Merope, Venezia, Rossetti, 1711

 ATTO TERZO
 
 Parte di giardino reale con un grand’albero isolato.
 
 SCENA PRIMA
 
 POLIFONTE ed ARGIA
 
 POLIFONTE
 Non arrossir. Cleon piacque al tuo core.
 ARGIA
 Eletto dagli dei degno è d’amore.
 POLIFONTE
 E sì tosto obbliasti il primo amante?
 ARGIA
1110L’infelice è già morto;
 e non ardon le fiamme in fredda polve.
 POLIFONTE
 Ardono, Argia; ma sia Cleon tuo sposo;
 non turberan tue nozze
 del tuo diletto Epitide il riposo.
 ARGIA
1115(Qual favellar?)
 POLIFONTE
                                Non è più tempo, Argia,
 di negar, di tacer ciò ch’è già noto.
 ARGIA
 E che?
 POLIFONTE
                Troppo mi offende il tuo timore.
 A Merope si taccia, iniqua madre,
 e non a Polifonte, anima fida,
1120di Epitide il destin.
 ARGIA
                                       (Stelle!)
 POLIFONTE
                                                         Egli vive,
 lo so, in Cleon. Licisco
 (giova il mentir) me ne affidò l’arcano.
 Viva egli lieto e regni. A me sol basta
 che suo servo mi accetti e suo vassallo.
1125Servir dov’egli dia
 leggi sovrane è la fortuna mia.
 ARGIA
 Signor, che sul tuo cor regno hai più grande
 di quello che rifiuti,
 perdona se ti offese il mio timore.
 POLIFONTE
1130Fu giusto, e ’l lodo, il tuo geloso amore;
 e tal lo custodisci infinché spira
 l’iniqua madre. A lei, se chiede il figlio,
 vivo lo niega e lo compiangi estinto.
 Che se noto a lei fosse il suo destino,
1135spinta da quel furor, con cui trafisse
 e la prole e ’l consorte,
 potria quella crudel dargli la morte.
 ARGIA
 Veggo la tua virtù nel tuo consiglio.
 Tradir la madre è un preservare il figlio.
 
 SCENA II
 
 POLIFONTE e poi ANASSANDRO fra gli arcieri
 
 POLIFONTE
1140Tratto a’ miei cenni ecco Anassandro. È giusto
 tradire il traditore.
 ANASSANDRO
 Eccomi, ma fra’ ceppi e tu nel soglio. (Si ritirano gl’arcieri ad un cenno di Polifonte)
 POLIFONTE
 Son lubriche, Anassandro, e son gelose
 le fortune dei re. La mia vacilla,
1145se tu non la sostieni.
 ANASSANDRO
                                        E che più resta?
 POLIFONTE
 Il più resta, o mio fido.
 ANASSANDRO
 Sai qual cor, sai qual fede...
 POLIFONTE
                                                    E fede e core
 temo che al rio cimento inorridisca.
 ANASSANDRO
 Ho spirto, ho sangue, ho vita
1150da offrirti ancor. Per altri
 esser vile poss’io; per te son forte.
 POLIFONTE
 E s’io chiedessi a te...
 ANASSANDRO
                                          Che?
 POLIFONTE
                                                      La tua morte.
 ANASSANDRO
 La morte mia?
 POLIFONTE
                              Sol questa
 assicurar mi può la pace e ’l trono;
1155e questa a te richiedo, ultimo dono.
 ANASSANDRO
 O dio! Sì ria mercede a me tu rendi?
 POLIFONTE
 In servire al suo re premio ha ’l vassallo.
 ANASSANDRO
 Sei re; ma tal ti feci.
 POLIFONTE
                                        E questo è ’l grande
 delitto da punirsi.
1160Reo sei del mio rossor, finché tu vivi.
 ANASSANDRO
 Se mi temi vicin, dammi l’esiglio.
 POLIFONTE
 E vicino e lontan sei mio periglio.
 Arcieri, olà, a quel tronco (Si avanzano gli arcieri)
 si consegni il fellon. Ne stringa il nodo
1165la sua stessa catena. (Vien legato all’albero)
 Bersaglio a’ vostri colpi
 l’empio sia tosto. Intenda
 il popolo da voi la sua vendetta.
 Sacrifizio più illustre a sé m’affretta.
 
