Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Terme imperiali.
 
 GIULIA, ALESSANDRO, SALLUSTIA
 
 GIULIA
950Con quest’alma ostinata,
 sono prieghi e minacce arme impotenti.
 ALESSANDRO
 A me lascia il pensiero
 di combatter quel core.
 SALLUSTIA
 Augusta, ah! non partir.
 ALESSANDRO
                                              Teme il mio amore. (Piano a Giulia)
 SALLUSTIA
955O fa’ ch’io pur ti segua,
 indivisa compagna al regio fianco.
 GIULIA
 Qual novella pietà?
 ALESSANDRO
                                      Dilla timore. (A Giulia)
 Meco sola rimanga.
 GIULIA
 E seco alor favellerai d’amore. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
960A lei parlerà il figlio e non lo sposo.
 GIULIA
 (Mio sospetto geloso,
 cedi a terror più forte).
 De la proterva donna
 questo diasi al silenzio ultimo assalto
965da l’amor tuo; ma se non cede a questo,
 tema tutto da l’ire
 di un’augusta oltraggiata.
 Non la difenderà l’amor del figlio;
 né il più fier de’ suoi mali
970troverà nel ripudio e ne l’esiglio.
 
    So che dono al vostro affetto
 un momento di diletto
 col lasciarvi in libertà.
 
    Ma più fier sarà il mio sdegno
975se quel cor tornerà indegno
 e di grazia e di pietà.
 
 SCENA II
 
 ALESSANDRO, SALLUSTIA
 
 ALESSANDRO
 Sallustia.
 SALLUSTIA
                    Ah! Mio Alessandro,
 forz’è ch’io segua augusta e ch’io ti lasci.
 ALESSANDRO
 Con un solo tuo accento
980puoi me far lieto e te felice; e ’l nieghi?
 SALLUSTIA
 Di te indegna sarei, se ti ubbidissi.
 ALESSANDRO
 Sì poco ami Alessandro?
 SALLUSTIA
 L’amo più di me stessa;
 ma più del mio dover non posso amarlo.
 ALESSANDRO
985Val sì poco il mio trono?
 SALLUSTIA
 Con disonor nol curo.
 ALESSANDRO
 Sì poco il letto mio?
 SALLUSTIA
                                       Fin nel tuo seno
 ne avrei pena e rimorso.
 ALESSANDRO
 Tanto ti è caro il traditor che taci?
 SALLUSTIA
990Dissi quanto dovea. Lascia ch’io parta.
 ALESSANDRO
 Se per lui temi, agli alti numi il giuro,
 sua difesa sarò, sarò suo scudo.
 SALLUSTIA
 Tutto lo tradiria, s’io lo tradissi.
 ALESSANDRO
 Prega Alessandro e ancor Sallustia tace?
 SALLUSTIA
995Tacer deggio e penar. Soffrilo in pace.
 ALESSANDRO
 Deh! Senti, o cara...
 SALLUSTIA
                                       Ah! Sì infelice io sono
 che il più dolce mio voto è mia sventura.
 L’esser teco è mia pena
 e può farsi tua colpa; o vanne o parto.
 ALESSANDRO
1000Crudel! Se mi sei tolta e s’io ti perdo,
 non accusar la madre. O dio! Tu sei
 cagion de’ mali tuoi, cagion de’ miei.
 
    Da te tu mi dividi;
 ti perdo e tu mi uccidi;
1005crudel! Tu vuoi così; ma non t’intendo.
 
    Tu vibri nel mio cor
 il dardo feritor;
 e ne mostri pietà né la comprendo.
 
 SCENA III
 
 SALLUSTIA, ALBINA
 
 SALLUSTIA
 (Padre, quanto mi costi!) Ah! Cara Albina.
1010È favore del ciel ch’io qui t’incontri.
 ALBINA
 Oltre l’uso i bei lumi
 foschi veggio...
 SALLUSTIA
                              Se m’ami,
 porgimi un ferro.
 ALBINA
                                   Un ferro?
 Nieghisi al tuo dolor.
 SALLUSTIA
                                         No. A mia difesa
1015tel chiedo e tosto il porgi.
 ALBINA
 Ah! Non far che a dolermi
 abbia di mia pietà.
 SALLUSTIA
                                      Scaccia ogni tema.
 Dolente sì, non disperata il chiedo.
 Non mel ritardi più la tua amistade.
 ALBINA
1020Prendilo; o ciel, che fia! (Le dà uno stilo)
 SALLUSTIA
 Con più pace ti lascio, o dolce amica.
 
