I due dittatori, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO QUARTO
 
 Quartieri di soldati nel campo di Minuzio.
 
 SCENA PRIMA
 
 OSIDIO con seguito di soldati e VALERIO
 
 OSIDIO
 Se sollecito meno o se men forte
905era Fabio il tribun, dall’erto colle
 già ne sovrasteria l’oste nimica.
 Ma qual ei ne riporta aspra mercede!
 VALERIO
 Di che il compiangi?
 OSIDIO
                                         Il dittator Minuzio
 lo condanna a morir sotto i littori.
 VALERIO
910Povero Fabio! E per qual fallo?
 OSIDIO
                                                          Occulto
 il prigionier ligure Erminio ei tenne
 e gli diè scampo e trasgredì l’editto.
 VALERIO
 Onde ne giunse al dittator l’avviso?
 OSIDIO
 Da chi meno il vorresti o meno il pensi,
915da Arisbe.
 VALERIO
                      Oh per noi tutti infausta spoglia!
 OSIDIO
 Di non più amar quel volto,
 con cui sta cor sì fiero, ho già risolto.
 VALERIO
 Sciorrò anch’io col tuo esempio il ferreo laccio.
 OSIDIO
 Fabio sia il pensier nostro.
 VALERIO
920Il padre il salverà.
 OSIDIO
                                    Minuzio ha imposto
 che, s’ei voglia a lui dar l’ultimo amplesso,
 venga; ma non lo segua
 né littor né soldato, o sia per tema
 ch’egli possa usar forza o sia che all’uno
925non competano i fasci,
 ove l’altro ha comando.
 VALERIO
 Non so veder riparo all’infelice,
 se un’amica pietà non gli è in soccorso.
 
 SCENA II
 
 OSIDIO
 
 OSIDIO
 Perché rival, più condannato è Fabio
930che perché reo. Dare il poter supremo
 a gioventude, che in balia si lascia
 di sregolati affetti, è un por la spada
 in mano ad uom, cui furor pazzo invada.
 
    Non dovria chi impera e regge,
935con la forza e con la legge,
 il suo oltraggio vendicar.
 
    Non è zelo il suo rigore
 ma furore
 che a sé fa non un dovere
940ma un piacere in condannar.
 
 SCENA III
 
 QUINTO FABIO tra i littori e OSIDIO
 
 QUINTO FABIO
 Vado, Osidio, a morir. Né il Fabio nome
 né la canizie e dignità del padre
 né i merti miei, nel giudice feroce
 diero accesso a pietà.
 OSIDIO
                                         Sperar mi giova
945che te il pubblico lutto e te del padre
 ne serberanno i preghi.
 QUINTO FABIO
                                              Eh, troppo importa
 a Minuzio ch’io pera.
 Ma vedrò il genitor?
 OSIDIO
                                        Mira. Qui ’l tragge
 la tua sciagura. Io vo a Minuzio. (Si parte)
 QUINTO FABIO
                                                             Ah, temo
950più l’ire sue che tutti i mali miei.
 
 SCENA IV
 
 FABIO MASSIMO e QUINTO FABIO
 
 FABIO MASSIMO
 In figura di reo Fabio? Poc’anzi
 tu militar tribuno,
 or di soldati invece
 hai d’intorno littori?
 QUINTO FABIO
955Padre e signor, tanto non è mia colpa,
 quanto ingiustizia altrui la mia sventura.
 FABIO MASSIMO
 Uso è de’ rei dire i giudizi iniqui
 e ostentar innocenza.
 Dimmi; nostro nimico e prigioniero
960non era Erminio?
 QUINTO FABIO
                                    Egli era.
 FABIO MASSIMO
 Dalla legge comune
 l’editto l’escludea?
 QUINTO FABIO
                                     No; ma Minuzio...
 FABIO MASSIMO
 Sostenea le mie veci;
 e tu, in onta di lui, salvasti Erminio.
 QUINTO FABIO
965In me destò rimorso
 lasciar sotto il littor capo sì illustre.
 FABIO MASSIMO
 E vi sottentra il tuo. La pena è giusta.
 QUINTO FABIO
 Feci, in Erminio salvo, amici a Roma
 e Liguri ed Insubri.
 FABIO MASSIMO
970Crescano a lei nimici; e duri intatto
 ne’ suoi figli il rispetto.
 QUINTO FABIO
 Te dittator, mai non si vide al cenno
 tuo la vittoria incrudelir ne’ vinti.
 FABIO MASSIMO
 È libero il comando;
975ma l’ossequio è servil. S’io data avessi
 la legge di Minuzio e violata
 fosse questa da te, l’esser mio figlio
 te non esimeria.
 QUINTO FABIO
                                 Poiché sì giusta
 trovi la mia sentenza,
980cedo, o gran padre, e mi condanno io stesso.
 FABIO MASSIMO
 Piacemi; e se finora
 parlò a te il dittator, parli ora il padre.
 Figlio, non venni ad aggravar tua sorte
 ma a veder se da Fabio
985morivi e da romano. Oh, fossi prima
 sotto barbaro acciar morto pugnando!
 E de’ trecento Fabi
 andasse in schiera anche il tuo nome. Il primo
 tu sarai di tua stirpe,
990il cui sangue berran verghe e mannaie.
 Pur se chiudi i tuoi giorni
 col magnanimo cor, con cui vivesti,
 te seguirà la pubblica pietade,
 te la mia ancor.
 QUINTO FABIO
                               La tua mi basta, o padre.
995Nulla più mi sgomenta;
 e se a questo tuo dono altro ne aggiungi...
 FABIO MASSIMO
 Chiedi.
 QUINTO FABIO
                 Da te difesa
 sia un’infelice vergine...
 
