Sirita, Vienna, van Ghelen, 1719

 ATTO TERZO
 
 Stanza di specchi.
 
 SCENA PRIMA
 
 IROLDO e ROMILDA da varie parti
 
 IROLDO
 (Qui Romilda).
 ROMILDA
                               (Qui Iroldo).
 IROLDO
                                                         (Oh! Racquistarne
 potessi ancora i mal perduti affetti).
 ROMILDA
960(Oh! Tornasse l’infido al primo laccio).
 IROLDO
 (Ardiscasi. Al perdono
 facile è la beltà). Bella Romilda.
 ROMILDA
 (Vien la serpe a l’incanto).
 IROLDO
 A l’onor de’ tuoi ceppi
965e per più non uscirne,
 ritorna un cor fuggito
 e ritorna pentito. A bel sembiante
 racquistar è più gloria un cor perduto
 che aver sempre fra’ ceppi un cor costante.
 ROMILDA
970Qual bontà! Di Sirita
 l’illustre sposo, il successor d’un regno,
 degna, da l’alto ancora
 di sua grandezza, un guardo
 ver me abbassar suddita e serva?
 IROLDO
                                                               Il trono
975sia per altri lusinga. Io nol riguardo
 che con orror, quale di scoglio a vista,
 ov’ebbe a naufragar, suole il nocchiero.
 ROMILDA
 Or solo hai cor sì generoso?
 IROLDO
                                                    Seguo
 del tuo l’esempio e sprezzo...
 ROMILDA
980No no, che a sì gran prezzo
 anch’io io tua fede assolvo.
 Amiam pur, tu in Sirita, io nel monarca,
 un oggetto più degno.
 Bella è l’infedeltà che guida a un regno.
 IROLDO
985Tempra un’ira che forse
 ti fia crudele; né svenar gli affetti
 più cari a pro di un re d’anni maturo.
 Disuguale imeneo non ha mai pace;
 in chi noia risveglia, in chi sospetto.
 ROMILDA
990Di giovanile aspetto
 è assai più bello un trono. In re l’etade
 non mai scema beltade;
 e l’aureo cerchio a lui ricopre ed orna
 e la fronte rugosa e ’l crin canuto.
 IROLDO
995Tu riguardi il diadema,
 come un ben già sicuro e già vicino.
 ROMILDA
 Di te non avrò mai peggior destino.
 IROLDO
 Ma se sorte ti manca, alor poss’io
 sperar che tu mi renda un cor già mio?
 ROMILDA
1000Io tornarti ad amar? Sarei ben folle.
 Chi una volta tradì, tradir può sempre.
 IROLDO
 
    Tu sei crudel con me;
 ma disperar non vo’.
 
    Regina ancor non sei;
1005né sempre a’ voti miei
 ricuserà mercé
 beltà che sì mi amò.
 
 SCENA II
 
 OTTARO e ROMILDA
 
 ROMILDA
 Ottaro a me sì mesto?
 OTTARO
                                           Ah! Se i miei casi...
 ROMILDA
 In disparte gl’intesi e da Sirita;
1010e tu disperi a torto. Amor sorprende
 spesso in sembiante di pietade e stima.
 OTTARO
 Crudeltà non si pasce
 di sole stragi. Paventò Sirita
 mia morte e l’impedì, non perché male
1015ma perché a’ mali era riposo e fine.
 ROMILDA
 O per tuo duol troppo ingegnoso! Almeno
 tenta l’ultima sorte.
 OTTARO
 Con quel rigido petto
 non giovò fede e gioverà dispetto?
 ROMILDA
1020Così un veleno è medicina a l’altro.
 OTTARO
 Amor nasce da amor. Da sdegni e torti
 che sperar posso altro che sprezzi ed ire?
 ROMILDA
 È naturale instinto
 non curar di quel ben, che si possiede,
1025e seguir quel che fugge.
 Se a superba beltà doni il tuo core,
 par vile il don; se lo ripigli, alora
 la perdita e ’l rancore
 fan conoscerne il prezzo
1030e svegliarne la brama.
 OTTARO
 (Cieli!) Ma che far deggio?
 ROMILDA
 Finger di non più amar la tua tiranna,
 di aver volti gli affetti
 ad Alinda, che t’ama, e sparger voce
1035di vicini imenei.
 OTTARO
                                  (Duro cimento!)
 Alinda ingannerò? De l’infelice
 farò al grado e a l’amor sì nero oltraggio?
 ROMILDA
 No, ma presti a la trama anch’ella il voto.
 Tue nozze a lei prometti,
1040purché Sirita non disciolga il laccio
 su l’aggrupparsi e te in suo sposo accetti.
 OTTARO
 E con periglio di restar delusa
 vorrà assentirvi Alinda?
 ROMILDA
 Facile è lusingar chi già dispera.
 OTTARO
1045Ma se Sirita non si scuote a l’onta,
 vuole onor, vuol dover ch’io sia di Alinda;
 e alor, Romilda... ah! ch’io sarei di morte.
 ROMILDA
 Soverchio antiveder non fa l’uom saggio
 ma irresoluto. A te sen viene Alinda.
1050In disparte mi traggo. Ardisci e spera.
 
