Merope, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO TERZO
 
 Parte di giardino reale con un grande albero isolato.
 
 SCENA PRIMA
 
 POLIFONTE ed ARGIA
 
 POLIFONTE
 Non arrossir. Cleon piacque al tuo core.
 ARGIA
 Eletto dagli dei, degno è d’amore.
 POLIFONTE
 E sì tosto obbliasti il primo amante?
 ARGIA
 L’infelice è già morto;
1120e non ardon le fiamme in fredda polve.
 POLIFONTE
 Ardono, Argia; ma sia Cleon tuo sposo;
 non turberan tue nozze
 del tuo diletto Epitide il riposo.
 ARGIA
 (Qual favellar?)
 POLIFONTE
                                Non è più tempo, Argia,
1125di negar, di tacer ciò ch’è già noto.
 ARGIA
 E che?
 POLIFONTE
                Troppo m’offende il tuo timore.
 A Merope si taccia, iniqua madre,
 e non a Polifonte, anima fida,
 d’Epitide il destin.
 ARGIA
                                     (Stelle!)
 POLIFONTE
                                                       Egli vive,
1130lo so, in Cleon. Licisco
 (giova il mentir) me n’affidò l’arcano.
 Viva egli lieto e regni. A me sol basta
 che suo servo m’accetti e suo vassallo.
 Servir dov’egli dia
1135leggi sovrane è la fortuna mia.
 ARGIA
 Signor, che sul tuo cor regno hai più grande
 di quello che rifiuti,
 perdona se t’offese il mio timore.
 POLIFONTE
 Fu giusto, e il lodo, il tuo geloso amore;
1140e tal lo custodisci insinché spira
 l’iniqua madre. A lei, se chiede il figlio,
 vivo lo nega e lo compiangi estinto.
 Che se noto a lei fosse il suo destino,
 spinta da quel furor, con cui trafisse
1145e la prole e il consorte,
 potria quella crudel dargli la morte.
 ARGIA
 Veggo la tua virtù nel tuo consiglio.
 Tradir la madre è un preservare il figlio.
 
 SCENA II
 
 POLIFONTE e poi ANASSANDRO fra gli arcieri
 
 POLIFONTE
 Tratto a’ miei cenni ecco Anassandro. È giusto
1150tradire il traditore.
 ANASSANDRO
 Eccomi, ma fra’ ceppi e tu nel soglio. (Si ritirano gli arcieri ad un cenno di Polifonte)
 POLIFONTE
 Son lubriche, Anassandro, e son gelose
 le fortune de’ re. La mia vacilla,
 se tu non la sostieni.
 ANASSANDRO
                                        E che più resta?
 POLIFONTE
1155Il più resta, o mio fido.
 ANASSANDRO
 Sai qual cor, sai qual fede...
 POLIFONTE
                                                    E fede e core
 temo che al rio cimento inorridisca.
 ANASSANDRO
 Ho spirto, ho sangue, ho vita
 da offrirti ancor. Per altri
1160esser vile poss’io; per te son forte.
 POLIFONTE
 E s’io chiedessi a te...
 ANASSANDRO
                                          Che?
 POLIFONTE
                                                      La tua morte?
 ANASSANDRO
 La morte mia?
 POLIFONTE
                              Sol questa
 assicurar mi può la pace e il trono;
 e questo a te richiedo ultimo dono.
 ANASSANDRO
1165O dio! Sì ria mercede a me tu rendi?
 POLIFONTE
 In servire al suo re premio ha il vassallo.
 ANASSANDRO
 Sei re; ma tal ti feci.
 POLIFONTE
                                        E questo è il grande
 delitto da punirsi.
 Reo sei del mio rossor, sinché tu vivi.
 ANASSANDRO
1170Se mi temi vicin, dammi l’esiglio.
 POLIFONTE
 E vicino e lontan sei mio periglio.
 Arcieri, olà, a quel tronco (S’avanzano gli arcieri)
 si consegni il fellon. Ne stringa il nodo
 la sua stessa catena. (Vien legato all’albero)
1175Bersaglio a’ vostri colpi
 l’empio sia tosto. Intenda
 il popolo da voi la sua vendetta.
 Sacrifizio più illustre a sé m’affretta.
 
