                          Laurindo, parti.
 DON ALVARO
 Sei vile e mentitore.
 LAURINDO
 Già che lo vuoi, decida
1335la tua, la spada mia
 il vile e il mentitor fra noi qual sia.
 ALTISIDORA
 Fermi, folli che siete.
 Tal per vano puntiglio
 per me s’usa rispetto?
 DON ALVARO
1340Dunque dovrò soffrire
 che il superbo rifiuto
 del tuo perduto amore
 lo spacci effetto reo del mio consiglio?
 LAURINDO
 Io ciò non dissi; e questo braccio ancora
1345in altro loco a sostenerlo è pronto.
 Generoso ti fui; né ciò che feci,
 benché costi al mio cor penoso affanno,
 pentimento mi sveglia. Assai maggiore
 del tuo si chiude in questo petto il core.
 DON ALVARO
1350Che dici, Altisidora?
 ALTISIDORA
                                        Amor pietoso
 volle, per non mi tor d’ogni speranza,
 con tal sospetto mitigar l’offesa.
 DON ALVARO
 Scusa, amico fedele;
 prender mi fe’ costei
1355la tua virtù per colpa; e ingiurioso
 ti fui per sua cagione. Essa corregga
 con altrettanto ardor pel tuo bel core
 questo mio fallo. Io lieto
 ti cedo all’amor suo. Rimanti avvinto
1360in così dolce nodo; e ver non fia
 che il mio dover da tua virtù sia vinto.
 LAURINDO
 L’opra degna è di te. Ceder bisogna
 infine al tuo gran cor. Per me non sono
 atto a trovar compenso a tanto dono.
 DON ALVARO
 
1365   In pace alfin restate,
 anime innamorate,
 e in più tenace nodo
 amor vi allacci.
 
    Sarebbe crudeltà
1370negarvi libertà,
 or che del van rispetto
 al vostro dolce affetto
 infransi i lacci.
 
 SCENA III
 
 ALTISIDORA e LAURINDO
 
 ALTISIDORA
 Quanto è mai ver, Laurindo,
1375che spesso anco da’ mali,
 come lampi da nubi, escono i beni.
 Chi mai creduta avria
 in sì feroce cor tanta pietade?
 Ora non più saranno
1380gli sguardi e i sospir tronchi
 interpreti dell’alma.
 Per via di chiari accenti
 sfogar potrà la lingua i suoi tormenti.
 LAURINDO
 T’inganni, Altisidora. Il caro amico
1385a troppo costo suo cede a quel bene
 che sospirar lo fa. Men generoso
 esser non debbo, ad onta
 ancor del mio cordoglio;
 ti ritorno al suo amore e non ti voglio.
 
 SCENA IV
 
 ALTISIDORA
 
 ALTISIDORA
1390Oh dio! Questo crudel non ebbe mai
 per me punto d’amor. Crudo, inumano,
 per tormentarmi con più forza, veste
 la fierezza a virtù. L’avessi udito,
 nel rinovare il barbaro rifiuto,
1395mandar dal petto un misero sospiro
 per deridermi ancor; fiero tiranno,
 perché tanto rigore?
 Perché, barbaro, ingrato? Almen per poco
 senti pietà, se tu non senti amore.
 
1400   O non hai core in seno
 o l’hai di forte scoglio,
 se a tanto mio cordoglio
 non hai pietà di me.
 
    Crudel! Potessi almeno
1405lasciarti; ma non posso,
 che sento a mio dispetto
 occulta forza in petto
 che mi trattien con te.
 