 SCENA V
 
 VELIA e i suddetti
 
 VELIA
                                              Al tuo piede
 cada ella stessa, o dittator. Dall’onte
1000di un ingiusto poter tu la proteggi.
 Agli occhi di Minuzio io bella parvi
 e facile conquista. A me fu scudo
 mia virtude e il tuo figlio. Ecco il suo fallo.
 Ecco la sua condanna. Or perdo in esso
1005quanto avea. Senza lui nulla a me resta
 che periglio e terror.
 FABIO MASSIMO
                                        Già intesi, Ersilia, (Sollevandola)
 che de’ tuoi rischi a me ben giunse il grido.
 Nulla temer. Nelle mie tende asilo
 sicuro avrai. Custodirò in te un pegno
1010degli affetti di Fabio, a me fidati.
 QUINTO FABIO
 Padre, or moro tranquillo e assolvo i fati.
 
 SCENA VI
 
 VALERIO con giovani nobili romani e i suddetti
 
 VALERIO
 Eh, non cadono i Fabi
 di sì vil morte. Dittator, del nostro
 petto a lui farem scudo,
1015tanta togliendo dal patrizio sangue
 vergogna e pena. Accoglieranlo amiche
 le tue coorti; e là, se tanto ardisce,
 le sue poi spinga il dittator...
 FABIO MASSIMO
                                                      Romani,
 che a tal prezzo egli viva? Aquile opporsi
1020per lui vedremo ad aquile? Aste ad aste?
 E farem sì che de’ nostri odi armato
 Annibale su noi scenda e ruini?
 Non che un solo, pria tutta
 pera la Fabia gente.
1025Ponete modo al vostro
 zelo e siavi più in mente
 degli avi vostri l’onorato esempio
 che alla patria donar sé stessi e i figli.
 VALERIO
 Di funesta virtù fieri consigli!
 
 SCENA VII
 
 OSIDIO e i suddetti
 
 OSIDIO
1030Signor, da te dipende
 che viva il figlio. I tuoi
 preghi non troveran del dittatore
 inflessibile il core.
 FABIO MASSIMO
 Andiamo...
 QUINTO FABIO
                        Ah, da paterna
1035pietà non sia tradito il grado eccelso.
 Non soffrirlo, o signor. La dittatura,
 che a salvezza d’un Fabio
 vide Roma al suo piede e n’ebbe gloria,
 non si prostri ella stessa e n’abbia scorno.
1040Lasciami al mio destin; ma resti illesa
 tua dignità. Tanto non val mia vita.
 FABIO MASSIMO
 Oh illustre figlio! Oh allora (Va ad abbracciarlo)
 degno più del mio amor, quando ti perdo!
 Teco porta alla tomba
1045sì magnanimi sensi
 e tua virtude al mio dover non pensi.
 
    So qual sono e qual tu sei.
 Tu i pietosi affetti miei
 e la patria avrà i più forti.
 