    Credi a me. Beltà fiera e ritrosa,
 che nega seguita,
 fuggita poi prega.
 
    Tal pianta orgogliosa,
1055non per soffio di zeffiro grato
 ma per impeto d’euro sdegnato,
 si scuote e si piega.
 
 SCENA III
 
 OTTARO e ALINDA
 
 OTTARO
 Gentil vezzosa Alinda, il passo muovi
 in profondo pensiero,
1060non so se grato o se noioso, immersa,
 talché incerto son io se scossa i’ t’abbia
 da affanno o da piacer.
 ALINDA
                                            Qual chi presente
 sogna amabile oggetto e, gli occhi aprendo,
 conosce che de l’alma
1065fu presagio, non sogno, il ben che vede,
 tal fissa e assorta anch’io
 nel lontano idol mio, desta a tue voci,
 col guardo incontro de l’idea l’oggetto;
 e l’alma, che poc’anzi
1070tutta si raccogliea nel suo pensiero,
 esce or sugli occhi e passa
 da l’idol finto a vagheggiare il vero.
 OTTARO
 Né questo è ’l primo giorno,
 che ti conosco amante,
1075né ’l primo, in cui mi accendi
 desio d’esserti grato. Altro, e tu ’l sai,
 altro amor vi si oppose; e teco, Alinda,
 anch’io ne sospirai.
 ALINDA
 Chi può l’egro sanar, perché il compiange?
 OTTARO
1080Studia pietà i rimedi e poi gli arreca.
 ALINDA
 Vani spesso gli rende il troppo indugio
 e le vie di salute occupa il male.
 OTTARO
 Orsù, ti senti, Alinda, alma bastante
 a magnanimo sforzo?
1085Sforzo onde poi godranno i nostri affetti?
 ALINDA
 Ah! Che non oserei con tal mercede?
 OTTARO
 Per ingrata beltà sai quanto feci,
 quanto sostenni. È stanca
 in me costanza, non in lei fierezza.
1090Già ne dispero e penso
 come scior la catena e uscir di affanno.
 ALINDA
 Vuoi la via più spedita? Ama chi t’ama.
 OTTARO
 E lo bramo e ’l farò. Pria che la notte
 l’ombre sospinga a la metà del corso,
1095celebrerò mie nozze; e tu mia sposa
 sarai, se nol ricusi.
 ALINDA
 Ottaro... Io ricusarlo?... Io tua?... Tu mio?
 OTTARO
 Sì, lo ripeto ancor; sarai mia sposa,
 purché fra la tua destra e fra la mia
1100non si ponga Sirita e a te mi tolga.
 ALINDA
 Villanel, cui le spiche
 già piene e già mature
 grandine impetuosa abbatta e strugga,
 sì non rimane sbigottito e mesto,
1105quale al suon di tue voci il cor dolente
 che languir vede e inaridir sul fiore
 la sua dolce speranza.
 OTTARO
 Di che paventi?
 ALINDA
                                Di vergogna e scorno.
 OTTARO
 Sai la durezza di quel cor protervo?
 ALINDA
1110Ma di femmina è cor, fiero per uso,
 mobile per natura.
 OTTARO
 Alma sì altera e a tant’amor sì ingrata
 moveranno i disprezzi?
 ALINDA
 Ciò che non puote amor, fa gelosia.
 OTTARO
1115Può sentir gelosia chi amor non sente?
 Su, che più pensi irresoluta? Vince
 altri ostacoli amor. Mi vuoi tuo sposo?
 Chiusa a la tua speranza,
 fuor di questa è ogni via.
 ALINDA
                                                Né si trascuri.
1120Vanne e le pompe appresta.
 Forse sarò contenta; e quando ancora
 per me ruoti il destino avverso e rio,
 vedrò lieto il tuo amor, se non il mio.
 
