Nitocri, Vienna, van Ghelen, 1722

 ATTO TERZO
 
 Parte rimota del palazzo reale che corrisponde alla gran sotterranea, fatta edificare dalla regina Nitocri.
 
 SCENA PRIMA
 
 RATESE e MANETE
 
 MANETE
 Signor, dove ti trae l’alma feroce?
 RATESE
 A regnar, o Manete, o a vendicarmi.
 Menfi in tumulto, a l’ombra di Amenofi
 grida estinto Mirteo. Freme per onta
1145di un amor, che l’assolve,
 e ’l giudicio sostien. La reggia è cinta
 e al fier nemico mio chiuso ogni scampo.
 MANETE
 Sinché vuoi la sua morte, abbian tuoi sdegni,
 se non lode, discolpa.
1150Ma volger in Nitocri
 l’armi e ’l furor?
 RATESE
                                 Nitocri,
 col difender Mirteo, sé stessa offende.
 MANETE
 Ella il trova innocente.
 RATESE
 Tal lo finge il suo amor. S’altra in lui colpa
1155non fosse, ha quella del tentato assalto
 e l’odio di Ratese.
 I satrapi a la scure
 l’han condannato e si fa ingiuria a tutti
 con assolver un solo. Or tu, se tanto
1160vil pietà per colei t’occupa e stringe,
 vanne, dille il suo rischio; e non si ostini
 a favor di un indegno.
 MANETE
 Io darle il reo consiglio? A lei tu stesso...
 RATESE
 No. La vegga Ratese, alor che possa
1165o piacere o temersi.
 Nel grand’atrio ti attendo;
 e l’ire affreno; e s’ella ancor si abusa
 di questo di pietade atto e d’amore,
 ripiglierà dal breve
1170riposo armi più forti il mio furore.
 
    Serpe mai posar vedesti,
 sul meriggio, in sé rivolta,
 qual si scuota e qual si desti?
 A lei pure in quel riposo
1175crebbe in sen la rabbia e ’l tosco.
 
    Spiega al lume il gran volume;
 con tre lingue il capo vibra;
 e ’l contorce e in alto il libra;
 fischia e fansi a lei d’intorno
1180l’erba arsiccia e l’aer fosco.
 
 SCENA II
 
 MANETE e poi NITOCRI
 
 MANETE
 Quanto è ver che malvagio
 o rende o fa parer quel che si tiene
 commerzio con gl’iniqui! In qual son posto
 voragine ed abisso! E non ritrovo
1185via, che sia onesta o non gravosa, a uscirne.
 NITOCRI
 Con qual nuovo comando,
 dopo tant’altri, a me sen viene il degno
 genero di Ratese?
 MANETE
                                    Ah! Mia regina,
 scorgimi il core in volto. Il popol chiede
1190la testa di Mirteo.
 NITOCRI
 Da Nitocri difesa, invan la chiede.
 MANETE
 Non ha legge né freno
 tumulto popolar. Salva te stessa.
 NITOCRI
 Né timor né minaccia
1195far mi può scellerata. Io qui le veci
 sostengo degli dii. Finché sul trono
 sta giustizia con me, regina io sono.
 Ma se d’uom giusto io posso
 permetter o soffrir la rea condanna,
1200di regina, qual son, mi fo tiranna.
 È questo il mio voler. Tu lo riporta
 al mio popolo ingrato e al tuo Ratese,
 dietro il cui piè tu ti smarrisci e perdi.
 MANETE
 Misero son più che non pensi. Oh! Fede
1205si porgesse al mio dir! Tu più quiete
 ne avresti, altri men colpa, io men rimorso.
 NITOCRI
 Indole retta era in Manete un tempo.
 La guastò quel legame
 che di sangue e di amor lo strinse a un empio.
1210Ma ti sovvenga. Altro dover più forte
 non v’ha, dopo gli dii,
 di quel di un buon vassallo.
 Vita, parenti, amici,
 tutto al re si pospone,
1215tutto al pubblico ben. La legge è questa
 di natura più sacra e la più onesta.
 MANETE
 
    Taccio. Sospiro. Ascolto.
 Vienmi un rossore in volto,
 parte del sangue anch’esso
1220che verserei per te.
 
    Tu mia regina sei.
 Lo veggo... Il so... Dovrei...
 Ma... Perderò me stesso,
 pria che tradir mia fé.
 
