L’Atenaide, Venezia, Pasquali, 1744 (Atenaide)

 ATTO TERZO
 
 Giardini imperiali.
 
 SCENA PRIMA
 
 PROBO
 
 PROBO
 Che mi dite, o pensieri?
 Tradire il mio signor! Con quale speme?
1070Per qual mercé? V’intendo.
 S’Eudossa è di Teodosio,
 Pulcheria, oh dio! fia di Varane. Oh cieli!
 Con qual furor mi si risveglia in seno
 la gelosa mia tema?
1075Salvisi a me la bella.
 Lungi è il rival. Con un inganno stesso
 servo a me, servo a lei, servo all’amico.
 Ma Teodosio è il mio re... Che fo?... Che dico?
 
    Alme perfide, insegnatemi,
1080per goder,
 a peccar con più riposo.
 
    Avvelena ogni piacer
 un rimorso tormentoso.
 
 SCENA II
 
 VARANE e PROBO
 
 VARANE
 Ove mi tragga il passo, ove il pensiero,
1085non so, non veggo. Ah, Probo!
 Crudele amico, anco il tuo aspetto accresce
 le pene mie. Su, più le irrita. Esponi;
 con qual cor, con qual fronte il mio rivale
 ricevé il lieto avviso e il fatal dono?
1090Di’, sulle mie sciagure
 quale insultò? Nulla tacer. Non cerco
 che oggetti d’ira, di dolor, di morte.
 PROBO
 (Ecco il tempo). Signore,
 meno misero sei di quel che pensi.
 VARANE
1095È ver. Sì grandi sono
 i mali miei che appieno
 né concepirgli né sentirgli io posso.
 PROBO
 Ravvisa in questa gemma...
 VARANE
 Eh toglimi dagli occhi
1100l’infausta pietra, onde segnar le stelle
 l’ultimo de’ miei giorni.
 PROBO
                                              Anzi il più lieto.
 VARANE
 Ho perduta Atenaide.
 PROBO
                                           Ella è tua sposa.
 Eccone il testimon, Probo tel reca.
 VARANE
 Come! Atenaide? E sarà vero?
 PROBO
                                                          Appena
1105da lei movesti il piede
 che, vinta da pietà, spinta da amore:
 «Vanne, Probo» mi disse.
 «Vanne sull’orme sue. Digli che paga
 son del suo pentimento.
1110Va’. Reca a lui...»
 VARANE
                                  Probo, non più, l’estremo
 piacer m’opprime e, in rendermi la vita,
 quasi quasi m’uccide.
 
    Io ti abbraccio, o dolce amico.
 Io ti bacio, o caro dono.
 
 PROBO
1115Vien augusto. (Ahi! Che feci?)
 
 SCENA III
 
 TEODOSIO, PULCHERIA e i suddetti
 
 TEODOSIO
 No, Pulcheria. Ecco Probo, ecco Varane,
 non m’ingannai.
 PULCHERIA
                                 Del torto
 Meglio ti rassicura.
 TEODOSIO
 Mel disse il cor. Certa è la mia sventura.
 VARANE
1120Signor, quanto più lieto a te verrei,
 se il mio piacer costarti
 non dovesse sospiri!
 Ma non fia ch’io di mia sorte m’abusi
 e mi ti mostri ingrato.
1125Se non era il tuo cor sì generoso,
 ora il mio non saria sì fortunato.
 TEODOSIO
 Prence, qualunque sia
 la tua sorte e la mia, da me prescritte
 ne fur le leggi e a quelle
1130istesse leggi io servirò d’esempio.
 PULCHERIA
 (Egli è tradito. O perfida Atenaide!)
 TEODOSIO
 Probo, adunque egli è ver? Mi rende Eudossa
 questa mercé? Paga così l’ingrata
 le mie beneficenze e la mia fede?
1135Nel tuo dolor ben veggo
 la pietà ch’hai di me. Veggo il tuo zelo;
 ma te ne assolvo. Parla;
 udir voglio da te, da te, che fosti
 testimon di quell’anima spergiura,
1140tutto il suo error, tutta la mia sciagura.
 PROBO
 Signor, che dir poss’io? Quell’aurea gemma
 sfavilla in mano al principe de’ Persi
 di troppa luce; ed essa,
 più di quel che potrei, parla al tuo core.
 TEODOSIO
1145O gemma! O vista! O infedeltà! O dolore!
 PULCHERIA
 In faccia del rival frena il tuo pianto.
 VARANE
 Ora è tempo in cui dia
 la tua virtù l’ultime prove.
 TEODOSIO
                                                  Prence,
 ti basti esser felice; a te non chieggo
1150né pietà né conforto.
 Del mio fato crudel l’ultimo vanto
 questo saria, l’esser da te compianto.
 VARANE
 