    Langue al cocente raggio
 la pallida viola;
 ma stilla rugiadosa
1025spiegar le fa più vaghi
 i suoi colori.
 
    Di fronte al fiero oltraggio
 langue anche l’alma mia;
 ma un raggio di speranza
1030conforta e racconsola
 i miei languori.
 
 SCENA IV
 
 ALBINA, CLAUDIO
 
 CLAUDIO
 Ben sollecita fosti. Eccomi, Albina.
 ALBINA
 Hai teco l’ire tue?
 CLAUDIO
                                    Vaghe di sangue,
 avide di vendetta.
 ALBINA
1035Qui il traditore a la sua pena io trassi.
 CLAUDIO
 Altri che te non veggio. Ov’è l’iniquo? (Dà di mano alla spada)
 ALBINA
 Tremerai nel vederlo.
 CLAUDIO
                                          Abbia anche ceffo
 di Medusa e di furia, io nol pavento.
 Non vi sarà per lui scampo o perdono.
1040Ov’è?
 ALBINA
               L’hai già presente e quello io sono.
 CLAUDIO
 Tu quello sei?
 ALBINA
                             Spietato, in questo seno
 cerchi, se ’l può, quel ferro il grande arcano
 de l’atroce congiura.
 Che fai? Queste di Giulia
1045non son le stanze. Ivi ti attende il duce,
 ivi i custodi tuoi. L’ora è vicina.
 Premono l’ombre. Claudio,
 che tardi più? Giulia dal tosco illesa
 or or per te cadrà vittima al ferro.
 CLAUDIO
1050(Tutto sa; tutto intese).
 ALBINA
 Dimmi sleal. Da te tradita e offesa
 vendicarmi potea? Trar la tua colpa
 al tribunal de la feroce augusta
 poteano l’ire mie? Tacqui, o infedele,
1055non per pietà di te che non la merti;
 tacqui sol per vederti
 da l’amor mio punito e dal tuo fallo,
 spergiuro amante e perfido vassallo.
 CLAUDIO
 (Qual tumulto d’affetti
1060mi si desta nel cor!)
 ALBINA
                                       Mirarti estinto
 sotto un’infame scure
 non era gloria mia, non mio riposo.
 A questo ferro, a questo (Snuda la spada)
 la tua morte serbai.
1065Offeso amor la chiede e fé negletta.
 Difenditi, se puoi. Voglio vendetta.
 CLAUDIO
 Vendichi pure Albina i torti suoi.
 La vita mi serbasti;
 ripigliala, se vuoi.
 ALBINA
1070Nulla mi devi. Io te ne assolvo. Stringi,
 su stringi il ferro; o il petto
 piagherò benché inerme.
 CLAUDIO
 Ferisci, io nol difendo;
 e a chi vita mi diè morte non rendo.
 ALBINA
1075È questo il tuo valor? Tal la tua gloria?
 CLAUDIO
 Prima de la tua mano
 mi dà morte il dolor di averti offesa.
 ALBINA
 Ah! Parlassi da vero, ingrato core.
 Ma non merta più fede un traditore.
 CLAUDIO
1080O bella, e ’l dirò ancora, o cara Albina,
 viver non seppi tuo; tuo saprò almeno
 morir; piaga; trafiggi; eccoti il seno.
 ALBINA
 Pena, che basta, è il tuo dolor. Sol questa,
 questa era la vendetta
1085ch’io volea dal tuo core,
 la morte no, ma pentimento e amore.
 CLAUDIO
 Rendimi l’amor tuo dopo il perdono.
 ALBINA
 L’amor? Risolverò. L’alma sì tosto
 i suoi sdegni non cede.
1090Voglio prova maggior de la tua fede.
 
    Voglio dal tuo dolore
 prove di forte amore
 e poi risolverò.
 
    A nuovo tradimento
1095fa invito e dà fomento
 chi facile dà fede
 a un cor che l’ingannò.
 