 SCENA III
 
 NITOCRI e MICERINO
 
 NITOCRI
1225Micerino, in aita
 vieni al mio cor, vieni a Mirteo. Difeso
 l’abbiam da l’impostura.
 Guardiamlo anche da l’odio.
 MICERINO
 In dubbi affetti anche quest’alma ondeggia.
1230Spaventa la pietà. Nuoce la forza.
 NITOCRI
 Dov’è Mirteo?
 MICERINO
                             Costante ad ogni evento,
 sta in sua prigion.
 NITOCRI
                                    S’io l’assolvei, chi diede
 l’iniqua legge? E in onta mia?
 MICERINO
                                                         Sua fede.
 Ei, previsto il tumulto,
1235ricusò libertà. Tornò a’ suoi ceppi
 per timor de’ tuoi rischi.
 NITOCRI
 Pietà crudel che a me fa torto e i mali
 al misero non toglie. In tal naufragio...
 
 SCENA IV
 
 IMOFI e i sopradetti
 
 IMOFI
 Siati un’ancora sacra (Dando a Nitocri una lettera di Mirteo)
1240la virtù di Mirteo. Leggi, o regina.
 NITOCRI
 «A Nitocri Mirteo.
 Dai mio carcer, regina, odo le strida,
 veggo l’armi e le faci,
 onde cinta è la reggia.
1245Corre la immensa turba e preme e grida
 e vuol mia morte e peggio anche minaccia».
 Empi! Il difenderò da l’odio vostro
 con quanto ha di poter la mia corona.
 «Deh! Se di un infelice
1250tuo vassallo fedel pon nulla i prieghi,
 lasciami al mio destin. Troppo ascoltasti
 una pietà che mi spaventa. A l’odio
 la sua vittima cedi;
 e tu, cara agli dii, serbati al regno
1255e serbati, se lice, al mio riposo».
 MICERINO
 O forte! O generoso!
 NITOCRI
 «Mancava al morir mio la gloria e ’l pregio
 di morire in tuo pro. Questo gran bene
 io dovrò a’ miei nemici.
1260Morendo salverò la mia regina.
 La tua bontà non me ne invidi e privi.
 Mirteo mora per te. Tu regna e vivi».
 IMOFI
 Oh! Non fosser sì rare alme sì fide!
 NITOCRI
 Ed io lo perderò? Dite. A Nitocri
1265consigliar voi potreste atto sì vile?
 IMOFI
 Il tuo periglio...
 MICERINO
                               Il mio dover...
 NITOCRI
                                                           V’intendo.
 Tutti uniti in mio mal. Per l’infelice
 sol si ascolti il mio cor.
 IMOFI
                                            Val molto, è vero,
 la vita di Mirteo; la tua val tutto.
 NITOCRI
1270Nulla, se perdo lui.
 MICERINO
                                     Come salvarlo?
 NITOCRI
 Quel sotterraneo calle
 apriragli lo scampo. Ei qui si guidi
 e ’l suo acciar gli si renda.
 IMOFI
 (Cieco è l’amore). Ubbidirò.
 NITOCRI
                                                      Custodi
1275stien sempre al fianco suo. Temo Ratese
 ma assai più la virtù di quel gran core;
 e guai per te, se nulla
 di sinistro gli avvenga.
 IMOFI
                                            Intesi e parto. (Parte)
 NITOCRI
 Di serbar tu ’l consiglia
1280sé stesso, utile al regno e caro a noi.
 A l’armato livor non ceda il fiero
 trofeo de la sua morte.
 Per me non tema. Gli animi feroci
 calmerà la mia vista.
1285Il campo troverà fido al suo cenno.
 Poi lo veggano in Menfi i suoi nemici
 tornare a loro scorno, a lor terrore;
 e alor saprà ciò che far voglia amore.
 
    Voglio che viva e m’ami;
1290e purché, o dio! non mora,
 lasci d’amarmi ancora
 e gli perdono.
 
    Ma sdegnerà l’ingrato
 forse la vita istessa,
1295per non amare in essa
 un mio bel dono.
 
