Costantino (Pariati), Venezia, Rossetti, 1711

 ATTO QUARTO
 
 Sala imperiale.
 
 SCENA PRIMA
 
 MASSIMIANO e LICINIO
 
 LICINIO
 Miglior tempo n’è d’uopo.
 MASSIMIANO
 Non si regge col tempo un cor audace.
 LICINIO
950Sa Costantin le insidie.
 MASSIMIANO
 Non sa le nostre e nostro
 sarà l’onor del colpo e nostro il frutto.
 LICINIO
 Di Leon manca e di tant’altri il braccio.
 MASSIMIANO
 Non manchi a me l’ardir né a te la fede.
 LICINIO
955Almeno al dì venturo...
 MASSIMIANO
 No, fra l’ombre vicine
 vo’ tentar la mia sorte. È assai men fiero
 per me un presto morir che un tardo impero.
 
 SCENA II
 
 COSTANTINO e li sudetti. Guardie
 
 COSTANTINO
 De l’infame congiura è alfin palese
960l’iniquo autor. Tu meco
 innorridisci, Massimiano, e senti
 da qual man l’empio colpo uscir dovea.
 MASSIMIANO
 Spesso la men sospetta è la più rea.
 COSTANTINO
 Fausta, tua figlia, anch’ella
965complice è de la trama.
 MASSIMIANO
 Fausta!
 COSTANTINO
                 Ah! Nol fosse. Io son da lei tradito;
 ed un perfido amor chiede a l’iniqua
 il sangue d’un augusto e d’un marito.
 MASSIMIANO
 Ahimè! Signore, in Fausta
970risparmia Massimiano. Ella è mia figlia.
 De l’impostura in onta,
 prova di sua innocenza è ’l sangue mio.
 COSTANTINO
 E pur l’ingrata, o dio...
 LICINIO
                                            Ciechi sospetti
 forse, signor, ti fanno...
 COSTANTINO
975Non parlar, traditore.
 LICINIO
 Io?
 COSTANTINO
          Sì, t’infingi invano. Ecco un tuo foglio.
 Lo riconosci?
 LICINIO
                           O cieli!
 COSTANTINO
 Leggi, signor. Vedi s’io mento e vedi (Dà la lettera a Massimiano)
 se ugualmente son rei Licinio e Fausta.
 MASSIMIANO
980(Licinio mi tradia).
 LICINIO
 (O sventura!)
 MASSIMIANO
                            (O perfidia!)
 COSTANTINO
                                                      (O gelosia!)
 MASSIMIANO
 Tuo è questo foglio?
 LICINIO
                                       A Fausta
 dettolo il mio dover.
 MASSIMIANO
                                        Chiami dovere
 mancar di fede? Assassinar spergiuro
985chi in te l’avea? Trar del tuo fallo a parte
 l’augusta figlia? In questo
 io adempio al mio dover? Tu adempi al resto?
 COSTANTINO
 E ben Fausta il compia. Perché nascosto
 fosse con l’empia carta il mio periglio,
990che non fe’? Che non disse? Usai la forza
 e non cedé che a le minacce e a l’onte.
 MASSIMIANO
 O figlia scellerata! O iniqua donna!
 LICINIO
 Signor, la sua virtude...
 COSTANTINO
 L’ha sedotta il tuo amor. Complice teco
995era del tradimento e mel taceste.
 LICINIO
 Di questo tradimento a te ne renda
 ragion tutto il mio sangue. Ella è innocente.
 COSTANTINO
 Taci; la tua difesa è sua condanna.
 LICINIO
 Voi, sommi dei...
 MASSIMIANO
                                  Taci, o fellon. Mal chiami
1000i numi in sua discolpa,
 quando contro di lei parla un tuo foglio.
 LICINIO
 Massimian. Ben m’intendi.
 Non forzarmi a parlar. Fausta mi è cara.
 Tu le sei padre. O più mi temi o taci.
 COSTANTINO
1005No no, da Massimiano
 giudicata ella sia. Siedi. Tu stesso
 qui in breve le sarai giudice e padre.
 MASSIMIANO
 Padre non più ma giudice severo
 qui l’attendo e m’assido. (Siede Massimiano)
1010Siedi tu meco, o Costantino, e giusto
 sostieni l’ira mia col tuo furore! (Siede Costantino)
 Pera chi a te, chi a me fu traditore.
 
