Don Chisciotte in Sierra Morena (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1719

 ATTO QUARTO
 
 Cortile interno dell’albergo, illuminato, con molte ferrate e porte che guidano a vari appartamenti terreni.
 
 SCENA PRIMA
 
 LOPE ed ORDOGNO
 
 LOPE
 Lodo il pensier; ma dimmi.
 Chi sosterrà il cimento?
 ORDOGNO
1195Io stesso. A me de l’armi
 noto abbastanza è l’uso e note l’arti.
 LOPE
 Né temi che il tuo volto egli ravvisi?
 ORDOGNO
 No. Per celarmi ad esso
 strane vesti ho già pronte e strani arnesi.
 LOPE
1200Chi ti accompagnerà?
 ORDOGNO
                                           Di questo albergo
 ben trasformati in varie guise i servi.
 LOPE
 Tutto ben disponesti. Amico, a l’opra.
 ORDOGNO
 Di questa a Dorotea
 diasi la lode e il merto.
1205Mercé di lei, ben tosto
 trarlo potremo al patrio tetto in salvo.
 LOPE
 Non so come la bella
 serbi ne’ mali suoi tanto di pace
 che il nostro intento ella sì ben secondi.
 ORDOGNO
1210Io tel dirò. Donna in amor tradita
 trova il suo duol maggior ne la rivale
 che il bene a lei promesso usurpi e goda.
 In Lucinda, ch’è fida al suo Cardenio,
 Dorotea più non vede e più non teme
1215questa rivale; e intanto
 tempra i mali di lei lusinga e speme.
 
    La femmina ingannata
 men misera si crede,
 alor che odiato vede
1220l’amante ingannator.
 
    Alor del tradimento
 si chiama vendicata;
 e spera il pentimento
 nel cor del traditor.
 
