Alessandro Severo, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO TERZO
 
 Terme imperiali.
 
 SCENA PRIMA
 
 GIULIA, ALESSANDRO e SALLUSTIA
 
 GIULIA
 Con quest’alma ostinata,
950sono preghi e minacce arme impotenti.
 ALESSANDRO
 A me lascia il pensiero
 di combatter quel core.
 SALLUSTIA
 Augusta, ah, non partir.
 ALESSANDRO
                                              Teme il mio amore. (Piano a Giulia)
 SALLUSTIA
 O fa’ ch’io pur ti segua,
955indivisa compagna al regio fianco.
 GIULIA
 Qual novella pietà!
 ALESSANDRO
                                     Dilla timore. (A Giulia)
 Meco sola rimanga.
 GIULIA
 E seco allor favellerai di amore. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
 A lei parlerà il figlio e non lo sposo.
 GIULIA
960(Mio sospetto geloso,
 cedi a terror più forte).
 Della proterva donna
 questo diasi al silenzio ultimo assalto
 dall’amor tuo; ma se non cede a questo,
965tema tutto dall’ire
 di un’augusta oltraggiata.
 Non la difenderà l’amor del figlio;
 né il più fier de’ suoi mali
 troverà nel ripudio e nell’esiglio.
 
970   So che dono al vostro affetto
 un momento di diletto
 col lasciarvi in libertà.
 
    Ma più fier sarà il mio sdegno,
 se quel cor tornerà indegno
975e di grazia e di pietà.
 
 SCENA II
 
 ALESSANDRO e SALLUSTIA
 
 ALESSANDRO
 Sallustia.
 SALLUSTIA
                    Ah, mio Alessandro,
 forz’è ch’io segua augusta e ch’io ti lasci.
 ALESSANDRO
 Con un solo tuo accento
 puoi me far lieto e te felice; e il neghi?
 SALLUSTIA
980Di te indegna sarei, se ti ubbidissi.
 ALESSANDRO
 Sì poco ami Alessandro?
 SALLUSTIA
 L’amo più di me stessa;
 ma più del mio dover non posso amarlo.
 ALESSANDRO
 Val sì poco il mio trono?
 SALLUSTIA
985Con disonor nol curo.
 ALESSANDRO
 Sì poco il letto mio?
 SALLUSTIA
                                       Fin nel tuo seno
 ne avrei pena e rimorso.
 ALESSANDRO
 Tanto ti è caro il traditor che taci?
 SALLUSTIA
 Dissi quanto dovea. Lascia ch’io parta.
 ALESSANDRO
990Se per lui temi, agli alti numi ’l giuro,
 sua difesa sarò, sarò suo scudo.
 SALLUSTIA
 (Tutto lo tradiria, s’io lo tradissi).
 ALESSANDRO
 Prega Alessandro e ancor Sallustia tace?
 SALLUSTIA
 Tacer deggio e penar. Soffrilo in pace.
 ALESSANDRO
995Deh, senti, o cara...
 SALLUSTIA
                                      Ah! Sì infelice io sono
 che il più dolce mio voto è mia sventura.
 L’esser teco è mia pena
 e può farsi tua colpa; o vanne o parto.
 ALESSANDRO
 Crudel! Se mi sei tolta e s’io ti perdo,
1000non accusar la madre. O dio! Tu sei
 cagion de’ mali tuoi, cagion de’ miei.
 
    Da te tu mi dividi;
 ti perdo e tu mi uccidi;
 crudel! Tu vuoi così; ma non t’intendo.
 
1005   Tu vibri nel mio cor
 il dardo feritor;
 e ne mostri pietà né la comprendo.
 
 SCENA III
 
 SALLUSTIA e ALBINA
 
 SALLUSTIA
 (Padre, quanto mi costi!) Ah, cara Albina.
 È favore del ciel ch’io qui t’incontri.
 ALBINA
1010Oltre l’uso i bei lumi
 foschi veggio...
 SALLUSTIA
                              Se m’ami,
 porgimi un ferro.
 ALBINA
                                   Un ferro!
 Neghisi al tuo dolor.
 SALLUSTIA
                                        No. A mia difesa
 tel chiedo e tosto il porgi.
 ALBINA
1015Ah, non far che a dolermi
 abbia di mia pietà.
 SALLUSTIA
                                      Scaccia ogni tema.
 Dolente sì, non disperata il chiedo.
 Non mel ritardi più la tua amistade.
 ALBINA
 Prendilo. O ciel, che fia! (Le dà uno stilo)
 SALLUSTIA
1020Con più pace ti lascio, o dolce amica.
 