    Languì sinora il cor,
1125certo di non goder.
 Forte nel suo dolor
 non ebbe altro piacer
 che di penar
 senza sperar.
 
1130   Il labbro non osò
 dirvi del sen trafitto
 pupille vaghe,
 le piaghe e sospirò.
 
    Ma debole sospiro
1135d’immenso aspro martiro
 fede non fa.
 Né mai svegliar pietà
 in te sperai, crudel,
 ch’io già sapea fedel
1140penare amante
 d’altra beltà.
 
    Così languendo, piangendo, tacendo
 vissi in amor,
 se dirsi vita
1145può di chi muor
 sempre al dolor.
 
    Or solo a me traluce
 di speme il bel seren,
 se ben di fosca luce
1150forse è balen.
 
    Ma per chi ognor languì,
 sempre ascoso a’ rai del dì,
 lume torbido e lontano
 bello anche appar.
1155Per me sperar
 dolce or sarà,
 che almeno nel mio seno
 di qualche bene
 amor godrà.
 
1160   Sì, spera, o cor.
 Sì, godi, o amor.
 
 SCENA IV
 
 OTTARO e ROMILDA
 
 ROMILDA
 Qual cominciasti, a condur l’opra a fine
 usa senno e fermezza. Ecco Sirita.
 OTTARO
 O dio!
 ROMILDA
               Stimola a sdegno il molle affetto;
1165fingi e ’l mio dir seconda.
 OTTARO
 
    Povero cor, tu palpiti,
 qual d’aura al sibilo
 tremula fronda. (Si ritirano in disparte)
 
 SCENA V
 
 SIRITA e li suddetti
 
 SIRITA
 
    Mille insidie mi tende amore
1170per rapirmi la libertà.
 
    Metta in uso frode e valore,
 nobil merto, gentil beltà.
 
    Ma accortezza di traditore
 perde scherma contra onestà.
 