 SCENA II
 
 LOPE, SANCIO e poi MENDO. DON CHISCIOTTE di dentro
 
 LOPE
1225Ci arrida il cielo.
 SANCIO
                                  Ah! Lope. Vieni, vieni. (Uscendo dalla stanza di don Chisciotte)
 LOPE
 Dove?
 SANCIO
                Genti, accorrete.
 MENDO
                                                A che le strida?
 SANCIO
 Don Chisciotte combatte a corpo a corpo
 col gigante crudel Pandafilando.
 LOPE
 Con lui che quinci è lunge
1230duemille miglia? Eh! Va’. Sogni o deliri.
 DON CHISCIOTTE
 Ferma. Non fuggirai da don Chisciotte, (Don Chisciotte di dentro)
 mal nato cavalier, mago insolente.
 SANCIO
 Io sogno? Udiste? Egli è il gigante. Io stesso
 già ferito lo vidi; e perché forse
1235avea ben tracannato,
 dal suo ventre squarciato uscir mirai
 col sangue il vino.
 MENDO
                                   Il vin?
 SANCIO
                                                  L’odor non senti?
 MENDO
 Me infelice! (Entra correndo nella stanza di don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
                          Fellone, invan resisti. (Don Chisciotte di dentro)
 SANCIO
 Egli è Pandafilando. (A Lope)
1240Già son governatore.
 MENDO
                                         Ah! Lope. Ah! Sancio, (Torna fuori affannato)
 son rovinato. Il maledetto pazzo,
 con la spada che stringe, ha già forati
 molti degli otri, ove il mio vin tenea.
 LOPE
 Perché nol trattenesti?
 MENDO
1245Non osai, così fieri e così cieco
 i colpi ei vibra e gira intorno il brando.
 DON CHISCIOTTE
 Pur giaci a terra. (Don Chisciotte di dentro)
 SANCIO
                                   Addio, Pandafilando.
 MENDO
 Or gli altri ad uno ad uno andrà forando.
 SANCIO
 Lope, a me presta fede.
1250Quanto a noi qui succede, è tutto incanto. (Don Chisciotte esce in farsetto ed urta Lope)
 DON CHISCIOTTE
 Terminata è l’impresa. Or mi conviene
 da la regina mia prender congedo.
 LOPE
 Sancio, non vedi? Ei dorme ancora. Ei dorme. (Guardando don Chisciotte si avvede che dorme)
 DON CHISCIOTTE
 Pandafilando, o gran signora, è morto. (A Mendo)
 SANCIO
1255Senti? Non lo diria, se il ver non fosse. (A Lope)
 DON CHISCIOTTE
 Morto è Pandafilando, (Don Chisciotte s’inginocchia a’ piedi di Mendo)
 lodato il cielo e Dulcinea. Regina,
 cadde l’iniquo. Io n’ebbi
 piena vittoria; e in testimon di questa
1260reco al tuo piè del traditor la testa. (Cava fuori da un fazzoletto una pignatta e la mette a’ piedi di Mendo)
  LOPE
 Vedi qual testa, vedi. (A Sancio)
 SANCIO
                                          Incanti, incanti.
 DON CHISCIOTTE
 Or vivi e regna in pace; e se ti avviene
 che ti faccian mai torto altri giganti,
 scrivimi; e lascia fare a don Chisciotte. (Don Chisciotte, volendo baciar le vesti a Mendo, creduto la regina, viene da lui rovesciato in terra)
 MENDO
1265Eh! Ti venga il malanno.
 DON CHISCIOTTE
 Ferma, Micomicona. Aimè! Che veggio? (Don Chisciotte si risveglia)
 LOPE
 Mendo, perdona. Ei dorme.
 MENDO
 Io lo risveglierò. Vo’ ch’ei ripari
 con le offese degli altri ogni mio danno.
 LOPE
1270Vedi che un pazzo egli è.
 MENDO
                                               Qui de’ misfatti
 giudice io sono e so far savi i matti. (Parte infuriato)
 LOPE
 Addio. Placar convien l’ira di Mendo. (In atto di partir a don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
 Che far mi può colui?
 LOPE
 Che? Mandarti in galera.
 DON CHISCIOTTE
                                                O che furfante!
1275Va’, placa il suo furor. Tale avventura
 mai non accadde a un cavaliere errante. (Lope parte)
 
 SCENA III
 
 DON CHISCIOTTE e SANCIO
 
 SANCIO
 Grand’incanti, signor!
 DON CHISCIOTTE
                                           Magie possenti!
 SANCIO
 Uccidesti il gigante?
 DON CHISCIOTTE
 Ne puoi temer? Là cadde il busto esangue.
 SANCIO
1280Là sono otri forati.
 DON CHISCIOTTE
 Tutte sono magie. So che l’uccisi.
 SANCIO
 Avresti mai sognato?
 DON CHISCIOTTE
 Anche questa è magia. Vegliando il vinsi.
 Quel n’era il capo, or più nol par. Dai maghi (Accennando la pignatta)
1285tutte le imprese mie sono disfatte.
 SANCIO
 Eh! Signor, senza i maghi
 molte si credon teste e son pignatte.
 DON CHISCIOTTE
 Quella era testa. Or tu la prendi. Andiamo.
 SANCIO
 E dove?
 DON CHISCIOTTE
                  A Dulcinea. Vieni ad armarmi.
 SANCIO
1290Ascoltami...
 DON CHISCIOTTE
                         Non più. Queste magie
 son gastighi del ciel, perch’io non corsi
 tosto a la bella. Andiam. Qui più non voglio
 degl’incanti restar ludibrio e scherno.
 SANCIO
 Muor di morte improvisa il mio governo. (Porta seco la pignatta)
 DON CHISCIOTTE
 
1295   Negromanti indiavolati,
 se onorati voi sarete,
 venirete fuor di qua.
 
    Vi disfido a la campagna.
 Là vi voglio; e la magagna
1300tosto alor si scoprirà.
 