    Parto, che so qual sia
 pena spietata e ria
1155la vista d’un rival
 lieto e contento.
 
    Ed io crudel sarei,
 se oggetto di diletto
 facessi agli occhi miei
1160del tuo tormento.
 
 SCENA IV
 
 TEODOSIO, PULCHERIA e PROBO
 
 TEODOSIO
 Qual discolpa, o germana,
 rechi per l’infedel? Che puoi tu dirmi?
 PULCHERIA
 Ch’ella indegna è di te, ch’io son delusa,
 che tu tradito sei.
 TEODOSIO
1165E il più misero aggiungi e il più dolente.
 Ma Teodosio non son, non sono augusto,
 se pentir non ti fo di tua incostanza,
 iniquissima donna.
 PROBO
 In Bisanzio non devi
1170più tollerarla; ella ne parta; e tosto
 parta col suo Varane.
 TEODOSIO
 Sì, parta l’empia.
 PULCHERIA
                                   Ella a noi volge il passo.
 TEODOSIO
 Ma prima l’ira mia
 le rinfacci le colpe.
 PROBO
                                     Ah no, vederla,
1175dopo sì grand’eccesso,
 è un tormentare, è un avvilir sé stesso.
 TEODOSIO
 Invan, qui voglio...
 PULCHERIA
                                     Parti. A me la cura
 lascia di tua vendetta.
 TEODOSIO
 Anch’io saprò...
 PROBO
                               Se resti,
1180il tuo grado n’è offeso.
 PULCHERIA
 E la costanza tua n’è più commossa.
 TEODOSIO
 (Quanto mi costa il non veder più Eudossa). (Si parte)
 
 SCENA V
 
 PULCHERIA, poi EUDOSSA
 
 PULCHERIA
 Mira come sicura,
 come lieta sen viene!
1185Chi non diria ch’ella è innocente?
 EUDOSSA
                                                               Augusta,
 vero amor, pura fede,
 ad ogni altro consiglio,
 in quest’alma prevalse.
 PULCHERIA
                                             (Ancor sen vanta!)
 EUDOSSA
 Fra Teodosio e Varane
1190scelsi qual più dovea. Mai sì tranquilla
 non mi sentii. Tutti del primo affetto
 sono spenti i rimorsi;
 e del mio ben contenta e del mio fato,
 appena mi sovvien d’aver già amato.
 PULCHERIA
1195(Odi l’alma proterva, odi qual parla?)
 EUDOSSA
 Qual silenzio? Qual torbido? Eh, più lieta
 applaudi alla mia scelta,
 a quella, onde tu stessa
 sei non ultima parte.
 PULCHERIA
1200(Più non resisto). Io che v’applauda? Io parte
 avrò nella tua colpa? Ed osi ancora
 presentarla al mio sguardo?
 Farne pompa al mio sdegno?
 EUDOSSA
                                                       In che son rea?
 PULCHERIA
 Lieve eccesso all’ingrato
1205sembra l’ingratitudine, all’infido
 la poca fé; ma, iniqua,
 ne ha più senso Pulcheria
 di quel che pensi; da quest’ora, indegna
 del mio amor ti dichiaro,
1210del mio favor, della memoria mia.
 Arrossisco di quanto
 e per te feci e per te far volea.
 EUDOSSA
 Almen...
 PULCHERIA
                   Taci. Non deggio
 né rimirarti più né più ascoltarti.
 EUDOSSA
1215S’errai...
 PULCHERIA
                   S’errasti? Meco
 t’infingi ancor? Perfida, taci e parti.
 