 ROMILDA
1175Mostriam di non vederla. (Piano ad Ottaro)
 OTTARO
                                                  Ella ne osserva (Piano a Romilda)
 ne l’opposto cristallo.
 SIRITA
 Quella è Romilda; Ottaro è quegli. (A parte)
 OTTARO
                                                                 Oh, l’ombra (Piano a Romilda)
 di me stesso foss’io, ch’or non avrei
 del guardo, ch’io sospiro, invidia a lei.
 ROMILDA
1180Lascia di vaneggiar. (Piano ad Ottaro)
 SIRITA
                                        (Parlan fra loro). (A parte)
 ROMILDA
 No no, la tua costanza, (Alzando la voce)
 Ottaro, non si stanchi; e non sì tosto
 perda fede il suo merto.
 Non ama chi non soffre.
 OTTARO
                                              Ah! Che soffrendo
1185io già tanto fui vil, quant’ella ingiusta.
 ROMILDA
 Segui; ma con più d’ira anima i detti. (Piano ad Ottaro)
 OTTARO
 Il mio amor la fa iniqua,
 i benefizi ingrata; e quanto scorge
 più forte il suo dover, meno lo apprezza,
 SIRITA
1190(Si duol de’ miei rigori). (A parte)
 OTTARO
 Al mio dir non si scuote. (Piano a Romilda)
 ROMILDA
 Non ti smarrir. Ma languido e dimesso (Piano a Ottaro)
 parla in te sdegno, come parla amore.
 OTTARO
 (L’ira del labbro è una bugia del core). (Da sé)
 ROMILDA
1195Di che ti lagni? Al tuo valor diè lode
 e pietosa sospese...
 OTTARO
 Quale stima ha per me chi mi disprezza?
 Qual pietà chi mi uccide?
 Tolga il ciel ch’io più voglia
1200languir ne’ ceppi suoi. Fomenta i torti
 stupida sofferenza.
 Avrà fra poco la gentile Alinda,
 ch’arde per me di puro amor sincero,
 avrà, sì, le mie nozze. (Ah! Non fia vero).
 SIRITA
1205(Avrà sue nozze Alinda?) (Da sé)
 ROMILDA
                                                 Ah, principessa, (Volgendosi e fingendo di averla solo allora veduta)
 mira qual per te langue
 il più fedel...
 SIRITA
                          Taci. Valore e gloria
 desta quasi mi avean qualche speranza
 che potesse assai lunge
1210da la turba minore alzarsi a volo
 Ottaro, a te germano.
 Mi deluse apparenza. Anch’egli rade
 la bassa terra e sta di loto asperso.
 Vada, vada e di Alinda
1215le nozze affretti. In me non resta omai
 altro senso per lui che di disprezzo
 e mi punge rossore
 di dover la mia vita a un infedele.
 OTTARO
 Questo del tuo consiglio   (Piano a Romilda)
1220frutto acerbo raccolgo.
 ROMILDA
                                           O poco esperto! (Piano ad Ottaro)
 Leggi, leggi in quell’ira il suo dispetto.
 SIRITA
 (Alma, sii più tranquilla. (Da sé)
 Anche l’ira nel forte è debolezza
 e l’offesa non giunge a chi la sprezza).
 OTTARO
1225Tanto farò. (Piano a Romilda) (Reggi mie voci, amore). (A parte)
 Fu mio primo e sol voto (Accostandosi a Sirita)
 viver tuo, morir tuo, crudel Sirita.
 Quanto feci e soffersi, altro non abbia
 testimon che te stessa.
1230Questa è l’ultima volta... O dio, Romilda. (Piano a Romilda)
 L’ultima, sì, che ti favello. Io porto
 non un amore infido
 ma un amor disperato a’ piè de l’ara,
 ove arderà la face
1235di funesto imeneo. (Mi ascolta e tace). (Piano a Romilda)
 ROMILDA
 Sì bell’ira sostieni. (Piano ad Ottaro)
 SIRITA
 Vanne ad Alinda. Addio. Lasciami in pace.
 OTTARO
 Spietata, addio puoi dirmi
 così tranquilla? Orsù, ti si compiaccia.
1240Parto e quella ti resti
 pace che a te conviene. E qual oggetto
 troverai che non sia
 un rimprovero a te di sconoscenza?
 Il padre? Io lo sostenni.
1245La reggia? Io la difesi. Il bosco? Anch’ivi
 e da morte e da insulto
 ti salvò con periglio il braccio mio.
 Mal perduta mia fede! A te di lei
 duri eterno rimorso.
1250A me di tua beltade
 resti perpetuo obblio.
 Per non più rivederti, ingrata, addio.
 È deluso il mio sdegno, (Piano a Romilda)
 disperato il mio amor. Mi ascolta e tace.
 SIRITA
1255Vanne ad Alinda. Addio. Lasciami in pace.
 ROMILDA
 Parti e del resto a me la cura affida. (Piano ad Ottaro)
 OTTARO
 
    Addio, ingrata. (Fiero a Sirita) Non risponde. (A Romilda)
 Sì, ti lascio. (A Sirita) Non mi arresta. (A Romilda)
 Sì, per sempre ti abbandono. (A Sirita)
1260E non trovo ancor pietà. (A Romilda)
 
    Sarò d’altra. In pace resta, (Fiero a Sirita)
 se un’ingrata aver può pace.
 Fingo sdegno e l’empia tace (Piano a Romilda)
 ed amor languendo sta. (Da sé)
 