 SCENA IV
 
 DOROTEA e CARDENIO e poi LUCINDA
 
 CARDENIO
 Tutti già preme alto silenzio. Il tempo
 non è lontano; e se qui meco attendi,
 spettatrice sarai di nostra fuga.
 DOROTEA
 Fuga ch’è piacer vostro e mia vendetta.
 CARDENIO
1305L’uscio ecco aprirsi; ecco Lucinda uscirne.
 DOROTEA
 Bella così che quasi
 Fernando assolvo del commesso errore.
 CARDENIO
 Lucinda, abbiam propizio il cielo e amore. (Esce Lucinda da una porta)
 LUCINDA
 Qual giovane beltà trovo al tuo fianco? (Osservando Dorotea)
 DOROTEA
1310Nulla ti arresti. Io sono
 Dorotea l’infelice,
 più tradita di te.
 LUCINDA
                                 Quanti, o Fernando,
 miseri rese un tuo mal nato affetto!
 CARDENIO
 Non più indugi. Di mano
1315fugge la sorte al trascurato.
 LUCINDA
                                                   Andiamo.
 DOROTEA
 Nuova sciagura. Ecco Fernando.
 LUCINDA
                                                            O dei!
 Stanchi non siete ancor de’ mali miei.
 
 SCENA V
 
 FERNANDO con guardie e li suddetti
 
 FERNANDO
 Chiudete il varco ad ogni passo. E dove (A Lucinda)
 senza di me? Cardenio è teco? A tempo,
1320per liberarmi da un rival noioso
 e per punire una beltade ingrata,
 qui ’l ciel mi guida.
 CARDENIO
                                      Principe Fernando,
 al tuo grado e a l’antica
 nostra amistà deggio rispetto e ’l serbo.
1325De’ miei torti ti basti
 l’andata serie. Or con novelli insulti
 non provocar mia sofferenza a un atto
 che mi dorria.
 FERNANDO
                             Qual rispettoso amico
 trovo nel seduttore e nel compagno
1330de l’infedel mia sposa?
 LUCINDA
                                             Io son tua sposa?
 Quella, quella è la tua.
 DOROTEA
                                           (Mi osserva e tace).
 FERNANDO
 (Importuni rimorsi, io non vi ascolto).
 Tu troppo ingrata sei. (A Lucinda) Tu troppo audace. (A Cardenio)
 Ma di sì grave oltraggio
1335mi vendichi il mio acciar. (Dando mano a la spada)
 DOROTEA
                                                  Ferma e da questo, (Gittandosi in mezzo)
 da questo seno il tuo furor cominci.
 FERNANDO
 (Quale inciampo?) Miei fidi...
 LUCINDA
                                                         Odi, o Fernando. (Snudando uno stile)
 Vedi tu questo ferro?
 Questo dovea ne le tue vene immerso
1340contaminar quell’ara ove guidarmi,
 vittima più che sposa, era tuo voto.
 Questi d’infauste nozze
 esser doveano i primi frutti.
 FERNANDO
                                                      Iniqua!
 LUCINDA
 Redine grazie al ciel. Trovo in Cardenio
1345il perduto mio sposo. A lui congiunta
 vuoi staccarmene ancor? Già stringo in pugno
 la mia difesa e la mia morte insieme.
 Vengano i tuoi, vieni tu stesso. Al primo
 passo vibrerò il colpo in questo petto;
1350e daremo ad un tratto insigne esempio,
 io di un amor fedele e tu di un empio.
 LUCINDA, CARDENIO A DUE
 
    Vieni, o caro,
                                e sola morte
    Vengo, o cara,
 dal tuo fianco or mi divida.
 
    Del tuo sdegno è assai più forte (A Fernando)
1355la virtù d’un’alma fida.
 