1050   Dura invitto; e ad ogni età
 in tua gloria passerà
 la virtù che teco porti. (Si parte con li soldati d’Osidio)
 
 SCENA VIII
 
 QUINTO FABIO, VELIA e VALERIO
 
 QUINTO FABIO
 Ersilia, ore di vita
 mi restan poche; altre alla patria ed altre
1055ne debbo al padre; e tu non poca parte
 e l’estrema ne avrai. Se d’una sola
 lagrima tu mi onori, assai già ottenni.
 Serba ad altro più degno e più felice
 i tuoi teneri affetti. Al caro Erminio
1060narra i miei casi; e digli
 che non vendichi Fabio
 su Roma; e lieti ei viva
 con la sua Velia gli anni. Anzi ch’io parta,
 mia diletta, un addio.
 VELIA
1065E ti perdo così?
 QUINTO FABIO
                                Così i miei mali
 finiscono. Valerio,
 addio. Ricorda al padre Ersilia mia;
 le sia in custodia e libertà le renda.
 VALERIO
 Ho stretto il core da pietà e da doglia. (Si parte)
 VELIA
1070Nulla per te fec’io, tu per me tanto.
 Core, alma, vita, escimi tutta in pianto.
 QUINTO FABIO
 
    Concedimi ch’io baci,
 cara, la bianca mano,
 favor di tua pietade all’amor mio.
 
1075   Ma tu sospiri e taci;
 mi basta il tuo dolor. Ersilia, addio.
 
 SCENA IX
 
 VELIA
 
 VELIA
 Se un’alma per amar due cori avesse,
 uno a te ne darei, fedele amante.
 Ma il sol, ch’io chiudo in petto, è del mio sposo.
1080Tu mia pietà, tu mia memoria avrai;
 e avrò forse anche duol, ch’io non t’amai.
 
    A te basti, o degno amante,
 che in mercede alla tua fede
 volli amarti e non potei.
 
1085   Che costretti dal dovere,
 più non erano in potere
 del voler gli affetti miei.
 
 Padiglione di Minuzio con tavolino da scrivere.
 
 SCENA X
 
 MINUZIO, OSIDIO e soldati
 
 MINUZIO
 I suoi preghi ei mi porga; o il figlio mora.
 OSIDIO
 D’un padre dittator l’aspetto solo
1090non è prego per te che già ti vinca?
 MINUZIO
 Chi vuol grazie impetrar si umili e chiegga.
 OSIDIO
 Al suo grado sconviene un vil ricorso.
 MINUZIO
 E al mio un facil perdon. Vanne e l’incontra. (Osidio si parte)
 Al Senato si scriva. È buon consiglio (S’accolta al tavolino)
1095gli animi prevenir. Ne’ gravi casi
 le prime impressioni
 sono in noi quai nel cielo i primi raggi
 che dileguano l’ombre, aprendo il giorno. (Scrive ma stando in piedi)
 
 SCENA XI
 
 FABIO MASSIMO, OSIDIO e MINUZIO
 
 OSIDIO
 Scrive al Senato. (In lontananza a Fabio Massimo)
 FABIO MASSIMO
                                  Il primo (In disparte ad Osidio)
1100foglio suo non è quello, ove de’ Fabi
 egli laceri il nome e l’opre accusi.
 OSIDIO
 Vedi, o signor... (Avanzando verso Minuzio)
 MINUZIO
                                 Qui a me il gran Fabio? (Lascia di scrivere e gli va incontro)
 FABIO MASSIMO
                                                                              Il padre
 viene, o Minuzio, al giudice del figlio. (Osidio si ritira in disparte)
 MINUZIO
 Duolmene la cagion, duolmi il reo caso;
1105e duolmi che al riparo
 mi sia tolto il poter dall’altrui colpa.
 FABIO MASSIMO
 Colpa da un dittator già condannata
 non dà luogo a perdono. Io qui non venni
 tratto da vana speme a pro d’un figlio.
1110Ben da lui tu cominci
 ad esiger terror con una legge,
 da te allor promulgata
 che a me ubbidivi e dittator non eri,
 e legge tal che fa più ingiuria a Roma
1115che macchia al delinquente.
 MINUZIO
                                                     Amor di padre
 ti acceca sì che non conosci il peso
 del grave error. Disubbidire al duce,
 deluderne i decreti,
 più dì nel roman campo un fier nimico
1120assicurar, salvarlo
 non è delitto?
 FABIO MASSIMO
                            Fabio, che il commise, (Minuzio scrive)
 reo più che i Giuni e più che i Manli...
 MINUZIO
                                                                       In Manlio (Rivolgendosi con un poco d’impeto)
 protetto era il trascorso, al par del mio,
 da un valor fortunato; e pur non valse.
 FABIO MASSIMO
1125Dall’esempio di voi trarsi a ruina (Minuzio torna a scrivere)
 potea la disciplina; ma da un atto
 di pietà generosa
 qual periglio per Roma?
 MINUZIO
 A gran ragion, tra l’arse case e ville, (Rivolgendosi più adagio)
1130quelle de’ Fabi Annibale rispetta.
 Alla loro pietà si dee compenso.
 FABIO MASSIMO
 Diceria non mi morde...
 MINUZIO
                                               Io già al Senato,
 e tuo giudice e mio, scrissi in quel foglio
 la legge offesa, il salvo Erminio e quanto
1135sia di ragion che il trasgressor ne mora.
 FABIO MASSIMO
 E dopo tutto, ponvi Ersilia ancora;
 lei sì che, più di Erminio e dell’editto,
 fa di Fabio la pena e fa il delitto.
 Ciò ancor sappia il Senato;
1140né Minuzio l’obblii. Tu questo forse
 rimprovero da me non attendevi,
 lusingandoti d’altro in tua fortuna.
 Ma che la dittatura
 anche per me avvilisca? Eh, ch’oggi assai
1145d’onta ella n’ebbe; e dittator, tu il sai.
 