 SCENA V
 
 MICERINO e MIRTEO con guardie
 
 MIRTEO
 Amico, avran pur fine
 le mie sciagure.
 MICERINO
                                In tua grandezza e gloria.
 MIRTEO
 Necessaria a Nitocri è la mia morte,
1300qual fu ognor la mia vita.
 MICERINO
 Ella in te conservar vuol la più cara
 gemma di sua corona.
 MIRTEO
 Come? Al palco letal non mi fan guida
 i reali custodi?
 MICERINO
1305Se ’l vuoi, faranla al trono. Uscir di Menfi
 con lor dovrai pel sotterraneo calle
 che l’amante regina apre in tuo scampo.
 MIRTEO
 Qual amor? Qual pietà? Fuggir Mirteo?
 E da morte fuggir, quando può averne
1310riposo e lode? E per viltà cangiarla
 in una vita di miseria e d’onta?
 MICERINO
 Fa spavento a Nitocri il tuo destino.
 MIRTEO
 Soffrirlo è minor mal che meritarlo.
 MICERINO
 Temo che al tuo cader la uccida il duolo.
 MIRTEO
1315Il popolo in furor più è da temersi.
 MICERINO
 Riporrallo in dover grado e rispetto.
 MIRTEO
 Dover contra perfidia è debol freno.
 MICERINO
 Saranno al regal fianco i suoi più fidi...
 MIRTEO
 E Mirteo fuggirebbe. Ah! Micerino,
1320siimi amico miglior. Piaccion gli onesti,
 non gli utili consigli, a vero amore.
 Me ne applaude il tuo core; e s’io ricuso
 di espor la mia regina e fuggir morte,
 so che tu stesso avresti
1325un’eguale fermezza in egual sorte.
 
 SCENA VI
 
 EMIRENA e i sopradetti
 
 MICERINO
 Vieni, vieni, Emirena.
 Mirteo corre a perir. Prieghi, consigli
 non ode. Invan l’amico, invan Nitocri,
 nulla il puote arrestar. Tu, primo oggetto
1330del suo dolor, lo vinci;
 vincalo il tuo bel pianto. Oh! Più potessi!
 Più farei, caro amico.
 
    Caro amico,
 per salvarti svenerei
1335gl’infelici affetti miei.
 
    Mio non è; ma se quel core
 mio ancor fosse, a l’amistade,
 tu ’l perdona e frema amore, (Verso Emirena)
 con più merto io l’offrirei.
 
 SCENA VII
 
 EMIRENA e MIRTEO
 
 EMIRENA
1340Di Nitocri un comando
 qui mi trasse, o Mirteo. Cred’ella, e un tempo
 anch’io ’l credei, che su quel cor ritenga
 qualche poter la misera Emirena.
 Per lei, che non ti offese,
1345movati di te stesso
 pietà. Priego per lei, sommersa in pianto.
 Per me ancor pregherei;
 ma in te non han più fede
 e ’l merito han perduto i pianti miei.
 MIRTEO
1350Di una vita meschina
 troppa cura si prende
 la tua, la mia regina. A lei mia morte
 util sarà. La vendichi. La soffra;
 e di qualche sua lagrima la onori.
1355Tanto non chieggo a te. Tu prima in seno
 m’hai spinto il mortal colpo. Era vicino
 a uccidermi il dolore
 del mio tradito amore.
 Ma grazie a’ miei nemici, or suo mi vuole
1360quella gloria, a cui vissi.
 Chiuderò i giorni miei con più virtude;
 e fedele a Nitocri e ad Emirena,
 finirò la mia vita e la mia pena.
 EMIRENA
 Vanne, o crudel; ma non ti segua almeno
1365l’odio fin ne la tomba.
 Saziati e in questo seno
 pria tua vendetta adempi; o se pur vuoi
 al mio fiero martir lasciarmi in preda,
 vattene. Ai regni de l’eterna notte
1370verrò in breve a seguirti, ombra dolente.
 MIRTEO
 E verresti più ingiusta e più nocente.
 Addio, Emirena. Al mio fedele amico,
 tua scelta, i casti affetti
 tutti rivolgi. Amami in lui. Sol questa
1375ricompensa ti chiede
 l’oltraggiata mia fede. Addio, Emirena.
 EMIRENA
 
    Ferma.
 
 MIRTEO
 
                    No. Vado a morir.
 
 EMIRENA
 
    Amore ti arresta.
 
 MIRTEO
 
 Onore m’invita.
 
 EMIRENA
 
1380Amara partita!
 
 MIRTEO
 
 Pietade funesta!
 
 EMIRENA
 
    Serbar puoi la cara vita.
 
 MIRTEO
 
 Con infamia e con martir.
 
 EMIRENA
 
    Ferma.
 
 MIRTEO
 
                    No. Vado a morir.
 
1385Da un’ingiusta pietà salviam la nostra
 virtude. Addio. Guidatemi a Ratese.
 
 SCENA VIII
 
 IMOFI e detti
 
 IMOFI
 Quei che seguon tuoi passi hanno il comando
 di trarti in libertà, di custodirti
 da’ tuoi nemici e da te stesso ancora,
1390se nemico a te sei.
 MIRTEO
                                    Barbare stelle!
 Traetemi a Nitocri. A me vuol torsi
 in sì rigida sorte,
 perché duri il mio mal, fino la morte. (Parte con le guardie)
 
 SCENA IX
 
 EMIRENA ed IMOFI
 
 EMIRENA
 Ah! Più nol rivedrò.
 IMOFI
                                       No, principessa,
1395non disperarti. In sua salute armato
 sta l’amor di Nitocri. Ella il difende.
 EMIRENA
 E un raggio di speranza in me si accende.
 