 SCENA VI
 
 FERNANDO e DOROTEA
 
 FERNANDO
 (Son fuor di me).
 DOROTEA
                                   (Qual generosa amante!)
 FERNANDO
 Ma partì la crudele; e de’ miei scherni
 già esulta e gode. E ch’io vilmente il soffra?
 Seguane tutto. Il più funesto oggetto
1360è un torto invendicato
 e un rival fortunato.
 DOROTEA
 Ah! Dove ti trasporta impeto cieco?
 FERNANDO
 Nulla più ascolto e le mie furie ho meco.
 DOROTEA
 Per cotesta, ch’io stringo
1365e che fede pur diemmi, amata destra,
 fermati; ascolta; vedi
 chi ti parla e ti prega.
 Vedi a quai vite insulti; e saggia affrena
 un’ira a te oltraggiosa, altrui funesta.
 FERNANDO
1370Partì Lucinda e Dorotea mi arresta.
 DOROTEA
 Sì, Dorotea ti arresta; ella ti parla;
 ella da te tradita
 non ti rinfaccia il torto.
 Me più non vuoi? Mi acheto e mi fo legge
1375del tuo solo piacer, suddita e serva.
 Te non muova il mio amor. Muovati il giusto,
 muovati l’onor tuo. Rispetta i sacri
 legami di amicizia e di onestade.
 Vinci un amor che solo
1380esser può tuo delitto o tuo martoro.
 FERNANDO
 Cieli! Hai ragion; ma ancor Lucinda adoro.
 
    Odio, vendetta, amore,
 sdegno, ragion, dovere
 fan guerra nel mio core;
1385qual vincerà non so.
 
    Amo un crudele oggetto;
 tradisco la tua fede;
 l’alma il tuo torto vede;
 correggerlo non può.
 
 SCENA VII
 
 DOROTEA, poi DON CHISCIOTTE e SANCIO
 
 DOROTEA
1390Tutti sono in tumulto (Dorotea non osserva don Chisciotte)
 gli affetti di Fernando.
 DON CHISCIOTTE
 Qui opportuna la trovo. (A Sancio)
 Regina.
 DOROTEA
                  Io ne son parte
 non ultima e non vile.
 DON CHISCIOTTE
1395Ingrata ella mi sembra ed incivile. (A Sancio)
 DOROTEA
 Respirate, o miei voti. Alma turbata
 non è sorda a ragion, non è ostinata.
 DON CHISCIOTTE
 Forse per regalarmi è imbarazzata. (A Sancio)
 Micomicona.
 DOROTEA
                           Il mio campion perdoni
1400s’altro pensier mi tolse a lui.
 DON CHISCIOTTE
                                                      Se fosse
 pensier di ricompensa a l’opra mia,
 tu puoi lasciarlo. Io di giganti uccisi
 non faccio mercanzia. Sol vo’ la gloria.
 DOROTEA
 L’avrai, poi che fia spento il mio nemico.
 DON CHISCIOTTE
1405T’infingi ancor? Pandafilando è morto.
 Compiuto ho ’l dover mio;
 e l’impegno finì. Regina, addio.
 DOROTEA
 (Qualche nuova follia!) Fermati; ascolta.
 Tu il gigante svenasti?
 DON CHISCIOTTE
1410Anch’essa è affatturata. (A Sancio) Io lo svenai. (A Dorotea)
 Le ferite ne vidi, il sangue e ’l busto
 colà giacer. Se poi
 per opra di magia tutto disparve
 e ’l suo capo divenne una pignatta,
1415non so che dir. So che l’impresa è fatta.
 DOROTEA
 (Secondiamlo). Colui che avesti a fronte
 non fu Pandafilando.
 DON CHISCIOTTE
                                         E chi fu dunque?
 DOROTEA
 Un demone a lui fido
 che ne prese la forma e le sembianze.
 DON CHISCIOTTE
1420Lo conosci?
 DOROTEA
                        Purtroppo. Egli è Astarotte.
 DON CHISCIOTTE
 Bene. Anch’ei dir potrà chi è don Chisciotte.
 Tu come il sai?
 DOROTEA
                               Da un mio fedel che accerta
 poco lunge da noi Pandafilando.
 SANCIO
 Regina, or del tuo amor parlar potresti.
 DOROTEA
1425Presto ei verrà. Tu, mio conforto e speme,
 deh! non abbandonarmi. È tuo l’impegno.
 DON CHISCIOTTE
 Da questo braccio avrai salvezza e regno.
 SANCIO
 Ti ricordo il governo e mi ritiro. (A Dorotea e parte Sancio)
 DOROTEA
 Dal braccio tuo? Fora più grato il dono,
1430se dal tuo cor venisse, ed io più lieta,
 se te movesse amor, più che pietade.
 DON CHISCIOTTE
 (Ben ardita è costei; ma il suo ardimento
 colpa è del mio gran merto; e le perdono).
 DOROTEA
 Tu taci? Que’ begli occhi ancor mi nieghi?
 DON CHISCIOTTE
1435(Dulcinea, non lasciarmi).
 DOROTEA
 Guardami almen.
 DON CHISCIOTTE
                                    (Troncar, troncar bisogna).
 Verrà Pandafilando?
 DOROTEA
 Sì, tosto verrà l’empio e questa destra... (Dorotea vorrebbe prender don Chisciotte per mano)
 DON CHISCIOTTE
 (Oh! La faccenda è lunga). Venga, venga.
1440Si ucciderà. Vuoi altro?
 DOROTEA
 Viva il nostro campion; ma intendi almeno...
 DON CHISCIOTTE
 (Eh! Finiamla una volta). Intendo tutto.
 Intendo che ti piaccio; ed hai ragione
 che mi ami; e non sei sola;
1445ma son di Dulcinea.
 E tuo campion son io, quanto richiede
 la mia gloria, il mio amore e la mia fede.
 DOROTEA
 Povere mie speranze!
 