    Langue al cocente raggio
 la pallida viola;
 ma stilla rugiadosa
 spiegar le fa più vaghi
1025i suoi colori.
 
    Di fronte al fiero oltraggio
 langue anche l’alma mia;
 ma un raggio di speranza
 conforta e racconsola
1030i miei languori.
 
 SCENA IV
 
 CLAUDIO e ALBINA
 
 CLAUDIO
 Ben sollecita fosti. Eccomi, Albina.
 ALBINA
 Hai teco l’ire tue?
 CLAUDIO
                                    Vaghe di sangue,
 avide di vendetta.
 ALBINA
 Qui ’l traditore alla sua pena io trassi.
 CLAUDIO
1035Altri che te non veggio. Ov’è l’iniquo? (Dà di mano alla spada)
 ALBINA
 Tremerai nel vederlo.
 CLAUDIO
                                          Abbia anche ceffo
 di Medusa e di furia, io nol pavento.
 Non vi sarà per lui scampo o perdono.
 Ov’è?
 ALBINA
               L’hai già presente; e quello io sono.
 CLAUDIO
1040Tu quello sei?
 ALBINA
                             Spietato, in questo seno
 cerchi, se il può, quel ferro il grande arcano
 dell’atroce congiura.
 Che fai? Queste di Giulia
 non son le stanze. Ivi ti attende il duce,
1045ivi i custodi tuoi. L’ora è vicina.
 Premono l’ombre. Claudio,
 che tardi più? Giulia dal tosco illesa
 or or per te cadrà vittima al ferro.
 CLAUDIO
 (Tutto sa; tutto intese).
 ALBINA
1050Dimmi, sleal. Da te tradita e offesa
 vendicarmi potea? Trar la tua colpa
 al tribunal della feroce augusta
 poteano l’ire mie? Tacqui, o infedele,
 non per pietà di te che non la merti;
1055tacqui sol per vederti
 dall’amor mio punito e dal tuo fallo,
 spergiuro amante e perfido vassallo.
 CLAUDIO
 (Qual tumulto di affetti
 mi si desta nel cor!)
 ALBINA
                                       Mirarti estinto
1060sotto un’infame scure
 non era gloria mia, non mio riposo.
 A questo ferro, a questo (Snuda la spada)
 la tua morte serbai.
 Offeso amor la chiede e fé negletta.
1065Difenditi, se puoi. Voglio vendetta.
 CLAUDIO
 Vendichi pure Albina i torti suoi.
 La vita mi serbasti;
 ripigliala, se vuoi.
 ALBINA
 Nulla mi devi. Io te ne assolvo. Stringi,
1070su stringi ’l ferro; o il petto
 piagherò benché inerme.
 CLAUDIO
 Ferisci, io nol difendo;
 e a chi vita mi diè, morte non rendo.
 ALBINA
 È questo il tuo valor? Tal la tua gloria?
 CLAUDIO
1075Prima della tua mano
 mi dà morte il dolor di averti offesa.
 ALBINA
 Ah, parlassi da vero, ingrato core.
 Ma non merta più fede un traditore.
 CLAUDIO
 O bella, e il dirò ancora, o cara Albina,
1080viver non seppi tuo; tuo saprò almeno
 morir; piaga; trafiggi; eccoti ’l seno.
 ALBINA
 Pena, che basta, è il tuo dolor. Sol questa,
 questa era la vendetta
 ch’io volea dal tuo core,
1085la morte no, ma pentimento e amore.
 CLAUDIO
 Rendimi l’amor tuo dopo il perdono.
 ALBINA
 L’amor? Risolverò. L’alma sì tosto
 i suoi sdegni non cede.
 Voglio prova maggior della tua fede.
 
1090   Voglio dal tuo dolore
 prove di forte amore
 e poi risolverò.
 
    A novo tradimento
 fa invito e dà fomento
1095chi facile dà fede
 a un cor che l’ingannò.
 