    Fortuna e speranza,
 a nuocermi intente,
1400schernite sovente
 si sono di me.
 
    Diè loro baldanza
 veder che a lusinga
 fui credula ognora
1405né mai più guardinga
 l’inganno mi fe’.
 
 SCENA X
 
 IMOFI
 
 IMOFI
 Ardua tenzon si appresta
 di virtù con amor. Ma chi la gloria,
 chi alfine avrà de la fatal vittoria?
 
1410   Furie implacabili
 le faci scuotono,
 le serpi irritano
 in nostro eccidio;
 lungi da questo ciel, furie, sgombrate.
 
1415   O fra le rigide
 rupi del Caucaso
 o fra le inospiti
 arene libiche,
 quel foco e quel velen, furie, portate.
 
 Sala reale.
 
 SCENA XI
 
 RATESE e MANETE
 
 MANETE
1420Qui l’attendi e da oltraggio
 ti assicura, o signor, la regal fede.
 RATESE
 E senza lei di che temer Ratese?
 Il popolo è per me. Poche difese
 rimangono a la reggia; e dei custodi,
1425altri è vinto da l’oro, altri atterrito
 dal rischio. Un sol mio cenno
 si attende.
 MANETE
                       Ah! Lungi stien l’ire perverse.
 RATESE
 Or l’altera e mi tema e mi gradisca.
 MANETE
 Ti gradirà, se generoso alfine
1430darai vita a Mirteo, calma a l’Egitto.
 RATESE
 Pusillanimo cor, sì indegni sensi
 scaccia. Voglio vendetta e voglio regno.
 MANETE
 Sovente...
 RATESE
                     Oh! Quanto m’hai stordito e stanco!
 MANETE
 Almen...
 RATESE
                   Più non t’ascolto.
 MANETE
1435Vedimi ai piedi tuoi. Tu in farmi sposo (S’inginocchia)
 a la cara tua figlia,
 me qual figlio abbracciasti; io te qual padre
 presi ad amar. Tu corri
 a perderti. Io lo so. Stan le ruine
1440dove sogni grandezze. Il ciel, che è giusto,
 ti ha sofferto a l’emenda o riserbato,
 se imperversi, al gastigo.
 RATESE
 Faccia il ciel ciò che puote;
 io farò ciò che deggio. E tu lontano
1445vanne dagli occhi miei. (Rispingendolo da sé)
 Del mio amor, del mio sangue indegno sei.
 MANETE
 Piansi. Pregai. Vuoi tu perir? Perisci. (Levandosi)
 (A qual dover son io costretto, o dei?)
 
 SCENA XII
 
 RATESE e poi NITOCRI, seguita da IMOFI e da alquante delle sue guardie, le quali si fermeranno in lontano e alla custodia della porta della sala
 