 SCENA VIII
 
 MARITORNE ad una finestra e li suddetti
 
 MARITORNE
                                          Ah! Don Chisciotte,
 bell’idol mio.
 DOROTEA
                           Stelle! Che ascolto? O ingrato! (A don Chisciotte)
 MARITORNE
1450Vieni a me che ti aspetto.
 DON CHISCIOTTE
 Chi ha mai tanta baldanza?
 DOROTEA
 No, non t’infinger. Va’. Colà ti chiama
 la nuova amante. O gelosia crudele!
 DON CHISCIOTTE
 Forse ad altri favella.
 MARITORNE
1455Mio gentil don Chisciotte...
 DOROTEA
 Favella ad altri? Ah! Crudo.
 Questo, questo è ben altro
 che Dulcinea.
 DON CHISCIOTTE
                            Micomicona, taci.
 DOROTEA
 O ciel! Mal può tacer labbro geloso.
 DON CHISCIOTTE
1460Parla, se vuoi; ma il duol trattieni almeno;
 e per tuo onore e mio la voce abbassa.
 DOROTEA
 Sì, abbasserò la voce;
 ma il fiero duol de la mia speme uccisa
 tener non so. (Non so tener le risa).
 
1465   Sento che disperato
 piange l’amore in me.
 (O che bel pazzo egli è!) Crudel! Pazienza.
 
    Potresti amarmi, o ingrato,
 come talor si fa,
1470almen per civiltà. No? (Che innocenza!)
 