    Più non vo’ mirar quel volto,
 più ascoltar non vo’ quel labbro
 lusinghiero e traditor.
 
1220   Labbro e volto in cui sta accolto
 il più iniquo e scellerato,
 il più ingrato ed empio cor.
 
 SCENA VI
 
 EUDOSSA, poi TEODOSIO
 
 EUDOSSA
 Meco augusta così? Così Pulcheria?
 Quella, che già mi amò sposa a Teodosio,
1225or ne ha dispetto ed ira?
 Intendo. Or che Varane è un mio rifiuto,
 ella ne teme il nodo; e al suo piacere
 sagrificar vorrebbe
 e l’amor di Teodosio e il mio dovere.
 TEODOSIO
1230Torno anche a tempo.
 EUDOSSA
                                          Augusto,
 nel tuo volto a cercar venia l’intero
 mio riposo e il mio bene.
 Vedrò negli occhi tuoi...
 TEODOSIO
                                              Mirali, Eudossa,
 fissavi il lieto sguardo,
1235che, se lo sdegno mio, se la mia pena
 può farti e più tranquilla e più felice,
 hai ragion di mirarli e di goderne.
 EUDOSSA
 Qual favellar!
 TEODOSIO
                            Mirali, sì; ma poi
 che ne avrai fatto speglio,
1240che ne avrai fatto pompa agli occhi tuoi,
 tremane, ingrata e vile.
 Miravi un cor, poc’anzi
 tutto beneficenza, e ne arrossisci,
 poc’anzi tutto amore, e ne paventa.
 EUDOSSA
1245(Innocente Atenaide, in che peccasti?)
 TEODOSIO
 Ma non pensar che sul mio cor ti resti
 altra ragion che d’odio e di vendetta.
 Già ti esilio da lui;
 e qual da lui, da questa
1250reggia, da questo impero io ti do bando;
 e ti do bando eterno.
 EUDOSSA
                                         Io non più tua?
 TEODOSIO
 Quella pace a te resti
 che tu mi lasci. Ove trovar tu speri
 e grandezze e diletti e amori e fasti,
1255ti seguano sventure, affanni e pianti;
 né a te sovvenga mai che per rimorso,
 il nome di Teodosio;
 né a me sovvenga mai quello d’Eudossa
 che per sentirne orrore.
 EUDOSSA
1260Ma, signor...
 TEODOSIO
                          Vanne tosto
 ad infettar co’ tuoi sospiri altre aure,
 femmina menzognera, ingannatrice.
 Vattene; e qual mi fai, vivi infelice.
 
    Vanne tosto, fuggi, vola,
1265disleal, lungi da me.
 
    Teco venga ira, tormento,
 smania, rabbia e pentimento.
 Quanto a me fosti infedele,
 sia crudele altri con te.
 
 SCENA VII
 
 EUDOSSA
 
 EUDOSSA
1270Ferma, Teodosio, ascolta.
 L’innocenza a te parla
 per bocca mia, tu sei tradito; ascolta.
 
    Tu partisti; e spargo a’ venti
 preghi, lagrime e lamenti.
 
1275Qual demone, qual furia oggi a’ miei danni
 s’è scatenata? Augusta
 m’abborrisce e mi fugge;
 mi persegue Varane;
 mi discaccia Teodosio.
1280Io ti do bando? E ti do bando eterno?
 Sì sì, vuol la mia morte e cielo e inferno.
 
    «Vanne tosto, fuggi, vola,
 disleal, lungi da me»?
 
    Fuggirò, volerò,
1285disprezzata, disperata...
 Innocente amor mio, povera fé.
 
 Quanto era meglio, o padre,
 che più avessi creduto al tuo consiglio,
 che men creduto avessi alla mia spene!
1290Eccomi. Andiam; fuggiamo
 questo empio ciel, queste fatali arene.
 
    In bosco romito,
 in povero lito,
 qual vil pastorella
1295i giorni trarrò.
 