 SCENA V
 
 IL DUCA e LA DUCHESSA
 
 LA DUCHESSA
 Don Alvaro deriso
1410io lo vidi partir tinto di rabbia;
 e ben potea Laurindo
 lo scherzo moderar.
 IL DUCA
                                       Giovane amante
 raro frenar si può. Ben sai che amore
 vuol solo dominar.
 LA DUCHESSA
                                     Ma può virtude
1415tenerlo in più riguardo.
 IL DUCA
                                              Agevol cosa
 anco a virtù non è, che due begli occhi
 fan violenza e la virtù si perde.
 LA DUCHESSA
 Se questo fosse, invano
 data ci avrian gli dei
1420libertà di voler.
 IL DUCA
                               Gli dei la diero
 ma congiunta col ben. Poi ’l mal, che sorge
 per nostra colpa, certa forza accoglie
 in noi che quasi libertà ci lega,
 ciechi ci rende e al buon camin ci toglie.
 
1425   Il pellegrino
 per la foresta,
 finché sia desta
 l’amica luce
 che lo conduce,
1430dal buon cammino
 non toglie il piè.
 
    Ma quando notte
 suo vel distende,
 perduto il raggio,
1435se al viaggio attende,
 senza consiglio,
 dietro il periglio
 corre da sé.
 
 SCENA VI
 
 DONNA RODRIGUES e i suddetti
 
 DONNA RODRIGUES
 Signora, se ti pare,
1440questo sarebbe il tempo
 di dire al signor duca la faccenda.
 LA DUCHESSA
 Di’ pur con libertà.
 IL DUCA
                                      Parla; che chiedi?
 DONNA RODRIGUES
 Già sa vosignoria
 l’affar di mia figliuola.
 IL DUCA
1445Sotto promessa di future nozze,
 so che un suddito mio
 tolse a tua figlia assai miglior partito.
 LA DUCHESSA
 E la stolta, ingannata
 da più fiorita guancia,
1450sedur lasciossi e pose in abbandono
 un ben sicuro per un mal più certo.
 DONNA RODRIGUES
 L’hanno detta a capello
 come un libro stampato.
 Or questo scellerato,
1455il qual non ha coscienza,
 adesso si ritira;
 dice che non ha data la parola
 e dice ch’è contento
 di pigliar sopra questo, se bisogna,
1460al tribunal qualunque giuramento.
 IL DUCA
 T’assiston prove della fé giurata?
 DONNA RODRIGUES
 Signor, se quella matta spiritata
 non ha avuto cervello.
 Ancora a me successe una tal cosa
1465col primo mio marito
 che il ciel riposi in pace;
 ma io la feci dritta,
 perché quest’uominacci son demoni,
 onde quando mi fece la promessa
1470volli presenti sette testimoni.
 IL DUCA
 Or perciò che domandi?
 DONNA RODRIGUES
                                               Altro non chiedo,
 se non che quest’indegno la mariti.
 LA DUCHESSA
 Ma se l’è un uom cattivo, e perché vuoi
 dar tua figlia a un tal uom?
 DONNA RODRIGUES
                                                    Dice benissimo.
1475Ma la Giulia n’è tanto incapricciata
 che, s’ella con costui non si marita,
 io la vedo in due giorni seppellita.
 IL DUCA
 Ma forzar nol poss’io.
 DONNA RODRIGUES
                                          Colla promessa
 mi è stato detto che si può forzare.
 IL DUCA
1480E di questa promessa che supponi,
 chi ne può far la fede?
 DONNA RODRIGUES
                                           La figliuola
 che non direbbe una bugia giocosa,
 se si pensasse diventar duchessa.
 Oh, in quanto a poi, non fo per dir che sia
1485parto di questo seno, è una ragazza
 che val proprio un Perù, savia e modesta;
 colle sue mani poi
 sa far la cruna all’aco;
 del viso non ne parlo; ognun mi dice
1490che quella faccia sua, così pienotta
 che par di latte e sangue,
 l’aveva anch’io, quand’era giovinotta.
 LA DUCHESSA
 Che si potrebbe far, per consolarla?
 IL DUCA
 Un solo scampo vi ritrovo; e questo
1495d’affanno la torrà. Corri veloce
 dal signor don Chisciotte. Ad esso esponi
 questa disgrazia tua; poscia lo prega
 che, siccome ei professa
 d’esser lo scudo della gente oppressa,
1500così per via dell’armi
 in singolar tenzone
 forzi quest’uomo indegno
 a mantenere il coniugale impegno.
 DONNA RODRIGUES
 Ma adesso dormirà questo signore.
 LA DUCHESSA
1505Non può dormir, che appunto il suo scudiero,
 che questa notte parte pel governo,
 tolse da noi congedo
 e da lui si portò. Corri, che in tempo
 senza dubbio sarai.
 IL DUCA
                                      Gli aggiungi ancora
1510che, s’egli a mio riflesso
 toglie sopra di sé cotanto affare,
 gran favor mi farà. L’iniquo intanto
 che si arresti farò, perché non tenti
 la fuga. Al chiaro giorno
1515fra lor combatteranno
 e campo aperto nel castello avranno.
 DONNA RODRIGUES
 Per non perder più tempo, adesso vado.
 Il ciel vi renda il bene che mi fate.
 