 SCENA V
 
 CLAUDIO
 
 CLAUDIO
 Qual amor, qual costanza e qual beltade
 tradiste, affetti miei! Rinascer sento
 più forte il foco estinto. Ah, per mia pace
1100andiam. Plachisi Albina.
 Facil sarà. Due sole
 lagrime da me chiede; e vinta è l’ira.
 La prima nel suo core
 svegliò pietà; sveglierà l’altra amore.
 
1105   Ira in cor di donna amante
 è qual nembo in tempo estivo;
 assai freme e dura poco.
 
    A una lagrima, a un sospiro
 si dilegua in un istante,
1110nebbia al sole e cera al foco.
 
 Camera con letto.
 
 SCENA VI
 
 GIULIA
 
 GIULIA
 
    Quanto invidio a’ tuoi riposi,
 in angusta e nuda cella,
 fortunata pastorella!
 
 Che giova a me di armati
1115custodita mirar la regal soglia,
 se vi entrano a turbarmi ombre e terrori?
 Un incognito affanno,
 una smania segreta
 mi straccia e mi divora.
1120Parmi veder d’intorno e tosco e ferro.
 Trovo chiuso ogni scampo.
 Mi adiro. Mi contristo.
 Pavento. Mi fo cor. M’agito. Fremo;
 e in un sol traditor mille ne temo.
1125Piume, voi foste almeno... Ecco Sallustia.
 Fingerò le pupille (Siede sul letto)
 da grave sonno oppresse; e forse l’alma
 da un bugiardo riposo avrà la calma. (Finge dormire)
 
 SCENA VII
 
 SALLUSTIA e GIULIA
 
 SALLUSTIA
 Sollecita qui trassi ’l piè tremante;
1130né tarda giungo. O numi,
 consolaste i miei voti!
 Augusta... In cheto sonno
 tien chiusi i lumi e dorme. Ah, come puoi,
 regal donna del Tebro,
1135pace goder col tradimento al fianco?
 Mille spade a momenti... O padre, o padre,
 a una misera figlia
 perché sacrificar sì nobil vita?
 GIULIA
 Il padre. Ah, scellerata! (Levandosi con impeto)
 SALLUSTIA
1140(Oimè! Labbro infedel tu mi hai tradita).
 GIULIA
 Più non giova tacer. Sei rea col padre.
 Tacerlo era tuo voto e tua vendetta.
 Ma pria che l’empio vibri
 la sacrilega spada,
1145sia trafitta la figlia e al piè mi cada.
 SALLUSTIA
 Io rea col padre? Augusta...
 GIULIA
 Olà, servi, custodi...
 SALLUSTIA
 Dal tosco io ti difesi.
 GIULIA
 Sì, per farmi perir con più fierezza;
1150ma con quel tosco ancora...
 VOCI DI DENTRO
 
    Mora Giulia, mora, mora.
 