 SCENA III
 
 FAUSTA e li sudetti
 
 COSTANTINO
 Vieni, Fausta. Or è tempo, ora è dovere
 ch’il tuo amor qui risplenda.
1015Vedi. Quegli è Licinio,
 tuo difensor, tuo amante. Or via, difendi
 tu ancor la sua innocenza;
 ma ne la sua difesa,
 pensa che parli a un padre e ad un marito
1020vilipeso da te, da te tradito.
 FAUSTA
 Padre e signor, che d’ira grave accesi
 sedete a giudicarmi e figlia e sposa,
 da me non attendete
 le discolpe del duce e non le mie.
1025Quel foglio è nostra accusa. Ei de la nostra
 secreta intelligenza a voi fa fede.
 Ambo siam rei. Comune
 è in entrambi la colpa;
 ma l’averla commessa è nostra gloria.
1030La virtù vi acconsente;
 l’alma non n’ha rimorso;
 e chiamandosi rea, sa ch’è innocente.
 COSTANTINO
 Quale innocenza? Di’, de la congiura
 era capo Licinio. Assassinarmi
1035questa notte ei dovea.
 Noto a Fausta era il colpo e mel tacea.
 FAUSTA
 T’inganni. A te lo giuro.
 D’altra man sovrastava il fatal colpo.
 MASSIMIANO
 Ah! Perfida, da qual? Compisci e parla.
 FAUSTA
1040Più dir non mi è permesso.
 MASSIMIANO
 Mal difendi tacendo
 del tuo amante la vita e l’innocenza.
 Parla. O tutto qui scuopri ’l grave eccesso
 o reo n’è ’l duce e tu pur rea con esso.
 LICINIO
1045Signore, ancor ten priego,
 non forzarmi a parlar. Rispetta in Fausta
 la virtù, per cui tace,
 o Licinio dirà...
 COSTANTINO
                               Che dir potrai?
 MASSIMIANO
 Lascia, lascia ch’ei parli. Udiam sin dove
1050giugnerà il suo furor, la sua insolenza.
 Dacché Fausta macchiò dell’onor mio...
 LICINIO
 Ah! Si rompa una volta
 il silenzio crudel. Fausta, perdona.
 Più soffrir non si dee da’ falli altrui
1055oppressa l’innocenza. Invan tu cerchi,
 cesare, l’empio autor de la congiura.
 Vedilo in Massimiano.
 COSTANTINO
 Massimian mi tradisce?
 FAUSTA
                                               (O dei! Son morta).
 MASSIMIANO
 Il colpo mi sorprende. (Si leva da sedere)
1060Non so che dir. Non so che oppor. Licinio
 accusato mi accusa.
 Su, mio giudice ancor siediti al fianco (A Licinio)
 del tuo augusto e del mio. Reo già mi rende,
 signor, la gloria mia. Reo quel rifiuto
1065che dal crin mi strappò l’augusto alloro.
 Ah! Perfido. Ah! Sacrilego. Vorresti
 veder salva la figlia e morto il padre.
 Vorresti... In sol pensarlo orror ne sento.
 O Fausta! O nozze! O amore! O tradimento! (Ritorna a sedere)
 LICINIO
1070Chi dal trono una volta...
 COSTANTINO
 Non più. Venga Leone. Ei qui risponda (Partono alcune guardie)
 per l’innocenza e l’impietà confonda.
 MASSIMIANO
 A che da’ congiurati
 prova cercar de la mia colpa? Fausta,
1075Fausta or favelli. È tempo
 che, malgrado a natura, amor trionfi.
 Parla, su, dal tuo core
 ogni pietade esiglia;
 e per salvar l’amante
1080scordati d’esser moglie e d’esser figlia.
 Che fai? Che non rispondi?
 FAUSTA
 
    Non rispondo. Mi confondo.
 Rea se parlo, rea se taccio.
 Tutto è colpa al mio pensier.
 