1170   De’ vostri dardi
 sia stabil segno,
 poi de’ miei sguardi
 sia dolce oggetto
 quel core indegno
1175del traditor.
 
    Io parto, o misero,
 e nel mio aspetto
 risparmio a la tua morte un grande orror.
 
 SCENA II
 
 ANASSANDRO, legato per esser saettato dagli arcieri, e LICISCO
 
 LICISCO
 Qui muor l’empio e non dassi
1180a pubblico fallir pubblica pena?
 ANASSANDRO
 De le mie scelleraggini ecco il frutto.
 LICISCO
 E ben ne paghi il fio. Spinto da l’ire,
 onde Messene il tuo gastigo affretta,
 per chiederlo, qual dessi, a Polifonte,
1185qui trassi, o iniquo, il piè.
 ANASSANDRO
                                                  Giusto il confesso.
 Duolmi che ancor non l’abbia
 chi, di me più perverso, or ne trionfa.
 LICISCO
 Merope ancor morrà.
 ANASSANDRO
                                          Merope, o dio!
 Non morrà ch’innocente.
1190Morrà Epitide ancor; vivrà il tiranno.
 Misera patria mia, tardi ti piango.
 LICISCO
 Da tronche note alti misteri apprendo
 o almen li temo. Arcieri
 che messeni pur siete,
1195giova al pubblico ben che sol per poco
 l’irreparabil morte
 si sospenda a costui. Sciolgo i suoi lacci; (Lo scioglie dall’albero)
 lo riconsegno a voi. Non si trascuri
 ciò che il regno riguarda; e poco importa
1200che o più presto o più tardi un empio mora.
 ANASSANDRO
 No, non chiedo perdon, chiedo che ancora
 m’oda Messene e poi morir mi faccia.
 Ella, numi, il protesto,
 ella è più rea di me se non mi ascolta.
 LICISCO
1205Per le più occulte vie
 guidatelo a’ suoi giudici. Da lunge
 vi seguirò.
 ANASSANDRO
                       Con palesar l’inganno
 farò ancora tremarti, o mio tiranno. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 LICISCO
 
 LICISCO
 Che intesi mai? Qual torbido ne l’alma
1210mi si svegliò? Muor Merope innocente.
 Epitide è in periglio.
 Mi fa pietà la madre, orrore il figlio.
 
    Torbido nembo freme;
 l’alma lo sente e ’l teme
1215e sta pensosa.
 
    Perché non ben intende
 ciò che temer la fa,
 o riparar nol sa
 o trascurar non l’osa.
 
 Stanze di Merope.
 