 SCENA V
 
 CLAUDIO
 
 CLAUDIO
 Qual amor, qual costanza e qual beltade
 tradiste, affetti miei! Rinascer sento
1100più forte il foco estinto. Ah! Per mia pace
 andiam. Plachisi Albina.
 Facil sarà. Due sole
 lagrime da me chiede; e vinta è l’ira.
 La prima nel suo core
1105svegliò pietà; sveglierà l’altra amore.
 
    Ira in cor di donna amante
 è qual nembo in tempo estivo;
 assai freme e dura poco.
 
    A una lagrima, a un sospiro
1110si dilegua in un istante,
 nebbia al sole e cera al foco.
 
 SCENA VI
 
 Camera con letto.
 
 GIULIA
 
 GIULIA
 
    Quanto invidio a’ tuoi riposi
 in angusta e nuda cella,
 fortunata pastorella!
 
1115Che giova a me d’armati
 custodita mirar la regal soglia,
 se v’entrano a turbarmi ombre e terrori?
 Un incognito affanno,
 una smania segreta
1120mi straccia e mi divora.
 Parmi veder d’intorno e tosco e ferro.
 Trovo chiuso ogni scampo.
 Mi adiro. Mi contristo.
 Pavento. Mi fo cor. M’agito. Fremo;
1125e in un sol traditor mille ne temo.
 Piume, voi foste almeno... Ecco Sallustia.
 Fingerò le pupille (Siede sul letto)
 da grave sonno oppresse; e forse l’alma
 da un bugiardo riposo avrà la calma. (Finge dormire)
 
 SCENA VII
 
 SALLUSTIA, GIULIA
 
 SALLUSTIA
1130Sollecita qui trassi il piè tremante;
 né tarda giungo. O numi,
 consolaste i miei voti.
 Augusta... In cheto sonno
 tien chiusi i lumi e dorme. Ah! Come puoi,
1135regal donna del Tebro,
 pace goder col tradimento al fianco?
 Mille spade a momenti... O padre, o padre,
 a una misera figlia
 perché sacrificar sì nobil vita?
 GIULIA
1140Il padre. Ah! Scellerata. (Levandosi con impeto)
 SALLUSTIA
 (Aimè! Labbro infedel tu m’hai tradita).
 GIULIA
 Più non giova tacer. Sei rea col padre.
 Tacerlo era tuo voto e tua vendetta.
 Ma pria che l’empio vibri
1145la sacrilega spada,
 sia trafitta la figlia e al piè mi cada.
 SALLUSTIA
 Io rea col padre? Augusta...
 GIULIA
 Olà, servi, custodi...
 SALLUSTIA
 Dal tosco io ti difesi.
 GIULIA
1150Sì, per farmi perir con più fierezza;
 ma con quel tosco ancora...
 VOCI DI DENTRO
 
    Mora Giulia, mora, mora.
 