 RATESE
 Va’ pur. Chi di Ratese
1450sa l’opre e le condanna, ha una gran colpa.
 Prevenirò chi può tradirmi un giorno.
 Non conosco altro amor che l’util mio;
 e la pietà, che nuocer puote, è iniqua.
 IMOFI
 Serbin modo e decoro i regi affetti. (Piano a Nitocri)
 RATESE
1455Se poc’anzi più orecchio
 dato avessi al mio dir, meno al tuo core,
 da l’alto or non vedresti
 di queste mura, mal difese, i fieri
 minacciosi apparati;
1460e se stata non fosse
 mia bontà che il rattenne, e ferro e foco
 corse avria queste soglie. Or che far posso?
 Sdegna indugi la turba. A lei per poco
 che si nieghi un sol capo,
1465ne vorrà mille; e sì potria del sangue
 crescer la sete... Ah! Dir non l’oso. Lungi
 dal tuo petto una volta
 la dannosa pietà. Già condannato,
 al carnefice suo diasi Mirteo,
1470dal tuo periglio ancor fatto più reo.
 NITOCRI
 Chi mosso e chi sospeso abbia il tumulto,
 or di cercar non è, Ratese, il tempo.
 Mi si minaccia; mi s’insulta; e imporre
 mi si vuol legge, ond’io consenta a un atto
1475d’iniquità, con macchia
 eterna del mio nome e del mio grado.
 Nol farò mai. Vivrà Mirteo. Se ingiusto,
 a chi lo condannò, sembra il mio voto,
 vengasi a nuovo esame;
1480si pesi il mio giudicio e qual si trovi,
 retto si lodi, iniquo si riprovi.
 IMOFI
 (O di bontade e di giustizia esempio!)
 RATESE
 Regina, arte non giova. In mar fremente
 gitta le care merci il buon nocchiero
1485e salva il legno. Di Mirteo la testa
 l’armi farà depor.
 NITOCRI
                                   Di pugno al mio
 popolo le trarrà fede e rispetto.
 La sua colpa ora è zelo
 per l’estinto suo re; ma quando e’ sappia
1490di Mirteo l’innocenza...
 RATESE
 Egli or ne sa l’accusa e la sentenza...
 NITOCRI
 Sol da l’odio dettata e dal livore...
 RATESE
 Ma che giusta saria, senza il tuo amore.
 NITOCRI
 Insolente...
 RATESE
                        Ti offendo,
1495lo so; ma tu mi astringi.
 Lascia alfine un amor, per cui ti perdi.
 Mal lo impiegasti in chi nol cura ingrato,
 in chi vile nol merta. I miei natali...
 NITOCRI
 Non più. Ringrazia la già data fede,
1500se impunito or n’andrai. Vattene e sappi
 che distinguer Mirteo so da Ratese
 e che v’ha più distanza,
 con tutto il vanto de’ natali tui,
 da te a Mirteo che da Nitocri a lui.
 RATESE
1505Andrò. Forse cotesto
 sarà per me l’ultimo tuo comando;
 e sarà il vile tuo svenato amante
 la mia prima vendetta.
 Venga a la scure; o ferro e foco aspetta.
 
1510   Difendi pur l’indegno.
 Il pubblico, il mio sdegno,
 sovra il tuo trono ancora,
 anche nel braccio tuo lo svenerà.
 
    E fra gl’incendi alora,
1515fra le ruine e ’l sangue,
 verrà il tuo amore esangue
 forse a implorar soccorso e non l’avrà.
 
 SCENA XIII
 
 NITOCRI, IMOFI e poi EMIRENA
 
 IMOFI
 Lodo la sofferenza. Il vendicarsi
 era un mancar di fede
1520e in tuo periglio esacerbar gli sdegni.
 NITOCRI
 Ah! Che d’ogni minaccia
 l’ostinato Mirteo mi fa più tema.
 EMIRENA
 E ne temi a ragion. Doglia e furore
 spirano gli atti suoi, spiran suoi detti.
1525Tutto per te...
 NITOCRI
                            Per me, Emirena? Eh! Ch’egli
 cuopre col zelo il duolo
 del suo perduto amor. Per te vuol morte.
 Ma tu l’amavi ancor. Dillo.
 EMIRENA
                                                   Ah! Regina...
 NITOCRI
 Basta così. La mia rival conosco.
 EMIRENA
1530E la suddita ancora.
 Che più darti potea l’ossequio mio? (Nitocri sta pensosa)
 Altri è mio sposo; e misera son io.
 NITOCRI
 (Sì, convien farlo). Riedi (Ad Emirena)
 a me con Micerin, tu con Mirteo. (Ad Imofi)
 EMIRENA
1535(Che sarà?) (Parte)
 IMOFI
                          (Che far pensa?) (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 NITOCRI
 
 NITOCRI
 Cor di Nitocri, è tempo
 ch’io ti punisca e regni
 sovra di te. Tu mi facesti ingiusta.
 Tu mi fai vile. Usi sua possa amore;
1540voglio punirti; ubbidir devi, o core.
 Ardua è l’impresa, il sento. Esser convienmi
 a me stessa crudel. Ma non importa.
 Soffrirò, purché vinca.
 Virtù, gloria, ragion, de le grand’alme
1545protettrici e custodi,
 sostenete i miei sforzi; e di sì fiera
 lutta fatemi uscir, benché infelice,
 di me stessa regina e vincitrice.
 
 SCENA XV
 
 NITOCRI, EMIRENA e MICERINO
 
 EMIRENA
 Siam, germana, al tuo cenno.
 NITOCRI
                                                       A me fa d’uopo,
1550Micerin, del tuo esempio.
 MICERINO
 Tutto può il tuo gran cor, tutto il mio zelo.
 NITOCRI
 Mirteo presso è a morir.
 MICERINO
                                               La sua potessi
 serbar con la mia vita.
 NITOCRI
                                           Ah! Quando s’ama,
 altro v’ha de la vita a noi più caro.
 MICERINO
1555Regina, e questo ancora,
 purché giovi, offerisco.
 EMIRENA
                                            O generoso!
 NITOCRI
 L’accetto; e già m’insegni ad esser forte.
 (Ei vien... Ti sento, amor... Tu prendi orgoglio...
 Nulla farai... La mia vittoria io voglio).
 