 SCENA V
 
 MEROPE e poi TRASIMEDE
 
 MEROPE
1220Cor mio, chiedo a te sol la tua costanza.
 Degl’immensi tuoi mali
 pianger tutti non puoi, pochi non devi.
 Grandezze, libertà, consorte, figli,
 Epitide, che più? La mia vendetta,
1225la gloria mia, tutto è perduto. Io moro,
 non regina, non moglie e non più madre
 ma condannata, invendicata, infame;
 e pur moro fedel, moro innocente.
 TRASIMEDE
 Dal mio volto, o regina,
1230e ciò ch’io reco e ciò ch’io soffro intendi.
 Dato è l’arresto. Invano
 tentai l’indugio. Oggi... Mi manca il core.
 MEROPE
 Intendo, Trasimede.
 L’impostura trionfa. Io morir deggio
1235e morir condannata. Ombre dilette,
 oggi sarò con voi. Vittima pronta
 andrò in breve a l’altare e andrò tranquilla.
 Tu con egual costanza
 dillo ai giudici miei per lor rossore
1240e per vendetta mia dillo al tiranno.
 TRASIMEDE
 Farò quanto m’imponi.
 MEROPE
 Tu piangi? Ah! Se ti resta
 senso de’ mali miei, vendica, o prode,
 di Epitide la morte.
1245Cleone, il più funesto
 de’ miei nemici, a Stige
 mi preceda o mi giunga. A Trasimede
 quest’ultimo favor Merope chiede.
 TRASIMEDE
 E Merope l’avrà. (Scoppiar mi sento).
 MEROPE
1250Di più non chiedo. Assai per me tu oprasti;
 io per te nulla posso.
 Figlia e moglie di re, vicina a morte,
 son così sventurata
 che ho un solo amico e morir deggio ingrata.
 TRASIMEDE
1255Amico nol diresti,
 se vedessi il mio cor. Reo tu nol sai
 e reo di grave colpa.
 MEROPE
                                       E di qual mai?
 TRASIMEDE
 Chiedilo a la mia stella, a’ tuoi begli occhi,
 al tuo merto, al mio core
1260e alor saprai che la mia colpa è...
 MEROPE
                                                             Taci,
 che se appieno t’ascolto
 perdonar più non posso.
 TRASIMEDE
 O perdono! O virtù! (Una guardia di Polifonte dà una lettera a Merope)
 MEROPE
                                        Che fia? Qual foglio! (L’apre subito)
 «Merope». A me il tiranno?
 TRASIMEDE
1265Quegli è de’ suoi custodi.
 MEROPE
                                                Ed ei qui scrisse. (Legge)
 «Merope, a la tua morte
 debbo qualche pietà. L’odio, ch’al rogo
 sopravive ed a l’urna, è troppo ingiusto.
 D’Epitide tuo figlio
1270Cleon fu l’assassin. Prove sicure
 n’ebbi da fido messo». O scellerato!
 «Al tuo giusto dolor farne vendetta
 già ricusai, quand’era incerto il colpo;
 or che l’autor n’è certo, a te lo dono.
1275Prendila qual più vuoi. Verrà fra poco
 Cleon ne le tue stanze. Ivi il tuo figlio
 vendica, ivi il mio re. Così vedrai
 che non è Polifonte
 quel tiranno che pensi e qual lo fai».
 TRASIMEDE
1280Gran conforto a’ tuoi mali.
 MEROPE
 Doverlo a Polifonte assai mi duole.
 Pur non si perda. Trasimede, io voglio
 veder Cleon, fargli temer la morte
 pria ch’e’ la senta.
 TRASIMEDE
                                    E appieno
1285del suo misfatto assicurar te stessa.
 MEROPE
 Vanne. Seco mi lascia.
 Poi, s’altro cenno mio non tel divieti,
 fa’ che, in uscir da queste soglie, il fio
 paghi del suo delitto,
1290da la tua spada e da l’altrui trafitto.
 TRASIMEDE
 Eseguirò l’alto comando.
 MEROPE
                                               Parti.
 TRASIMEDE
 
    Occhi amati, io partirò.
 Per conforto del mio cor
 vi dimando un guardo solo.
 
