Faramondo, Venezia, Nicolini, 1699

 FARAMONDO
 
    Drama per musica da rappresentarsi nel teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo l’anno MDCXCIX, dedicato all’altezza serenissima di Ferdinando terzo, gran principe di Toscana.
    In Venezia, 1699, per li Nicolini, con licenza de’ superiori e privilegio.
 
 Serenissima altezza,
    que’ rari avvenimenti, che formano la più bella parte alle storie, somministrano ancora gli eroi più illustri a’ teatri e ce li fanno goder presenti, benché il corso di molti secoli abbia procurato di tenerli lontani dalla nostra memoria. Ovunque eglino si lascin vedere in pubblico, quando ancora fossero inutili al rimanente degli uomini, son meritevoli dell’accoglienza de’ principi che dalle azioni passate prendono il disegno dell’avvenire e sulla cognizione dell’altrui merito stabiliscono la sicurezza del loro. Io pertanto, serenissima altezza, ho scielto nel mio drama uno de’ più celebri principi dell’antica età e, qualunque possa riuscirne l’idea che ne ho fatta, ho voluto dedicarlo a voi, come ad uno de’ più ragguardevoli della nostra. Né punto nuovo alla vostra gran mente, che abbraccia tutti i giri de’ secoli e tutte le vicende de’ regni, giugnerà il nome di chi gettò i fondamenti e diede le leggi ad una monarchia sì possente; ed avrei molto di che pregiarmi, serenissima altezza, se in leggendolo ne’ miei versi tale il ritroverete quale ve lo rappresentano e la fama che se n’è sparsa e la stima che voi ne fate. Comeché possa scemargli molto di merito la mia debolezza, mi è parso nondimeno degno di voi l’argomento, non essendo poco che abbia potuto immaginarmi qualche cosa che fosse convenevole in parte alla vostra grandezza e che potesse pretender con minor colpa l’onore del vostro compatimento. Questi è ’l solo oggetto che mi ha fatto risolvere ad una così ardita elezione, senza pensare che possa esservi profittevole la virtù del mio eroe. Ed infatti, serenissima altezza, non avete alcuna necessità di andar vagando per le storie e di prendere altronde gli esempli, quando e così frequenti e così illustri gli avete nella vostra famiglia. Vi bastano le paterne e le dimestiche glorie e voi riconoscete troppi vantaggi dalla vostra nascita e troppi dalla vostra inclinazione, perché non abbiate a ricercarne di maggiori ne’ tempi rimoti e nelle nazioni straniere. Questa è una verità così chiara che non mi lascia alcun dubbio di parervi indiscreto nel dirvela, mentre gli applausi de’ sudditi e le penne degli scrittori v’hanno avvezzato a soffrirla, qualunque sforzo in contrario ne abbia fatto la vostra modestia. Ella è che, nel desiderio che tengo di dire quanto penso di voi, mi rimprovera di averne detto anche troppo e quasi fa temere alla mia divozione di aver perduto il merito dell’offerirsi. Ma finalmente questo è ’l solo mancamento ch’io posso commettere in ciò che riguarda alla vostra persona e può sperarne il perdono, perché è comune a quanti hanno l’alta fortuna di conoscervi o di presenza o di fama. Peraltro ardisco di credere che voi abbiate tutta la sicurezza che questo mio fallo sia figlio di quel rispetto con cui mi professo di esser in ogni tempo di vostra altezza serenissima umilissimo, divotissimo e osequiosissimo servitore.
 