 SCENA XVI
 
 MIRTEO con guardie e i predetti
 
 MIRTEO
1560E sino a quando la pietade istessa
 si armerà a tormentarmi?
 NITOCRI
 Siam qui tutti, o Mirteo, per tua salute.
 MIRTEO
 La mia salute è il disperarla.
 NITOCRI
                                                      Al regno
 vivi, a la tua regina, a la tua gloria.
 MIRTEO
1565A la gloria, a la patria, a te, regina,
 già vissi assai; ma in fuggir morte onesta,
 tutte vi tradirei. Voglio anche questa.
 EMIRENA
 Inesorabil core!
 MICERINO
                                Anima invitta!
 NITOCRI
 Orsù, tolgasi al fiero
1570tuo disio la cagion. Vivi e ti siegua
 (o dio!) colei ti siegua, onde cotanto
 disperi. Ecco Emirena. Ella n’è lieta.
 Micerin te la cede; e da me stessa
 (e ’l potrò dir?) sì, da me accetta in dono
1575e vita e sposa e trono.
 Vanne in Tebe a regnar. Gradisci i miei...
 MIRTEO
 No, regina, sarei,
 accettando i tuoi doni,
 degli uomini il più perfido e ’l più vile.
 EMIRENA
1580Ah! Se mi amassi...
 MIRTEO
                                      In questo odio di vita,
 l’amante or non cercar; cerca il vassallo.
 NITOCRI
 E ’l vassallo ubbidisca.
 MIRTEO
 Ognuno ha ’l suo dover. Nasce il re a tutti
 e tutti al re. Qualora
1585chieggalo il comun bene, il re si esponga.
 Ma se può riparar danno e ruina
 con la vita di un sol, lasci de l’opra
 il merito a la fede e a la costanza.
 MICERINO
 Tu perdi con quel cor scherma e speranza.
 
 SCENA XVII
 
 IMOFI e i sopradetti
 
 IMOFI
1590Che più si bada? A l’alto della reggia
 son già i nemici. In breve
 o la ruina si minaccia o ’l foco.
 MIRTEO
 Più non si tardi.
 NITOCRI, EMIRENA
                                 O dio!
 MIRTEO
 Meglio chiuder non posso il viver mio. (S’incammina a gran passi verso la porta della sala)
 NITOCRI
1595Olà. Di quella soglia (Alle guardie)
 uscir gli si contenda.
 MIRTEO
 Si aprirà questo ferro (Dando di mano alla spada)
 altra via nel mio seno.
 Lasciami al mio dovere o qui mi sveno.
 MICERINO
1600Moriam da generosi o spaventiamo (Facendo lo stesso)
 con la nostra virtù perfidia e rabbia.
 Andiam tutti in difesa
 di una vita si illustre.
 NITOCRI
                                          Andiam. Precedo.
 MIRTEO
 Disperato consiglio! Incontro a tanti
1605che può valor? Vivete,
 tu, Emirena, a l’amico,
 voi, Micerino e Imofi,
 a la vostra regina; e tu, regina,
 vivi a la mia vendetta; infausta sia
1610a’ tuoi nemici e miei la morte mia.
 
    Di che per me piangete?
 Col pianger offendete
 voi stessi e la mia gloria.
 
    Vivrà, lo spero anch’io,
1615in te de l’amor mio, (Ad Emirena)
 in te de la mia fede, (A Nitocri)
 in tutti del mio onor l’alta memoria.
 
 SCENA XVIII
 
 NITOCRI, EMIRENA, MICERINO e IMOFI
 
 MICERINO
 Inutile dolor qui non mi arresti.
 Seguiamlo. O giusti dei, come il soffrite? (Parte)
 EMIRENA
1620Dove pianger si possa
 con libertà, mio core, andiamo a piangere. (Parte)
 IMOFI
 Ora è tempo, regina,
 di mostrar tua virtù nel caso acerbo.
 NITOCRI
 Imofi, e qual mi resta
1625virtù sovra il mio cor? Mirteo va a morte;
 e forse in questo punto... Aimè!... Sostienmi.
 IMOFI
 (Mi fa pietade).
 NITOCRI
                                A tanta fede, a tanto
 valore, a’ suoi trionfi
 qual si appresta mercede?
1630Una scure, un carnefice. O crudele!
 O perfida ch’io fui, che nol difesi!
 IMOFI
 A pro de l’infelice,
 regina amante e che più far potea?
 NITOCRI
 Nulla, nulla fec’io. Se a torlo a l’ira
1635del suo fiero destin non fui bastante,
 la regina che fe’? Che fe’ l’amante?
 
