Semiramide in Ascalona, Vienna, van Ghelen, 1725

 ATTO QUINTO
 
 Facciata del tempio di Venere Urania, con logge all’intorno, ornate di rose e di mirti.
 
 SCENA PRIMA
 
 NINO e SEMIRAMIDE
 
 NINO
 Tanto in mio pro non fece
1105già di Mennone il zelo,
 quanto or la sua perfidia. A questa io debbo
 il trofeo di Semira.
 Ma tu sospiri? Oh dio! Sarebbe ancora
 più felice in quel cor Mennone infido
1110che Nino amante?
 SEMIRAMIDE
                                    Eh! Sire,
 Semiramide è giusta
 e distinguer sa Nino
 da Mennone e da tutti.
 NINO
 Qual altro inciampo adunque
1115la tua austera virtù trova in mia pena?
 SEMIRAMIDE
 Nol vedi? Intorno appena
 corre incerto rumor che alzar tu voglia
 Semiramide al trono,
 ecco minacce ed armi. Assirio fasto
1120sdegna per sua regina una che nata
 tra le selve si crede.
 NINO
 E quai sono costoro
 che del principe loro
 osan giudici farsi? Il sai tu, Arbace?
 
 SCENA II
 
 ARBACE e i suddetti
 
 ARBACE
1125Sì, e questo ferro asciutto
 non andria del lor sangue,
 se la loro sconfitta opra non era
 dei prodi ascaloniti e più di Aliso,
 già di tua libertade ed ora invitto (Verso Semiramide)
1130campion de la tua gloria.
 SEMIRAMIDE
 Nascon anche fra’ boschi anime grandi.
 NINO
 Ma chi diè sprone a l’ire e moto a l’armi?
 ARBACE
 Il disperato Mennone.
 SEMIRAMIDE
                                           Infelice!
 NINO
 Perfido! Oh! L’altrui braccio
1135con la morte di lui mi assolva almeno
 da la necessità che ho di punirlo.
 
 SCENA III
 
 ALISO e i suddetti
 
 ALISO
 Al tuo sdegno lo toglie,
 sire, il suo delirar. Fremente il vidi
 uscir da la tenzone e d’uno in altro
1140oggetto ripassando,
 ora immobile starsi, or furibondo
 correr qua e là né saper dove. Il nudo
 acciar, che in mano ancor tenea, d’un colpo
 spezzò ad un sasso; lacerossi il manto;
1145l’elmo gittò; né valsi
 quindi a seguirlo, ove per campi e balze
 il suo pazzo furor ratto il trasporta.
 ARBACE
 Stiasi con le sue furie.
 SEMIRAMIDE
                                           O lui beato,
 se più non torna al senso de’ suoi mali.
 NINO
1150Or che dirai, Semira? Ecco i pretesti
 col tumulto già spenti.
 SEMIRAMIDE
 No. Ciò ch’oggi si osò, mi lascia in tema
 de l’avvenir. Penuria
 d’alme facinorose
1155non v’è mai negl’imperi. E ch’io al tuo letto
 rechi in dote discordie, onte, perigli?
 Perdonami. Amo Nino
 ma più la gloria sua, più ’l suo riposo.
 NINO
 E deve anche il tuo amor farmi infelice?
 SEMIRAMIDE
1160Forse tale io non son qual mi si crede.
 Simmandio ha qualche arcano
 taciuto anche a la figlia.
 Forse al suo re nol tacerà. Tu vinci
 sue renitenze. Il mio destino intendi;
1165e quando io nobil sangue ed avi illustri
 possa ostentar dal trono,
 sarà mio impegno anche portarvi un core
 che su l’orme del tuo giunga a l’estremo
 confin de la grandezza e de l’onore.
 NINO
1170Andiamo, Arbace. Un’anima sì eccelsa
 smente i bassi natali.
 ARBACE
 L’aquile generose
 non nascon che da l’aquile reali.
 NINO
 
    Rigida sei; ma ancora
1175rigida m’innamora,
 cara, la tua beltà.
 
