I due dittatori, Vienna, van Ghelen, 1726

 ATTO QUARTO
 
 Quartieri di soldati nel campo di Minucio.
 
 SCENA PRIMA
 
 OSIDIO con seguito di soldati e VALERIO
 
 OSIDIO
 Se sollecito meno o se men forte
905era Fabio il tribun, da l’erto colle
 già ne sovrasteria l’oste nemica.
 Ma qual ei ne riporta aspra mercede!
 VALERIO
 Di che ’l compiagni?
 OSIDIO
                                        Il dittator Minucio
 lo condanna a morir sotto i littori.
 VALERIO
910Povero Fabio! E per qual fallo?
 OSIDIO
                                                          Occulto
 il prigionier ligure Erminio ei tenne
 e gli diè scampo e trasgredì l’editto.
 VALERIO
 Onde ne giunse al dittator l’avviso?
 OSIDIO
 Da chi meno il vorresti o meno il pensi,
915da Arisbe.
 VALERIO
                      Oh per noi tutti infausta spoglia!
 OSIDIO
 Di non più amar quel volto,
 con cui sta cor sì fiero, ho già risolto.
 VALERIO
 Sciorrò anch’io col tuo esempio il ferreo laccio.
 OSIDIO
 Fabio sia ’l pensier nostro.
 VALERIO
920Il padre il salverà.
 OSIDIO
                                    Minucio ha imposto
 che s’ei voglia a lui dar l’ultimo amplesso,
 venga; ma non lo segua
 né littor né soldato, o sia per tema
 ch’egli possa usar forza o sia che a l’uno
925non competano i fasci,
 ove l’altro ha comando.
 VALERIO
 Non so veder riparo a l’infelice,
 se un’amica pietà non gli è in soccorso.
 
 SCENA II
 
 OSIDIO
 
 OSIDIO
 Perché rival, più condannato è Fabio
930che perché reo. Dare il poter supremo
 a gioventude, che in balia si lascia
 di sregolati affetti, è un por la spada
 in mano ad uom, cui furor pazzo invada.
 
    Non dovria chi impera e regge,
935con la forza e con la legge,
 il suo oltraggio vendicar.
 
    Non è zelo il suo rigore
 ma furore
 che a sé fa non un dovere
940ma un piacere in condannar.
 
 SCENA III
 
 QUINTO FABIO tra i littori e OSIDIO
 
 QUINTO FABIO
 Vado, Osidio, a morir. Né il Fabio nome
 né la canizie e dignità del padre
 né i merti miei, nel giudice feroce
 diero accesso a pietà.
 OSIDIO
                                         Sperar mi giova
945che te il pubblico lutto e te del padre
 ne serberanno i preghi.
 QUINTO FABIO
                                              Eh! Troppo importa
 a Minucio ch’io pera.
 Ma vedrò il genitor?
 OSIDIO
                                        Mira. Qui ’l tragge
 la tua sciagura. Io vo a Minucio. (Parte)
 QUINTO FABIO
                                                             Ah! Temo
950più l’ire sue che tutti i mali miei.
 
 SCENA IV
 
 FABIO MASSIMO e QUINTO FABIO
 
 FABIO MASSIMO
 In figura di reo Fabio? Poc’anzi
 tu militar tribuno,
 or di soldati invece
 hai d’intorno littori?
 QUINTO FABIO
955Padre e signor, tanto non è mia colpa,
 quanto ingiustizia altrui la mia sventura.
 FABIO MASSIMO
 Uso è de’ rei dire i giudici iniqui
 e ostentar innocenza.
 Dimmi. Nostro nemico e prigioniero
960non era Erminio?
 QUINTO FABIO
                                    Egli era.
 FABIO MASSIMO
 Da la legge comune
 l’editto l’escludea?
 QUINTO FABIO
                                     No; ma Minucio...
 FABIO MASSIMO
 Sostenea le mie veci;
 e tu in onta di lui salvasti Erminio.
 QUINTO FABIO
965In me destò rimorso
 lasciar sotto il littor capo sì illustre.
 FABIO MASSIMO
 E vi sottentra il tuo. La pena è giusta.
 QUINTO FABIO
 Feci in Erminio salvo amici a Roma
 e Liguri ed Insubri.
 FABIO MASSIMO
970Crescano a lei nemici; e duri intatto
 ne’ suoi figli il rispetto.
 QUINTO FABIO
 Te dittator, mai non si vide al cenno
 tuo la vittoria incrudelir nei vinti.
 FABIO MASSIMO
 È libero il comando;
975ma l’ossequio è servil. S’io data avessi
 la legge di Minucio e violata
 fosse quella da te, l’esser mio figlio
 te non esimeria.
 QUINTO FABIO
                                 Poiché sì giusta
 trovi la mia sentenza,
980cedo, o gran padre, e mi condanno io stesso.
 FABIO MASSIMO
 Piacemi; e se finora
 parlò a te il dittator, parli ora il padre.
 Figlio, non venni ad aggravar tua sorte
 ma a veder se da Fabio
985morivi e da romano. Oh! Fossi prima
 sotto barbaro acciar morto in pugnando!
 E dei trecento Fabi
 andasse in schiera anche il tuo nome. Il primo
 tu sarai di tua stirpe,
990il cui sangue beran verghe e mannaie.
 Pur se chiudi i tuoi giorni
 col magnanimo cor, con cui vivesti,
 te seguirà la pubblica pietade,
 te la mia ancor.
 QUINTO FABIO
                               La tua mi basta, o padre.
995Nulla più mi sgomenta;
 e se a questo tuo dono altro ne aggiugni...
 FABIO MASSIMO
 Chiedi.
 QUINTO FABIO
                 Da te difesa
 sia un’infelice vergine...
 