    Ti abborro, ti sdegno,
 disutil mio regno,
 mio perfido amor.
 
1640   O me che il soffersi
 crudele, infedele!
 Caduto è il sostegno
 del trono e del cor.
 
 IMOFI
 Tregua al dolor. Te la vendetta or chiede;
1645e la devi a Mirteo.
 NITOCRI
                                    Sì, e nel più iniquo
 de’ suoi fieri nemici e nel più reo
 la prima svenerò...
 VOCI DI DENTRO
                                     Viva Mirteo.
 IMOFI
 «Viva Mirteo» suona la reggia; udisti?
 NITOCRI
 Degli eroi questo è ’l fato, esiger vivi
1650invidia, estinti applauso. Ah! Ch’egli è morto.
 
 SCENA XIX
 
 EMIRENA e i sopradetti
 
 EMIRENA
 Io di sua vita il grato annunzio apporto.
 NITOCRI
 Vive Mirteo? Qual dio?... Come?... Il vedesti?...
 EMIRENA
 Passa per ogni bocca il lieto avviso.
 In ogni fronte il giubilo passeggia.
 NITOCRI
1655Facil si crede il ben che più si brama.
 EMIRENA
 Ecco a noi Micerino. Ei torrà i dubbi.
 
 SCENA XX
 
 MICERINO e i sopradetti
 
 MICERINO
 Prevengo il tuo desir. Vive Mirteo.
 Vive l’illustre amico. Odine il come.
 NITOCRI
 Dei, quanto giusti siete!
 MICERINO
1660Trasse appena egli il piè fuor de la reggia
 che il feroce Ratese:
 «Pur ten vieni» gli disse «al tuo supplicio».
 Dal popolo fremente egli il difese
 sino al palco feral. «De la tua morte
1665questo» soggiunse «è ’l nobil campo»; e al torvo
 carnefice esclamò: «Tue parti adempi».
 NITOCRI
 Iside certo o Anubi a lui diè scampo.
 MICERINO
 Manete, il crederesti? a la mannaia,
 che già in aria pendea, sospese il colpo.
1670«Ferma» gridò. «Se infierir vuoi ne l’empio
 uccisor di Amenofi, io te l’addito»;
 e Ratese accennò. «Colui, sì, Egizzi,
 colui fu il traditor. Colui poc’anzi
 minacciava a Nitocri egual destino;
1675e senza un foglio mio, forse di Lete
 calcherebbe le vie la regal donna».
 IMOFI
 Quel di Ratese genero Manete?
 MICERINO
 Appunto.
 EMIRENA
                     E quanto a noi pareva iniquo!
 NITOCRI
 Vedi giudicio uman quanto spess’erra!
 MICERINO
1680Alor quell’empio impallidì. Sul volto
 gli si lesse l’orror de’ suoi delitti.
 Un fremito, un bisbiglio
 si udì, qual suol nel suo turbarsi il mare.
 Mille ad un tratto e mille
1685gridan: «Viva Mirteo, mora Ratese»;
 e l’avrian morto; ma sé stesso oppone
 Manete, or Mirteo prega or questo, or quello
 e tanto fa che al tuo giudicio il serba.
 NITOCRI
 Tutto e’ speri da me, fuorché il perdono...
 MICERINO
1690Non ti dar pena. Il suo furor l’ha ucciso.
 NITOCRI
 Come?
 MICERINO
                 Tutti eran gli occhi
 volti in Mirteo, quando colui, di seno
 trattosi un picciol ferro,
 due volte in sé lo ascose e cadde estinto,
1695non so quai susurrando orride note
 ch’io lontan non udii.
 EMIRENA
 Peran così quanti son empi al mondo.
 NITOCRI
 Mirteo non ancor viene? Onde l’indugio?
 MICERINO
 Denso popolo intorno... Eccolo. Il vedi.
 
