Lucio Papirio dittatore, Venezia, Pasquali, 1744 (Lucio Papirio)

 ATTO PRIMO
 
 Campidoglio di Roma, con la facciata del tempio di Giove Capitolino.
 
 SCENA PRIMA
 
 LUCIO PAPIRIO, MARCO FABIO, PAPIRIA, RUTILIA, littori e popolo romano uscendo dal tempio
 
 TUTTI
 
    Con fausti auspizi,
 con dii propizi,
 il nostro Marte
 combatterà.
 
5   Giove è placato;
 e debellato
 il Sannio a Roma
 s’inchinerà.
 
 LUCIO PAPIRIO
 Torno al campo, o Romani;
10e con gli dii placati io colà porto
 la vittoria e il trionfo.
 MARCO FABIO
 Per sì grand’opra, dittatore eccelso,
 saran guida a’ tuoi passi
 e pietade e valor. De’ sacri auguri
15al raccolto Senato
 io recherò gli eventi.
 Tu all’esercito riedi.
 Prive del maggior duce armate schiere,
 o non han freno o non han core; e puote
20nascer da indugio irreparabil danno.
 LUCIO PAPIRIO
 In sue trincee ben chiuso il nostro campo
 non teme impeti ostili; e provocargli
 Quinto non oserà che le mie veci
 colà sostien.
 MARCO FABIO
                         Manca ardir forse al figlio?
 LUCIO PAPIRIO
25No, ma troppo ei rispetta un mio comando
 che a lui vieta pugnar finch’io ritorni.
 MARCO FABIO
 Lucio, la tua dimora,
 che in ozio il tiene neghittoso e lento,
 sarà intanto sua legge e suo tormento.
 
30   Tal generoso destriero indomito,
 vago di pugna, mal frena il corso,
 s’agita, freme né trova pace.
 
    Percuote il suolo, spuma sul morso;
 e par ch’ei stesso co’ suoi nitriti
35la tromba inviti che ancora tace.
 
 SCENA II
 
 LUCIO PAPIRIO, PAPIRIA e RUTILIA
 
 PAPIRIA
 Padre.
 RUTILIA
                Signor.
 PAPIRIA
                                Col core
 e di figlia e di moglie,
 sospiro alle nostre armi
 fortunato destino.
 RUTILIA
                                    E voti io formo,
40cittadina per Roma
 e per Quinto germana, ardenti e puri.
 LUCIO PAPIRIO
 E più illustre e più degno, a te ben tosto (A Papiria)
 tornerà il dolce sposo;
 e a te, se ben mel taci, (A Rutilia)
45tornerà il caro amante.
 RUTILIA
 Cominio di quest’alma idolo e nume. (Parla a Papiria)
 LUCIO PAPIRIO
 Qui ’l tribuno Servilio.
 PAPIRIA
 Arde anch’egli, o Rutilia, al tuo bel lume. (Parla a Rutilia)
 
 SCENA III
 
 SERVILIO e i suddetti
 
 SERVILIO
 Dal campo che ad Imbrinio,
50signor, lasciasti, or ora
 giunto è Cominio.
 LUCIO PAPIRIO
                                    Il militar tribuno?
 RUTILIA
 Papiria. (Parla a Papiria)
 PAPIRIA
                   Amica. (Parla a Rutilia)
 SERVILIO
                                   Egli di Quinto un foglio
 reca al Senato.
 LUCIO PAPIRIO
                              Quinto
 scrive al Senato e al dittator non scrive?
 PAPIRIA
55A te, qui del Senato
 regola e mente, allora scrisse...
 LUCIO PAPIRIO
                                                          Eh, figlia,
 errò; ma incauto errò. Donisi agli anni
 trascorso giovenil. Che reca il messo? (A Servilio)
 SERVILIO
 Se liete o infauste... Intorno
60qual suona eco giuliva?
 