1295   Vendicar alor potrò
 con più forza e più valor
 la mia pena e ’l vostro duolo.
 
 SCENA VI
 
 MEROPE e poi EPITIDE
 
 MEROPE
 Figlie di giusto sdegno, ire di madre,
 è tempo di vendetta.
1300Lungi, o pietà. Cada l’iniquo esangue,
 a l’ucciso mio figlio... Eccolo. Ahi vista!
 EPITIDE
 Per comando real di Polifonte
 a te vengo, o regina; anzi a te vengo
 per impulso del cor che in te compiange
1305l’innocenza tradita.
 MEROPE
 Di’ che vieni, o crudel, perché il mio pianto
 ti serva di trionfo. Armata d’ira
 volea chiuder nel petto il mio dolore
 e non darti la gloria
1310di un barbaro piacer. Ma al primo sguardo
 cede l’ira; e più forte
 è al mio pensier l’idea del figlio ucciso
 che agli occhi miei de l’uccisor l’aspetto.
 Godi, perfido, godi. Ecco, il mio pianto
1315le gote inonda e intumidisce il ciglio.
 Inumano assassin! Povero figlio!
 EPITIDE
 L’odo? Non moro? E taccio?
 Perdonami, o regina. È ver. Son reo;
 ma non è la mia colpa
1320la morte del tuo figlio. Il duro avviso
 io te ne diedi e la mia colpa è questa.
 Le lagrime, che spargi,
 tu le spargi per me.
 MEROPE
                                       Per te, spietato,
 vantane il bel trofeo, per te le spargo.
1325Ma poco ne godrai. Tremane e senti.
 Pochi, pochi momenti
 ti restano di vita.
 Sul primo uscir di queste soglie, al fianco
 avrai la mia vendetta e la tua morte.
 EPITIDE
1330(Ah! Non resisto più; tempo è ch’io parli).
 Quel figlio che tu piangi...
 MEROPE
 Empio, tu l’uccidesti.
 EPITIDE
 Il tuo Epitide...
 MEROPE
                               Mio? Tu me l’hai tolto.
 EPITIDE
 Madre...
 MEROPE
                   Più tal non sono
1335dopo il tuo tradimento.
 EPITIDE
 Tornerai, se mi ascolti, ad esser madre.
 MEROPE
 Parla.
 EPITIDE
              Epitide vive.
 MEROPE
                                        Il so, tra l’ombre
 del cieco regno.
 EPITIDE
                               Ei vive
 qual tu, qual io; questo è ’l suo cielo e queste
1340sono l’aure ch’e’ spira.
 MEROPE
 È vivo il figlio mio?
 EPITIDE
 Tel giuro; e ’l vedi; e ’l senti; e quel son io.
 MEROPE
 Quello tu sei? Ah vile!
 Tu sei Cleon. Del figlio
1345sei l’uccisor. La minacciata morte
 si è fatta tuo spavento; e per fuggirla
 mi vorresti ingannar. Ma questa volta
 non ti varrà la frode.
 EPITIDE
                                        Ah madre!...
 MEROPE
                                                                 Taci.
 Sol perché madre son, temer mi dei.
1350Non sei mio figlio. Il suo uccisor tu sei.
 EPITIDE
 Tacerò; morirò. Ma pria ch’io mora
 ti parli Argia. Ti parli
 la mia sposa fedel. Credi a l’amante
 ciò ch’al figlio ricusi.
 MEROPE
                                        Olà. Si faccia
1355venir qui Argia. Sospendo
 sol per brevi momenti il tuo destino;
 ma di Epitide sei l’empio assassino.
 EPITIDE
 
    Quando in me ritroverai
 del tuo affetto il dolce oggetto,
1360che farai?
 
 MEROPE
 
                      Ti abbraccerò.
 
    Ma se il perfido sarai,
 per cui spento è ’l mio contento,
 che dirai?
 
 EPITIDE
 
                      Io morirò.
 
 SCENA VII
 
 ARGIA e li suddetti
 
 EPITIDE
 Più non si nieghi il figlio ad una madre.
1365Parlò la mia pietade.
 Ora parli il tuo amor. Dillo, alma mia,
 cara adorata Argia.
 ARGIA
 A chi parli? Chi sei? Donde in te nasce
 tanta o baldanza o frenesia d’amore?
1370Qual, regina, è costui? (Cauti, o mio core).
 EPITIDE
 Eh! Non finger, mio ben. L’arte non giova.
 L’arcano è già svelato.
 Tu lo conferma. Io son tuo sposo. Io quegli...
 ARGIA
 Intendo. Un mostro ucciso
1375ti dà qualche ragion sovra il mio core.
 EPITIDE
 No no, di’ che in me vedi
 de la Messenia il prence
 e di Merope il figlio.
 Di’ ch’Epitide io son.
 ARGIA
                                         No, tu nol sei.
 MEROPE
1380Quello non sei. Già certa
 è la perfidia tua. Parlò l’amante;
 né s’ingannò la madre.
 EPITIDE
 O dio! Ten prego ancora.
 MEROPE
 Non più. Già ti abusasti
1385de la mia sofferenza.
 Dal più orribile oggetto
 libera gli occhi miei.
 EPITIDE
 Argia...
 ARGIA
                 Non ti conosco.
 EPITIDE
                                               I numi attesto. (Ad Argia e poi ad Epitide)
 ARGIA
 Spergiuro è ’l traditor. Non ti do fede.
 EPITIDE
1390Questo pianto ch’io verso...
 MEROPE
 Per te lo sparsi anch’io. Non t’ho pietade.
 Parti. Ancor tel comando.
 EPITIDE
 Madre.
 MEROPE
                 Se più resisti,
 vedrò dopo il tuo pianto anche il tuo sangue.
 ARGIA
1395(Son crudel per pietà). Parti, o infelice.
 EPITIDE
 Argia. Merope. O cieli!
 Deh! Per l’ultima volta...
 MEROPE
                                               Ancor t’arresti?
 EPITIDE
 Il tuo sposo son io.
 ARGIA
                                     Più non ti ascolto.
 EPITIDE
 Io sono il figlio tuo.
 MEROPE
                                      Tu me l’hai tolto.
 EPITIDE
 
1400   Sposa... non mi conosci.
 Madre... tu non mi ascolti.
 E pur sono il tuo amor. Sono il tuo figlio.
 
    Parla... Ma sei infedel. (Ad Argia)
 Credi... Ma sei crudel. (A Merope)
1405O dio! Scampo non ho, non ho consiglio.
 
