Zenobia in Palmira, Barcellona, Figueró, [1708]

 ATTO SECONDO
 
 Atrio.
 
 SCENA PRIMA
 
 DECIO e FARNACE
 
 DECIO
465Tu ’l vedi, a’ voti ingiusti è sordo il cielo.
 FARNACE
 Ciò che nuoce al nemico è sempre giusto.
 DECIO
 Anche la fellonia?
 FARNACE
 Chi vassallo non è, non è fellone.
 DECIO
 Suddito di Odenato
470ti fe’ la sua vittoria; e poiché tenti
 de’ suoi popoli il cor, sei un ingrato.
 FARNACE
 Men ardito favella.
 DECIO
                                     Opra più saggio.
 FARNACE
 L’ingegno e ’l braccio al mio signor degg’io.
 DECIO
 Va’, poiché manca il braccio, usa l’ingegno.
475La fé de’ Palmireni,
 l’amicizia di augusto e degli Assiri
 sono facili acquisti. A che più tardi?
 Vanne. Fa’ che Sapor regni e trionfi.
 FARNACE
 Regnò finora e ne fur grati i cenni.
 DECIO
480Temea ma non amava alor Palmira.
 FARNACE
 Darà nuovo timor la nuova forza.
 DECIO
 Vinse Odenato e minacciar pur vuoi?
 FARNACE
 Chi ne accetta il regnar?
 DECIO
                                               L’amor de’ suoi.
 
    È la fede ognor contenta
485s’è seggetta a un vero amor.
 
    Forza altrui non la spaventa;
 né l’alletta altrui favor.
 
 FARNACE
 Non cedo e nuovo ardir amor mi detta.
 DECIO
 Nobile amor sdegna le frodi. Ei chiede...
 FARNACE
490Dal mio rival consigli?
 DECIO
 Tuo rival ma romano.
 FARNACE
 Perciò di Aspasia indegno.
 DECIO
 La bella io qui rispetto; e degno altrove
 me ne vedrà quel cor superbo e vile.
 FARNACE
495In Farnace viltà? L’acciar... (Dà mano alla spada)
 DECIO
                                                     Risponda (Vedendo Aspasia che sopraviene)
 a l’atto temerario Aspasia offesa.
 
 SCENA II
 
 ASPASIA e li suddeti
 
 ASPASIA
 Farnace contra Decio?
 FARNACE
 Le tue giuste vendette ei mi contrasta.
 ASPASIA
 Decio sia men amante o men nemico. (A Decio)
 DECIO
500Ti serva ei col valor, non con l’inganno.
 FARNACE
 Parlami con quel ferro. (Va verso Decio)
 ASPASIA
 Tant’ira da Farnace io non pretendo;
 né si cerca il mio cor di Decio in seno.
 FARNACE
 Il so. Ti duol ch’ora in periglio ei sia.
 ASPASIA
505Vendetta io vo’ da te, non gelosia.
 FARNACE
 Ma qual vendetta attendi?
 DECIO
 Degna di lui, degna di te. Sedurre
 di Odenato i vassalli
 non è virtù ma tradimento e frode.
 FARNACE
510Lice ogni via, se a grande impresa è scorta.
 ASPASIA
 Ma perde de l’impresa il frutto e ’l merto
 chi la tentò senza guardar l’arcano.
 DECIO
 Meglio pensa. D’altr’opre Aspasia è ’l prezzo.
 ASPASIA
 Ma tu che oprasti, di’, per meritarmi? (A Decio)
 FARNACE
515Io lo dirò. Con l’armi...
 ASPASIA
 Taci. (Purtroppo il so). Di’, che facesti?
 DECIO
 Nulla, se vil mi brami,
 tutto se un vero amore in me tu guardi.
 FARNACE
 Ma qual merto ha l’amor? (A Decio)
 ASPASIA
                                                   So dirlo anch’io. (A Farnace)
520Ma qual merto ha l’amor che nulla giova? (A Decio)
 DECIO
 Quello di non poter, se l’impotenza
 è figlia de l’onore. Amar potresti
 Decio fatto infedele?
 E Decio traditor saprebbe amarti?
 ASPASIA
525(Magnanima discolpa!) Amami e parti.
 DECIO
 
    Luci belle, io v’amo, sì;
 ma l’impegno de l’onore
 amo ancora al par di voi.
 
    Il dover amar così
530è una legge di quel core
 che hanno in seno i grandi eroi.
 