    Viva Fabio, viva, viva. (Di dentro)
 
 LUCIO PAPIRIO
 Viva Fabio? Alla Curia il passo affretto.
 Numi, non permettete
 che sul genero ardito
65sia Lucio oggi costretto
 gli esempi a rinnovar di Giunio e Tito.
 
    Chi non so
 se colpevole ancor sia,
 non assolvo e non condanno.
 
70   Ma sospendo l’ira mia
 contra un fallo, ancor non certo
 che sperando e gloria e merto
 troverebbe infamia e danno.
 
 SCENA IV
 
 PAPIRIA, RUTILIA e SERVILIO
 
 PAPIRIA
 Deh, lo segua Servilio e a noi ritorni.
 RUTILIA
75Tribuno, a noi non lice
 nel denso della turba aprirsi il calle.
 SERVILIO
 Il poterti ubbidir m’è gloria e sorte.
 
 SCENA V
 
 PAPIRIA e RUTILIA
 
 PAPIRIA
 Rutilia, ah!
 RUTILIA
                        Che t’affligge?
 PAPIRIA
 Parte il padre turbato
80né so perché. L’alma è in tumulto e in pena;
 e la cagion m’è ignota.
 Orridi spettri, sanguinosi, infausti
 sognai; ma desta ancora
 parmi avergli presenti. O dei! Che fia?
 RUTILIA
85Quando l’idol che s’ama
 è lontano da noi,
 tutto ne fa timor, tutto ne spiace.
 Se il tuo Fabio qui fosse...
 PAPIRIA
 Se il mio Fabio qui fosse, avrei più pace.
 RUTILIA
 
90   Alla candida agnelletta,
 che si mira a pascer sola,
 non diletta
 fresco prato o molle erbetta.
 
    Ma se vede che a lei riede
95la sua fida amata guida,
 si consola; e a lei d’intorno
 e scherzando e saltellando,
 or la fugge ed or l’aspetta.
 
 PAPIRIA
 Mira; e sii più giuliva.
 
 SCENA VI
 
 COMINIO seguito dal popolo e le suddette
 
 COMINIO e il POPOLO
 
100   Viva Fabio, viva, viva.
 
 RUTILIA
 Del giubilo comun l’ultime a parte
 noi saremo, o Cominio?
 COMINIO
 Vinti sono i Sanniti e Fabio ha vinto;
 e pria che manchi il giorno,
105abbraccerai, cinto di lauro il crine,
 tu il fratel, tu lo sposo.
 PAPIRIA
 Oggi in Roma, in trionfo
 rivedrò Fabio? E sarà vero? O gioia!
 RUTILIA
 Or va’; credi a’ tuoi spettri.
110Eran quei che sognasti
 l’ombre infelici de’ nimici estinti.
 PAPIRIA
 Qual fu la pugna? La vittoria? Il core
 più gode allor che più conosce il bene.
 COMINIO
 Disposte le nostre armi
115erano al gran conflitto. Infausti o dubbi
 diè il pullario gli auguri.
 Temé Lucio gli dii.
 RUTILIA
                                     Venne e placolli.
 COMINIO
 Quinto a regger le schiere
 rimase. Avea divieto
120né ardia pugnar. Fiero il nimico intanto
 ci provoca, c’insulta.
 Ordin non ha, non legge.
 Lontano il dittator, crede il superbo
 che più nel nostro campo
125non sien romani o sien rimasi i vili.
 PAPIRIA
 Nimico, che non teme,
 è più facile sempre ad esser vinto.
 COMINIO
 Fabio lo vede e il soffre.
 Ov’è il tuo cor? Sei tu romano? Il sangue
130hai tu de’ Fabi? Io sì ’l rampogno e sgrido.
 Del dittator la legge
 non ti vieta il pugnar, quando la pugna
 sia un sicuro trionfo.
 RUTILIA
 Generoso consiglio!
 COMINIO
135Scosso a’ miei detti, ordina, accende e move
 le schiere; esce del campo; assale ed urta
 improvviso i Sanniti.
 Sorpresi, sbigottiti
 piegano al primo incontro.
140Necessità poi gli fa forti. Io, duce
 de’ cavalli, gli spingo
 nel folto e aprir nol posso.
 Prendo novo consiglio;
 fo che a’ destrieri il morso
145sia tratto. A sciolto corso
 entrano nella mischia; e nulla al loro
 impeto più resiste.
 Ventimila nimici
 mordon l’arena. Gli altri
150van prigioni o dispersi. Un solo giorno
 della guerra ha deciso; e alla vittoria
 nulla manca di grande,
 campo, spoglie, trofei, conquiste e gloria.
 PAPIRIA
 O caro sposo! Ei riede
155qual dovea, qual l’attesi.
 RUTILIA
 Né a te, prode guerrier, manca il suo pregio.
 PAPIRIA
 Ma il padre che dirà? Che il dittatore?
 COMINIO
 A lui può non piacer l’utile colpa,
 se pur v’è colpa in opra
160che approvaro gli dei con lieto evento?
 PAPIRIA
 Nol so. So che il mio cor non è contento.
 