    De’ vostri dardi
1180sia stabil segno,
 poi de’ miei sguardi
 sia dolce oggetto
 quel core indegno
 del traditor.
 
1185   Io parto, o misero;
 e nel mio aspetto
 risparmio alla tua morte un grande orror.
 
 SCENA II
 
 ANASSANDRO, legato per essere saettato dagli arcieri, e LICISCO
 
 LICISCO
 Qui muor l’empio e non dassi
 a pubblico fallir pubblica pena?
 ANASSANDRO
1190Delle mie scelleraggini ecco il frutto.
 LICISCO
 E ben ne paghi il fio. Spinto dall’ire,
 onde Messene il tuo castigo affretta,
 per chiederlo, qual dessi, a Polifonte,
 qui trassi, o iniquo, il piè.
 ANASSANDRO
                                                  Giusto il confesso.
1195Duolmi che ancor non l’abbia
 chi, di me più perverso, or ne trionfa.
 LICISCO
 Merope ancor morrà.
 ANASSANDRO
                                          Merope, o dio!
 Non morrà che innocente.
 Morrà Epitide ancor; vivrà il tiranno.
1200Misera patria mia, tardi ti piango!
 LICISCO
 Da tronche note alti misteri apprendo
 o almen gli temo. Arcieri
 che messeni pur siete,
 giova al pubblico ben che sol per poco
1205l’irreparabil morte
 si sospenda a costui. Sciolgo i suoi lacci; (Lo scioglie dall’albero)
 lo riconsegno a voi. Non si trascuri
 ciò che il regno riguarda; e poco importa
 che o più presto o più tardi un empio mora.
 ANASSANDRO
1210No, non chiedo perdon, chiedo che ancora
 m’oda Messene e poi morir mi faccia.
 Ella, numi, il protesto,
 ella è più rea di me, se non m’ascolta.
 LICISCO
 Per le più occulte vie
1215guidatelo a’ suoi giudici. Da lunge
 vi seguirò.
 ANASSANDRO
                       Con palesar l’inganno,
 farò ancora tremarti, o mio tiranno. (Si parte)
 
 SCENA IV
 
 LICISCO
 
 LICISCO
 Che intesi mai? Qual torbidezza in petto
 mi si svegliò? Muor Merope innocente.
1220Epitide è in periglio.
 Mi fa pietà la madre, orrore il figlio.
 
    Torbido nembo freme;
 l’alma lo sente e il teme
 e sta pensosa.
 
1225   Perché non ben intende
 ciò che temer la fa,
 o riparar nol sa
 o trascurar non l’osa.
 
 Stanze di Merope.
 