    Tu poi non esser tanto
 in tua virtù severa
 ch’ella ne perda il vanto
1180e passi in crudeltà. (Entra con Arbace nel tempio)
 
 SCENA IV
 
 SEMIRAMIDE e ALISO
 
 SEMIRAMIDE
 Aliso, cui dir posso
 genio mio tutelar...
 ALISO
                                      Dimmi più tosto
 tuo servo ognor; dir più non oso amante.
 SEMIRAMIDE
 Vedi per quali e quante
1185travagliose vicende, instabil sorte,
 non so se amica o ria, m’alza ad impero.
 ALISO
 Il perderti così mi racconsola.
 SEMIRAMIDE
 E pure, il crederesti? io non vi ascendo
 con tutta pace, Aliso.
 ALISO
1190Perché?
 SEMIRAMIDE
                  La qui goduta
 tranquillità rammento;
 e incerta qual sia ’l bene, a cui m’invio,
 conosco quel che perdo e ne sospiro.
 ALISO
 In quel sospir, parte, oh! n’avessi anch’io!
 SEMIRAMIDE
 
1195   Vi abbandono,
 selve amate, e vado al trono.
 Là godrò più di grandezza
 ma non so se più di pace.
 
    Qui non v’ha folle alterezza,
1200non inganno
 sempre attento in altrui danno,
 qui non astio e non livore
 che ad onore
 sempre insulta e mai non tace.
 
 SCENA V
 
 MENNONE col suo elmo in mano e detti
 
 MENNONE
1205Perfida! T’ho pur giunta.
 ALISO
 Il pazzo.
 SEMIRAMIDE
                   Ahimè!
 MENNONE
                                    Se ancor mettessi l’ale,
 non fuggirai da me.
 SEMIRAMIDE
 O Mennone.
 MENNONE
                          Chi è Mennone? Di Averno
 son l’implacabil giudice. Su, prendi. (Le dà il suo elmo)
 
1210   Sai che liquor sia questo?
 Sangue di drago infesto
 che m’era intorno al cor.
 
 SEMIRAMIDE
 E che vuoi che ne faccia?
 MENNONE
 
    Miste di fiele e assenzio
1215bevi con lui le lagrime
 del mio schernito amor.
 
 Presto o da questo acciar cadrai svenata.
 ALISO
 L’acciaro? E dove l’hai?
 MENNONE
 Ah! Ah! M’era scordato.
1220Trafissi il cor di Nino e vel lasciai.
 SEMIRAMIDE
 Col suo furor delira.
 MENNONE
 Presto, diss’io. Stige mi attende e voglio
 trarvi con te Nino, Belesa, Aliso,
 Arbace e Assiria tutta.
 SEMIRAMIDE
1225Mi fa pietade.
 MENNONE
                             O dei! Da quali e quanti
 fantasmi ingombro è ’l capo!
 
    Sugli alti cardini
 vacilla l’etere;
 la terra è instabile;
1230il monte è labile
 e notte rapida
 succede al dì.
 Tutto ruina ed io m’assido qui. (Siede in terra)
 
 ALISO
 Fuggiam, fuggiam dal pazzo.
 SEMIRAMIDE
                                                       Io non avrei
1235di lui tanta pietà, se fosse in senno. (Parte con Aliso)
 
 SCENA VI
 
 MENNONE
 
 MENNONE
 Che mai feci? A Semira
 diedi morte; e perché?
 Ella mi fu fedele;
 e solo io fui che le mancai di fé.
 
1240   Perdonami, o bell’ombra
 che intorno a me t’aggiri.
 Ricevi i miei sospiri...
 
 No no, fuggi da me, vattene, sgombra. (Levandosi furioso)
 Di Semira e di Nino
1245leggo i nomi in que’ tronchi.
 Veggo le infauste tede.
 Odo i pronubi canti.
 Su, cangiateli, o furie, in nenie e pianti.
 Ahi! Ahi! Che furie perfide!
1250O donne scellerate,
 perché mi flagellate?
 Non più. Vado. Mi ascondo. Chi mi vuole?
 Terra? Mar? Cielo? Abisso? Oh! Se potessi,
 starmi là sceglierei
1255ove femmina alcuna
 mai mai non si offerisse agli occhi miei.
 