 SCENA VII
 
 IL DUCA e LA DUCHESSA
 
 IL DUCA
 Materia è questa di novel piacere.
 LA DUCHESSA
1520Quel che nel bosco oggi godemmo, ancora
 riso mi desta e maraviglia insieme.
 IL DUCA
 S’uniron tanti donchisciotti a un punto
 che, fra coppie sì belle,
 distinguer non sapea l’originale.
 LA DUCHESSA
1525Misera Altisidora,
 v’ebbe sua parte anch’essa.
 IL DUCA
 Molto fu combattuta e molto grato
 mi fu vederla in quell’impegno.
 LA DUCHESSA
                                                            Amore,
 allorch’ha posta la servil catena,
1530pone l’amante in disperato affanno;
 il dritto lume di ragion gli vela
 e di mite signor divien tiranno.
 
    Che non fece quel crudele
 quando, col tuo dolce sguardo,
1535pel mio core il primo dardo
 dalla mano uscir lasciò?
 
    So ben io qual fier tormento
 mi costar le tue pupille;
 so ben io quante faville
1540quel tuo sguardo in me portò.
 
 Camera interna di don Chisciotte.
 
 SCENA VIII
 
 DON CHISCIOTTE e SANCIO, in abito di governatore, che siedono
 
 DON CHISCIOTTE
 Sancio amico e figliuol, varia è la sorte
 volubile e leggiera;
 quel che veste il mattin, spoglia la sera;
 chi re si addormentò, servo si desta.
 SANCIO
1545Signor, dice benissimo.
 DON CHISCIOTTE
 Or s’ella a suo piacer dona e ritoglie,
 ti dia sempre timor questo suo dono
 che l’è men tuo, quanto più tuo lo pensi.
 SANCIO
 lo non ci penso niente.
 DON CHISCIOTTE
1550Quel niente poi l’è troppo;
 ci hai da pensar ma non perché ti debba
 tal cosa insuperbir, ch’ella ti venne
 senza merito alcuno.
 SANCIO
                                        Lo conosco.
 DON CHISCIOTTE
 Un buon principio abbiam, se lo conosci,
1555Sancio governatore.
 A questa conoscenza unisci ’l senno,
 che il senno sol rende fortuna stabile.
 SANCIO
 Signore, a chi ha ventura
 poco senno gli basta;
1560la nave, che ha buon vento, arriva al porto;
 assai ben balla a chi fortuna suona;
 e a chi la va seconda, sembra savio.
 DON CHISCIOTTE
 I soliti proverbi. In tua buonora
 lascia star quest’inezie e attento ascolta
1565ciò che ti dice il tuo novel Catone,
 per trarti a salvamento
 dal procelloso mar dove t’ingolfi.
 SANCIO
 L’udirò senza manco rifiatare.
 DON CHISCIOTTE
 
    Primieramente, Sancio, abbi timore
1570del ciel; dipoi conosci ben te stesso.
 Non ti recare ad onta e disonore,
 se nascer grande non ti fu concesso.
 Virtù fa nobiltade e lo splendore
 degli avi senza questa è un van riflesso;
1575così risplender fe’ il roman bifolco
 il consolare aratro in mezzo al solco.
 