 SCENA V
 
 MEROPE e poi TRASIMEDE
 
 MEROPE
 Cor mio, chiedo a te sol la tua costanza.
1230Questi immensi tuoi mali
 pianger tutti non puoi, pochi non devi.
 Grandezze, libertà, consorte, figli,
 Epitide, che più? La mia vendetta,
 la gloria mia, tutto è perduto. Io moro,
1235non regina, non moglie e non più madre
 ma condannata, invendicata, infame;
 e pur moro fedel, moro innocente.
 TRASIMEDE
 Dal mio volto, o regina,
 e ciò ch’io reco e ciò ch’io soffro intendi.
1240Dato è l’arresto. Invano
 tentai l’indugio. Oggi... Mi manca il core.
 MEROPE
 Intendo, Trasimede;
 l’impostura trionfa. Io morir deggio
 e morir condannata. Ombre dilette,
1245oggi sarò con voi. Vittima pronta
 andrò in breve all’altare e andrò tranquilla.
 Tu con egual costanza
 dillo a’ giudici miei per lor rossore
 e per vendetta mia dillo al tiranno.
 TRASIMEDE
1250Farò quanto m’imponi.
 MEROPE
 Tu piangi? Ah! Se ti resta
 senso de’ mali miei, vendica, o prode,
 d’Epitide la morte.
 Cleone, il più funesto
1255de’ miei nimici, a Stige
 mi preceda o mi giunga. A Trasimede
 quest’ultimo favor Merope chiede.
 TRASIMEDE
 E Merope l’avrà. (Scoppiar mi sento).
 MEROPE
 Di più non chiedo. Assai per me tu oprasti;
1260io per te nulla posso.
 Figlia e moglie di re, vicina a morte,
 son così sventurata
 che ho un solo amico e morir deggio ingrata.
 TRASIMEDE
 Amico nol diresti,
1265se vedessi il mio cor. Reo tu nol sai
 e reo di grave colpa.
 MEROPE
                                       E di qual mai?
 TRASIMEDE
 Chiedilo alla mia stella, a’ tuoi begli occhi,
 al tuo merto, al mio core
 e allor saprai che la mia colpa è...
 MEROPE
                                                              Taci
1270che se appieno t’ascolto
 perdonar più non posso.
 TRASIMEDE
 O perdono! O virtù! (Una guardia di Polifonte dà una lettera a Merope che l’apre subito)
 MEROPE
                                        Che fia? Qual foglio!
 «Merope». A me il tiranno?
 TRASIMEDE
 Quegli è de’ suoi custodi.
 MEROPE
                                                Ed ei qui scrisse. (Legge)
1275«Merope, alla tua morte
 debbo qualche pietà. L’odio, che al rogo
 sopravvive ed all’urna, è troppo ingiusto.
 D’Epitide tuo figlio
 Cleon fu l’assassin. Prove sicure
1280n’ebbi da fido messo». O scellerato!
 «Al tuo giusto dolor farne vendetta
 già ricusai, quando era incerto il colpo.
 Or che l’autor n’è certo, a te lo dono.
 Prendila qual più vuoi. Verrà fra poco
1285Cleon nelle tue stanze. Ivi il tuo figlio
 vendica, ivi il mio re. Così vedrai
 che non è Polifonte
 quel tiranno che pensi e qual lo fai».
 TRASIMEDE
 Gran conforto a’ tuoi mali.
 MEROPE
1290Doverlo a Polifonte assai mi duole.
 Pur non si perda. Trasimede, io voglio
 veder Cleon, fargli temer la morte
 pria ch’ei la senta.
 TRASIMEDE
                                    E appieno
 del suo misfatto assicurar te stessa.
 MEROPE
1295Vanne. Seco mi lascia.
 Poi, s’altro cenno mio non tel divieti,
 fa’ che, in uscir da queste soglie, il fio
 paghi del suo delitto,
 dalla tua spada e dall’altrui trafitto.
 TRASIMEDE
1300Eseguirò l’alto comando.
 MEROPE
                                               Parti.
 TRASIMEDE
 
    Occhi amati, io partirò.
 Per conforto del mio cor,
 vi dimando un guardo solo.
 
    Vendicare allor potrò,
1305con più forza e più valor,
 la mia pena e il vostro duolo.
 