    Apostolo Zeno
 
 ARGOMENTO
 
    A Gustavo, re de’ Boemmi e de’ Cimbri, concesse il cielo tre figliuoli, Sveno, Adolfo e Rosimonda. Di questa invaghitosi Gernando, re degli Svevi, fece per mezzo d’ambasciatori richiederla al re suo padre per moglie; ma qualunque ne fosse il motivo, o di politica o di alterigia, ne riportò da Gustavo il rifiuto; del che oltremodo sdegnatosi, né potendo egli solo far la guerra ad un monarca, le cui forze erano di gran lunga maggiori delle sue, ricorse all’aiuto di Faramondo, re della Franconia, principe suo confederato ed amico, da cui altre volte avea ricevuto la libertà ed era stato rimesso nel regno. Faramondo, tuttoché fosse amico anche di Gustavo, al cui figlio Adolfo, che si tratteneva in sua corte, trattava allora di conceder in moglie la principessa Clotilde sua sorella, avendo nulladimeno maggior impegno di amicizia con lo Svevo, ruppe il trattato di nozze, unissi con Gernando e, vinto in una campale battaglia l’esercito di Gustavo, entrò armato nella Cimbria, ponendola tutta a ferro ed a fuoco. Gustavo, sprovveduto di forze per porre argine ad un esercito vittorioso, fu costretto portarsi nella Boemmia per raccogliervi una nuova armata; ed intanto i due re collegati, entrando nel paese nemico de’ Cimbri, se ne impossessarono agevolmente, assediando nella sua metropoli Sveno e Rosimonda. Avendo ivi inteso che Gustavo si appressava con nuove forze maggiori delle passate per far loro scioglier l’assedio, diedero un feroce generale assalto alla città e riuscì a Faramondo il prenderla e l’uccidervi di sua mano Sveno che n’era alla difesa.
    La morte di questo principe dà occasione a tutto lo ’ntreccio del drama, poiché quindi ne nasce che con giuramento inviolabile presso alla superstizione del gentilesimo, Rosimonda giura la morte di Faramondo e Gustavo promette in consorte la figlia e in premio la Cimbria a chi verrà a presentargli il capo tronco del re nemico. Nel tempo stesso che Faramondo sull’imbrunir della notte prende la città, riesce a Teobaldo, uno de’ capitani e ’l più confidente di Gustavo, far prigioniera nel campo de’ Franchi la principessa Clotilde condottavi dal fratello, conforme al noto costume degli antichi popoli della Germania che usavano condur seco nelle guerre tutta la loro famiglia. L’odio che spigne Teobaldo a’ danni di Faramondo non deve in lui condannarsi fino alla fine della favola, ove si scuopre qual fosse Sveno, creduto figliuolo di Gustavo, e Childerico, stimato figliuolo di Teobaldo. Da queste azioni si dà cominciamento al drama che prende il nome di Faramondo dal suo attor principale. Questi è quel Faramondo che prima essendo re della Franconia, chiamato poscia dal suo coraggio alla conquista d’un regno, in cui nulla avesse di parte la nascita o la fortuna ma che fosse tutto del suo valore, passato il Reno, andò ad insignorirsi delle Gallie e, dando loro il nome di Francia, fu il primo che con lo stabilimento della legge salica desse principio a quella in ogni tempo gloriosa e formidabile monarchia. Del suggetto principale di questo drama, per tacere monsieur di Mézeray, de la Serre, Verdier ed altri storici francesi, confesso d’esser singolarmente tenuto a monsieur de la Calprenède che non solo me ne ha dato il motivo ma ancora mi ha somministrata una parte del viluppo nella seconda parte del suo Faramondo o sia della sua Storia di Francia.
 
 PERSONE CHE PARLANO
 
 GUSTAVO re de’ Cimbri e de’ Boemmi
 SVENO,
 ADOLFO amante di Clotilde,
 ROSIMONDA suoi figliuoli
 FARAMONDO re di Francia, amico di Gernando
 CLOTILDE sua sorella, amante di Adolfo
 GERNANDO re degli Svevi, amante di Rosimonda
 TEOBALDO capitano di Gustavo
 CHILDERICO suo figliuolo e confidente di Rosimonda
 
 SCENE
 
    Stanza di Rosimonda con letto; luoco consacrato alla vendetta, illuminato di notte; cortile interno, corispondente alle stanze di Rosimonda; bosco situato tra la città ed il campo di Gustavo; campagna con città in lontano; parte di giardino reale con gabinetto di verdura; quartieri di soldati; palagio di villa; stanze nel palagio di villa; collinetta ov’è attendato l’esercito di Faramondo; padiglione regio; recinto nel campo di Gustavo a foggia di anfiteatro, il cui prospetto nel fine aprendosi dà luoco a machina luminosa, ove si vede il trionfo della virtù.
 
 BALLI
 
    Di cimbri, con catene in mano, che festeggiano alla lor libertà, di soldati tedeschi, di seguaci della virtù.