 SCENA VIII
 
 MARZIANO con seguito e le suddette
 
 GIULIA
 Oimè, quai voci!
 MARZIANO
                                  A tutti
 ed a cesare istesso (Su la porta con la spada in mano)
 si divieti l’ingresso.
 GIULIA
1155Chiuso è ogni scampo. Ah, perfida, trionfa.
 MARZIANO
 Augusta, il tempo è questo
 di vendetta e di morte. E che? Pensavi
 che stupido io potessi
 i miei torti soffrir? Tale è il mio sangue
1160che, se all’onor del trono
 tu l’innalzasti, ei n’era degno e appena
 n’era un grado lontano. Or che l’ascese,
 non è più in tuo poter far che ne cada
 senza gravi rovine.
1165Cinta una volta la real corona,
 rende sacra la fronte ov’ella splende.
 Era augusta la figlia
 al par di te, da che ne ottenne il fregio;
 augusta l’onorò Roma, il Senato
1170e cesare e tu stessa.
 Pari a te in grado, a te anche pari in sorte,
 ella esiglio e ripudio e tu avrai morte.
 GIULIA
 Venga questa e m’incontri,
 più di quello che pensi, ardita e forte.
1175La temei, non lo nego,
 pria di vederla. Or che la miro in volto
 a iniquo genitor d’indegna figlia,
 ella in me non risveglia altro dolore
 che quel di aver sì tardi
1180trovato e conosciuto il traditore.
 Ben fui cieca a cercarlo
 fuor del tuo sangue e fuor di te. La mia
 colpa è sol questa; e questa
 fa la mia pena ed arma il tuo delitto.
1185Compiscilo; ma sappi
 che una madre svenata
 chiamerà alle vendette un figlio augusto;
 e se col mio morir render tu pensi
 alla figlia lo sposo ed il comando,
1190orgoglio e fellonia mal ti consiglia.
 Per cesare qui giuro
 morte a te, morte a’ tuoi, morte alla figlia.
 MARZIANO
 Marziano, Sallustia e Roma e il mondo,
 tutto tutto perisca;
1195ma Giulia ci preceda, ombra non vile.
 Né più si tardi. Amici,
 a me l’onor del primo colpo.
 SALLUSTIA
                                                     Ah, padre,
 chi più offesa di me? Chi più oltraggiata?
 Stanca di tante ingiurie
1200è la mia sofferenza. Anche a me un ferro,
 perché teco compagna io venga all’opra.
 MARZIANO
 Figlia, abbastanza rea sei del mio sdegno.
 La salvasti dal tosco.
 SALLUSTIA
                                        E la salvai,
 per aver parte anch’io nella vendetta.
1205A me le offese mie punir si aspetta.
 GIULIA
 Tanto si dura a dar la morte a un solo?
 SALLUSTIA
 Padre, un acciar. Tel chiede
 l’ira insieme e l’amor.
 MARZIANO
                                           Prenditi il mio, (Dà la spada a Sallustia e ne prende un’altra di mano dalle guardie)
 o magnanima figlia. A me non manca
1210di che armar questo braccio. Altro ne impugno;
 su via, figlia, ti affretta.
 Il nostro sdegno è impaziente.
 SALLUSTIA
                                                         Aspetta.
 E tu or vedrai qual sia Sallustia. Quella (A Giulia)
 condannata al ripudio,
1215riservata all’esiglio,
 quella già imperatrice e poi vil serva,
 derisa, minacciata
 alla mensa, all’aspetto
 di Roma tutta, ora vedrai qual sia.
 GIULIA
1220Qual sempre fu, sempre nimica mia.
 MARZIANO
 Mori, o donna superba. Alcun non veggio
 riparo al tuo destin.
 SALLUSTIA
                                       Ben lo vegg’io;
 ed al seno di augusta è scudo il mio. (Si volta improvvisamente verso Marziano col ferro, in atto di voler difender Giulia)
 MARZIANO
 Figlia, che fai?
 SALLUSTIA
                              Difendo
1225ciò che virtù m’impone.
 MARZIANO
 Quel seno che difendi
 bolle d’odio per te.
 SALLUSTIA
                                     Ma quello è il seno
 che diè vita al mio sposo.
 MARZIANO
 Lo sposo ella ti toglie.
 SALLUSTIA
                                          Ella mel diede.
 MARZIANO
1230E con esso ti priva
 e di patria e d’impero.
 SALLUSTIA
 Mi faccia anche morir. Tutte le offese
 non uguagliano il prezzo
 del suo gran dono.
 GIULIA
                                    (Io son di sasso!)
 MARZIANO
                                                                     Eh, mora.
 SALLUSTIA
1235Le ferite e la morte
 passeranno al mio sen, prima che al suo.
 MARZIANO
 Son padre.
 SALLUSTIA
                       Nol conosco
 in chi di fellonia marche ha sul volto.
 MARZIANO
 Ingrata, or via, quel ferro
1240scaglia ancor nel mio petto.
 SALLUSTIA
 Quel di augusta difendo
 e non minaccio il tuo.
 MARZIANO
                                          Ma che? D’inciampo
 sarà fanciulla imbelle
 al mio braccio guerrier? Questo sol colpo
1245il mal fidato acciar mi gitti al piede. (Con un colpo gitta la spada di mano a Sallustia)
 E tu mori, o superba.
 SALLUSTIA
                                          Augusta, prendi
 e con la mia la vita tua difendi. (Si cava uno stilo dal seno e lo porge a Giulia)
 MARZIANO
 O dei!
 GIULIA
               Perfido, indietro.
 Odio di esser crudel; ma se costretta
1250vi sarò da quel cieco
 furor, che qui ti trasse,
 ti ucciderò sugli occhi
 la figlia e poi me stessa.
 MARZIANO
 Deh, ferma. In questo seno...
 GIULIA
1255Indietro, traditore, o qui la sveno.
 Ho in mano la vendetta e la difesa.
 MARZIANO
 Quella e questa or mi manca,
 che risolver non so. Fermarmi è rischio.
 Ritirarmi è viltade.
1260Augusta...
 GIULIA
                      Al primo passo
 tu più padre non sei. Già vedi ’l colpo.
 MARZIANO
 O voti mal perduti! O incauta figlia!
 Da te stessa tradita,
 togliesti a te ogni bene,
1265a me pace, vendetta, onore e vita.
 