 SCENA VI
 
 SIRITA e ROMILDA
 
 ROMILDA
1265Anche serpe tra’ fiori,
 anche assenzio in cristallo e sta nascosta
 anche in placido aspetto ira e amarezza.
 SIRITA
 Fa’ ch’io t’intenda.
 ROMILDA
                                     Vincitor non mira
 torsi la preda né beltà un amante
1270senza rancor.
 SIRITA
                           Romilda,
 mal mi conosci. In me non arde amore
 né agghiaccia gelosia.
 Di ben, che non mi aspetta,
 perdita non mi accora,
1275acquisto non mi alletta.
 Nol desio, non l’invidio e non lo spero;
 e a l’alma indifferente
 averlo e non averlo è ugual pensiero.
 ROMILDA
 Fingi così ma in te ti rodi e struggi.
 SIRITA
1280Fa’ qual prova più vuoi di mia costanza.
 ROMILDA
 Lieta oltre l’uso e adorna
 potrai tu stessa de la coppia eletta
 onorar gli sponsali?
 SIRITA
 (Qual richiesta?)
 ROMILDA
                                  Ammutisci?
1285A l’alma indifferente
 mirarli e non mirarli è uguale oggetto.
 SIRITA
 Sì, lo potrò.
 ROMILDA
                        Ma d’astio piena e d’ira.
 SIRITA
 L’ilarità del cor vedrai nel volto.
 ROMILDA
 A noi mentir gli affetti è agevol cosa.
 SIRITA
1290E tu norma prescrivi a mia virtude.
 ROMILDA
 Fra la garrula turba io non ti voglio
 spettatrice oziosa.
 SIRITA
                                    A qual mi eleggi
 ministero non vile?
 ROMILDA
 Giusta il danico rito,
1295ne’ più illustri imenei vergine eccelsa
 suol sostener sacra facella.
 SIRITA
                                                  E questa
 sfavillerà su la mia destra.
 ROMILDA
                                                  Intendo.
 Farai ch’ella di mano alor ti cada,
 onde i lieti imenei turbi il sinistro
1300presagio e li ritardi.
 SIRITA
 Pria da la viva fiamma
 arder mi lascerei la destra invitta.
 ROMILDA
 Al cimento.
 SIRITA
                        Al cimento.
 ROMILDA
 Troppo, amica, ti ostini in tuo tormento.
 
1305   È debolezza,
 è frenesia
 finger fermezza
 per albagia
 e farsi misero
1310per parer forte.
 
    Duol poi succede,
 quando non giova.
 Pietà non trova
 chi cerca morte.
 
 SCENA VII
 
 SIRITA
 
 SIRITA
1315Il simulare indifferenza e pace,
 quando guerra e tumulto agita l’alma,
 qual affanno! Qual morte!
 Sposa d’Ottaro Alinda? Andrà superba
 una perfida amica
1320di un a me tolto non amato amante?
 Che non corro a stracciarle
 sul crine i fiori? A rovesciar su l’ara
 l’infausta pompa? Ad ammorzar la face?
 E minacciosa a vendicar l’oltraggio?
1325O dio! Sarà vendetta e parrà amore
 lo stimolo de l’ira.
 Favola de le genti
 diverranno i miei sdegni;
 e si dirà che non di Alinda il torto
1330ma di Ottaro l’amor mi duole e preme;
 e forse forse avran ragion di dirlo.
 Ma nol diranno. Al guardo
 manterrò ritrosia, fermezza al core;
 né in sostener la face
1335vacillerà la destra. Andiam, Sirita.
 Salvisi la tua gloria e a lei si doni
 e vendetta e riposo e amante e vita.
 
    Sveglio a virtù l’affetto;
 ma sento nel mio petto
1340un misto di sospetto e di dolor.
 
    Non so se sdegno sia,
 se amor, se gelosia;
 ma temo che così
 peni, quand’ama, un cor;
1345e perché non l’intendo, il credo amor.
 
 Luogo magnifico per nozze, illuminato di notte.
 
 SCENA VIII
 
 SIVALDO e OTTARO
 
 SIVALDO
 Oh! Se omai de la figlia
 teco il soave nodo,
 pronubo al mio, qui a celebrar si avesse,
 me due volte beato e padre e amante!
 OTTARO
1350Questo è l’ultimo campo
 del misero amor mio.
 