 SCENA III
 
 ASPASIA e FARNACE
 
 FARNACE
 Gran zelo e vero amante!
 ASPASIA
 D’altro parliam. Dispera i nostri voti
 la costante Palmira. A l’onta mia
535si dee miglior riparo.
 FARNACE
 Mora, mora Odenato.
 ASPASIA
 Sarò sciolta perciò? Sarò placata?
 Cadran tutti con esso i miei nemici?
 FARNACE
 Seco pera anche Decio.
 ASPASIA
                                             Empio, che dici?
 FARNACE
540Empio sarò per Decio. Aspasia veggo.
 ASPASIA
 Vedi Zenobia. Ella è in Palmira e aggiugne
 la sua presenza un crudo scherno al danno.
 Nemica l’odio e non rival. Mi sprona,
 più del bel che mi usurpa, il mal ch’io soffro.
 FARNACE
545Cadrà Zenobia, il giuro.
 ASPASIA
 La salvi dal tuo sdegno il di lei sesso.
 Cercano i torti miei sfogo maggiore.
 FARNACE
 Ma qual? Che far potrei?
 ASPASIA
 Pensa; è sagace alor ch’è grande amore.
 
550   Pensa che m’ami;
 altro non è l’amor che un bel servir.
 
    Sveglia nel sen l’ardir
 e, se tu vuoi saper quello ch’io brami,
 pensa che m’ami.
 
 FARNACE
555Pensai. Nel real parco oggi la caccia
 vuole Odenato. Io là ben cauto i miei,
 che meco han libertà, trarrò in aguato.
 Tu al mio fianco sarai. Zenobia ed esso
 cadranno in tuo potere; e ’l fido legno,
560ch’io disporrò dove vicino al bosco
 corron l’onde del Tigri,
 trarrà con noi di tua vendetta i pegni.
 ASPASIA
 Ma Decio? S’ei riman, potrà seguirne
 con maggior stuolo e a noi ritor la preda.
 FARNACE
565L’ucciderò.
 ASPASIA
                        No, vo’ ch’ei viva e veda
 ch’anche ne l’ira estrema ho regio il core.
 FARNACE
 Fingi virtù ma in te favella amore.
 ASPASIA
 Deh, non perdiam l’ore propizie.
 FARNACE
                                                              Io parto.
 ASPASIA
 Anche Decio.
 FARNACE
                           Il rival?
 ASPASIA
                                            Non più. Ubbidisci,
570meglio che al tuo sospetto, al cenno mio.
 Anche Decio.
 FARNACE
                           Anche Decio. Aspasia, addio.
 
    S’ei nemico ti siegue in catene,
 darò pace al geloso furor.
 
    Ma s’ei viene rival del mio amore,
575per levar da quel core la spene
 trar saprò da quel petto quel cor.
 
 SCENA IV
 
 ASPASIA e poi ZENOBIA e ODENATO
 
 ASPASIA
 Si lusinghi Farnace; o bella sorte,
 se agl’amanti superbi i lacci io rendo,
 e più bella se Decio... Io taccio e fingo. (Vedendo Zenobia e Odenato)
 ODENATO
580Bella Aspasia...
 ASPASIA
                               Eh, signor, Zenobia è bella.
 ZENOBIA
 Ragion vuol ch’egli onori
 col tuo volto il tuo nome.
 ASPASIA
                                               Io non son quella.
 Negletta e prigioniera...
 ODENATO
 Tal più non sei. Ti giovi ed a te piaccia
585ch’oggi la real caccia
 abbia il fasto maggior dagl’occhi tuoi.
 ASPASIA
 Mi arride il cielo. Io là verrò, se vuoi.
 ZENOBIA
 Vieni, ma lieta, e l’ire acerbe ammorza.
 ASPASIA
 Lieta dov’è Zenobia? Un’alma grande
590non soffre senz’orror pubbliche l’onte;
 né più mi fermo, ove del mio rifiuto
 e la cagione e ’l reo presenti io veggio.
 ZENOBIA
 Così?
 ASPASIA
              Così.
 ODENATO
                          Placa il furor.
 ASPASIA
                                                     Nol deggio.
 
    Son offesa; e sol mi resta
595de lo sdegno e del dolore
 l’infelice libertà.
 
    Tormi questa
 è un ingiuria e par favore,
 è un rigore e par pietà.
 