 SCENA VI
 
 MEROPE e poi EPITIDE
 
 MEROPE
 Figlie di giusto sdegno, ire di madre,
 è tempo di vendetta.
 Lunge, o pietà. Cada l’iniquo esangue,
1310all’ucciso mio figlio... Eccolo. Ahi vista!
 EPITIDE
 Per comando real di Polifonte,
 a te vengo, o regina; anzi a te vengo
 per impulso del cor che in te compiange
 l’innocenza tradita.
 MEROPE
1315Di’ che vieni, o crudel, perché il mio pianto
 ti serva di trionfo. Armata d’ira
 volea chiuder nel petto il mio dolore
 e non darti la gloria
 d’un barbaro piacer. Ma al primo sguardo
1320cede l’ira; e più forte
 è al mio pensier l’idea del figlio ucciso
 che agli occhi miei dell’uccisor l’aspetto.
 Godi, perfido, godi. Ecco, il mio pianto
 le gote inonda e intumidisce il ciglio.
1325Inumano assassin! Povero figlio!
 EPITIDE
 L’odo? Non moro? E taccio?
 Perdonami, o regina. È ver. Son reo;
 ma non è la mia colpa
 la morte del tuo figlio. Il duro avviso
1330io te ne diedi e la mia colpa è questa.
 Le lagrime, che spargi,
 tu le spargi per me.
 MEROPE
                                       Per te, spietato,
 vantane il bel trofeo, per te le spargo.
 Ma poco ne godrai. Tremane e senti;
1335pochi, pochi momenti
 ti restano di vita.
 Sul primo uscir di queste soglie, al fianco
 avrai la mia vendetta e la tua morte.
 EPITIDE
 (Ah! Non resisto più; tempo è ch’io parli).
1340Quel figlio che tu piangi...
 MEROPE
 Empio, tu l’uccidesti.
 EPITIDE
 Il tuo Epitide...
 MEROPE
                               Mio? Tu me l’hai tolto.
 EPITIDE
 Madre...
 MEROPE
                   Più tal non sono
 dopo il tuo tradimento.
 EPITIDE
1345Tornerai, se m’ascolti, ad esser madre.
 MEROPE
 Parla.
 EPITIDE
              Epitide vive.
 MEROPE
                                        Il so, tra l’ombre
 del cieco regno.
 EPITIDE
                               Ei vive
 qual tu, qual io; questo è il suo cielo e queste
 sono l’aure ch’ei spira.
 MEROPE
1350È vivo il figlio mio?
 EPITIDE
 Tel giuro; e il vedi; e il senti; e quel son io.
 MEROPE
 Quello tu sei? Ah vile!
 Tu sei Cleon. Del figlio
 sei l’uccisor. La minacciata morte
1355s’è fatta tuo spavento; e per fuggirla,
 mi vorresti ingannar. Ma questa volta
 non ti varrà la frode.
 EPITIDE
                                        Ah madre!...
 MEROPE
                                                                 Taci.
 Sol perché madre son, temer mi dei.
 Non sei mio figlio. Il suo uccisor tu sei.
 EPITIDE
1360Tacerò; morirò. Ma pria ch’io mora
 ti parli Argia. Ti parli
 la mia sposa fedel. Credi all’amante
 ciò ch’al figlio ricusi.
 MEROPE
                                        Olà. Si faccia
 venir qui Argia. Sospendo
1365sol per brevi momenti il tuo destino;
 ma d’Epitide sei l’empio assassino.
 EPITIDE
 
    Quando in me ritroverai
 del tuo affetto il dolce oggetto,
 che farai?
 
 MEROPE
 
                      T’abbraccerò.
 
1370   Ma se il perfido sarai,
 per cui spento è il mio contento,
 che dirai?
 
 EPITIDE
 
                      Io morirò.
 
 SCENA VII
 
 ARGIA ed i suddetti
 
 EPITIDE
 Più non si neghi il figlio ad una madre.
 Parlò la mia pietade,
1375ora parli il tuo amor. Dillo, alma mia,
 cara adorata Argia.
 ARGIA
 A chi parli? Chi sei? Donde in te nasce
 tanta o baldanza o frenesia d’amore?
 Qual, regina, è costui? (Cauti, o mio core).
 EPITIDE
1380Eh, non finger, mio ben. L’arte non giova.
 L’arcano è già svelato;
 tu lo conferma. Io son tuo sposo. Io quegli...
 ARGIA
 Intendo. Un mostro ucciso
 ti dà qualche ragion sovra il mio core.
 EPITIDE
1385No no, di’ che in me vedi
 della Messenia il prence
 e di Merope il figlio;
 di’ ch’Epitide io son.
 ARGIA
                                         No, tu nol sei.
 MEROPE
 Quello non sei. Già certa
1390è la perfidia tua. Parlò l’amante;
 né s’ingannò la madre.
 EPITIDE
 O dio! Ten prego ancora.
 MEROPE
 Non più. Già t’abusasti
 della mia sofferenza.
1395Dal più orribile oggetto
 libera gli occhi miei.
 EPITIDE
 Argia.
 ARGIA
               Non ti conosco.
 EPITIDE
                                             I numi attesto. (Ad Argia)
 ARGIA
 Spergiuro è il traditor. Non ti do fede. (Ad Epitide)
 EPITIDE
 Questo pianto ch’io verso...
 MEROPE
1400Per te lo sparsi anch’io. Non t’ho pietade.
 Parti. Ancor tel comando.
 EPITIDE
 Madre.
 MEROPE
                 Se più resisti,
 vedrò dopo il tuo pianto anche il tuo sangue.
 ARGIA
 (Son crudel per pietà). Parti, o infelice!
 EPITIDE
1405Argia. Merope. O cieli!
 Deh! Per l’ultima volta...
 MEROPE
                                               Ancor t’arresti?
 EPITIDE
 Il tuo sposo son io.
 ARGIA
                                     Più non t’ascolto.
 EPITIDE
 Io sono il figlio tuo.
 MEROPE
                                      Tu me l’hai tolto.
 EPITIDE
 
    Sposa, non mi conosci.
1410Madre, tu non m’ascolti.
 E pur sono il tuo amor, sono il tuo figlio.
 