 SCENA VIII
 
 MEROPE e ARGIA
 
 MEROPE
 Quasi m’intenerì. Quasi sedotta
 il suo pianto mi avea.
 ARGIA
                                          Tutto è bugia.
 MEROPE
 Ne pagherà le pene.
 Anzi in questo momento
1410quel cor fellon cade svenato a l’ara
 de l’infelice Epitide tradito.
 ARGIA
 Come? Svenato?
 MEROPE
                                  Sì. Dato era il cenno;
 e fuor di quelle soglie
 al varco l’attendea la mia vendetta.
 ARGIA
1415Ah! Va’. Corri. Sospendi...
 MEROPE
 Qual pallor? Qual pietà? Tardo è ’l consiglio.
 Perì l’empio Cleone.
 ARGIA
 E ne l’empio Cleon perì il tuo figlio.
 MEROPE
 Che sento? O dei! Cleone,
1420Cleone è il figlio mio? Perché tacerlo?
 Perché negarlo? Amici,
 numi, soccorso. Ah! S’io non giungo a tempo,
 son misera del pari e scellerata.
 
 SCENA IX
 
 POLIFONTE e le suddette
 
 POLIFONTE
 Fermati, arresta il piè, madre spietata.
 MEROPE
1425O furia! O traditor!
 POLIFONTE
                                      Ti affligge il colpo?
 Perché darne il comando?
 MEROPE
 Da te ingannata, iniquo mostro e rio.
 POLIFONTE
 Per te Epitide è morto;
 e furia e mostro e traditor son io?
 
 SCENA X
 
 TRASIMEDE e li suddetti
 
 TRASIMEDE
1430Regina...
 MEROPE
                    La mia morte
 compisci, o Trasimede. Il cenno... Il figlio...
 Di’. Parla. A che ammutir?
 TRASIMEDE
                                                   Quanto dovea
 fido eseguii.
 MEROPE
                          Barbara fede! Iniquo
 cenno! Crudel ministro!
1435Misera madre!
 ARGIA
                               Che? Tu l’amor mio, (A Trasimede)
 tu Epitide uccidesti?
 TRASIMEDE
 Di qual furor?...
 MEROPE
                                Carnefice del figlio,
 su, svena ancor la madre.
 Un ferro per pietà. Chi mi dà morte?
 POLIFONTE
1440Te la darà fra poco,
 qual la merti, una scure.
 Argia, duce, si lasci
 costei con le sue furie
 e con l’idea de’ suoi misfatti enormi.
1445Andiamo ad affrettarle il suo gastigo.
 MEROPE
 Argia, gli ultimi pianti
 teco anch’io verserò sul figlio amato.
 ARGIA
 Me il tiranno tradì, te l’empio fato. (Parte)
 MEROPE
 Già reo del sangue mio nel figlio ucciso,
1450me, Trasimede, ancor passi il tuo brando.
 TRASIMEDE
 Io reo? La mia gran colpa è tuo comando. (Parte)
 MEROPE
 Empio, va’ pur. Non sempre
 ti lasceran gli dei
 lieto fissar su le mie pene il ciglio.
 POLIFONTE
1455L’empia sei tu che trucidasti il figlio. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 MEROPE
 
 MEROPE
 Sei dolor, sei furor ciò che m’ingombri?
 Dove, dove mi guidi?
 Mostri, spettri, chi siete? A che venite?
 Polifonte. Ah tiranno!
1460Anassandro. Ah spergiuro!
 Che turba è quella? Intendo.
 Ecco il velo funebre. Ecco i ministri.
 Ecco la morte mia. Su, che si tarda?
 
    Il colpo che attendo,
1465crudeli, affrettate,
 piego il capo. Ferite. Troncate.
 