    E in semplice stato
 al crudo mio fato,
 all’empia mia stella,
 men d’ira sarò.
 
 Galleria di statue, contigua agli appartamenti di Pulcheria e d’Eudossa. Di notte.
 
 SCENA VIII
 
 MARZIANO e poi PULCHERIA
 
 MARZIANO
 
1300   Cor mio, che prigion sei
 in sen della beltà,
 pria di partir vorrei
 saper s’ella ti miri
 con occhio di pietà.
 
1305   So ben che lieto stai
 né curi libertà;
 ma dimmi almen se mai
 gradisce i tuoi sospiri
 chi sospirar ti fa.
 
 PULCHERIA
1310Partite. Alle mie stanze
 già s’apre l’uscio. E qual riposo spero,
 cesare sì tradito,
 Eudossa sì infedele,
 Marzian sì lontano?
 MARZIANO
1315Eccolo a’ piedi tuoi, s’egli è tua pena.
 PULCHERIA
 Che miro! Ah, che vicino or sei mia colpa!
 Che fai? Che cerchi? È questo
 il guerriero tuo campo?
 Qui raccogli i trionfi?
1320Qui Teodosio t’invia?
 MARZIANO
 Senza darti un addio, senza ottenerlo
 potea da te partir?
 PULCHERIA
                                     T’accieca un troppo,
 sì, convien ch’io lo dica, un troppo amore.
 Se qui alcun ci sorprende,
1325in questo punto, o cieli!
 di te che sarà mai?
 Che mai di me? Qual ira
 ne avrà Teodosio? Io qual vergogna ed onta?
 Deh, parti e la tua vita
1330risparmia e l’onor mio.
 MARZIANO
 Parto, o mia augusta; almeno dimmi addio.
 PULCHERIA
 Addio. Parti. Ah! Non posso
 dirlo e non sospirar. Crudel sospiro,
 più di quel ch’io volea, forse ti disse.
 MARZIANO
1335E che disse al mio cor?
 PULCHERIA
                                            Va’; ti concedo
 dirlo qual brami.
 MARZIANO
                                  Anche sospir d’amore?
 PULCHERIA
 Parti. Già sai perché sospiri un core.
 MARZIANO e PULCHERIA A DUE
 
             bella...
 Addio
             duce...
 MARZIANO
                      Ama e gradisci...
 PULCHERIA
                      Avrò diletto...
 
 A DUE
 
 Che il mio
                       cor
 Che il tuo
                                      con te.
                           resti
                                      con me.
 
 MARZIANO
 
1340   Nel tuo petto il custodisci...
 
 PULCHERIA
 
 Serberollo entro al mio petto...
 
 A DUE
 
                 di mia
 Certo pegno                   fé.
                  di tua
 
 SCENA IX
 
 MARZIANO, poi VARANE e PROBO
 
 MARZIANO
 (Vien gente. Io qui m’ascondo).
 PROBO
 L’ora è opportuna.
 VARANE
                                     Probo,
1345deggio esser dunque un rapitor indegno?
 PROBO
 Chi si ritoglie il suo nulla rapisce.
 VARANE
 Violerò le sacre
 leggi ospitali?
 PROBO
                             Il primo
 a violarle egli è Teodosio. Ad onta
1350de’ patti e giuramenti, ei tiene a forza
 colà chiusa Atenaide, ora tua sposa.
 VARANE
 Ritenermi Atenaide?
 E ritenerla a forza?
 O cesare spergiuro!
1355Son vinti i miei rimorsi,
 vanne. Affretta i momenti,
 prenditi i miei; sono anch’io teco.
 PROBO
                                                                Tutte
 le occulte vie, donde entrar puossi in quelle
 chiuse stanze, ho palesi.
1360A me de’ miei custodi
 bastano l’armi. Intanto
 tu qui rimanti e questo
 varco ben custodisci e qui m’attendi.
 VARANE
 Il riposo e la vita
1365dovrò, amico, al tuo braccio, al tuo consiglio.
 PROBO
 (Una colpa imperfetta è il mio periglio). (Si parte)
 