    Sento applausi; miro allori;
 Roma è lieta; il Tebro esulta;
 e il mio tenero cor languendo sta.
 
165   Dico a lui: «Bando a’ dolori»;
 ei sospira e non lo fa.
 Chiedo a lui perché s’accori;
 egli tace e non lo sa.
 
 SCENA VII
 
 COMINIO e RUTILIA
 
 COMINIO
 Nella casa de’ Fabi
170per altra via non s’entra
 che d’illustre virtù, di nobil merto.
 RUTILIA
 Ben mi sovvien; così Rutilia disse
 a Cominio guerriero.
 COMINIO
                                         E le tue leggi
 nel suo core scolpì Cominio amante.
 RUTILIA
175Se Fabio trionfò, non poca parte
 n’ebbe il consiglio tuo, n’ebbe il tuo braccio.
 COMINIO
 Qualunque siasi, a te s’ascriva il pregio
 dell’opre mie. Tu impulso,
 tu mi desti valor. Sei la mia gloria,
180non men che l’amor mio.
 RUTILIA
                                                Va’, segui, o duce,
 il ben segnato calle.
 Vuole il padre ch’io sia
 conquista del più degno,
 non del più amante. A me ubbidir conviene.
185Sta in tua virtù del nostro amor la sorte;
 e s’è ver che ben ami,
 sii più ch’altri romano, opra da forte.
 COMINIO
 
    Se quanto so d’amarti
 farò per meritarti,
190di più sublimi allori
 non mai guerriero eroe cinse la chioma.
 
    Forse più illustre andrà
 alle venture età,
 per vanto del tuo viso,
195per opra del mio amor, Rutilia e Roma.
 
 SCENA VIII
 
 SERVILIO e RUTILIA
 
 SERVILIO
 Infelici trionfi!
 Misero Fabio!
 RUTILIA
                             Onde il tuo duol?
 SERVILIO
                                                               Dall’ira
 del dittator. Vede il divieto infranto;
 e il trasgressor minaccia.
 RUTILIA
200Lo salverà la sua vittoria.
 SERVILIO
                                                Spinto
 dal suo furor, già sen va Lucio al campo
 e al vincitor, d’amplessi invece o premi,
 reca verghe e mannaia.
 RUTILIA
 No, le teste de’ Fabi
205riserbate non sono a scure infame.
 SERVILIO
 Io ne tremo per lui; l’amor che ho in petto
 d’ogni fortuna tua mi chiama a parte.
 RUTILIA
 Tribuno della plebe,
 né cotesta pietà chieggio al tuo core
210né cotesto tuo amore.
 SERVILIO
 Così non parlerebbe
 il tuo fasto, o Rutilia,
 a militar tribun.
 RUTILIA
                                 Che?
 SERVILIO
                                             Non han tutti
 l’onor d’esser Comini e d’esser Fabi.
 RUTILIA
215A’ Fabi ed a’ Comini empie le vene
 sangue patrizio; e sofferir non deggio
 che d’amor mi favelli
 un popolar tribuno, un uom plebeo.
 SERVILIO
 Uom plebeo ma che vanta
220tra le fumose immagini degli avi
 e consoli e pretori,
 plebeo ma la cui gente
 co’ Valeri è congiunta e co’ Metelli.
 E quello ch’io sostengo
225popolar tribunato
 è tal che lo rispetta,
 più di Rutilia assai, Roma e il Senato.
 RUTILIA
 E ben, poiché cotanto
 del tribunato tuo ti gonfi e onori,
230cerca, ma fuor de’ Fabi,
 più degno oggetto a’ tuoi superbi amori.
 