1085   Mi tormenta, mi spaventa
 con un foco, con un giaccio
 il voler e ’l non voler.
 
 SCENA IV
 
 LEONE con le guardie e li sudetti
 
 COSTANTINO
 Nissuno ardisca favellar. Leone,
 più non giova tacer. Da un’empia fede
1090ti assolve il caso. A noi presente or vedi
 l’anima vil per cui peccasti. Un foglio
 te l’addita in Licinio;
 e Licinio l’accusa in Massimiano.
 O colpevole è un solo
1095o son perfidi entrambi;
 tu, pria che cada la fatal sentenza,
 rendi al vero giustizia e all’innocenza.
 LEONE
 Sinché un tiranno estinto
 gloriosa rendea la fellonia,
1100esser potei fellon. Potei la colpa
 nulla stimar, nulla temer la pena.
 Seppi col mio tacer sfidar la morte
 per non tradir la fede,
 da me giurata a chi mi trasse a l’opra.
1105Ma poiché l’innocente
 esser può del furor vittima ingiusta,
 fora omai la mia fé troppo crudele,
 troppo ingiusto, o Licinio, il tacer mio.
 COSTANTINO
  Siegui.
 LICINIO
                  (Respiro).
 FAUSTA
                                       (O dio!)
 MASSIMIANO
1110Parla. Già ti vantasti a me nemico.
 Salva Licinio; e di’ che il reo son io.
 LEONE
 So parlar quando io debbo
 ma non mentir.
 FAUSTA
                                (Aimè! Perduto è ’l padre).
 LICINIO
 Fa’, signor, ch’ei non tardi.
 LEONE
1115Mentir non so. Licinio, il ciel, ch’è giusto,
 mi fa spergiuro. A me perdona e soffri
 che in te d’augusto a l’ire,
 testimon sfortunato,
 il colpevole io mostri.
 LICINIO, FAUSTA
                                          O scellerato!
 LICINIO
1120Io colpevole?
 MASSIMIANO
                           Sì, finger non giova.
 LICINIO
 Io tant’empio! A qual fin l’empia congiura? (A Massimiano)
 Dove l’iniqua trama a te proposi? (A Leone)
 Un colpo così vil quando tentai? (A Costantino)
 COSTANTINO
 Quando? Tu lo scrivesti e non lo sai?
 LEONE
1125Dove? Ne le tue stanze e ne le mie.
 MASSIMIANO
 A qual fin? Per rapire a lui l’impero.
 FAUSTA
 Come voler potea da una rapina
 quello ch’era un tuo dono?
 COSTANTINO
 Nel mio dono la destra
1130di Fausta, ch’il discolpa, ei non stringea.
 Traggansi gli empi altrove.
 E tu, signor, per me, per te punisci
 la perfidia ad un tempo e l’impostura.
 LICINIO
 Senza prova maggiore?
 FAUSTA
                                             (Ahi! Qual cordoglio).
 COSTANTINO
1135Di Leon che ti accusa è prova il foglio.
 LICINIO
 Leone è un reo che mente.
 COSTANTINO
 Con lui vanne a morir.
 LICINIO
                                            Sì, ma innocente.
 
    Meco a la tomba io porto (A Fausta)
 i casti affetti miei;
1140ma tu tradito sei
 e tu sei traditor. (A Leone)
 
 LEONE
 
    Per esserti fedel (A Licinio)
 fui sin con me crudel;
 ma che perisse a torto
1145un innocente afflitto,
 era per me delitto,
 era per te rossor.
 