    Ov’è ’l legno? Ove Caronte
 che mi varchi a Flegetonte?
 Ei non vien? Su l’ali a volo
1260io vi andrò del mio furor.
 
    Già ho tre furie, un re rival
 e due amanti,
 una iniqua, una sleal.
 Quanti mostri, ahi! quanti quanti!
1265per il povero mio cor!
 
 SCENA VII
 
 NINO, SIMMANDIO, BELESA e ARBACE con seguito, tutti dal tempio
 
 ARBACE
 In traccia di Semira ite, o custodi.
 BELESA
 Giorno non chiuse mai più strani eventi
 con migliori vicende.
 NINO
 Ma in dì sereno ancor fremono i nembi.
 SIMMANDIO
1270Donde in sì piena calma aver puoi tema?
 NINO
 Da un’austera virtù.
 ARBACE
                                        Quando ella intenda
 la sua stirpe real...
 NINO
                                    La mano ancora
 conoscerà, per cui finor raminga
 cangiò porpore in lane.
1275O funesti trofei! L’Asia non vale
 quel cor, se mel togliete.
 SIMMANDIO
 Ben si comprano, o sire,
 con tal mercede i guai già corsi e i pianti.
 BELESA
 (Di timore in timor passan gli amanti).
 
 SCENA ULTIMA
 
 SEMIRAMIDE, ALISO e i suddetti
 
 NINO
1280Non so se nel momento in cui ti onoro,
 regal vergine eccelsa,
 più in me nasca di gioia o più di affanno.
 Non è fregio di merto il nascer grande
 ma pure è fregio; e che anche questo a tante
1285glorie sol tue si aggiunga, è mio contento.
 Ma in pensar che i finora
 mali, da te sofferti,
 sono tutti opra mia, ne ho pena ed onta;
 e più ne avrei se, mentre
1290al tuo regno ti rendo,
 non avessi l’onor di porti a’ piedi
 con l’Assiria e con l’Asia anche me stesso.
 Ecco. Sta in tuo poter darmi le leggi
 di gastigo o di pace. Il re punisci;
1295ma risparmia l’amante;
 né portar l’ira tua sovra il mio core,
 d’altra colpa non reo, se non d’amore.
 SEMIRAMIDE
 Signor, risponderò; ma pria dal padre
 al mio destin tutto si squarci il velo.
 SIMMANDIO
1300Figlia, in Simmandio alfine
 riconosci Oropaste
 che in Ascalona un tempo,
 retaggio avito, ebbe comando e scettro.
 SEMIRAMIDE
 Come? Non fu l’Egitto, ove le prime
1305aure spirai di vita?
 SIMMANDIO
 No. Là ti trassi ancor bambina, alora
 che da l’armi fui vinto
 de l’assirio monarca.
 SEMIRAMIDE
 Noi le rive del Nilo
1310tenner due lustri.
 SIMMANDIO
                                   E vi saremmo ancora;
 ma Osiride, il cui nume
 su la tua sorte consultai, m’impose
 qui ricondurti e qui soffrir disagi,
 finché di tua grandezza
1315per lunghe vie si maturasse il fato.
 SEMIRAMIDE
 E qual fra’ tuoi potesti
 starti un decennio ignoto?
 SIMMANDIO
                                                  Il fuggir cauto
 popolo e corte, il lungo esiglio, i vili
 rustici panni, il grido
1320sparso già di mia morte,
 tutto giovommi, e più gli dii propizi.
 SEMIRAMIDE
 A che sempre tacermi un tanto arcano?
 SIMMANDIO
 Temei che nel tuo cor fiamme svegliasse
 d’ira troppo immatura
1325il dolor de’ tuoi mali. A vendicarli
 tempo attendea; non mentirò; credei
 che Mennone, il più prode
 guerrier de l’Asia, in divenir tuo sposo,
 a la nostra vendetta offrisse un braccio,
1330per cui Nino tremar dovea sui trono.
 Ma non sì tosto balenò a’ miei lumi
 quel regio amor, che ne fa lieti, io vidi
 più sicuro al tuo fato aprirsi il calle;
 e lo seguii.
 SEMIRAMIDE
                       Già disse il padre; ed ora
1335a te, signor, risponderà la figlia.
 NINO
 Amor, reggi quell’alma e la consiglia.
 SEMIRAMIDE
 Se de le ingiurie atroci,
 che al mio regno, al mio sangue, a me facesti,
 fosse cresciuto in me con gli anni il senso,
1340tutta la tua grandezza
 non basterebbe a svellermi dal core
 quel desio di vendetta,
 con cui ragion si scuote e prende l’armi.
 Ma troppo avvezzo è ’l guardo
1345in te a veder non il crudel nemico
 ma il benefico amante; e quando solo
 nel risarcir del danno
 l’offensor si conosce, ira è impotente.
 Me l’esempio del padre
1350giustifica. Le offese,
 giunte appena a l’idea,
 dono a un facile obblio
 e gradendo il tuo amor consolo il mio.
 SIMMANDIO
 Ben risolvesti, o figlia.
 NINO
1355Soavi accenti, onde ritorno a vita!
 Han pur fine le angosce e mia pur sei.
 SEMIRAMIDE
 E più godon ne’ tuoi gli affetti miei.
 BELESA
 Sia di tue gioie a parte
 Belesa ancor.
 NINO
                           Siane anche Arbace. In lui,
1360germana, un degno prezzo
 tu del mio amor ricevi e del tuo ancora.
 BELESA
 Me con più caro dono
 non potevi bear.
 ARBACE
                                 Felice or sono.
 NINO
 Né di Aliso s’obblii l’opra ed il merto.
1365La Siria...
 ALISO
                     No, mio re. Fasto e grandezza
 non occupa i miei voti. Alor che è buona,
 l’opra è premio de l’opra. Io qui contento
 rimango e di Semira in questi mirti
 il nome rileggendo,
1370l’innocente amor mio
 di soavi memorie andrò pascendo.
 SEMIRAMIDE
 Mi sarà caro Aliso in ogni sorte.
 SIMMANDIO
 Che più tardiam? Ne attende
 l’alma Venere al tempio.
 NINO
                                               Andiamo e duri
1375di sì bel giorno eterna la memoria,
 così fausto al mio amore e a la tua gloria.
 CORO
 