 Sposo, figli, messeni,
 moro, e moro innocente.
 
    Innocente! Un’empia sei,
1470tu che il figlio hai trucidato.
 
 Perdona, o caro figlio.
 Io credea vendicarti e t’ho svenato.
 
    Escimi tutto in lagrime,
 sangue che ancor dai vita al mio dolor.
 
1475Toglietevi, o mie luci, al fiero oggetto,
 più di morte crudel. Qual ferro è quello?
 In qual seno e’ si vibra? Trasimede,
 ferma. Quegli è mio figlio.
 Caro Epitide, o tanto
1480già sospirato e pianto,
 mio dolce amor, pur salvo
 e ti trovo e ti abbraccio.
 
    Figlio, figlio... Non rispondi?
 Vieni, vieni, ond’io ti baci.
1485Perché fuggi? Perché taci?
 
 O dio! Qual mi lusingo?
 Apro al figlio le braccia e l’aure stringo.
 
    Ombra amorosa anch’io
 tosto ti seguirò
1490là negli Elisi,
 solo per abbracciarti,
 o figlio amato.
 
    Alor col pianto mio
 a te mostrar potrò
1495ch’io non ti uccisi;
 ma sol poté svenarti
 il crudo fato.
 
 Salone reale, chiuso nel mezzo da cortine che pendono dal soffitto di esso.
 
 SCENA XII
 
 POLIFONTE, LICISCO e poi TRASIMEDE
 
 POLIFONTE
 Mal fece il tuo signor, mal tu facesti
 tacendo il vero.
 LICISCO
                               Epitide...
 POLIFONTE
                                                   In Cleone,
1500lo so, vivea nascoso.
 Ma perì l’infelice
 da l’empia madre ucciso.
 La colpa e la vendetta
 qui ne vedrai. Poi tosto
1505esci del regno mio.
 Quel grado, che sostieni e ch’io rispetto,
 ti toglie al regio sdegno.
 LICISCO
 Ubbidirò. (Ma prima
 ne’ tuoi lacci cadrai, tiranno indegno).
 TRASIMEDE
1510Signor, tutto è già pronto. Un’alma iniqua
 qui avrà la pena sua, qui un re la pace.
 POLIFONTE
 Merope ancor non giunge?
 TRASIMEDE
                                                   Il reo va sempre
 con lento passo a morte.
 POLIFONTE
 Strascinata ella venga,
1515se volontaria il niega; e collo e mani
 di funi avvinta traggasi l’indegna
 al sanguinoso altar de la vendetta.
 
 SCENA XIII
 
 MEROPE fra guardie e li suddetti
 
 MEROPE
 Merope non aspetta
 d’esser tratta a morir. Libera viene;
1520né vuol la regal mano
 l’oltraggio sofferir di tue catene.
 Su, dov’è la mia morte?
 Da chi l’avrò? Da scure? Io stendo il capo.
 Da ferro? Io porgo il seno.
1525Sia tosco, fiamma sia, laccio, ruina,
 qualunque sia, messeni,
 morirò sì; ma morirò regina.
 POLIFONTE
 Tu ostenti per virtù la tua fierezza.
 Ma farò ch’ella tremi.
1530Vedi. Colà svenato,
 e svenato da te, giace il tuo figlio.
 Apri l’infausta scena e fissa un guardo
 su quelle, che pur sono
 trofeo di tua barbarie, orride piaghe.
1535Se poi tarda pietà ti chiama ai baci,
 baciale pur ma con qual legge or senti.
 Sul freddo busto esangue
 mano a man, seno a seno e bocca a bocca
 ti leghino, o crudel, ferree ritorte;
1540e tal vivi, fintanto
 che il cadavere istesso a te dia morte.
 LICISCO
 Sacrilego!
 TRASIMEDE
                      Inumano!
 MEROPE
 Ch’ascolto! Aimè! Ne l’alma
 per qual via non usata entra l’orrore!
1545Averno non l’avea, l’ha Polifonte.
 POLIFONTE
 E per Merope l’abbia.
 Via, che più tardi?
 MEROPE
                                     Al tuo furor si serva.
 Chi sa che al primo sguardo, al primo bacio
 io non moro su voi, viscere amate.
1550O dio! Trema la mano. Il piè si aretra. (Va per aprir le cortine e poi si ritira)
 Si offusca il guardo. Io non ho cor.
 POLIFONTE
                                                                Non l’hai
 e sì fiera il vantasti?
 Orsù, già t’apro io stesso
 l’apparato letal. Da voi, messeni,
1555sia il mio cenno ubbidito.
 Mira. Epitide è quegli... Ahi! Son tradito. (Al cenno di Polifonte s’alzano le cortine e danno luogo a la vista del rimanente della sala)
 