 SCENA V
 
 COSTANTINO, MASSIMIANO e FAUSTA
 
 COSTANTINO
 Signor, non perché dubbia
 mi fosse la tua fé ma perch’io volli
1150confonder quell’iniquo, a lui sul volto
 trasser Leone i cenni miei.
 FAUSTA
                                                   Signore... (A Costantino)
 COSTANTINO
 Il tuo giudice è quegli. Esso ti ascolti.
 FAUSTA
 Padre...
 MASSIMIANO
                  Vo’ ancor udirla. (A Costantino) . A che mi chiami?
 FAUSTA
 Padre, stancar tu vuoi col tuo furore (In disparte a Massimiano)
1155la mia virtù, la mia pietà. Se parlo,
 tu sei perduto.
 MASSIMIANO
                              Il so, fosti sedotta (Alzando la voce)
 dal traditor. Umil qui taci e spera
 dal suo affetto e dal mio forse il perdono.
 FAUSTA
 (Anche dal genitor tradita io sono).
 MASSIMIANO
1160Costantin, quel suo duolo
 già l’addita men rea. Mora l’indegno,
 che l’ha sedotta, e tornerà innocente.
 COSTANTINO
 Io tel confesso, o Massimiano. In lei
 sinora odiar non so che la sua colpa.
1165Seco rimanti. In brieve
 ne le sue stanze ancora
 la rivedrò. Felice,
 se qual me la prometti a me la rendi.
 MASSIMIANO
 Tale l’avrai. Qui non udirla e mostra
1170per terror del suo fallo ira più forte.
 COSTANTINO
 Solo al tuo braccio, o Massimian, mi affido;
 veglia per me. Tu me difendi; e salva
 con la pena degli empi il viver mio.
 FAUSTA
 Se non credi a l’amor, deh! credi al zelo
1175di me tua sposa. Il rischio tuo sapesti;
 ma il nemico non sai. Temilo in tutti.
 Veglia tu stesso in tua salvezza attento;
 e cauto in ogni destra, in ogni core
 sospetta il traditore e ’l tradimento.
 COSTANTINO
1180La tua perfidia è il mio maggior spavento.
 
    Ciò che più m’agita l’alma sdegnata
 è solo, o ingrata,
 è solo, o perfida, il tuo furor.
 
    Sarei men misero, s’a’ danni miei,
1185con gli altri rei,
 non fosse barbaro anche il tuo cor.
 
 SCENA VI
 
 MASSIMIANO e FAUSTA
 
 MASSIMIANO
 Fausta, siam soli.
 FAUSTA
                                   E Fausta il padre accusa
 ma solo a Massimian. Signor, potrai,
 fatti rei del tuo fallo,
1190strascinar gl’innocenti a la tua pena?
 Deh! Se l’empio destino... (S’inginocchia)
 MASSIMIANO
 Sorgi. Indegno di augusta...
 FAUSTA
 No no, signor. Dacché tu rea mi fai,
 non son più augusta. Un atto illustre imploro
1195di tua virtù. Togli Licinio al rischio.
 Salva la gloria tua, salva la mia;
 né far che disperata
 o ingrata figlia o infida sposa io sia.
 MASSIMIANO
 Fausta, vivrà Licinio e tu con esso;
1200ma de la vostra sorte
 il prezzo è tal. Di Costantin la morte.
 FAUSTA
 Ahi! Di mio sposo a me lo salvi il nome.
 MASSIMIANO
 Quel di cesare mio troppo il condanna.
 Morto lo voglio. In questa notte, in questa
1205ei cadrà. Le tue stanze
 ne fien la scena. A l’opra
 serve Leon. Tu la rispetta. Addio.
 FAUSTA
 Egli è mio sposo.
 MASSIMIANO
                                  E padre tuo son io.
 FAUSTA
 Lo so, signor, lo so; ma queste amare
1210lagrime del mio cor potran ben tanto...
 MASSIMIANO
 Voglio il sangue di lui, non il tuo pianto.
 FAUSTA
 No, non l’avrai. Già dal tuo petto al mio
 passan le furie. A Costantino io stessa
 ti accuserò. Mi scorderò qual nacqui
1215per serbarmi qual sono. Empia mi vuoi?
 Empia sarò ma non sarò infedele;
 e mi vedrà il marito,
 anzi che moglie rea, figlia crudele.
 MASSIMIANO
 Va’, cieca donna, va’. Non crede augusto
1220di Licinio a le accuse
 e crederà a le tue? Me ne difende
 con la sua gelosia l’intera fede
 e ’l poter ch’ei mi presta. Ecco sicura
 quella, che tu detesti, illustre idea.
1225Risolvi. Ove tu parli,
 morrà Licinio. Alma sì cruda avrai?
 Morrà Licinio; e tu con lui morrai.
 FAUSTA
 Misera, che far deggio? I tuoi furori...
 MASSIMIANO
 Non più. Questa è la legge. O taci o mori.
 