    Parla... Ma sei infedel. (Ad Argia)
 Credi... Ma sei crudel. (A Merope)
 O dio! Scampo non ho, non ho consiglio.
 
 SCENA VIII
 
 MEROPE e ARGIA
 
 MEROPE
1415Quasi m’intenerì. Quasi sedotta
 il suo pianto m’avea.
 ARGIA
                                         Tutto è bugia.
 MEROPE
 Ne pagherà le pene.
 Anzi in questo momento
 quel cor fellon cade svenato all’ara
1420dell’infelice Epitide tradito.
 ARGIA
 Come? Svenato?
 MEROPE
                                  Sì. Dato era il cenno;
 e fuor di quelle soglie
 al varco l’attendea la mia vendetta.
 ARGIA
 Ah! Va’; corri; sospendi...
 MEROPE
1425Qual pallor? Qual pietà? Tardo è il consiglio.
 Perì l’empio Cleone.
 ARGIA
 E nell’empio Cleon perì il tuo figlio.
 MEROPE
 Che sento? O dei! Cleone,
 Cleone è il figlio mio? Perché tacerlo?
1430Perché negarlo? Amici,
 numi, soccorso. Ah! S’io non giungo a tempo,
 son misera del pari e scellerata.
 
 SCENA IX
 
 POLIFONTE e le suddette
 
 POLIFONTE
 Fermati, arresta il piè, madre spietata.
 MEROPE
 O furia! O traditor!
 POLIFONTE
                                      T’affligge il colpo?
1435Perché darne il comando?
 MEROPE
 Da te ingannata, iniquo mostro e rio.
 POLIFONTE
 Per te Epitide è morto;
 e furia e mostro e traditor son io?
 
 SCENA X
 
 TRASIMEDE e i suddetti
 
 TRASIMEDE
 Regina...
 MEROPE
                    La mia morte
1440compisci, o Trasimede. Il cenno... Il figlio...
 Di’. Parla. A che ammutir?
 TRASIMEDE
                                                   Quanto dovea,
 fido eseguii.
 MEROPE
                          Barbara fede! Iniquo
 cenno! Crudel ministro!
 Misera madre!
 ARGIA
                               Che? Tu l’amor mio, (A Trasimede)
1445tu Epitide uccidesti?
 TRASIMEDE
 Di qual furor...
 MEROPE
                              Carnefice del figlio,
 su, svena ancor la madre.
 Un ferro per pietà. Chi mi dà morte?
 POLIFONTE
 Te la darà fra poco,
1450qual la merti, una scure.
 Argia, duce, si lasci
 costei con le sue furie
 e con l’idea de’ suoi misfatti enormi;
 andiamo ad affrettarle il suo gastigo.
 MEROPE
1455Argia, gli ultimi pianti
 teco anch’io verserò sul figlio amato.
 ARGIA
 Me il tiranno tradì, te l’empio fato. (Si parte)
 MEROPE
 Già reo del sangue mio nel figlio ucciso,
 me, Trasimede, ancor passi il tuo brando.
 TRASIMEDE
1460Io reo? La mia gran colpa è tuo comando. (Si parte)
 MEROPE
 Empio, va’ pur. Non sempre
 ti lasceran gli dei
 lieto fissar sulle mie pene il ciglio.
 POLIFONTE
 L’empia sei tu che trucidasti il figlio.
 
 SCENA XI
 
 MEROPE
 
 MEROPE
1465È dolor, è furor ciò che m’ingombra?
 Dove, dove mi guida?
 Ombre, mostri, chi siete? A che venite?
 Polifonte. Ah tiranno!
 Anassandro. Ah spergiuro!
1470Che turba è quella? Intendo,
 ecco il velo funebre, ecco i ministri.
 Ecco la morte mia. Su, che si tarda?
 
    Il colpo che attendo,
 crudeli, affrettate,
1475piego il capo. Ferite; troncate.
 