 SCENA ULTIMA
 
 EPITIDE, ARGIA, ANASSANDRO e li suddetti, seguito di messeni e di soldati
 
 EPITIDE
 Sì. Epitide son io.
 MEROPE
 Deh figlio!
 EPITIDE
                       Or non è tempo. (A Merope)
 Sono tuo re, tuo punitor, tua pena. (A Polifonte)
1560Questi de le tue colpe (Accennando Anassandro)
 è il testimon. Lo raffiguri?
 POLIFONTE
                                                   O stelle!
 Vive Anassandro ancor?
 ANASSANDRO
                                               Vivo, o spergiuro,
 per tuo rossor, per tuo tormento, o iniquo.
 POLIFONTE
 Trasimede, messeni, a l’armi, a l’armi.
1565Al vostro re s’insulta. Ira ed inganno
 s’armano a’ danni miei.
 TUTTI
                                              Mori, o tiranno.
 POLIFONTE
 Mori? Chi mi difende?
 LICISCO
                                             O vile!
 POLIFONTE
                                                            Aita.
 ARGIA
 O traditor!
 POLIFONTE
                       Soccorso.
 TRASIMEDE
                                          O scellerato!
 POLIFONTE
 Pietade.
 MEROPE
                   O Polifonte,
1570il tuo nome sol basta a dirti il mostro,
 l’obbrobrio de la terra.
 POLIFONTE
                                            È ver. Pietade.
 MEROPE
 Di Cresfonte l’avesti e de’ miei figli?
 POLIFONTE
 Gli uccisi, è ver. Pietade.
 EPITIDE
 L’avrai ma sol da morte. Entro il più chiuso
1575de la reggia e’ sia tratto e là si uccida.
 POLIFONTE
 Crudel, se così giusta è tua vendetta,
 perché qui non l’adempi?
 EPITIDE
 Ove il padre uccidesti, ove i fratelli,
 tu dei morir. Più orribile a’ tuoi sguardi
1580dove peccasti apparirà la morte.
 POLIFONTE
 Andiam. Con qualche pace
 morrò da voi lontano.
 Felice me, se meco
 trarr’io potessi al baratro profondo
1585Merope, Epite e la Messenia e ’l mondo. (Parte)
 MEROPE
 Vada con le sue furie. Impaziente
 già corro ad abbracciarti,
 o figlio.
 EPITIDE
                 O madre.
 A DUE
                                     O gioia! O amore! O vita!
 MEROPE
 Qual dio ti preservò? Chi a me ti rese?
 EPITIDE
1590Licisco fu. La morte egli sospese
 che Trasimede a me vibrava in seno.
 LICISCO
 D’Anassandro il rimorso
 fu la comun salvezza.
 MEROPE
 Perché a me lo tacesti?
 TRASIMEDE
                                            E potea dirlo,
1595presente il tuo tiranno?
 ANASSANDRO
                                              Or che gran parte
 riparai di que’ mali, onde reo sono,
 supplice a’ piedi tuoi chiedo la morte.
 EPITIDE
 L’esiglio ti punisca e ti perdono.
 Trasimede, Licisco, a voi la vita
1600debbo e lo scettro, a te, mia sposa, il core,
 a te, madre, quant’ho, cor, scettro e vita.
 ARGIA
 O sposo!
 MEROPE
                   O figlio!
 TRASIMEDE
                                     O generoso!
 LICISCO
                                                             O degno!
 MEROPE
 Tal da due mostri è per te salvo il regno.
 CORO
 
    Dopo l’orribile
1605fiero timor,
 di pace e giubilo
 si empia ogni cor.
 
    Vinto è l’orgoglio,
 spento è ’l terror,
1610ove ha la gloria
 fede e valor.
 
 Fine del drama