 SCENA IX
 
 DON CHISCIOTTE e MARITORNE
 
 MARITORNE
 Sì dispietato a una donzella afflitta?
 DON CHISCIOTTE
 Un’afflitta donzella?
 MARITORNE
 Se a me crudel tu sei, perché ti vanti
 errante cavalier?
 DON CHISCIOTTE
                                  Forte argomento!
1475Me le appresso. Or che brami? (Va sotto la finestra)
 MARITORNE
 Troppo mi sei lontano. Ascendi, o prode,
 al balcone ov’io son.
 DON CHISCIOTTE
                                       De l’ampia rocca
 alto è il balcon né so... Ma attendi, o bella. (Trova un banco e sopra di quello ascende alla finestra)
 MARITORNE
 (S’io lo colgo, o che festa!)
 DON CHISCIOTTE
1480Eccomi. Or di’, che vuoi? Sei prigioniera? (Si presenta davanti alla finestra)
 MARITORNE
 Fece la tua beltà le mie catene.
 DON CHISCIOTTE
 (Eccone un’altra). Io Dulcinea sol amo.
 MARITORNE
 A lei non ti vo’ infido;
 sol porgimi la destra o qui mi moro.
 DON CHISCIOTTE
1485(Posso farlo? Anzi ’l deggio,
 che il lasciarla morir fora impietade).
 Eccola e senza il guanto. (Le porge la mano, la quale da Maritorne è legata ai ferri della finestra)
 Favor ben singolar; ma non baciarla.
 Tal sorte infino ad ora
1490non concedei né meno a Dulcinea.
 Guardala pur, stringila ancora, osserva
 quanto è grande e robusta; e da la mano
 argomenta il valor che sta nel braccio.
 MARITORNE
 (Il colpo è fatto. Io mi ritiro e taccio). (Maritorne si ritira dalla finestra)
 
 SCENA X
 
 DON CHISCIOTTE e poi RIGO
 
 DON CHISCIOTTE
1495Sei contenta? Or mi lascia. Ah! Qui legato
 al duro ferro è ’l pugno. Olà! Donzella.
 Ella è partita. O che donzella infame!
 RIGO
 M’ha detto Maritorne...
 Eccolo appunto. Al ladro, al ladro, al ladro.
 DON CHISCIOTTE
1500Deh! Gentil cavaliere...
 RIGO
 Eh! No. Guardarmi ben. Sono il barbiere.
 DON CHISCIOTTE
 Gran disgrazia! Che fai? Di’, malandrino... (Rigo leva il banco di sotto a don Chisciotte e parte)
 RIGO
 M’incomincio a pagar del mio bacino.
 DON CHISCIOTTE
 Aimè! Stirasi il braccio. O che tortura!
1505O che dolor! Io ben saper dovea
 che di questo castello
 serbata ad altro braccio era l’impresa
 né dovea più tornavi. Ah! Don Chisciotte,
 farti incantar così? Poco giudicio!
1510Poca prudenza! Almen, come tant’altri,
 m’avessero incantato a piana terra;
 ma la sorte contraria
 permette e fa ch’io sia incantato in aria.
 
    Qui sto appeso e il ciel sa quando
1515mi potrò disincantar.
 
    Dulcinea mi sta aspettando
 ed a lei non posso andar
 né atterrar Pandafilando
 né il mio nome immortalar.
 
 SCENA XI
 
 DON CHISCIOTTE, MENDO con seguito, poi LOPE e SANCIO
 
 MENDO
1520Eccolo. (Vedendo don Chisciotte)
 DON CHISCIOTTE
                 Ah! Questi è il mago. (Vedendo Mendo)
 MENDO
 Tu dai ferri lo sciogli. (Ad uno de’ suoi che si vedrà alla finestra)
 DON CHISCIOTTE
                                           O grazia! O dono!
 Lodato il ciel, disincantato io sono. (Don Chisciotte è disciolto e cala a terra)
 MENDO
 Or legatelo tosto. A la prigione
 egli traggasi intanto. (I servi vanno intorno a don Chisciotte e lo legano)
 DON CHISCIOTTE
1525Peggior del primo, ecco il secondo incanto.
 MENDO
 Guardate ch’ei non fugga.
 DON CHISCIOTTE
 Stregon, fa’ pur di me quel che tu vuoi. (A Mendo)
 S’io non fossi incantato, uh! guai a voi. (A’ servi che lo han legato)
 LOPE
 Mendo, ferma. Io prometto
1530per don Chisciotte; e basti.
 SANCIO
                                                    Anch’io per lui
 de la mia scuderia
 l’invisibil salario offro ed impegno.
 MENDO
 Ti accetto. (A Lope) Ei resti in libertà. Ma giuri
 a me la pace ed il perdono a’ miei. (Don Chisciotte è disciolto dai servi)
 DON CHISCIOTTE
1535Sì, generoso io sono.
 Se vi perdona il cielo, io vi perdono.
 MENDO
 Mi acheto e parto. Addio. (A Lope. Mendo parte col suo seguito)
 LOPE
 Andiamo. Don Chisciotte, in gran periglio
 de la cavalleria stava il decoro.
 DON CHISCIOTTE
1540S’io non era incantato, oh! guai a loro. (Partono don Chisciotte e Lope)
 