 SANCIO
 (Non l’intendo; ma so che dice bene).
 DON CHISCIOTTE
 
    In fra i lamenti del mendico e i doni
 del ricco, cerca di scoprire il vero;
1580i rei castiga e ricompensa i buoni;
 ascolta tutti e taci il tuo pensiero.
 Bilancia delle parti le ragioni,
 né giudice indulgente né severo;
 a sollevar gli oppressi alza la mano
1585né ti far legge il tuo capriccio invano.
 
 SANCIO
 Quest’altra è più farina pel mio sacco.
 DON CHISCIOTTE
 
    Se bella donna ad informar ti viene
 con flebil voce e lagrimoso ciglio,
 governatore amico, ti conviene
1590subito di pensare al tuo periglio.
 Le donne belle son tante sirene
 che allettano per trar dal buon consiglio;
 onde con qualsisia vaga donzella
 gli occhi a’ piedi e gli orecchi alla favella.
 
 SANCIO
1595Queste son tutte cose belle e buone;
 ma il punto, signor mio,
 sta nel tenerle a mente.
 DON CHISCIOTTE
                                             A tale oggetto
 te l’ho scritte in un foglio.
 SANCIO
 Imbroglio sopra imbroglio.
 DON CHISCIOTTE
1600Perché?
 SANCIO
                  Perché legger non so, siccome
 ella sa molto ben.
 DON CHISCIOTTE
                                   Che gran difetto
 è quel dell’ignoranza
 in un che deve giudicar!
 SANCIO
                                               Signore,
 quanti governatori ci saranno
1605che, a dirla in fra di noi con confidenza,
 di me ancor meno forse ne sapranno!
 DON CHISCIOTTE
 Quando parli del mal, pensa a te stesso;
 quando parli del ben, pensa al compagno.
 SANCIO
 Chi ben pensa ben opra e dice il vero;
1610ma il grano non si dà senza la paglia
 e Giove è solo in ciel senza difetto.
 Basta con tutto questo,
 tanto nel mio governo
 procurerò di fare il mio dovere.
 DON CHISCIOTTE
1615Giustizia è il tuo dover.
 SANCIO
                                             Questo è sicuro.
 Per me gli stracci non andranno all’aria,
 che le borse e le some andran del pari.
 DON CHISCIOTTE
 Segui, segui.
 SANCIO
                           Suol dirsi:
 «Danari ed amicizia
1620non curan la giustizia».
 Ma si suol dire ancora:
 «Caro mi vendi e giusto mi misura.
 Non giudicar per legge né per carte,
 se non ascolti l’una e l’altra parte».
 DON CHISCIOTTE
1625Qualche altro proverbio, che son pochi.
 SANCIO
 Signor, se non mi posso trattenere;
 ma non ne vo’ più dir da galantuomo.
 Sebbene in casa piena,
 presto si fa da cena.
1630Facciamo patti chiari
 e siamo amici cari.
 Per dare e per avere
 cervello è di mestiere.
 DON CHISCIOTTE
 Uh, che affogar ti possa
1635con questi maledetti tuoi strambotti,
 sciocco importuno. Or via, prendi e t’accheta;
 questi sono i ricordi.
 Legger te gli farai sera e mattina;
 e sappi ch’oltre a quelli che t’ho detto,
1640spettanti al tuo mestiero,
 in più dimesso stile,
 te n’ho segnati molti, acciò che impari
 il necessario pel trattar civile.
 SANCIO
 Obbligato gli son, signor padrone.
1645Ma sarà tempo ormai che la finisca
 e che la lasci riposare in pace.
 Se mi vuol dar la mano
 a baciare, uh, uh, uh, scopiar mi sento.
 DON CHISCIOTTE
 Animo, amico Sancio. Il molle pianto
1650(tenerezza mi fa) tosto rasciuga.
 Eccoti un bacio in fronte.
 SANCIO
 Non piango, non signore; m’è venuto
 per accidente un poco di singozzo.
 Gli domando perdono, uh, uh, di quanto
1655l’ho fatto tribolar.
 DON CHISCIOTTE
                                   Sorgi, figliuolo.
 (Mover mi sento anch’io). Pel novo grado
 umiliar tanto non ti devi. Sorgi.
 Amadis non permise a Candalino,
 suo famoso scudiero,
1660quando all’isola ferma il mandò conte,
 un atto così abietto; e fe’ lo stesso,
 con il suo Casaballo, Galaorre.
 Sorgi, ti dico, non intendi ancora
 che il conte Candalino non lo fece?
 SANCIO
1665Il conte Candalino mi perdoni,
 o non avea creanza
 o non avea l’amor di Sancio Panza.
 