 Sposo, figli, messeni,
 moro e moro innocente.
 
    Innocente! Un’empia sei,
 tu che il figlio hai trucidato.
 
1480Perdona, o caro figlio.
 Io credea vendicarti e t’ho svenato.
 
    Escimi tutto in lagrime,
 sangue che ancor dai vita al mio dolor.
 
 Toglietevi, o mie luci, al fiero oggetto,
1485più di morte crudel. Qual ferro è quello?
 In qual seno e’ si vibra? Trasimede,
 ferma. Quegli è mio figlio.
 Caro Epitide, o tanto
 già sospirato e pianto,
1490mio dolce amor, pur salvo
 e ti trovo e t’abbraccio.
 
    Figlio, figlio... Non rispondi?
 Vieni, vieni, ond’io ti baci.
 Perché fuggi? Perché taci?
 
1495O dio! Che mi lusingo?
 Apro al figlio le braccia e l’aure stringo.
 
    Ombra amorosa anch’io
 tosto ti seguirò
 là negli Elisi,
1500solo per abbracciarti,
 o figlio amato.
 
    Allor col pianto mio
 a te mostrar potrò
 ch’io non t’uccisi;
1505ma sol poté svenarti
 il crudo fato.
 
 Salone reale, chiuso nel mezzo da cortine che pendono dal soffitto di esso.
 
 SCENA XII
 
 POLIFONTE, LICISCO e poi TRASIMEDE
 
 POLIFONTE
 Mal fece il tuo signor, mal tu facesti
 tacendo il vero.
 LICISCO
                               Epitide...
 POLIFONTE
                                                   In Cleone,
 lo so, vivea nascosto.
1510Ma perì l’infelice
 dall’empia madre ucciso.
 La colpa e la vendetta
 qui ne vedrai. Poi tosto
 esci dal regno mio.
1515Quel grado, che sostieni e ch’io rispetto,
 ti toglie al regio sdegno.
 LICISCO
 Ubbidirò. (Ma prima
 ne’ tuoi lacci cadrai, tiranno indegno).
 TRASIMEDE
 Signor, tutto è già pronto. Un’alma iniqua
1520qui avrà la pena sua, qui un re la pace.
 POLIFONTE
 Merope ancor non giunge?
 TRASIMEDE
                                                   Il reo va sempre
 con lento passo a morte.
 POLIFONTE
 Strascinata ella venga,
 se volontaria il nega; e collo e mani
1525di funi avvinta traggasi l’indegna
 al sanguinoso altar della vendetta.
 
 SCENA XIII
 
 MEROPE fra guardie e i suddetti
 
 MEROPE
 Merope non aspetta
 d’esser tratta a morir. Libera viene;
 né vuol la regal mano
1530l’oltraggio sofferir di tue catene.
 Su, dov’è la mia morte?
 Da chi l’avrò? Da scure? Io stendo il capo;
 da ferro? Io porgo il seno.
 Sia tosco, fiamma sia, laccio, ruina,
1535qualunque sia, messeni,
 morirò sì; ma morirò regina.
 POLIFONTE
 Tu ostenti per virtù la tua fierezza.
 Ma farò ch’ella tremi.
 Vedi. Colà svenato,
1540e svenato da te, giace il tuo figlio.
 Apri l’infausta scena e fissa un guardo
 su quelle, che pur sono
 trofeo di tua barbarie, orride piaghe.
 Se poi tarda pietà ti chiama ai baci,
1545baciale pur ma con quai leggi or senti;
 sul freddo busto esangue
 mano a man, seno a seno e bocca a bocca
 ti leghino, o crudel, ferree ritorte;
 e tal vivi, sintanto
1550che il cadavere istesso a te dia morte.
 LICISCO
 Sacrilego!
 TRASIMEDE
                      Inumano!
 MEROPE
 Che ascolto! Oimè! Nell’alma
 per qual via non usata entra l’orrore!
 Averno non l’avea, l’ha Polifonte.
 POLIFONTE
1555E per Merope l’abbia.
 Via, che più tardi?
 MEROPE
                                     Al tuo furor si serva.
 Chi sa che al primo sguardo, al primo bacio
 non mora sopra voi, viscere amate.
 O dio! Trema la mano. Il piè s’arretra; (Va per aprire le cortine, poi si ritira)
1560si offusca il guardo. Io non ho cor.
 POLIFONTE
                                                               Non l’hai
 e sì fiera il vantasti?
 Orsù, già t’apro io stesso
 l’apparato letal. Da voi, messeni,
 sia il mio cenno ubbidito.
1565Mira. Epitide è quegli... Ahi! Son tradito. (Al cenno di Polifonte s’alzano le cortine e danno luogo alla vista del rimanente della sala)
 