 SCENA V
 
 VELIA e i suddetti
 
 VELIA
                                              Al tuo piede
 cada ella stessa, o dittator. Da l’onte
1000di un ingiusto poter tu la proteggi.
 Agli occhi di Minucio io bella parvi
 e facile conquista. A me fu scudo
 mia virtude e ’l tuo figlio. Ecco il suo fallo,
 ecco la sua condanna. Or perdo in esso
1005quanto avea. Senza lui nulla a me resta
 che periglio e terror.
 FABIO MASSIMO
                                        Già intesi, Ersilia, (Solevandola)
 che de’ tuoi rischi a me ben giunse il grido.
 Nulla temer. Ne le mie tende asilo
 sicuro avrai. Custodirò in te un pegno
1010degli affetti di Fabio, a me fidati.
 QUINTO FABIO
 Padre, or moro tranquillo e assolvo i fati.
 
 SCENA VI
 
 VALERIO con giovani nobili romani e i suddetti
 
 VALERIO
 Eh! Non cadono i Fabi
 di sì vil morte. Dittator, del nostro
 petto a lui farem scudo,
1015tanta togliendo dal patrizio sangue
 vergogna e pena. Accoglieranlo amiche
 le tue coorti; e là, se tanto ardisce,
 le sue poi spinga il dittator...
 FABIO MASSIMO
                                                      Romani,
 che a tal prezzo egli viva? Aquile opporsi
1020per lui vedremo ad aquile? Aste ad aste?
 E farem sì che dei nostri odi armato
 Annibale su noi scenda e ruini?
 Non che un solo, pria tutta
 pera la Fabia gente.
1025Ponete modo al vostro
 zelo e siavi più in mente
 degli avi vostri l’onorato esempio
 che a la patria donar sé stessi e i figli.
 VALERIO
 Di funesta virtù fieri consigli!
 
 SCENA VII
 
 OSIDIO e i suddetti
 
 OSIDIO
1030Signor, da te dipende
 che viva il figlio. I tuoi
 preghi non troveran del dittatore
 inflessibile il core.
 FABIO MASSIMO
 Andiamo...
 QUINTO FABIO
                        Ah! Da paterna
1035pietà non sia tradito il grado eccelso.
 Non soffrirlo, o signor. La dittatura,
 che a salvezza di un Fabio
 vide Roma al suo piede e n’ebbe gloria,
 non si prostri ella stessa e n’abbia scorno.
1040Lasciami al mio destin; ma resti illesa
 tua dignità. Tanto non val mia vita.
 FABIO MASSIMO
 O illustre figlio! O alora (Va ad abbracciarlo)
 degno più del mio amor, quando ti perdo!
 Teco porta a la tomba
1045sì magnanimi sensi
 e tua virtude al mio dover non pensi.
 
    So qual sono e qual tu sei;
 tu i pietosi affetti miei
 e la patria avrà i più forti.
 