 SCENA X
 
 VARANE; e MARZIANO in disparte
 
 VARANE
 Fausto abbia il fin la ben ardita impresa.
 MARZIANO
 (Udii. Solo non posso
 scioglier le trame).
 VARANE
                                     In breve
1370sarò tuo, sarai mia, cara Atenaide.
 MARZIANO
 (Non vo’ che alcun qui mi sorprenda).
 VARANE
                                                                       Al seno
 parmi sposo abbracciarti.
 Festeggiatemi intorno, o lieti amori.
 MARZIANO
 (Ma schernir saprò altrove i traditori). (Si parte)
 VARANE
 
1375   Già vieni. Già mia
 t’abbraccio, ti stringo,
 mia sposa fedel.
 
    O dio! Mi lusingo;
 né a me vieni ancora.
1380A cor che desia,
 ahi, ch’ogni dimora
 è dura e crudel.
 
 SCENA XI
 
 LEONTINO, EUDOSSA e VARANE in disparte
 
 VARANE
 S’apre l’uscio. In disparte
 trarsi convien. State voi pronti al cenno.
 LEONTINO
1385La sciagura previdi; (Ad Eudossa)
 e se al consiglio mio davi più fede,
 non saresti in tal pena.
 VARANE
 (È Leontino).
 EUDOSSA
                            Padre,
 chi temuta in Teodosio
1390avria tanta ingiustizia?
 VARANE
 (La mia Atenaide è questa
 e del rival si lagna e il chiama ingiusto).
 LEONTINO
 Tutto è in silenzio. Al male
 il rimedio, anche tardo, è pur rimedio.
1395Alla fuga, alla fuga.
 EUDOSSA
                                     Infauste mura,
 nel crudo affanno mio,
 senza un sospir, dirvi non posso addio.
 
    Infausta reggia, addio,
 ti lascio la mia pace
1400e vado a sospirar.
 
    Possa goder beato,
 benché spietato e rio,
 il tuo signor, cui piace
 farmi così penar. (Si parte con Leontino)
 
 VARANE
1405Qui sorprenderla è rischio.
 Taciti andiam sull’orme sue; mia cara,
 per esser mia, dall’ire
 di Teodosio t’involi;
 ma ti segua il tuo sposo e ti consoli. (Si parte)
 
 SCENA XII
 
 PROBO con guardie, poi TEODOSIO con PULCHERIA
 
 PROBO
1410Qual disastro! D’Eudossa
 tutte invano le stanze
 corsi e cercai. Qui né pur trovo il prence.
 Che mai sarà? Così dell’opra il frutto
 nel più bel fior si perde?
1415Oimè! Vien con Pulcheria
 il mio signor tradito. Oh tema! Oh speme!
 TEODOSIO
 E sarà ver? L’infida
 poté fuggir? (A Pulcheria)
 PULCHERIA.
                           Fuggì col padre. Or ora,
 da una sua serva a me fedel, l’intesi.
 PROBO
1420(Che ascolto mai?)
 TEODOSIO
                                     Cotanto
 ardì nella mia reggia?
 Sulle mie luci? Olà, custodi, Probo,
 richiudasi ogni varco;
 si cerchi Leontino;
1425mi si ritorni Eudossa.
 Dov’è Varane? O dio! Pulcheria, io moro.
 PROBO
 Per l’infedel t’affliggi?
 TEODOSIO
                                           Ah, ch’io l’adoro!
 PROBO
 Cesare...
 TEODOSIO
                   Immantinente
 della figlia e del padre all’empia fuga
1430argine si frapponga.
 