    Donna forte ove trovar?
 Dice il volgo e non lo sa.
 Ove accoppiasi a beltà
1380la costanza e la virtù.
 
    Ove è fede, ove è valor,
 ove s’abbia eccelso cor
 che sovrasti al suo destin,
 grande, invitto e qual l’hai tu.
 
 Ballo di custodi del tempio di Venere.
 
 Fine del dramma
 
 LICENZA
 
1385Di te si parla, augusta,
 nata in sì fausto giorno a far felice
 la grandezza, che t’orna, e ’l secol nostro.
 Che se non è fortezza, alor che affligge
 o l’inferma natura
1390o l’avversa fortuna,
 volto e core mostrar lieto e tranquillo,
 se fortezza non è sul più gran trono
 serbar l’alma più umile,
 regnar, più che in altrui, sovra sé stessa,
1395non goder de l’impero
 che per esserne a tutti
 o benefica o giusta e, assai potendo,
 aver dolor di non poter più ancora,
 se tanto e quel di più, che in te si apprezza,
1400se fortezza non è, quale è fortezza?
 
    Lunga etate, dei, serbate
 in Elisa il vostro dono.
 
    Dono eccelso, in cui risplende
 un’idea del poter vostro,
1405da cui prende
 gioia il regno e gloria il trono.
 
 CORO
 
    Donna forte ove trovar?
 Dice il volgo e non lo sa.
 Ove accoppiasi a beltà
1410la costanza e la virtù.
 
    Ove è fede, ove è valor,
 ove s’abbia eccelso cor
 che sovrasti al suo destin,
 grande, invitto e qual l’hai tu.