 SCENA V
 
 ODENATO e ZENOBIA
 
 ZENOBIA
600Bella è Aspasia ma fiera.
 ODENATO
 Né l’amo né la temo. Io tuo mi giuro.
 ZENOBIA
 Pensi ch’io ne diffidi? Entro il mio petto
 non giugne un basso affetto. Ella pretese;
 ma la tua fé m’accerta. Un core augusto
605arderà sempre per chi pria l’accese.
 ODENATO
 Tu l’accendesti e per te avvampa il mio.
 ZENOBIA
 Così pur ardo anch’io.
 Ma donde la tua vampa?
 ODENATO
 Ne fu l’esca primiera il tuo gran nome,
610l’altra stirpe e ’l saper che, appena uscita
 del terzo lustro, hai tanta gloria in fronte.
 Ma poiché giunse il guardo ove giungea
 sol con amor la speme, il foco crebbe;
 e ’l cor desia che nel suo ardore accenda
615un reale imeneo le sacre tede.
 ZENOBIA
 Facciasi. I voti tuoi
 sono la gloria ed il piacer de’ miei.
 ODENATO
 Sorte beata!
 ZENOBIA
                          (Ah! Che sovvienmi, o dei!)
 ODENATO
 Che? Si turban degl’occhi i rai vivaci?
 ZENOBIA
620(Voto crudele!)
 ODENATO
                               Impallidisci e taci?
 Teco sarò, meco sarai felice.
 ZENOBIA
 Più non giova e non lice.
 ODENATO
 Ma chi s’oppone?
 ZENOBIA
                                   Il fato.
 ODENATO
 Come? Per Odenato
625non arde il tuo bel core?
 ZENOBIA
 Arde; ma ’l mio dover l’empie di gelo.
 ODENATO
 Parla almen. Qual dover?
 ZENOBIA
                                                 Chiedilo al cielo.
 
    Del tuo cor, del tuo sembiante
 sono amante ed ho costanza;
630ma speranza poi non ho.
 
    Dir chi l’abbia a me rapita,
 dolce vita, amato bene,
 non conviene e non si può.
 
 ODENATO
 Ah! Se non parli, io moro.
 ZENOBIA
635Tempo migliore aspetta.
 Lascia che al nostro duol l’aura s’avvezzi.
 Avrem più forza alora,
 io per scoprir, tu per saper l’arcano.
 ODENATO
 (Che mai sarà?). Svelami...
 ZENOBIA
                                                    Parti e temi,
640se non la mia sciagura, il tuo dolore.
 ODENATO
 Nol so temer, se non lo fa il tuo core.
 
    Non teme al mare in sen scoglio o procella
 chi siegue la sua stella e in lei s’affida.
 
    Col raggio suo seren ella il conforta;
645nel rischio ella lo scorta e in porto il guida.
 
 SCENA VI
 
 ZENOBIA
 
 ZENOBIA
 Destin... Ma che favelli?
 Lagnati di Zenobia, o core amante,
 non del fato innocente.
 Essa fe’ la tua pena. Essa ti tolse
650la bella libertà d’esser felice.
 Sì sì, sono mie colpe i fasti miei;
 e mi trovo più rea, dacché ravviso
 il prezzo di quel ben che già perdei.
 
    Tale incauto l’usignuolo
655da sé stesso anch’ei talora
 s’imprigiona e non lo crede.
 
    Ma se poscia ei tenta il volo
 verso il ciel che l’innamora,
 de’ suoi lacci alor s’avvede.
 
 SCENA VII
 
 Parco reale con collina da un lato e ’l fiume Tigri dall’altro. Sopra d’esso, ponte magnifico e folto bosco in lontano. Nave sul fiume.
 
 DECIO
 
 DECIO
660Su l’orme di Farnace
 veglio cauto e fedele. Io qui d’intorno
 ogni varco spiar più volte il vidi.
 Veggo sul vicin fiume
 un legno sconosciuto.
665Qualche insidia si trama.
 Nulla teme colui che nulla spera;
 ma tutto fa temer chi nulla teme.
 Tengono il vicin colle i miei romani,
 pronti al cenno primiero. Ei venga. Ei tenti.
670Di Odenato in diffesa
 la mia fama sarà, sarà il mio zelo.
 Sempre è custode a re, ch’è giusto, il cielo.
 
    Sempre lieti e sempre amici
 prova gl’altri un giusto re.
 
675   S’ei fa i popoli felici,
 vuole il fato
 che lo renda fortunato
 de’ suoi popoli la fé.
 
 SCENA VIII
 
 FARNACE con seguito de’ persiani
 
 FARNACE
 Amici, è questo il campo
680de la comun vendetta. A lei vi sprona
 non l’odio di Farnace
 ma ’l rifiuto d’Aspasia,
 la perduta conquista,
 de la Persia il decoro e l’onor vostro.
685Un colpo io vi dimando
 che val mille vittorie. Andiamo, amici;
 e sia per farlo audace
 esempio al vostro cor quel di Farnace.
 
    Ho l’ira qual saetta
690che nulla mai rispetta
 e nulla sa temer.
 