 SCENA XIII
 
 LEONTINO e detti
 
 LEONTINO
 Ah, Teodosio! Ah, signor...
 TEODOSIO
                                                  Perfido, audace.
 LEONTINO
 Qual vuoi son io; ma l’innocente figlia
 a te si salvi, a me si salvi. Armato
 me l’ha tolta Varane.
 TEODOSIO, PULCHERIA, PROBO A TRE
1435Varane!
 LEONTINO
                  Ed a gran passi
 la trae fuor di Bisanzio...
 TEODOSIO
 Anima vil, tutto è tua trama. In mano
 tu la desti a Varane;
 ma non pensar che invendicata sia
1440la sua fuga, il tuo error, l’offesa mia.
 LEONTINO
 Deh non s’indugi. Eudossa
 salvisi tosto e poi
 tutta in me cada a tuo piacer la pena.
 PULCHERIA.
 Vada ella pur.
 TEODOSIO
                             No no, Pulcheria. Io stesso
1445sull’orme sue m’accingo...
 Seguitemi, o fedeli. Andiamo.
 PROBO
                                                         Eh, sire,
 il tuo grado nol chiede, il tuo decoro.
 Resta; io v’andrò. Qui rivedrai fra poco
 libera Eudossa e prigionier Varane.
 TEODOSIO
1450Sì, caro, sì, fedel, vattene e rendi
 a cesare il riposo.
 PROBO
 Vado. Non hai di che temer tu possa.
 (Bell’inganno che salva
 a me la vita ed a Varane Eudossa). (Si parte)
 
 SCENA XIV
 
 PULCHERIA, TEODOSIO e LEONTINO
 
 PULCHERIA.
1455Si confonde il pensier. Sposo ad Eudossa (A Teodosio)
 esser dovea Varane.
 Egli ne avea l’amor, ne avea la fede;
 a che rapirla? A che fuggirne occulto?
 TEODOSIO
 Temea forse in Teodosio
1460lo spergiuro, la forza? Ah, ch’io potea
 perder Eudossa e l’alma
 ma non tradir la fede e non l’onore;
 e serbava ragion nel mio dolore.
 LEONTINO
 Un solo inganno, un solo,
1465tutti ci fece miseri.
 PULCHERIA.
                                      Un inganno
 d’Eudossa, è vero.
 TEODOSIO
                                    E tu ne fosti a parte. (A Leontino)
 LEONTINO
 Il vostro cor si disinganni; e in lei
 l’innocenza si assolva.
 Sì, mia figlia è innocente.
 PULCHERIA.
                                                 Ella che in seno
1470chiudea non casta fiamma? E che, ripiena
 dell’amor di Varane,
 passava al letto augusto? Ella innocente?
 LEONTINO
 Se mai...
 TEODOSIO
                    Da me sì amata,
 così beneficata,
1475tradirmi? Abbandonarmi? A chi poc’anzi
 amò il suo disonor, l’infamia sua,
 pospormi sì vilmente?
 E nel giorno pospormi
 ch’esser dovea mia sposa
1480e regnar sul mio trono? Ella innocente?
 LEONTINO
 Tregua, signor, tregua, Pulcheria, all’ire.
 La sua innocenza udite;
 datosi a lei di far libera scelta,
 per te, per te decise. Ella non vide,
1485nell’amor di Varane,
 che un oggetto d’orror. Per qual destino
 non so, fosti ingannato.
 Bando le desti. Ella conobbe il torto;
 se ne dolse; ubbidì; la notte attese;
1490meco fuggì. Non lunge
 rapilla il prence. Ad implorarne aita
 frettoloso qui accorsi.
 Eccovi il ver. S’io mento,
 piombi sulla mia testa
1495la pena più terribile e funesta.
 PULCHERIA
 Ma l’aurea gemma è di Varane. A lui
 Probo la diede pur?
 LEONTINO
                                       Probo la diede?
 Ah, per qual novo inganno
 siam più infelici! Probo è traditore
1500a Pulcheria, ad Eudossa, al suo signore.
 TEODOSIO
 Traditor Probo! Ed io poc’anzi a lui
 fidai me stesso?
 LEONTINO
                                 Egli secreti inganni
 certo ordia con Varane;
 né per altro il seguì che per tradirti.
 TEODOSIO
1505Sia traditore o no, convien seguirlo.
 Chi ha cor fedel in seno
 prenda l’armi e sia meco.
 Dien le trombe guerriere
 fuga al riposo. E popoli e soldati,
1510nell’ippodromo armati,
 si raccolgano tosto.
 Seguami Leontino. Oggi conviene
 morir da forti, o racquistar Eudossa,
 ed in sì giusta impresa
1515perder la vita o vendicar l’offesa.
 