    Non è degna di perdono
 sfortunata fellonia.
 
    Quell’ardir che offende il trono
 o ne scenda,
1270col trofeo di una gran colpa,
 o ne attenda
 pena infame e morte ria.
 
 SCENA IX
 
 GIULIA e SALLUSTIA
 
 GIULIA
 Dal venefico influsso
 pur liberò quest’aure.
 SALLUSTIA
1275Augusta, or che a’ miei voti arrise il cielo
 e che salva ti veggio, al mio destino
 il tuo voler dia leggi.
 Vuoi tu ch’esule io vada?
 Me le libiche avranno
1280nude foreste ed infocate arene.
 Vuoi che del mio tacer soffra il gastigo?
 Prescrivilo; io l’attendo.
 Vuoi di un misero padre
 punir la colpa? In queste vene, in queste
1285viscere ne ricerca il sangue, il core,
 il ministro e l’autore.
 Alza quel ferro ed egli,
 che strumento per te fu di salvezza,
 per me lo sia di pena.
 GIULIA
                                          (Il cor si spezza).
1290Non più, che alfin né il latte
 succhiai da tigre ircana
 né mi cingono il sen freddi macigni.
 Con questo acciar poc’anzi
 minacciai la tua vita;
1295ma in quell’atto crudel sentia che il ferro
 mi tremava sul braccio.
 Detestava l’iniqua
 necessità del colpo;
 mi faceva più orrore
1300la difesa che il rischio;
 e innamorata allor di tua virtute,
 a tal prezzo temea la mia salute.
 SALLUSTIA
 Magnanima pietade!
 GIULIA
 Vattene, or tu di morte
1305barbaro ordigno, a terra.
 E tu, vinte già l’ire,
 dissipati i timori, o mia diletta,
 vieni nelle mie braccia,
 vieni al sen, vieni al cor, vieni e m’abbraccia.
 SALLUSTIA
1310O ben sofferte pene
 che mi rendon quel cor...
 GIULIA
                                                Più non si parli
 di ripudio e di esiglio.
 Ai contenti, alle glorie, al trono, al figlio.
 Tutto tutto ti rendo.
 SALLUSTIA
                                       Oh me felice!
 GIULIA
1315Nella gran reggia accolto
 ti rivegga il Senato augusta e sposa.
 Là ti precorro; ed io,
 fabbra già de’ tuoi mali e de’ tuoi pianti,
 sarò tromba e foriera
1320di tue beneficenze e de’ tuoi vanti.
 
    Stringerai con più diletto
 mano a mano e petto a petto,
 rivedendo il caro sposo.
 
    Sospiraste, lagrimaste;
1325ma più caro dopo il pianto
 sarà il giubilo e il riposo. (Apre una porta segreta ed esce per quella)
 
 SCENA X
 
 SALLUSTIA
 
 SALLUSTIA
 Affetti miei, così non vi trasporti
 l’impeto della gioia
 che vi faccia obbliar quello di figlia;
1330se di un padre infelice e reo per voi
 non s’impetra il perdono,
 racquistar che mi giova e sposo e trono?
 Ma tutto vincerò, se Giulia ho vinta,
 che il sommo è de’ trionfi
1335in donna grande una grand’ira estinta.
 
    Afflitta rondinella
 un mar dovea varcar
 tutto in tempesta;
 
    ma la stagion più bella
1340per me rinverde ancora
 e qui mi arresta.
 
    Ristretta al caro nido,
 abbraccerò il mio fido;
 e sarà dolce allora
1345potergli rammentar
 l’onda funesta.
 
 Salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Precede gran sinfonia ed intanto scendono dalle scalinate superiori i soldati e popoli romani, dipoi ALESSANDRO con GIULIA, poi SALLUSTIA e MARZIANO, poi ALBINA e CLAUDIO
 
 ALESSANDRO
 Salva, o madre, ti abbraccio e appena il credo.
 GIULIA
 Ma se Giulia peria, dov’era il figlio?
 ALESSANDRO
 Spinto da amor, da sdegno, al primo avviso
1350corsi, volai. Che pro? Di armati e d’armi
 era chiuso ogni passo;
 e non mi valse autorità né prego.
 GIULIA
 E Claudio a te sì fido?
 ALESSANDRO
                                           Invan nel denso
 lo cercai de’ soldati e de’ custodi.
1355Anche in lui temo e tradimenti e frodi.
 GIULIA
 Così volle il destin, perché dell’opra
 tutto ne avesse il merto
 la virtù di Sallustia.
 ALESSANDRO
                                       O generosa!
 GIULIA
 Ecco la mia difesa e la tua sposa.
 SALLUSTIA
1360Mio cesare e signor...
 ALESSANDRO
                                         Che fai?
 SALLUSTIA
                                                           Prostrata
 starò al tuo piè, finché del padre ottenga
 al colpevole amor grazia e perdono.
 ALESSANDRO
 Il duce ov’è? La madre
 tu mi salvasti; io il genitor ti dono.
 SALLUSTIA
1365E augusta?
 GIULIA
                        Il mio potere
 tutto è per te dovere. È assai maggiore
 del suo fallo il tuo merto;
 e di un campion sì forte
 non si privi l’impero.
 MARZIANO
                                          Andrò nel campo,
1370miei benefici augusti,
 e per far che sia eguale
 alla vostra bontà la mia fortezza,
 rammentando la colpa,
 darò sprone alla fede
1375e sul Tigri sconfitto
 temeranno anche i Parti il mio delitto.
 SALLUSTIA
 Ora nulla più manca al mio riposo.
 ALESSANDRO
 Mia vita.
 SALLUSTIA
                    Anima mia.
 ALESSANDRO
                                            Mio ben.
 SALLUSTIA
                                                               Mio sposo.
 GIULIA
 Più non mi turba un sì innocente amore.
 ALBINA
1380Seguimi. Non temer. Sire, al tuo aspetto
 un colpevole io traggo, onde ne impetri
 grazia e non pena.
 ALESSANDRO
                                    E tu pur, Claudio, allora
 che in te fede più avea, tu più tradirmi?
 CLAUDIO
 Signor... (Che mai dirò?...)
 ALESSANDRO
                                                    Ma tu qual sei?
1385Giovane e a pro del soglio
 che oprasti, onde con tanta
 confidenza ed orgoglio
 favor pretendi?
 SALLUSTIA
                                Ah, sposo,
 se augusta è salva, il merto
1390tutto a costei si ascriva. In lei ti addito
 di Sulpizio la figlia. Ad altro tempo
 suoi casi udrai. Ti basti
 ora il saper ch’ella il veleno e il ferro
 mi scoprì amica e che in mercé ne chiede
1395del suo amante il perdono.
 ALESSANDRO
 Disponi a tuo piacer del suo destino.
 SALLUSTIA
 Claudio, sia pena tua l’amar Albina.
 CLAUDIO
 Pena più cara a me di ogni mercede.
 Se sposo mi gradisci, ecco la fede.
 ALBINA
1400Ma sia fido marito
 chi fu amante spergiuro.
 CLAUDIO
 Eterno amore al tuo bel volto io giuro.
 GIULIA
 Popoli, or qui raccolti
 dell’impero del figlio
1405con liete pompe a celebrar gli auspizi,
 non men di lui, della sua augusta sposa
 date lode alle glorie, applauso a’ fasti.
 Voi la vedeste invitta e voi vedeste
 ceder tutto ad un core,
1410ove con la virtù si unisca amore.
 TUTTI
 Tutto cede ad un core,
 ove con la virtù si unisca amore.
 
    Bell’amor
 che fai lega con virtù,
1415canti ogni alma il tuo poter.
 
    Della sorte
 tu disarmi anche il rigor;
 e lo cangi invitto e forte
 in tua gloria e in tuo piacer.
 
 Il fine dell’«Alessandro Severo»