 SCENA ULTIMA
 
 EPITIDE, ARGIA, ANASSANDRO e i suddetti, seguito di messeni e di soldati
 
 EPITIDE
 Sì. Epitide son io.
 MEROPE
 Deh figlio!
 EPITIDE
                       Or non è tempo. (A Merope)
 Sono tuo re, tuo punitor, tua pena. (A Polifonte)
 Questi delle tue colpe (Accennando Anassandro)
1570è il testimon. Lo raffiguri?
 POLIFONTE
                                                   O stelle!
 Vive Anassandro ancor?
 ANASSANDRO
                                               Vivo, o spergiuro,
 per tuo rossor, per tuo tormento, o iniquo.
 POLIFONTE
 Trasimede, messeni, all’armi, all’armi.
 Al vostro re s’insulta. Ira ed inganno
1575s’armano a’ danni miei.
 TUTTI
                                              Mori, o tiranno.
 POLIFONTE
 Mori! Chi mi difende?
 LICISCO
 O vile!
 POLIFONTE
                Aita.
 ARGIA
                            O traditor!
 POLIFONTE
                                                  Soccorso.
 TRASIMEDE
 Scellerato!
 POLIFONTE
                       Pietade.
 MEROPE
                                         O Polifonte,
 il tuo nome sol basta a dirti il mostro,
1580l’obbrobrio della terra.
 POLIFONTE
                                            È ver. Pietade.
 MEROPE
 Di Cresfonte l’avesti e de’ miei figli?
 POLIFONTE
 Gli uccisi, è ver. Pietade.
 EPITIDE
 L’avrai ma sol da morte. Entro il più chiuso
 della reggia ei sia tratto e là si uccida.
 POLIFONTE
1585Crudel, se così giusta è tua vendetta,
 perché qui non l’adempi?
 EPITIDE
 Ove il padre uccidesti, ove i fratelli,
 tu dei morir. Più orribile a’ tuoi sguardi,
 dove peccasti apparirà la morte.
 POLIFONTE
1590Andiam. Con qualche pace
 morrò da voi lontano.
 Felice me, se meco
 trarre io potessi al baratro profondo
 Merope, Epite e la Messenia e il mondo. (Si parte)
 MEROPE
1595Vada con le sue furie. Impaziente
 già corro ad abbracciarti,
 o figlio.
 EPITIDE
                 O madre!
 MEROPE, EPITIDE A DUE
                                     O gioia! O amore! O vita!
 MEROPE
 Qual dio ti preservò? Chi a me ti rese?
 EPITIDE
 Licisco fu. La morte egli sospese
1600che Trasimede a me vibrava in seno.
 LICISCO
 D’Anassandro il rimorso
 fu la comun salvezza.
 MEROPE
 Perché a me lo tacesti?
 TRASIMEDE
                                            E potea dirlo,
 presente il tuo tiranno?
 ANASSANDRO
                                              Or che gran parte
1605riparai di que’ mali, onde reo sono,
 supplice a’ piedi tuoi chiedo la morte.
 EPITIDE
 L’esiglio ti punisca e ti perdono.
 Trasimede, Licisco, a voi la vita
 debbo e lo scettro, a te, mia sposa, il core,
1610a te, madre, quant’ho, cor, scettro e vita.
 ARGIA
 O sposo!
 MEROPE
                   O figlio!
 TRASIMEDE
                                     O generoso!
 LICISCO
                                                             O degno!
 MEROPE
 Tal da due mostri è per te salvo il regno.
 CORO
 
    Dopo l’orribile
 fiero timor,
1615di pace e giubilo
 s’empia ogni cor.
 
    Vinto è l’orgoglio,
 spento è il terror,
 ove ha la gloria
1620fede e valor.
 
 Il fine della «Merope»