    M’accende amor l’ire guerriere in petto
 e per beltà fedel vado a pugnar.
 
    Ma se il rival non giungo, ahi, che dispetto!
 O se infedel lei trovo, ahi, che penar!
 
 SCENA XV
 
 PULCHERIA
 
 PULCHERIA
1520Oh Marzian qui fosse! Oh del tuo zelo
 opra fosse e trionfo
 il racquistar Eudossa!
 Quanto augusto per te, quanto Pulcheria
 per te saria contenta; e la tua fede
1525qual merto ne otterrebbe e qual mercede.
 
    Te solo ho in mente ed amo;
 te sol sospiro e bramo;
 ma sospirando e amando,
 cara ho la gloria tua,
1530quanto il tuo amore.
 
    Oggetto del mio affetto
 altro piacer non è
 che la virtù, la fé
 del tuo gran core.
 
 Grande ippodromo di Costantinopoli.
 
 SCENA XVI
 
 TEODOSIO e LEONTINO con seguito
 
 TEODOSIO
1535Duci, soldati, popoli, tradito
 son da un principe amico,
 da un indegno vassallo,
 da Varane e da Probo. Al vostro braccio
 chiedo le usate prove;
1540chiedo la loro pena al vostro zelo.
 Andiamo amici, avrem propizio il cielo.
 
 SCENA XVII
 
 MARZIANO, PROBO e detti
 
 MARZIANO
 Signor, l’invitto brando
 serba a maggiori e più lodate imprese.
 TEODOSIO
 Marziano.
 MARZIANO
                      A’ tuoi lumi
1545non reo, quantunque ad onta
 del sovrano divieto, io mi presento.
 A quest’ora già i passi
 contro il bulgaro iniquo avrei rivolti;
 ma gli arrestò di questo (Accennando Probo)
1550perfido cor la fellonia malvagia.
 LEONTINO
 Sì, Probo è il traditor.
 TEODOSIO
                                          Suddito iniquo,
 esempio di perfidia, anima infame,
 perché tradirmi, di’?
 Perché? Perché così nella più cara
1555parte di me tradirmi?
 Perché d’ogni vivente
 il più misero farmi, il più dolente?
 PROBO
 Son reo, son empio, traditor, iniquo,
 degno di mille pene,
1560di mille morti. Eudossa
 è fedele, è innocente.
 Ingannato è Varane e tratto ad arte
 nella perfidia mia. Più dir non posso,
 se non chieder la morte.
 TEODOSIO
                                               E morte avrai. (Si parte Probo accompagnato da’ soldati)
 
 SCENA XVIII
 
 TEODOSIO, MARZIANO e LEONTINO
 
 TEODOSIO
1565Marzian, Leontino, amico, padre,
 che mi giova innocente
 la mia Eudossa trovar, quando è perduta
 e perdutala ho forse, oh dio! per sempre?
 Vittima di Varane, ogni momento
1570più da me l’allontana. E che s’indugia?
 Colà si accorra. Andiamo, amici, andiamo.
 O la mia Eudossa o la mia morte io bramo.
 LEONTINO
 Il mio dolor nel suo dolor si perde.
 MARZIANO
 Eh fermati; ogni traccia è tarda o vana.
 TEODOSIO
1575Oh dio! Dunque a morire...
 
 SCENA XIX
 
 EUDOSSA e i suddetti
 
 EUDOSSA
 Perché morir, cor mio?
 TEODOSIO, LEONTINO A DUE
 Eudossa!
 TEODOSIO
                    Sposa...
 LEONTINO
                                     Figlia...
 EUDOSSA
 
    Sì, son tua, padre amoroso;
 sì, son tua, mio dolce sposo;
1580sì, ti stringo; sì, t’abbraccio.
 
    Quando strinse amor o sorte,
 più del mio, figlia e consorte,
 caro nodo, amabil laccio?
 