1050   Dura invitto; e ad ogni età
 in tua gloria passerà
 la virtù che teco porti. (Parte con li soldati di Osidio)
 
 SCENA VIII
 
 QUINTO FABIO, VELIA, VALERIO
 
 QUINTO FABIO
 Ersilia, ore di vita
 mi restan poche; altre alla patria ed altre
1055ne debbo al padre; e tu non poca parte
 e l’estrema ne avrai. Se d’una sola
 lagrima tu m’onori, assai già ottenni.
 Serba ad altro più degno e più felice
 i tuoi teneri affetti. Al caro Erminio
1060narra i miei casi; e digli
 che non vendichi Fabio
 su Roma; e lieti e’ viva
 con la sua Velia gli anni. Anzi ch’io parta,
 mia diletta, un addio.
 VELIA
1065E ti perdo così?
 QUINTO FABIO
                                Così i miei mali
 finiscono. Valerio,
 addio. Ricorda al padre Ersilia mia;
 le sia in custodia e libertà le renda.
 VALERIO
 Ho stretto il core da pietà e da doglia. (Parte)
 VELIA
1070Nulla per te fec’io, tu per me tanto.
 Core, alma, vita, escimi tutta in pianto.
 QUINTO FABIO
 
    Concedimi ch’io baci,
 cara, la bianca mano,
 favor di tua pietade a l’amor mio.
 
1075   Ma tu sospiri e taci;
 mi basta il tuo dolor. Ersilia, addio.
 
 SCENA IX
 
 VELIA
 
 VELIA
 Se un’alma per amar due cori avesse,
 uno a te ne darei, fedele amante.
 Ma ’l sol, ch’io chiudo in petto, è del mio sposo.
1080Tu mia pietà, tu mia memoria avrai;
 e avrò forse anche duol, ch’io non t’amai.
 
    A te basti, o degno amante,
 che in mercede a la tua fede
 volli amarti e non potei.
 
1085   Che costretti dal dovere,
 più non erano in potere
 del voler gli affetti miei.
 
 Padiglione di Minucio con tavolino da scrivere.
 
 SCENA X
 
 MINUCIO e OSIDIO e soldati
 
 MINUCIO
 I suoi preghi ei mi porga; o ’l figlio mora.
 OSIDIO
 Di un padre dittator l’aspetto solo
1090non è prego per te che già ti vinca?
 MINUCIO
 Chi vuol grazie impetrar si umili e chiegga.
 OSIDIO
 Al suo grado sconviene un vil ricorso.
 MINUCIO
 E al mio un facil perdon. Vanne e l’incontra. (Osidio parte)
 Al Senato si scriva. È buon consiglio (Si accolta al tavolino)
1095gli animi prevenir. Nei gravi casi
 le prime impressioni
 sono in noi quai nel cielo i primi raggi
 che dileguano l’ombre, aprendo il giorno. (Scrive ma stando in piedi)
 
 SCENA XI
 
 FABIO MASSIMO, OSIDIO e MINUCIO
 
 OSIDIO
 Scrive al Senato. (In lontano a Fabio Massimo)
 FABIO MASSIMO
                                  Il primo (In disparte ad Osidio)
1100foglio suo non è quello, ove dei Fabi
 egli laceri il nome e l’opre accusi.
 OSIDIO
 Vedi, o signor... (Avanzando verso Minucio)
 MINUCIO
                                 Qui a me il gran Fabio? (Lascia di scrivere e gli va incontro)
 FABIO MASSIMO
                                                                              Il padre
 viene, o Minucio, al giudice del figlio. (Osidio si ritira in disparte)
 MINUCIO
 Duolmene la cagion, duolmi il reo caso;
1105e duolmi che al riparo
 mi sia tolto il poter da l’altrui colpa.
 FABIO MASSIMO
 Colpa da un dittator già condannata
 non dà luogo a perdono. Io qui non venni
 tratto da vana speme a pro di un figlio.
1110Ben da lui tu cominci
 ad esigger terror con una legge,
 da te alor promulgata
 che a me ubbidivi e dittator non eri,
 e legge tal che fa più ingiuria a Roma
1115che macchia al delinquente.
 MINUCIO
                                                     Amor di padre
 ti acceca sì che non conosci il peso
 del grave error. Disubbidire al duce,
 deluderne i decreti,
 più dì nel roman campo un fier nemico
1120assicurar, salvarlo
 non è delitto?
 FABIO MASSIMO
                            Fabio, che il commise, (Minucio scrive)
 reo più che i Giuni e più che i Manli...
 MINUCIO
                                                                       In Manlio (Rivolgendosi con un poco d’impeto)
 protetto era il trascorso, al par del mio,
 da un valor fortunato; e pur non valse.
 FABIO MASSIMO
1125Da l’esempio di voi trarsi a ruina (Minucio torna a scrivere)
 potea la disciplina; ma da un atto
 di pietà generosa
 qual periglio per Roma?
 MINUCIO
 A gran ragion, tra l’arse case e ville, (Rivolgendosi più adagio)
1130quelle de’ Fabi Annibale rispetta.
 A la loro pietà si dee compenso.
 FABIO MASSIMO
 Diceria non mi morde...
 MINUCIO
                                               Io già al Senato,
 e tuo giudice e mio, scrissi in quel foglio
 la legge offesa, il salvo Erminio e quanto
1135sia di ragion che il trasgressor ne mora.
 FABIO MASSIMO
 E dopo tutto, ponvi Ersilia ancora;
 lei sì che più di Erminio e de l’editto,
 fa di Fabio la pena e fa il delitto.
 Ciò ancor sappia il Senato;
1140né Minucio l’obblii. Tu questo forse
 rimprovero da me non attendevi,
 lusingandoti d’altro in tua fortuna.
 Ma che la dittatura
 anche per me avvilisca? Eh! Ch’oggi assai
1145d’onta ella n’ebbe; e dittator, tu ’l sai.
 