    Addio, signor padrone.
 Uh, uh, che gran dolore;
1670scoppiar mi sento il core,
 crepo, non posso più.
 
    In questa valigetta
 ci avete una calzetta,
 quattro camicie rotte,
1675un berettin da notte,
 un aco e tre bottoni,
 le staffe e gli speroni,
 un ferro da cavallo
 e quel butirro giallo
1680che voi chiamar solete
 balsamo del Perù.
 
 SCENA IX
 
 DON CHISCIOTTE e poi DONNA RODRIGUES
 
 DON CHISCIOTTE
 Se più si tratteneva,
 il troppo affetto m’averia tradito.
 Ho caro il ben di Sancio
1685ma perdo un gran scudiero.
 Già s’è percosso trentacinque volte
 a onor di Dulcinea. Che bella prova
 d’intiera fedeltà! Me ne stupisco.
 DONNA RODRIGUES
 Mio signore e padron, la riverisco.
 DON CHISCIOTTE
1690Questa è qualche fantasma o qualche fata.
 Dimmi, chi sei?
 DONNA RODRIGUES
                                 Non tema.
 DON CHISCIOTTE
                                                       Affetto ignoto
 è il timore per me.
 DONNA RODRIGUES
                                     Son la matrona
 di corte.
 DON CHISCIOTTE
                   Indietro, indietro.
 Tempo notturno, un’ora stravagante...
1695Solo con sola... Vo’ dir io, son cose...
 Indietro, mi perdoni.
 DONNA RODRIGUES
                                          Si compiaccia
 d’ascoltarmi di grazia. Il signor duca
 è quello che mi manda.
 DON CHISCIOTTE
                                             Il signor duca?
 Non ho che replicar; dica, l’ascolto
1700ma tre passi lontana.
 DONNA RODRIGUES
                                         Io sto in sospetto,
 se sappia ch’io son dama.
 DON CHISCIOTTE
                                                 È dama?
 DONNA RODRIGUES
                                                                    Certo.
 DON CHISCIOTTE
 Dunque s’accosti un passo. Con le dame
 sta sempre la virtù. Parli.
 DONNA RODRIGUES
                                                 Mi trovo
 una figliuola ch’è piuttosto bella.
 DON CHISCIOTTE
1705Ne godo; ma per me sono impegnato.
 DONNA RODRIGUES
 No, signor, non si metta in apprensione,
 ch’è impegnata ancor essa.
 DON CHISCIOTTE
                                                   Andiam del pari.
 DONNA RODRIGUES
 Ma non è altro che quell’uomo indegno,
 che le ha promesso di sposarla, adesso
1710non vuol più mantener la sua parola;
 e io vedo disperar la mia figliuola.
 DON CHISCIOTTE
 Il signor duca forse mi comanda
 ch’io costringa costui?
 DONNA RODRIGUES
                                           Di questa grazia
 la prega a mio favore;
1715e la battaglia doverà seguire
 qui nel castello adesso al novo giorno.
 DON CHISCIOTTE
 Orben, senz’altro accetto
 per la donzella offesa
 l’impegno di difesa.
 DONNA RODRIGUES
1720E come potrò mai
 corrispondere a tanta gentilezza?
 DON CHISCIOTTE
 Signora, i complimenti
 sono superflui e vani tutti quanti.
 Questo è il dover de’ cavalieri erranti.
 