    A rader nato il suolo,
 spiega troppo arduo volo
 il tuo superbo cor.
 
235   Ma in faccia al maggior lume
 vi struggerà le piume;
 e a lui cadendo d’alto,
 se fia più gloria il salto,
 sarà più pena ancor.
 
 SCENA IX
 
 SERVILIO
 
 SERVILIO
240Son di femmina ingiurie
 sassi all’aria scagliati;
 fan sibilo, non colpo.
 Ma che? Vedrà l’altera
 che, se ho cor per amarla,
245non mi manca virtù per meritarla.
 
    Un gran fasto
 non dà fregio a nobiltà;
 ma si adula con viltà
 da interesse o da timor.
 
250   Più s’apprezza
 nell’ignobile il valor
 che nel grande un’alterezza
 senza merto e senza onor.
 
 Campagna di Roma. Da una parte scorre il Tevere, dall’altra veduta della città con sua porta e ponte levatoio alzato.
 
 SCENA X
 
 QUINTO FABIO, seguito dall’esercito, sopra gran carro trionfale, tirato da schiavi sanniti, il qual carro si viene avanzando sopra il fiume, sul quale gettasi un ponte da’ soldati, al suono di sinfonia militare
 
 QUINTO FABIO
 
    Qual piacer, o Tebro invitto,
255che verdeggi alle tue sponde
 l’ombra ancor de le mie palme!
 
    E che a te del già sconfitto
 Sannio audace errino intorno
 le dolenti e squallide alme! (Scende dal carro)
 
260Quella è Roma, o guerrieri,
 meta de’ nostri voti. Ivi per noi
 s’agita nel Senato
 la ragion del trionfo. Il porvi piede,
 pria d’udirne il voler, parrebbe orgoglio;
265e vincitor modesto ottien più lode. (S’apre la porta della città e calandosene il ponte levatoio, n’esce Papiria seguita dal popolo di Roma che tiene in mano rami e ghirlande di alloro)
 
 SCENA XI
 
 PAPIRIA e QUINTO FABIO
 
 PAPIRIA
 Quinto.
 QUINTO FABIO
                  Sposa.
 PAPIRIA e QUINTO FABIO A DUE
                                 Mio bene.
 PAPIRIA
 Roma tutta esce incontro
 al suo duce, al mio sposo, io potea sola
 contener la mia gioia?
 QUINTO FABIO
270Non vaghezza d’applauso e di trionfo
 affrettò il mio ritorno
 ma desio d’abbracciarti, anima mia.
 PAPIRIA
 Quanto per te soffersi!
 QUINTO FABIO
 O per entrambi ben sofferte pene!
 PAPIRIA
275Quinto.
 QUINTO FABIO
                  Sposa.
 PAPIRIA e QUINTO FABIO A DUE
                                 Mio bene.
 
    Non sento tutto il giubilo,
 mia vita, in abbracciarti;
 e pur t’abbraccio.
 