 SCENA IX
 
 ROMILDA e li sudetti
 
 ROMILDA
 Lascia i lamenti. Il popolo giulivo
 te con Alinda attende.
 SIVALDO
 De la figlia che arrechi!
 ROMILDA
1355Qui sosterrà ministra
 la face nuzial. Tu fa’ che ad arte (Ad Ottaro)
 l’imeneo si ritardi,
 finché quella in sua man fiaccola ardente
 vedi presso a mancar.
 OTTARO
                                           Da questo indugio
1360qual ben per me ne speri?
 ROMILDA
 In sentirsi l’altera arder la destra,
 o gitterà la face...
 SIVALDO
 Sinistro augurio per l’infauste nozze.
 ROMILDA
 O spinta dal dolor, volgerà intorno
1365l’occhio languente ad implorarne aita.
 SIVALDO
 E a te facile fia rapirne un guardo.
 OTTARO
 Piaccia al ciel che mi giovi. Io spero e temo. (Parte)
 
 SCENA X
 
 SIVALDO e ROMILDA
 
 SIVALDO
 Ottaro molto deve a tua pietade.
 ROMILDA
 Servo insieme al suo amore e al tuo riposo.
 SIVALDO
1370Mi riguarda Romilda
 come re, come padre o come amante?
 ROMILDA
 Eh! Sire, amor non turba
 l’alme sovrane; ed i gravosi e molti
 fastidi del comando
1375spazio non danno di abbassar la mente
 ad un tenero affetto
 che d’ozio si nutrisce e di diletto.
 SIVALDO
 Anche fra gli ostri e gli ori amor passeggia
 né cor di re fan da’ suoi strali esente
1380le porpore e i custodi.
 D’esser uomo non lascia
 per esser re. Il nascere e ’l morire
 ha egualmente con tutti.
 Il servire agli affetti
1385gli è comune coi vili, il moderarli
 coi forti, il non sentirli con nessuno.
 ROMILDA
 Aman dunque anche i re?
 SIVALDO
                                                  Puoi dubitarne?
 Né Sivaldo arrossisce in dirsi amante.
 Ama qual deve; e fa che su la fronte
1390amore e maestà siedan concordi.
 ROMILDA
 Regio sarà l’oggetto.
 SIVALDO
                                       Ove la bella
 non potria da sé stessa, io la sollevo;
 e amor corregge di fortuna i torti.
 ROMILDA
 Beltà felice!
 SIVALDO
                         Ogni altra
1395a lei, fuorché Romilda, invidia porti.
 
    Voi sapete, occhi vezzosi,
 che non amo altri che voi.
 
    I suoi dardi a’ vostri sguardi
 temprò amore; e che fe’ poi?
1400Me bersaglio a’ colpi suoi.
 
 SCENA XI
 
 ROMILDA, coro di popoli festeggianti, OTTARO, poi SIRITA nobilmente vestita, seguita da’ paggi di Ottaro, uno de’ quali sostiene una fiaccola accesa
 
 ROMILDA
 Sul labbro di un regnante,
 che dolce incanto è amore!
 Ma de la lieta turba odo i concenti.
 CORO
 
    Santo Imeneo,
1405nume fecondo,
 piacer de l’alme,
 alma del mondo,
 a noi discendi.
 
 DUE DEL CORO
 
    A noi discendi,
1410fratel di Amore,
 e del giocondo
 tuo puro ardore
 due cori accendi.
 
 CORO
 
    Santo Imeneo,
1415nume fecondo,
 piacer de l’alme,
 alma del mondo,
 a noi discendi.
 