    Nell’alma fremerà
 pietà di genitor.
 
    Ma non si avvilirà
 gloria di dittator.
 
 SCENA XII
 
 MINUZIO, OSIDIO e poi VALERIO
 
 MINUZIO
1150Osidio, non diresti
 che il colpevole io sia?
 OSIDIO
 Signor, ne avrai, se insisti, e biasmo e danno.
 MINUZIO
 Pentirsi è tardo...
 VALERIO
                                   Uom d’alto affar dal campo
 ostil te chiede; e par che cose arrechi
1155di non lieve momento.
 MINUZIO
 Ammettasi; che fia?
 OSIDIO
                                        (Spesso contrasta
 forza a ragion per sostener decoro).
 
 SCENA XIII
 
 ERMINIO e i suddetti
 
 ERMINIO
 Eccelso dittator, non ha ristretti
 virtù in petto romano i suoi confini.
1160Vi son anime ancor ch’oltre alle vostre
 pregiansi d’esser forti e generose.
 Fabio, dal suo gran cor mosso, ad Erminio
 diè vita e libertade. Atto sì illustre
 lo condanna a morir. Se lo soffrisse,
1165troppo Erminio sarebbe
 e sconoscente e vil. Tu a un tratto assolvi
 l’un dal supplizio e l’altro dall’infamia.
 Erminio per l’altrui t’offre il suo capo.
 MINUZIO
 Questo si accetterà. Ma Erminio è lunge;
1170e la legge oggi il reo chiede alla pena.
 ERMINIO
 Qui con falsa virtù non si ricerca
 o indugio alla sentenza
 o pretesto al perdono.
 Erminio a te si affretta; e quegli io sono.
 VALERIO e OSIDIO A DUE
1175Serba a noi Fabio e un cittadino a Roma.
 MINUZIO
 A far prova assai dura
 di magnanimo cor venisti, o Erminio.
 L’atto ti onora e te ne applaudo. Usarti
 non posso altra pietà che quella stessa
1180che tu mi chiedi. Vivrà Fabio. Il prezzo
 tu ne sarai.
 ERMINIO
                        Mi è un bene
 morir così.
 MINUZIO
                       Fabio a me venga.
 OSIDIO
                                                          Il lieto
 annunzio di sua vita ei da me intenda. (Si parte)
 ERMINIO
 E il supplizio non suo qui a me si renda.
 MINUZIO
1185Soldati, altrove al cenno il custodite.
 ERMINIO
 
    A vista anche di morte,
 né barbara la sorte
 né te crudel dirò.
 
    Anzi quel colpo rio,
1190già destinato al fato
 del fido amico mio,
 con gioia incontrerò.
 