 SCENA ULTIMA
 
 MIRTEO, MANETE, seguiti dal popolo, e detti
 
 NITOCRI
1700Mirteo, dono de’ numi, al nostro vieni,
 vieni al pubblico applauso.
 EMIRENA
                                                   E a l’amor mio.
 MIRTEO
 Mi tolse al rio naufragio il buon Manete;
 ma l’onda procellosa ancor non cessa.
 NITOCRI
 Due vite, o mio fedele, a me serbasti,
1705in Nitocri e in Mirteo.
 MANETE
 Regina, errai, lo so. De l’infelice (S’inginocchia)
 la figlia era mia sposa. Io tutto feci,
 per non farlo perir. Pigro fu il zelo;
 ma il rattenne pietà. Perdon ne imploro.
 NITOCRI
1710Lode meriti e premio. Or di Ratese (Rialzandolo)
 e tue sien le ricchezze e tuoi gli onori;
 e sì bella virtù siegua il suo corso.
 MANETE
 Mi sta doglia nel cor ma non rimorso.
 NITOCRI
 Mirteo, l’alma non veggo in te tranquilla.
 MIRTEO
1715Ho tutto quel piacere
 che in vassallo esser può dal comun bene.
 NITOCRI
 E tutto hai quel dolore
 che nascer può da un disperato amore.
 MIRTEO
 Han la lor debolezza anche i più forti.
 NITOCRI
1720Orsù, col tuo riposo
 compiasi il mio trionfo;
 abbastanza infelice
 fui nel tuo duolo. A sì gran costo io fuggo
 di bugiarda speranza i dolci inviti.
1725Sia tua sposa Emirena; e la ricevi,
 più che da me, dal generoso amico.
 MICERINO
 Già la cedei. Qui ti confermo il dono.
 MIRTEO
 A lei ti diede di Emirena il voto.
 MICERINO
 Quel voto non fu amor; fu ossequio e tema.
 MIRTEO
1730Non vuol dover che in tuo gran danno assenta.
 MICERINO
 In ceder una sposa, che non ami,
 né un gran bene si cede
 né gran virtù si chiede.
 EMIRENA
 Renditi omai.
 MIRTEO
                             Regina, amico, è forza
1735ch’io dal vostro voler prenda le leggi.
 Emirena.
 EMIRENA
                     Mirteo.
 MIRTEO
 O perduto mio ben, qual ti racquisto!
 EMIRENA
 Sorte per me più cara,
 quanto meno sperata.
 IMOFI
1740Vincer pur si lasciò l’alma ostinata.
 NITOCRI
 Fausti sienvi gli dii, sposi felici.
 Tebe sia vostro regno; e a me rimanga
 la gloria di regnar sovra il mio core.
 Quando vincer si vuol, si vince amore.
 TUTTI
1745Quando vincer si vuol, si vince amore.
 CORO
 
    Forte è amor ma non invitto.
 Da un gran core egli è sconfitto;
 e virtù ne ottien la palma.
 
    Ei ne sta con onta e pena;
1750ma in mirarti, o regal donna,
 prende ardir, si rasserena
 e s’inchina a sì grand’alma.
 
 Fine del dramma
 
 Ballo di cavalieri egizziani
 
 LICENZA.
 
 Ritor la palma ai vincitori affetti
 vanto è d’anima forte;
1755ma gloria è assai maggior d’anima eccelsa
 non aver mai ceduto e starsi in guisa
 che la bassa de’ sensi
 turba servil tumultuar non osi
 contra ragion che li corregge e affrena.
1760Tal da quel dì, che d’onor colmo e gioia
 con fausto giro oggi ricorre a noi,
 il tuo si vide ad ogni scossa invitto
 e magnanimo core, augusta Elisa,
 non dar luogo ad affetti o darlo a quelli
1765per cui pregio ha virtude.
 Ti turbi, è ver, ma solo
 a l’altrui colpa o a la miseria altrui.
 L’altezza, in cui risiedi, a te fa senso,
 non perché sei maggior ma perché puoi
1770usar beneficenze e con l’esempio
 quei che tiene al tuo fianco ossequio e fede,
 a te, ch’ottima sei, render simili.
 Così dal giorno, in cui nascesti grande,
 in tua virtù serbando egual tenore,
1775stesso in te fu l’impero e stesso il core.
 
    D’erto e sublime
 monte a le cime,
 di chiara luce adorno
 sempre rinasce il giorno
1780e le procelle torbide
 sente cadersi al piè.
 
    Tal sempre in calma
 tua nobil alma,
 nebbia non v’ha né scossa,
1785onde turbar si possa;
 e tiene eccelsa e placida
 un maggior regno in sé.
 
 CORO
 
    Regno stimi assai migliore
 impor leggi al sol tuo core
1790che dal trono a l’altrui fato.
 
    Ei servendo a ciò che è giusto,
 si fa grado a un ben più eccelso.
 Dignità lo rende augusto;
 ma virtù lo fa beato.
 
 Fine