 SCENA XII
 
 SANCIO e poi MARITORNE
 
 SANCIO
 Don Chisciotte ha ragione.
 L’archivio degl’incanti è questo albergo.
 MARITORNE
 Dopo il padrone or lo scudier si burli. (Al veder Sancio)
 Sancio, pur ti riveggo!
 SANCIO
1545(Per mia nuova disgrazia). Indietro, indietro.
 MARITORNE
 Perché? Ferma; e mi ascolta.
 SANCIO
 Ti ascolterò; ma non venir più avanti.
 MARITORNE
 E che temi da me?
 SANCIO
                                     Che tu m’incanti.
 MARITORNE
 Non ti bastan l’ingiurie a me già dette?
1550Forse strega son io per incantarti?
 SANCIO
 Non giurerei di no. So che qua dentro
 tutto è diverso assai da quel ch’ei sembra.
 MARITORNE
 Tu t’inganni. Io che sembro agli occhi tuoi?
 SANCIO
 Una donna.
 MARITORNE
                         E una donna infatti io sono.
 SANCIO
1555Chi sa? Potresti ancora esser un drago...
 un folletto... un... non so. Qui tutto è finto.
 MARITORNE
 Io però non son finta.
 Tinto non è il mio crin, non è il mio ciglio;
 bianca e rossa non son per minio e biacca;
1560non mi affogo per far linda la taglia;
 per alzarmi non ho zoccoli ai piedi;
 e veramente io son tal qual mi vedi.
 SANCIO
 Mi rimetto; ma indietro.
 MARITORNE
 A chi t’adora, o Sancio?
 SANCIO
1565(In materia d’amor siamo infelici
 il mio padrone ed io). Ben. Che vorresti?
 MARITORNE
 Vorrei sotto il bel giogo
 d’un illustre imeneo teco accoppiarmi.
 SANCIO
 (Queste parole son per incantarmi).
 MARITORNE
1570Che rispondi?
 SANCIO
                             Non so. Parla più chiaro.
 MARITORNE
 Io vorrei il tuo amore.
 SANCIO
                                           Ora t’intendo.
 MARITORNE
 Di’, sperarlo poss’io?
 SANCIO
                                         Sta già impegnato.
 MARITORNE
 Sposo mio non sarai?
 SANCIO
                                          Sono ammogliato.
 MARITORNE
 Ammogliato?
 SANCIO
                            Ammogliato.
 MARITORNE
 
1575   Fortunata è ben colei
 che ha l’onor d’esser tua sposa.
 Di un errante cavaliero
 se’ scudiero? Parla. Sì?
 Va’, va’ pur, basta così.
 
1580   Temi d’esser incantato?
 Quest’albergo è innocentissimo.
 Il padrone è onoratissimo.
 Io non son... Ma, ma, ma, ma
 tu sei pazzo. Il mal sta qui.
 
 SANCIO
 
1585   Spiritata ben tu sei
 col far meco la vezzosa.
 D’un infame negromante
 sei la fante? Parla. Sì?
 Va’, va’ pur, basta così.
 
1590   Altri incanti ho già provato.
 Nel vederti il cor mi spasima.
 Tu mi sembri una fantasima.
 Dici bene; ma, ma, ma
 ho paura. Il mal sta qui.