 TEODOSIO
 Ma chi del fier Varane
1585ti liberò dal violento amore?
 EUDOSSA
 Il tuo duce fedel.
 TEODOSIO
                                  Che? Marziano
 de’ benefizi suoi tacque il più grande?
 MARZIANO
 Oprai ciò che dovea. Fuor di Bisanzio
 in Varane m’incontro, odo le strida
1590della rapita Eudossa.
 Col fior de’ miei l’assalgo,
 cinto da’ suoi seguaci. Ardito e forte,
 sostien la pugna. Arriva,
 nell’ardor della mischia,
1595Probo; e fellone a lui soccorre. In questa
 vinto alfin, ne’ miei ceppi
 Probo riman. Racquisto Eudossa. Al prence
 si permette la fuga,
 perché in lui si rispetta il regal padre.
1600Torno a te vincitor; ti rendo Eudossa.
 TEODOSIO
 E con Eudossa a me rendesti il core.
 O cara. (Ad Eudossa)
 LEONTINO
                  O figlia.
 EUDOSSA
                                   O sposo, o genitore.
 
 SCENA XX
 
 PULCHERIA e i suddetti
 
 PULCHERIA
 Di tante gioie a parte
 esser potrà Pulcheria.
1605E da te, generosa,
 il perdono otterrà d’un’ira ingiusta?
 EUDOSSA
 Sovrana mia, benefattrice augusta.
 TEODOSIO
 A Marzian, per cui cotanto bene
 oggi ci è dato in sorte,
1610nulla dirai, germana?
 PULCHERIA.
 L’alma grande s’appaga
 del ben oprar né chiede,
 contenta di sé stessa, altra mercede.
 TEODOSIO
 Parla così l’eroe ma non l’amante.
1615Egli degno è di te.
 PULCHERIA.
                                    Né tal lo nego.
 Or gli basti così. Verrà anche un giorno
 ch’egli vedrà più certa
 la mia riconoscenza.
 MARZIANO
 Basta alla mia costanza
1620anche la sola gloria
 di poterti adorar senza speranza.
 TEODOSIO
 Al tempio, Eudossa, al tempio;
 né più si differisca il nostro bene.
 
 SCENA ULTIMA
 
 VARANE e detti
 
 VARANE
 Varane anche le vostre
1625pubbliche gioie a coronar sen viene.
 TEODOSIO
 Qual vista!
 VARANE
                       Non ti turbi,
 cesare, il mio ritorno.
 Per l’acquisto d’Eudossa,
 quel forte amor, che mi consuma ed arde,
1630tutto tentar potea, fuor che rapirla,
 e rapirla già tua. M’ingannò Probo
 e col darmi la gemma
 e col dirmi che, a forza e contro a’ patti,
 la ritenevi in tuo poter. La sorte
1635a te rese giustizia;
 ma se mi toglie Eudossa,
 non mi tolga il tuo cor la tua amistade.
 Vagliami questa a risarcire in parte
 la gran perdita mia.
 TEODOSIO
1640Tutto si obblii. Vuoi l’amistà d’augusto?
 Al figlio d’Isdegarde ella si dia.
 CORO.
 
    Bel goder, quando si gode
 con la pace e con l’amor!
 
    L’odio ingiusto e l’empia frode
1645son trofeo dell’innocenza,
 son trionfo del valor.
 
 Il fine dell’«Atenaide»
 
 LICENZA
 
 Canti così la fama. Altri più degni
 e più felici e più sicuri applausi
 oggi sull’Istro ascolta
1650la gloria imperiale e le sue trombe
 empie d’un altro suon, d’un altro nome,
 nome che in sé rinchiude
 le delizie del mondo a lui vassallo,
 nome che di più regni è la speranza,
1655la più nobile idea della beltade
 e il simbolo più ver della virtude.
 Odi, augusta regnante, il fausto grido
 del mondo ossequioso; e vedrai come,
 fatto immortal, corra d’Elisa il nome.
 
1660   È il tuo nome, o grande Elisa,
 l’alta idea della pietà;
 
    ivi, come in trono assisa,
 sempre unita è la clemenza
 a una saggia maestà.
 
 TUTTI
 
1665   Nel cielo si scriva,
 con cifre di stelle,
 un nome sì grande.
 
    E sopra ogni riva
 le rose più belle
1670gl’intreccin ghirlande.