 SCENA VIII
 
 MARZIANO con seguito e le suddette
 
 GIULIA
 Aimè! Quai voci!
 MARZIANO
                                  A tutti
 ed a cesare istesso (Su la porta con la spada in mano)
1155si divieti l’ingresso.
 GIULIA
 Chiuso è ogni scampo. Ah, perfida, trionfa.
 MARZIANO
 Augusta, il tempo è questo
 di vendetta e di morte. E che? Pensavi
 che stupido io potessi
1160i miei torti soffrir? Tale è il mio sangue
 che, se a l’onor del trono
 tu l’innalzasti, ei n’era degno e appena
 n’era un grado lontano. Or che l’ascese,
 non è più in tuo poter far che ne cada
1165senza gravi ruine.
 Cinta una volta la real corona,
 rende sacra la fronte ov’ella splende.
 Era augusta la figlia
 al par di te, da che ne ottenne il fregio;
1170augusta l’onorò Roma, il Senato
 e cesare e tu stessa.
 Pari a te in grado, a te anche pari in sorte,
 ella esiglio e ripudio e tu avrai morte.
 GIULIA
 Venga questa e m’incontri,
1175più di quello che pensi, ardita e forte.
 La temei, non lo niego,
 pria di vederla. Or che la miro in volto
 a iniquo genitor d’indegna figlia,
 ella in me non risveglia altro dolore
1180che quel di aver sì tardi
 trovato e conosciuto il traditore.
 Ben fui cieca a cercarlo
 fuor del tuo sangue e fuor di te. La mia
 colpa è sol questa; e questa
1185fa la mia pena ed arma il tuo delitto.
 Compiscilo; ma sappi
 che una madre svenata
 chiamerà a le vendette un figlio augusto;
 e se col mio morir render tu pensi
1190a la figlia lo sposo ed il comando,
 orgoglio e fellonia mal ti consiglia.
 Per cesare qui giuro
 morte a te, morte a’ tuoi, morte a la figlia.
 MARZIANO
 Marziano, Sallustia e Roma e ’l mondo,
1195tutto tutto perisca;
 ma Giulia ci preceda, ombra non vile.
 Né più si tardi. Amici,
 a me l’onor del primo colpo.
 SALLUSTIA
                                                     Ah! Padre!
 Chi più offesa di me? Chi più oltraggiata?
1200Stanca di tante ingiurie
 è la mia sofferenza. Anche a me un ferro,
 perché teco compagna io venga a l’opra.
 MARZIANO
 Figlia, abbastanza rea sei del mio sdegno.
 La salvasti dal tosco.
 SALLUSTIA
                                        E la salvai
1205per aver parte anch’io ne la vendetta.
 A me le offese mie punir si aspetta.
 GIULIA
 Tanto si dura a dar la morte a un solo?
 SALLUSTIA
 Padre, un acciar. Tel chiede
 l’ira insieme e l’amor.
 MARZIANO
                                           Prenditi il mio, (Dà la spada a Sallustia e ne prende un’altra di mano dalle guardie)
1210o magnanima figlia. A me non manca
 di che armar questo braccio. Altro ne impugno;
 su via, figlia, ti affretta.
 Il nostro sdegno è impaziente.
 SALLUSTIA
                                                         Aspetta.
 E tu or vedrai qual sia Sallustia. Quella (A Giulia)
1215condannata al ripudio,
 riservata a l’esiglio,
 quella già imperatrice e poi vil serva,
 derisa, minacciata
 a la mensa, a l’aspetto
1220di Roma tutta, ora vedrai qual sia.
 GIULIA
 Qual sempre fu, sempre nemica mia.
 MARZIANO
 Mori, o donna superba. Alcun non veggio
 riparo al tuo destin.
 SALLUSTIA
                                       Ben lo vegg’io;
 ed al seno di augusta è scudo il mio. (Si volta improvisamente verso Marziano col ferro, in atto di voler difender Giulia)
 MARZIANO
1225Figlia, che fai?
 SALLUSTIA
                              Difendo
 ciò che virtù m’impone.
 MARZIANO
 Quel seno che difendi
 bolle d’odio per te.
 SALLUSTIA
                                     Ma quello è il seno
 che diè vita al mio sposo.
 MARZIANO
1230Lo sposo ella ti toglie.
 SALLUSTIA
                                          Ella mel diede.
 MARZIANO
 E con esso ti priva
 e di patria e d’impero.
 SALLUSTIA
 Mi faccia anche morir. Tutte le offese
 non uguagliano il prezzo
1235del suo gran dono.
 GIULIA
                                    (Io son di sasso).
 MARZIANO
                                                                     Eh! Mora.
 SALLUSTIA
 Le ferite e la morte
 passeranno al mio sen, prima che al suo.
 MARZIANO
 Son padre.
 SALLUSTIA
                       Nol conosco
 in chi di fellonia marche ha sul volto.
 MARZIANO
1240Ingrata, or via, quel ferro
 scaglia ancor nel mio petto.
 SALLUSTIA
 Quel d’augusta difendo
 e non minaccio il tuo.
 MARZIANO
                                          Ma che? D’inciampo
 sarà fanciulla imbelle
1245al mio braccio guerrier? Questo sol colpo
 il mal fidato acciar mi getti al piede. (Con un colpo getta la spada di mano a Sallustia)
 E tu mori, o superba.
 SALLUSTIA
                                          Augusta, prendi
 e con la mia la vita tua difendi. (Si cava uno stilo dal seno e lo porge a Giulia)
 MARZIANO
 O dei!
 GIULIA
               Perfido, indietro.
1250Odio d’esser crudel; ma se costretta
 vi sarò da quel cieco
 furor, che qui ti trasse,
 ti ucciderò sugli occhi
 la figlia e poi me stessa.
 MARZIANO
1255Deh! Ferma. In questo seno...
 GIULIA
 Indietro, traditore, o qui la sveno.
 Ho in mano la vendetta e la difesa.
 MARZIANO
 Quella e questa or mi manca.
 Che risolver non so. Fermarmi è rischio.
1260Ritirarmi è viltade.
 Augusta...
 GIULIA
                      Al primo passo
 tu più padre non sei. Già vedi il colpo.
 MARZIANO
 O voti mal perduti! O incauta figlia!
 Da te stessa tradita,
1265togliesti a te ogni bene,
 a me pace, vendetta, onore e vita.
 