1725   Venga pure in campo armato
 questo amante rinnegato;
 don Chisciotte il punirà.
 
    Vado a torre in questo punto
 l’elmo forte di Mambrino,
1730lancia, spada e Ronzinante.
 Venga, venga il falso amante
 che l’ingiuria pagherà.
 
 SCENA X
 
 GRULLO e DONNA RODRIGUES
 
 GRULLO
 Signora, mi rallegro.
 DONNA RODRIGUES
                                        Di che cosa?
 GRULLO
 Che la vostra figliuola sarà sposa.
1735Ho già sentito questo cavaliero
 pronto alla sua difesa.
 DONNA RODRIGUES
 Co’ suoi favori proprio m’ha sorpresa.
 GRULLO
 Non si è fatto pregare?
 DONNA RODRIGUES
                                            Niente affatto.
 GRULLO
 (Adesso è il tempo che bel bel qualcosa
1740cavi a costei di mano).
 DONNA RODRIGUES
                                            Cosa pensi?
 GRULLO
 Per dirvela, signora,
 questa promessa sua mi dà sospetto.
 DONNA RODRIGUES
 Come sarebbe a dire?
 GRULLO
                                           Io so di certo
 che senza sentir prima il suo scudiero
1745cos’alcuna non fa.
 DONNA RODRIGUES
                                   Se m’ha promesso...
 GRULLO
 Bene, l’averà fatto
 così per cerimonia
 ma sarà andato intanto
 a ritrovarlo per sentir che dice.
 DONNA RODRIGUES
1750Ma lo scudier parti già pel governo.
 GRULLO
 Non è partito ancor.
 DONNA RODRIGUES
                                       Se questo è vero,
 Grullo mio, son perduta.
 GRULLO
                                               Come?
 DONNA RODRIGUES
                                                               Ingiuria
 gli feci dopo il pranzo e in questo caso
 ei si vorrà scontar.
 GRULLO
                                     Questo è probabile.
 DONNA RODRIGUES
1755Ma credi tu che non ci sia rimedio?
 GRULLO
 (Adesso te la ficco). Col danaro,
 signora, si fa tutto.
 DONNA RODRIGUES
                                     Una doppietta
 la spendo volentieri.
 GRULLO
                                        Addio rimedio.
 Signora, non c’è verso;
1760una misera doppia! È tempo perso.
 
    Ce ne vorranno almeno,
 secondo i conti miei...
 
 DONNA RODRIGUES
 
 Da quattro, cinque o sei?
 
 GRULLO
 
 Ma che, non si vergogna?
 
 DONNA RODRIGUES
 
1765Oh, quante ne bisogna?
 Presto, figliuol, che peno.
 
 GRULLO
 
    Ce ne vorranno almeno...
 
 DONNA RODRIGUES
 
 Così, una dozzinetta
 per torlo pel suo verso?
 
 GRULLO
 
1770Signora, è tempo perso.
 Ce ne vorranno almen trenta o quaranta.
 
 DONNA RODRIGUES
 
 Oh, poveretta me! Costui mi spianta.
 
 GRULLO
 
    Si tratta di un affare
 ch’è quasi disperato.
 
 DONNA RODRIGUES
 
1775   Lo credo ma, compare,
 costa però salato.
 
 GRULLO
 
    Se non ne vuol far niente,
 non sono il suo trastullo;
 faccia a suo modo e canti pur chi canta.
 
 DONNA RODRIGUES
 
1780   Dicevo solamente...
 Vieni, il mio caro Grullo,
 eccoti qui la borsa tutta quanta.
 
 Il fine dell’atto quarto