    Tu che lo stringi, amor,
280dimmi se mai legò
 l’uno con l’altro cor
 più dolce laccio.
 
 SCENA XII
 
 COMINIO e i suddetti
 
 COMINIO
 Con pronta fuga, amico,
 salvati.
 QUINTO FABIO
                 Da qual rischio?
 PAPIRIA
                                                 Oimè! Che fia?
 COMINIO
285Da quel che ti minaccia il dittatore.
 PAPIRIA
 Il padre?
 QUINTO FABIO
                    E qual mia colpa
 l’irrita?
 COMINIO
                  Il tuo trionfo.
 PAPIRIA
 Ah! Che mel disse il cor.
 COMINIO
                                               Fuggi. A momenti
 qui lo vedrai.
 QUINTO FABIO
                            Chi è reo paventi e fugga.
 COMINIO
290Contra invidia e poter, che può innocenza?
 PAPIRIA
 O dio! Già sento il fier comando e veggo
 fasci, scuri e littori... Ah! Fuggi, o sposo;
 fuggi, se m’ami.
 QUINTO FABIO
                                 Ogni altro
 rimedio che la fuga a cor romano.
 PAPIRIA
295Qui sicura hai la morte.
 COMINIO
                                              E morte infame.
 QUINTO FABIO
 Morte infame ad un Fabio?
 Egli la illustrerà fin de’ littori
 sotto la scure; e un capo
 coronato di allori
300mai non cade vilmente.
 PAPIRIA
 Sposo, e m’ami così?
 QUINTO FABIO
                                         T’amo, o Papiria,
 anche più di me stesso.
 Ma, se ti duol mia morte,
 prega un padre crudel che non sia ingiusto,
305non un sposo fedel che non sia forte.
 COMINIO
 No, non morrai. Teco pugnammo e teco
 siam colpevoli tutti.
 Qui fermo al dittator mostra il suo torto;
 e se in lui più del giusto
310puote sdegno e livor, que’ scudi ed aste
 saran la tua difesa.
 QUINTO FABIO
 O Cominio fedel! Tosto, o guerrieri,
 de’ trofei riportati
 parte a voi se ne dia, parte alle fiamme.
315Sciolti vadan gli schiavi; e non ci usurpi
 invidia altrui delle nostre opre il frutto.
 COMINIO
 Facciasi.
 PAPIRIA
                   Oh, qual preveggo angoscia e lutto!
 COMINIO
 
    Leggi a noi tutti in volto
 quella che giuro a te
320fedele aita.
 
    Sapremo in tua difesa,
 pria che mancar di fé,
 mancar di vita. (Si ritira fra’ soldati in lontano)
 
 SCENA XIII
 
 LUCIO PAPIRIO coi littori, uscendo dalla città, QUINTO FABIO, PAPIRIA e poi COMINIO
 