    Non è degna di perdono
 sfortunata fellonia.
 
    Quell’ardir che offende il trono
1270o ne scenda
 col trofeo d’una gran colpa
 o ne attenda
 pena infame e morte ria.
 
 SCENA IX
 
 GIULIA, SALLUSTIA
 
 GIULIA
 Dal venefico influsso
1275pur liberò quest’aure.
 SALLUSTIA
 Augusta, or ch’a’ miei voti arrise il cielo
 e che salva ti veggio, al mio destino
 il tuo voler dia leggi.
 Vuoi tu ch’esule io vada?
1280Me le libiche avranno
 nude foreste ed infocate arene.
 Vuoi che del mio tacer soffra il gastigo?
 Prescrivilo; io l’attendo.
 Vuoi d’un misero padre
1285punir la colpa? In queste vene, in queste
 viscere ne ricerca il sangue, il core,
 il ministro e l’autore.
 Alza quel ferro ed egli,
 che strumento per te fu di salvezza,
1290per me lo sia di pena.
 GIULIA
                                          (Il cor si spezza).
 Non più; che alfin né il latte
 succhiai da tigre ircana
 né mi cingono il sen freddi macigni.
 Con questo acciar poc’anzi
1295minacciai la tua vita;
 ma in quell’atto crudel sentia che il ferro
 mi tremava sul braccio.
 Detestava l’iniqua
 necessità del colpo,
1300mi faceva più orrore
 la difesa che il rischio;
 e innamorata alor di tua virtute,
 a tal prezzo temea la mia salute.
 SALLUSTIA
 Magnanima pietade!
 GIULIA
1305Vattene, or tu di morte
 barbaro ordigno, a terra.
 E tu, vinte già l’ire,
 dissipati i timori, o mia diletta,
 vieni ne le mie braccia,
1310vieni al sen, vieni al cor, vieni e m’abbraccia.
 SALLUSTIA
 O ben sofferte pene
 che mi rendon quel cor...
 GIULIA
                                                Più non si parli
 di ripudio e di esiglio.
 Ai contenti, a le glorie, al trono, al figlio.
1315Tutto tutto ti rendo.
 SALLUSTIA
                                       O me felice!
 GIULIA
 Ne la gran reggia accolto
 ti rivegga il Senato augusta e sposa.
 Là ti precorro; ed io,
 fabbra già de’ tuoi mali e de’ tuoi pianti,
1320sarò tromba e foriera
 di tue beneficenze e de’ tuoi vanti.
 
    Stringerai con più diletto
 mano a mano e petto a petto,
 rivedendo il caro sposo.
 
1325   Sospiraste, lagrimaste;
 ma più caro dopo il pianto
 sarà il giubilo e il riposo. (Apre una porta secreta ed esce per quella)
 
 SCENA X
 
 SALLUSTIA
 
 SALLUSTIA
 Affetti miei, così non vi trasporti
 l’impeto de la gioia
1330che vi faccia obbliar quello di figlia;
 se d’un padre infelice e reo per voi
 non s’impetra il perdono,
 racquistar che mi giova e sposo e trono?
 Ma tutto vincerò, se Giulia ho vinta,
1335che il sommo è de’ trionfi
 in donna grande una grand’ira estinta.
 
    Afflitta rondinella
 un mar dovea varcar
 tutto in tempesta;
 
1340   ma la stagion più bella
 per me rinverde ancora
 e qui mi arresta.
 
    Ristretta al caro nido,
 abbraccerò il mio fido;
1345e sarà dolce alora
 potergli rammentar
 l’onda funesta.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.
 