 SCENA VII
 
 FAUSTA ed EMILIA
 
 FAUSTA
1230Fati crudeli!
 EMILIA
                          Augusta,
 Leon, che in Massimiano
 il giudice e ’l nemico aver dovria,
 dal giudice ha lo scampo,
 del nemico ha il favor. Libero il vidi.
 FAUSTA
1235(Mio timor, tu mi uccidi).
 EMILIA
 Il vidi; e in questa notte alle tue stanze
 mi richiese l’ingresso.
 FAUSTA
 L’ingresso! (Ahi sposo! Ahi padre!) E ’l promettesti?
 EMILIA
 Per tradir, se ti giova, il traditore.
 FAUSTA
1240Si minaccia in quell’ore il sen d’augusto.
 EMILIA
 A cesare si scuopra
 il tempo, il loco, il braccio, ond’è tradito.
 Teco sarò a l’accusa. Io teco a l’empio
 rinfaccerò la colpa.
1245Andiam. Non soffre indugi un mal estremo.
 FAUSTA
 Ferma. Non è Leone il solo rischio
 di Costantino. Un reo più forte io veggio.
 EMILIA
 Si accusi il traditor.
 FAUSTA
                                       Tradir nol deggio.
 EMILIA
 T’intendo. Egli è Licinio.
 FAUSTA
1250Tanto mai non osò quell’infelice.
 EMILIA
 Eh! Dillo. Egli è Licinio. In me confida.
 Parla; salvo il vorresti?
 Salvo ei sarà. Fausta l’imponga. Emilia
 ha forza e libertà, fede e valore.
1255Parla. È tua questa man, tuo questo core.
 FAUSTA
 Licinio è il mio spavento,
 non perché reo, perché innocente; ed io,
 se lo salvo, l’uccido.
 Se il colpevole accuso, iniqua sono;
1260son rea se il taccio. Inique stelle, avete
 influssi più funesti? Ogni virtude
 è una furia al mio core. Ogni dovere
 fassi mio tradimento. Ogni mio scampo
 diventa fellonia. Son senza colpa;
1265ma tu, barbaro ciel, voi, stelle ingrate,
 perfida mi volete, empia mi fate.
 
    Alma, di’, che far si può?
 Tuo spavento, tuo duolo, tua colpa
 è il rispetto, l’amor, la pietà.
 
1270   Che risolvo? Ancor nol so.
 Il dover, la virtù, la discolpa
 è rimorso, è delitto, è viltà.
 
 SCENA VIII
 
 EMILIA
 
 EMILIA
 Tutto a Fausta degg’io. Le sue sventure
 voglion la mia pietà. Non basta. A lei
1275deggio un pronto soccorso.
 Pensier ch’ora mi accendi,
 cresci né ti spaventi il sesso mio.
 Sei grande assai per non temer la sorte;
 e a me basta il mio cor per esser forte.
 
1280   Vasta nave in mar turbato
 ben sovente chiede aita
 a un’ardita navicella.
 
    Vola questa e toglie quella
 al furor del nembo irato
1285e a l’orror della procella.
 
 Fine dell’atto quarto