 LUCIO PAPIRIO
 Qui la sella curule. (Uno de’ littori porta la sella curule e l’apparecchia nel mezzo)
 PAPIRIA
325Padre e signor...
 LUCIO PAPIRIO
                                 Nel campo
 Papiria ancor?
 PAPIRIA
                              Se amore,
 se lagrime di figlia in cor di padre...
 LUCIO PAPIRIO
 Ove il giudice siede,
 il padre non ascolta; e a piè di giusto
330tribunal non s’accosta amor né pianto.
 Parti; e Quinto a me venga. (Siede)
 PAPIRIA
 Deh!...
 LUCIO PAPIRIO
                Resistenza irrita.
 PAPIRIA
 O dei! Fabio, mia vita. (Si ritira col fazzoletto agli occhi, incontrandosi con Quinto Fabio)
 LUCIO PAPIRIO
 Fabio, a quanto sol chiedo
335rispondi e nulla più.
 QUINTO FABIO
                                        Null’altro il labbro
 produrrà in sua difesa.
 LUCIO PAPIRIO
 Del dittator sommo è l’impero?
 QUINTO FABIO
                                                            È sommo.
 LUCIO PAPIRIO
 Consoli e quanti ha Roma
 militari ed urbani magistrati
340ubbidiscono a lui?
 QUINTO FABIO
                                     Senato e plebe
 questa a lui diero alta possanza.
 LUCIO PAPIRIO
                                                            Al solo
 mastro de’ cavalieri
 lecito fia disubbidirlo impune?
 QUINTO FABIO
 No, ma quando...
 LUCIO PAPIRIO
                                  Non farti
345reo di nuovo delitto.
 Dimando; a che d’Imbrinio
 partii dal campo?
 QUINTO FABIO
                                   A consultar gli auspici.
 LUCIO PAPIRIO
 Questi incerti o infelici,
 tentar l’armi io dovea?
 QUINTO FABIO
350Frale è poter senza il favor de’ numi.
 LUCIO PAPIRIO
 Nel partir che t’imposi?
 QUINTO FABIO
 Di non pugnar.
 LUCIO PAPIRIO
                               Che festi?
 QUINTO FABIO
 Provocato pugnai.
 LUCIO PAPIRIO
                                    Più de’ Sanniti,
 gli auspizi, i sacri riti,
355il grado mio, l’antica
 militar disciplina
 son per tua colpa, o Fabio,
 in eccidio, in ruina.
 QUINTO FABIO
 La vittoria m’assolve...
 LUCIO PAPIRIO
360Non è giusta discolpa
 un dono della sorte;
 né lascia d’esser colpa
 una colpa felice.
 Disubbidisti, iniquo, e n’avrai morte.
 QUINTO FABIO
365Quella, a cui mi condanni,
 morte ingiusta, o signor, son troppo avvezzo
 fra cento aste a sfidar per non temerla.
 Venga ella pur. M’è pregio
 meritarla così. Te furor move,
370te cieca invidia, non ragion, non legge.
 Ciò che il tuo non poté, fece il mio braccio.
 Sono reo perché vinsi,
 non perché combattei. Che più faresti,
 me perdente e sconfitto?
375Roma salvai. Tu nol volevi. Io ’l feci.
 Errato avrei, se non avessi errato.
 Dittator, l’ubbidirti,
 fino a perder vilmente
 la sicura vittoria,
380era un tradir la patria e la mia gloria.
 LUCIO PAPIRIO
 Per veder sino a dove
 si stendesse il tuo orgoglio,
 tacqui e soffrii; ma del supplizio a vista,
 non so se tanto avrai, giovane audace,
385di ferocia e d’ardire.
 Accostati, o littor.
 QUINTO FABIO
                                   Più che la fama,
 facile a te sarà tormi la vita.
 LUCIO PAPIRIO
 L’una e l’altra, o malvagio,
 che virtù non fu mai morir per colpa.
 PAPIRIA
390Ma Fabio non morrà, quando con lui
 tu a morir non condanni anche la figlia.
 COMINIO
 E con lui tu non perda il campo tutto.
 La sua causa è comun.
 LUCIO PAPIRIO
                                           Sedurmi ancora
 si vuole e intimidirmi? Olà, che mora.
 QUINTO FABIO
395Sì, ma non tra’ littori;
 quelle son le romane invitte schiere.
 Cadrò là da guerrier, cadrò da forte;
 e là per tuo comando
 mi venga, o Lucio, ad assalir la morte.
 