 Precede gran sinfonia ed intanto scendono dalle scalinate superiori i soldati e popoli romani, dipoi ALESSANDRO con GIULIA, poi SALLUSTIA, MARZIANO, poi ALBINA e CLAUDIO
 
 ALESSANDRO
 Salva, o madre, t’abbraccio e appena il credo.
 GIULIA
 Ma se Giulia peria, dov’era il figlio?
 ALESSANDRO
1350Spinto da amor, da sdegno, al primo avviso
 corsi, volai. Che pro? D’armati e d’armi
 era chiuso ogni passo;
 e non mi valse autorità né priego.
 GIULIA
 E Claudio a te sì fido?
 ALESSANDRO
                                           Invan nel denso
1355lo cercai de’ soldati e de’ custodi.
 Anche in lui temo e tradimenti e frodi.
 GIULIA
 Così volle il destin, perché de l’opra
 tutto ne avesse il merto
 la virtù di Sallustia.
 ALESSANDRO
                                       O generosa!
 GIULIA
1360Ecco la mia difesa e la tua sposa.
 SALLUSTIA
 Mio cesare e signor...
 ALESSANDRO
                                         Che fai?
 SALLUSTIA
                                                           Prostrata
 starò al tuo piè, finché del padre ottenga
 al colpevole amor grazia e perdono.
 ALESSANDRO
 Il duce ov’è? La madre
1365tu mi salvasti; io ’l genitor ti dono.
 SALLUSTIA
 E augusta?
 GIULIA
                        Il mio potere
 tutto è per te dovere. È assai maggiore
 del suo fallo il tuo merto;
 e d’un campion sì forte
1370non si privi l’impero.
 MARZIANO
                                          Andrò nel campo,
 miei benefici augusti,
 e per far che sia eguale
 a la vostra bontà la mia fortezza,
 rammentando la colpa,
1375darò sprone a la fede
 e sul Tigri sconfitto
 temeranno anche i Parti il mio delitto.
 SALLUSTIA
 Ora nulla più manca al mio riposo.
 ALESSANDRO
 Mia vita.
 SALLUSTIA
                    Anima mia.
 ALESSANDRO
                                            Mio ben.
 SALLUSTIA
                                                               Mio sposo.
 GIULIA
1380Più non mi turba un sì innocente amore.
 ALBINA
 Seguimi. Non temer. Sire, al tuo aspetto
 un colpevole io traggo, onde ne impetri
 grazia e non pena.
 ALESSANDRO
                                    E tu pur, Claudio, alora
 che in te fede più avea, tu più tradirmi?
 CLAUDIO
1385Signor... Che mai dirò?...
 ALESSANDRO
                                                Ma tu qual sei?
 Giovane e a pro del soglio
 che oprasti, onde con tanta
 confidenza ed orgoglio
 favor pretendi?
 SALLUSTIA
                                Ah! Sposo,
1390se augusta è salva, il merto
 tutto a costei si ascriva. In lei ti addito
 di Sulpicio la figlia. Ad altro tempo
 suoi casi udrai. Ti basti
 ora il saper ch’ella il veleno e il ferro
1395mi scoprì amica e che in mercé ne chiede
 del suo amante il perdono.
 ALESSANDRO
 Disponi a tuo piacer del suo destino.
 SALLUSTIA
 Claudio, sia pena tua l’amar Albina.
 CLAUDIO
 Pena più cara a me d’ogni mercede.
1400Se sposo mi gradisci, ecco la fede.
 ALBINA
 Ma sia fido marito
 chi fu amante spergiuro.
 CLAUDIO
 Eterno amore al tuo bel volto io giuro.
 GIULIA
 Popoli, or qui raccolti
1405de l’impero del figlio
 con liete pompe a celebrar gli auspici,
 non men di lui, de la sua augusta sposa
 date lode alle glorie, applauso ai fasti.
 Voi la vedeste invitta e voi vedeste
1410ceder tutto ad un core,
 ove con la virtù si unisca amore.
 TUTTI
 Tutto cede ad un core,
 ove con la virtù si unisca amore.
 
    Bell’amor
1415che fai lega con virtù,
 canti ogni alma il tuo poter.
 
    De la sorte
 tu disarmi anche il rigor;
 e lo cangi invitto e forte
1420in tua gloria e in tuo piacer.
 
 Il fine