 SCENA XIV
 
 VALERIO, MINUZIO e poi QUINTO FABIO
 
 VALERIO
 Bel campo ti si appresta
 di gloria anche in Erminio...
 MINUZIO
                                                      Il preservarlo
1195dipenderà da Fabio.
 Seco mi lascia; e ad osservar dal colle
 va’ se Annibale ardisca altro cimento.
 VALERIO
 Il valor di Minuzio è suo spavento. (Si parte)
 MINUZIO
 (Risorgete, o speranze,
1200vostra Ersilia esser può...) Fabio, sa il cielo
 se mi dolea che dal dover costretto
 fossi all’aspro comando, ond’era tolto
 tal figlio a’ Fabi e tal guerriero a Roma.
 Grazie agli dii, che a’ pubblici, a’ miei voti
1205render ti posso alfine. Onta e rimorso
 han tratto Erminio alla sua pena; e l’abbia.
 QUINTO FABIO
 Ah, signor, per qual fato
 mi avrò sempre a doler delle tue leggi,
 s’anche i favori tuoi mi son funesti?
1210Donarmi vita e tormi Erminio? Oh quanto
 meno spietate eran per me le scuri!
 MINUZIO
 Degno che tu il compianga è il fido amico.
 QUINTO FABIO
 Compiangerlo che val? Lascia ch’io il salvi.
 MINUZIO
 Volendo, il puoi.
 QUINTO FABIO
                                 Col capo mio? Son pronto.
 MINUZIO
1215Men crudel sacrifizio a te si chiede.
 QUINTO FABIO
 E qual?
 MINUZIO
                  Ersilia tua cedi al mio amore. (Entra Velia)
 QUINTO FABIO
 Ersilia? Ah, dittatore,
 non mi resta ragion in lei che chiedi.
 Io giva a morte e libertà le diedi.
 
 SCENA XV
 
 VELIA e i suddetti
 
 VELIA
1220Ersilia è in suo poter. Può di sé stessa
 dispor. Si assolva Erminio; e, Fabio, il soffri,
 Ersilia sia del dittator conquista.
 MINUZIO
 (Felici affetti miei!)
 QUINTO FABIO
                                        Che ascolto! Ersilia,
 per me sì poco? E per Erminio tanto?
1225Per me sol brevi lagrime? E per lui
 infin vittima offrirti
 a un amor già sprezzato?
 Oh cor d’Ersilia ingrato!
 Ma no, dove trascorro? Avrò dolore
1230che mi serbi il tuo amore
 una sì cara parte di me stesso?
 La tua bella pietà già mi soccorre,
 quando ancor mi tradisce. Anch’io vi assento
 e dell’ingiusto mio dolor mi pento.
 MINUZIO
1235L’estrema gioia...
 VELIA
                                   Omai si disinganni
 in te la speme, (A Minuzio) in te la tema. (A Quinto Fabio) Allora
 ch’Ersilia si promette al dittatore,
 nulla di sé promette.
 Velia son io, sposa d’Erminio e figlia
1240di chi impera agl’Insubri. Eranvi noti
 già i casi suoi. Col nome
 or ne intendete anche gli affetti e i voti.
 Tu, Fabio, or veder puoi da qual dovere
 ti era tolto un amor, di cui per altro
1245saresti degno; e tu, Minuzio, or vedi
 s’io né men lusingar possa il tuo affetto.
 In tuo poter la vita
 hai d’Erminio; e se vuoi,
 abbiti ancor la mia. Se ti par giusto,
1250incrudelisci a tuo piacer. Puoi farlo.
 Ma in anima romana
 tal bassezza non cade.
 Generoso altre volte
 fosti a me prigioniera.
1255Or che libera io son, mercé di questo
 guerriero amante eroe, temer non posso
 che voglian le tue leggi esser crudeli
 a due non ree, non vili alme fedeli.
 MINUZIO
 Qual mi si sveglia in sen fiero contrasto!
 QUINTO FABIO
1260Son sì sorpreso da stupor che appena...
 
 SCENA XVI
 
 VALERIO e i suddetti
 
 VALERIO
 Signor, tutte le forze
 dell’esercito ostil spingonsi al colle
 armate ad occuparlo; e se più tardi...
 MINUZIO
 Tosto all’armi. Raccolgansi all’insegne
1265le schiere. Andiam, tribuno.
 Risolverò dopo il trionfo, o Velia,
 e d’Erminio e di te. Lauri del Tebro,
 crescete alla mia chioma.
 Massimo, e tu vedrai
1270ceder, me duce, oggi Cartago a Roma.
 
    In amor non ho fortuna;
 ma per l’anime guerriere
 sta fortuna nel valor. (Si parte)
 
 QUINTO FABIO
 
    Vincerò nimici in campo;
1275ma da quel che porto in seno
 non ha scampo il debil cor. (Si parte)
 
 VELIA
 
    Sperar vo’ che dopo tante
 rie vicende il cielo arrida,
 dolce sposo, al nostro amor. (Si parte)
 
 SCENA XVII
 
 VALERIO
 
 VALERIO
1280Quanti mali da Arisbe! E ch’io più l’ami?
 A stringer tuoi legami,
 beltà, fa’ quanto puoi dentro il mio core;
 già spaventato n’è fuggito amore.
 
    Voglio cercar beltà
1285più fida e men crudel.
 
    Possibile che in tante
 non me ne insegni amore
 una che a bel sembiante
 accoppi alma fedel?
 
 Il fine dell’atto quarto