400   Se vuoi ch’io cada esanime,
 per Roma e fra’ nimici,
 me le tue furie ultrici
 condannino a morir.
 
    Là intrepido ed invitto,
405trovar saprò una morte
 che pena al mio delitto
 e gloria dia al mio ardir. (Si ritira fra’ soldati)
 
 SCENA XIV
 
 LUCIO PAPIRIO, PAPIRIA, COMINIO e poi MARCO FABIO
 
 LUCIO PAPIRIO
 Seguitemi. Vedremo (Si leva dalla sedia curule che tosto vien ripigliata da un littore)
 chi alzerà il primo ferro
410contro d’un dittator.
 PAPIRIA
                                        Genero a Lucio...
 LUCIO PAPIRIO
 Fosse ancora a me figlio,
 nol salverei.
 COMINIO
                         Tutto è per Fabio il campo.
 LUCIO PAPIRIO
 E giustizia è per me.
 PAPIRIA
                                         Perdona agli anni.
 LUCIO PAPIRIO
 Perdono, onde ben tosto
415in disprezzo io sarei, Roma in periglio.
 Morrà sotto le scuri.
 MARCO FABIO
 Non un Fabio però, non un mio figlio.
 A Roma, o Lucio. Ivi i suoi falli e i merti
 bilancerà il Senato. A lui da un troppo
420severo dittator Marco s’appella;
 e s’ei giudicherà che sotto il taglio
 di una scure il reo cada, io sarò il primo
 a condurlo al littore;
 e tra le verghe e il ceppo
425gl’insegnerà costanza il genitore.
 LUCIO PAPIRIO
 Sì sì, vadasi, o Marco,
 a Roma e nel Senato. Ivi o il tuo figlio
 fia da lui condannato
 o in sua man deporrò quello i cui dritti
430sosterrò, finch’io ’l regga, eccelso grado.
 Al colpevol superbo
 dirà Cominio che l’attendo in Roma
 e che avrà in Campidoglio, ove sperava
 il mal chiesto trionfo, infamia e pena.
435E tu risparmia i preghi, asciuga i pianti,
 Papiria. Dirò figlia,
 quando ti scorderai
 d’esser consorte a cittadin malvagio.
 È ver, Fabio è tuo sposo, io te lo diedi;
440ma tel diedi romano, eroe tel diedi.
 A lui toglie la colpa
 ciò che caro mel fece; e a te pur tolga
 la ragion dell’amarlo.
 Segui l’esempio mio. Più che col senso,
445col dover ti consiglia;
 o se moglie esser vuoi, non sei più figlia.
 
    Manlio vinse; e Tito, forte,
 a ria morte,
 benché padre, il condannò.
 
 MARCO FABIO e COMINIO A DUE
 
450   Ma di Tito ancor gl’imperi,
 perché fieri,
 Roma tutta detestò.
 
 LUCIO PAPIRIO
 
    Cadrà Fabio: e vincerà
 delle leggi e del mio grado
455il timor, la dignità.
 
 MARCO FABIO
 
    Pria lo giudichi il Senato
 e svenato poi cadrà.
 
 COMINIO
 
    (Ma in suo scampo io le guerriere
 fide schiere accenderò). (Lucio Papirio entra in Roma e gli altri due vanno verso l’esercito)
 
 SCENA XV
 
 PAPIRIA
 
 PAPIRIA
460Figlia e moglie, che fo? Qual di due beni
 lascio? Qual seguo? Lucio,
 meno di sdegno. Fabio,
 men di protervia. Egli mi è padre. Ah! Come
 oltraggiarlo tu puoi? Questi m’è sposo.
465Come ah! tu condannarlo?
 Fabio, reo ti detesto,
 misero ti compiango, oggetto insieme
 e d’odio e di pietà, direi d’amore;
 ma offendo il genitore.
470Dei! Che farò? Giusta nel padre è l’ira.
 Reo nel marito il fasto. A me sol tocca
 or con finti rigori,
 or con teneri preghi
 domar l’un, placar l’altro;
475chiegga Fabio il perdon, Lucio lo dia;
 e in sorte sì penosa,
 sia Papiria egualmente e figlia e sposa.
 
    Rigori fingerò, ripulse e sprezzi;
 sospiri verserò, lagrime e preghi.
 
480   Durezza in dittator così si spezzi;
 orgoglio in vincitor così si pieghi.
 
 Il fine dell’atto primo