    Ne l’alma fremerà
 pietà di genitor.
 
    Ma non si avvilirà
 gloria di dittator.
 
 SCENA XII
 
 MINUCIO, OSIDIO e poi VALERIO
 
 MINUCIO
1150Osidio, non diresti
 che il colpevole io sia?
 OSIDIO
 Signor, ne avrai, se insisti, e biasmo e danno.
 MINUCIO
 Pentirsi è tardo...
 VALERIO
                                   Uom d’alto affar dal campo
 ostil te chiede; e par che cose arrechi
1155di non lieve momento.
 MINUCIO
 Ammettasi, che fia?
 OSIDIO
                                        (Spesso contrasta
 forza a ragion per sostener decoro).
 
 SCENA XIII
 
 ERMINIO e i suddetti
 
 ERMINIO
 Eccelso dittator, non ha ristretti
 virtù in petto romano i suoi confini.
1160Vi son anime ancor ch’oltre a le vostre
 pregiansi d’esser forti e generose.
 Fabio, dal suo gran cor mosso, ad Erminio
 diè vita e libertade. Atto sì illustre
 lo condanna a morir. Se lo soffrisse,
1165troppo Erminio sarebbe
 e sconoscente e vil. Tu a un tratto assolvi
 l’un dal supplicio e l’altro da l’infamia.
 Erminio per l’altrui t’offre il suo capo.
 MINUCIO
 Questo si accetterà. Ma Erminio è lunge;
1170e la legge oggi il reo chiede a la pena.
 ERMINIO
 Qui con falsa virtù non si ricerca
 o indugio alla sentenza
 o pretesto al perdono.
 Erminio a te si affretta; e quegli io sono.
 VALERIO e OSIDIO A DUE
1175Serba a noi Fabio e un cittadino a Roma.
 MINUCIO
 A far prova assai dura
 di magnanimo cor venisti, o Erminio.
 L’atto ti onora e te ne applaudo. Usarti
 non posso altra pietà che quella stessa
1180che tu mi chiedi. Vivrà Fabio. Il prezzo
 tu ne sarai.
 ERMINIO
                        Mi è un bene
 morir così.
 MINUCIO
                       Fabio a me venga.
 OSIDIO
                                                          Il lieto
 annuncio di sua vita ei da me intenda. (Parte)
 ERMINIO
 E ’l supplicio non suo qui a me si renda.
 MINUCIO
1185Soldati, altrove al cenno il custodite.
 ERMINIO
 
    A vista anche di morte,
 né barbara la sorte
 né te crudel dirò.
 
    Anzi quel colpo rio,
1190già destinato al fato
 del fido amico mio,
 con gioia incontrerò.
 