 SIRITA
 Eccomi a te, Romilda,
1420placida, lieta e d’oro adorna e d’ostro.
 Ecco l’ardente face. Ecco l’afferro (Prendendola dalle mani di un paggio)
 intrepida e la tratto.
 ROMILDA
                                        Io t’ho pietade.
 SIRITA
 Di’ che la mia fermezza a te dà pena.
 ROMILDA
 Non far che di sua frode Alinda esulti.
 SIRITA
1425Sua frode non mi nuoce e non mi irrita.
 ROMILDA
 Tardo pentirsi non ripara il danno.
 SIRITA
 Quando io chiegga pietà, tu a me le niega.
 ROMILDA, OTTARO
 Ecco Alinda. Ecco Alinda.
 SIRITA
 La sposa avventurata.
 ROMILDA
1430(Comincio a paventar).
 OTTARO
 (Ritorno a disperar).
 A DUE
                                         (Troppo è ostinata).
 
 SCENA XII
 
 ALINDA, IROLDO e li suddetti
 
 IROLDO
 Vien più lieta a incontrar la tua fortuna (Piano ad Alinda)
 che l’estinte speranze in me ravviva.
 ALINDA
 Si trovano i naufragi anche nel porto. (Piano ad Iroldo)
1435Mira il mio scoglio. (Mostrandogli Sirita)
 SIRITA
                                       Alinda,
 hai rossor, me ne avveggo,
 d’esserti meco infinta
 di amor nemica. Io ti credea più forte;
 ma perdono al tuo inganno
1440e ministra qui vengo a’ tuoi sponsali.
 ALINDA
 Di marital legame
 non è amor che m’invogli.
 Per liberarti da importuno amante
 feci forza a me stessa.
 SIRITA
1445Piacemi tua pietà. Ma che si tarda?
 Sta sul finir la face. Al nodo, al nodo. (A Romilda)
 ROMILDA
 A le danze, a le danze. Ai canti, ai canti. (Escono altri popoli festeggianti, in abito di varie nazioni)
 CORO
 
    Non si stenda a un popol solo
 il piacer che l’alme inonda.
 
1450   Gloria e amor da polo a polo
 e lo porti e lo diffonda.
 
 DUE DEL CORO
 
    In applauso a sì bel nodo
 stuolo vien dal Tebro invitto.
 
 DUE ALGRI
 
    Asia dice: «Anch’io ne godo»;
1455«Ed anch’io» l’adusto Egitto.
 
 SIRITA
 Poco resta a la fiamma (A Romilda)
 e di ardore e di vita. Al nodo, al nodo.
 ROMILDA
 A le danze, a le danze. Ai canti, ai canti. (Accompagnando il ballo)
 CORO
 
    Coppia diletta e fida,
1460a voi propizio arrida
 dolce imeneo,
 soave amor.
 
 IROLDO e ROMILDA
 
    Né stanchi i vostri cori
 né turbi i vostri ardori
1465lungo piacere,
 freddo timor.
 
 CORO
 
    Fiamma sì bella e chiara
 sempre vi sia più cara
 né la consumi
1470tempo o rancor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Serva a costante affetto
 di mantice il diletto
 e sia più fido
 contento cor.
 
 CORO
 
1475   Coppia diletta e fida,
 a voi propizio arrida
 dolce imeneo,
 soave amor.
 
 SIRITA
 Già su l’estreme dita
1480la facella divampa. E ancor si tarda?
 Dolor non mi permette il sostenerla,
 non costanza il lasciarla.
 Ah! Romilda, Romilda!
 OTTARO
                                             In suo soccorso (Piano a Romilda)
 vado...
 ROMILDA
                Fermati e attendi. (Piano ad Ottaro)
 SIRITA
                                                   Arde la destra,
1485se non getto la face;
 e se la getto, ogni mia gloria è spenta.
 Romilda... Amiche... Ah! S’io non mi ho pietade,
 altrui la chieggo invano. (Sta alquanto pensosa)
 Purché splenda mia gloria, arda la mano.
 ROMILDA
1490(O protervia!)
 IROLDO
                             (O costanza!)
 OTTARO
                                                        (Io con lei peno).
 ALINDA
 (Palpita l’alma in seno).
 SIRITA
 E in sì grave mio affanno
 Ottaro non mi aita?
 Ottaro già in amarmi a me sì fido?
1495Ah! Ch’egli fiso pende
 dal sembiante di Alinda e non mi osserva.
 Più a l’ardor non resisto
 e meno a gelosia. (Alzando gli occhi s’incontra in quelli di Ottaro che mai non la lasciava di vista e, appressandosele velocemente, le getta di mano la facella)
 OTTARO
 A me giunse quel guardo e tu sei mia. (Sirita abbassa gli occhi e sta alquanto pensosa)
 ALINDA, IROLDO
1500(Guardo per me funesto!)
 ROMILDA
                                                  Ottaro, hai vinto.
 SIRITA
 Hai vinto, sì, son tua. Pria del mio sguardo
 a te corse il mio core,
 dovuto a la tua fede e al tuo valore.
 Non le nozze di Alinda e de la destra
1505l’ardor non ti rinfaccio. Io ben conobbi
 l’arti d’industre amor; ma ceder tosto
 non era gloria mia. Penai con lode
 e insieme vendicai frode con frode. (Verso Alinda)
 OTTARO
 Cari soavi accenti!
 ALINDA
                                     (Oh! La rubella,
1510la nemica di amor come favella!)
 OTTARO
 