 SCENA XIV
 
 MINUCIO, VALERIO, poi QUINTO FABIO
 
 VALERIO
 Bel campo ti si appresta
 di gloria anche in Erminio...
 MINUCIO
                                                      Il preservarlo
1195dipenderà da Fabio.
 Seco mi lascia; e ad osservar dal colle
 va’ se Annibale ardisca altro cimento.
 VALERIO
 Il valor di Minucio è suo spavento. (Parte)
 MINUCIO
 Risorgete, o speranze.
1200Vostra Ersilia esser può... Fabio, sa il cielo
 se mi dolea che dal dover costretto
 fossi a l’aspro comando, ond’era tolto
 tal figlio ai Fabi e tal guerriero a Roma.
 Grazie agli dii, che ai publici, ai miei voti
1205render ti posso alfine. Onta e rimorso
 han tratto Erminio a la sua pena; e l’abbia.
 QUINTO FABIO
 Ah! Signor, per qual fato,
 mi avrò sempre a doler de le tue leggi,
 s’anche i favori tuoi mi son funesti?
1210Donarmi vita e tormi Erminio? O quanto
 meno spietate eran per me le scuri!
 MINUCIO
 Degno che tu ’l compianga è ’l fido amico.
 QUINTO FABIO
 Compiangerlo che val? Lascia ch’io ’l salvi.
 MINUCIO
 Volendo, il puoi.
 QUINTO FABIO
                                 Col capo mio? Son pronto.
 MINUCIO
1215Men crudel sacrificio a te si chiede.
 QUINTO FABIO
 E qual?
 MINUCIO
                  Ersilia tua cedi al mio amore. (Entra Velia)
 QUINTO FABIO
 Ersilia? Ah! Dittatore,
 non mi resta ragion in lei che chiedi.
 Io giva a morte e libertà le diedi.
 
 SCENA XV
 
 VELIA e i suddetti
 
 VELIA
1220Ersilia è in suo poter. Può di sé stessa
 dispor. Si assolva Erminio; e, Fabio, il soffri,
 Ersilia sia del dittator conquista.
 MINUCIO
 Felici affetti miei.
 QUINTO FABIO
                                    Che ascolto? Ersilia,
 per me sì poco? E per Erminio tanto?
1225Per me sol brevi lagrime? E per lui
 infin vittima offrirti
 a un amor già sprezzato?
 O cor d’Ersilia ingrato!
 Ma no, dove trascorro? Avrò dolore
1230che mi serbi il tuo amore
 una sì cara parte di me stesso?
 La tua bella pietà già mi soccorre,
 quando ancor mi tradisce. Anch’io vi assento
 e de l’ingiusto mio dolor mi pento.
 MINUCIO
1235L’estrema gioia...
 VELIA
                                   Ormai si disinganni
 in te la speme, (A Minucio)
                               in te la tema. (A Quinto Fabio)
                                                         Alora
 che Ersilia si promette al dittatore,
 nulla di sé promette.
 Velia son io, sposa d’Erminio e figlia
1240di chi impera agl’Insubri. Eranvi noti
 già i casi suoi. Col nome
 or ne intendete anche gli affetti e i voti.
 Tu, Fabio, or veder puoi da qual dovere
 ti era tolto un amor, di cui per altro
1245saresti degno; e tu, Minucio, or vedi
 s’io né men lusingar possa il tuo affetto.
 In tuo poter la vita
 hai d’Erminio; e se vuoi,
 abbiti ancor la mia. Se ti par giusto,
1250incrudelisci a tuo piacer. Puoi farlo.
 Ma in anima romana
 tal bassezza non cade.
 Generoso altre volte
 fosti a me prigioniera.
1255Orché libera io son, mercé di questo
 guerriero amante eroe, temer non posso
 che voglian le tue leggi esser crudeli
 a due non ree, non vili alme fedeli.
 MINUCIO
 Qual mi si sveglia in sen fiero contrasto!
 QUINTO FABIO
1260Son sì sorpreso da stupor che a pena...
 
 SCENA XVI
 
 VALERIO e i suddetti
 
 VALERIO
 Signor, tutte le forze
 de l’esercito ostil spingonsi al colle
 armate ad occuparlo; e se più tardi...
 MINUCIO
 Tosto a l’armi. Raccolgansi a l’insegne
1265le schiere. Andiam, tribuno.
 Risolverò dopo il trionfo, o Velia,
 e di Erminio e di te. Lauri del Tebro,
 crescete a la mia chioma.
 Massimo, e tu vedrai
1270ceder, me duce, oggi Cartago a Roma.
 
    In amor non ho fortuna;
 ma per l’anime guerriere
 sta fortuna nel valor. (Parte)
 
 QUINTO FABIO
 
    Vincerò nemici in campo;
1275ma da quel che porto in seno
 non ha scampo il debol cor. (Parte)
 
 VELIA
 
    Sperar vo’ che dopo tante
 rie vicende il cielo arrida,
 dolce sposo, al nostro amor. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 VALERIO
 
 VALERIO
1280Quanti mali da Arisbe? E ch’io più l’ami?
 A stringer tuoi legami,
 beltà, fa’ quanto puoi dentro il mio core;
 già spaventato n’è fuggito amore.
 
    Voglio cercar beltà
1285più fida e men crudel.
 
    Possibile che in tante
 non me ne insegni amore
 una che a bel sembiante
 accoppi alma fedel?
 
 Fine dell’atto quarto