    Sei pur mia, tanto più cara...
 
 SIRITA
 
 Sì, son tua, tanto più caro...
 
 A DUE
 
 Quanto più penai per te.
 
    Non mi unisce a te consorte
1515altrui legge o cieca sorte
 ma virtude, amore e fé.
 
 SCENA ULTIMA
 
 SIVALDO e li suddetti
 
 SIVALDO
 Se minor de la brama
 non è ’l piacer, quando un gran ben si ottiene,
 da quel desio, che sì mi accese, o figlia,
1520di vederti congiunta a illustre sposo,
 pensar puoi la mia gioia;
 e tanto ella è più grande,
 quanto quel ti scegliesti
 splendor del regno nostro, eccelso eroe.
1525Coppia illustre di amor, vi abbraccio e stringo.
 E tu, cui tanta deggio
 felicità, o Romilda,
 tal ne attendi mercede
 qual può darti un re amante. Hai la mia fede.
 CORO
 
1530   Degni sposi, illustri amanti,
 chi mai fia che onori e canti
 vostri pregi e vostri amori?
 
    Gloria e fama il più ne tace;
 troppo a noi parria mendace
1535tutti in dire i vostri onori.
 
 Fine del dramma
 
 LICENZA
 
 Qual dal Baltico algente
 me su l’Istro richiama
 di più illustre imeneo tromba festiva?
 Due gran nomi immortali
1540suonano a l’alta intorno augusta reggia.
 Terra e cielo n’eccheggia
 e di luce miglior si veste il giorno.
 O de l’austriaco sangue,
 che è di lode e valor fonte perenne,
1545glorioso germoglio,
 o tu di augusti figlia e tu nipote,
 di beltà, di virtude anima adorna,
 tal sei che, senza ancora
 il favor di fortuna, in cui nascesti,
1550del tuo sposo real degna saresti.
 Ma a te, del gran monarca,
 cui diè un regno natura, uno virtude,
 eccelsa unica prole,
 che dir potrò? Sposo a lei vieni. Questo
1555il sommo di que’ fregi e di que’ beni,
 che a tua sorte e grandezza il ciel concesse,
 saria; ma per tua gloria
 ve n’ha ancora un maggior; cesar ti elesse;
 cesare, in cui la mente è assai più vasta
1560de l’impero che regge,
 te elesse a tanto onor, te stimò degno
 cui confidasse un tanto
 del suo amor nobil pegno. Or di sua scelta
 vanne altero e giocondo;
1565ciò che cesare elegge, approva il mondo.
 
    Ciel, terra, aria ed onda
 non altro risponda
 che al vostro bel nodo
 amor, gioia e pace.
 
1570   Godete. Regnate.
 Felici in voi siate
 e in figli e in nipoti;
 né penino i voti
 di un zelo verace.
 
 CORO
 
1575   Degni sposi, illustri amanti,
 chi mai fia che onori e canti
 vostri pregi e vostri amori?
 
    Gloria e fama il più ne tace.
 Troppo a noi parria mendace
1580tutti in dire i vostri onori.
 
 Segue il ballo di varie nazioni festeggianti, eccetera.