    Un rischio a me non basta.
 E a me chi più contrasta
 più sente il mio poter.
 
 SCENA IX
 
 ODENATO, ZENOBIA ed ASPASIA con dardi in mano
 
 ZENOBIA
695Principessa, che pensi? È tema o sdegno
 la ritrosia del passo?
 ODENATO
 Vieni e la caccia onora. (Guardando d’intorno)
 ASPASIA
 Vengo. (Ma Decio qui non veggo ancora).
 ZENOBIA
 Se hai spavento di fiere, a me ti accosta.
700Zenobia ti assicura.
 ASPASIA
 La fiera, che m’insulta,
 è Zenobia felice.
 ZENOBIA
                                 (Ahi! Fosse vero).
 ASPASIA
 È Odenato superbo.
 ODENATO
 Deh! Frena l’odio acerbo.
 ASPASIA
705Frenar nol dee che la vendetta.
 ZENOBIA
                                                          O dio!
 La vuoi? L’avrai.
 ASPASIA
                                  Da chi?
 ZENOBIA
                                                   Dal voto mio.
 ASPASIA
 (Né giunge Decio). (Come sopra)
 ODENATO
                                       Or puoi svelar l’arcano.
 ZENOBIA
 Attendi uopo migliore e datti pace.
 ASPASIA
 (Un sollecito ardir temo in Farnace).
 
 SCENA X
 
 DECIO e li suddetti
 
 DECIO
710(Non m’ingannai. Lo vidi).
 ODENATO
 Duce, Aspasia ti chiede.
 DECIO
 (Tenta insidie Farnace). Eccomi, o bella.
 ZENOBIA
 Tu cauto la diffendi. (A Decio)
 ODENATO
 E poi resti tua preda. (Ad Aspasia)
 ASPASIA
                                           (Il cor lo spera).
 DECIO
715Avrem prede più illustri; e qui vedrai
 doma cader la più superba fiera.
 ASPASIA
 (Che più tarda Farnace?) (Guardando)
 ODENATO
 Siegua or lieta la caccia; e in essa accenda
 e più chiara e più bella amor la face.
 
 CORO A QUATTRO
 
720  Impari dalla caccia
 i suoi trionfi amor.
 
 ODENATO
 
    Da voi, pupille arciere, (A Zenobia)
 apprenda questo dardo
 de’ colpi il bell’onor.
 
 ZENOBIA
 
725   Cadran tutte le fiere, (Ad Odenato)
 se volgi a lor quel guardo
 che mi ha piagato il cor.
 
 CORO
 
    Impari dalla caccia
 i suoi trionfi amor.
 
 DECIO
 
730   A te ogni fiera cede (Ad Aspasia)
 e vinta già si chiama
 dal tuo gentil valor.
 
 ASPASIA
 
    Ma tu fra l’altre prede (A Decio)
 sei quella che più brama
735il dolce mio rigor.
 
 CORO
 
    Impari dalla caccia
 i suoi trionfi amor.
 
 Segue il ballo de’ cacciatori e cacciatrici.
 
 SCENA XI
 
 FARNACE con suoi persiani e li suddetti
 
 FARNACE
 Or ne la caccia il mio furor trionfi.
 DECIO
 Invano. A voi miei fidi. (Fa il cenno a’ romani che escono dalla parte della collina. I primi si pongono in fuga e Zenobia si avventa addosso a Farnace col dardo)
 ODENATO
740Empio ardir!
 ASPASIA
                            Fier destin!
 ZENOBIA
                                                    Cedi, o fellone.
 FARNACE
 Ah codardi! (Verso i suoi che fuggono)
 DECIO
                          Non più, rendi quel ferro. (Tenendogli la spada al petto)
 FARNACE
 Pria la vita che l’armi. (In atto di diffesa)
 ODENATO
 E con l’armi la vita.
 FARNACE
 Perfido ciel!
 ZENOBIA
                          Lascia l’acciar. (Lo incalza e lo disarma)
 FARNACE
                                                       Son vinto.
 ODENATO
745Perdi tutto l’ardir.
 FARNACE
                                    Non tutto il core.
 Ne ho tanto ancor che basta
 per vantar l’alta impresa. Io teco, teco
 e Zenobia e costui rapir volea
 fra le perse catene. Or se il destino
750vuol che infelice il mio pensier si scuopra,
 al dispetto del caso ancor mi resta
 la gloria de l’idea, se non de l’opra.
 ZENOBIA
 Iniquo vanto!
 ODENATO
                            Infame gloria! Or ora
 traggasi a’ lacci ed ivi aspetti e vegga
755un estremo fallir la pena estrema.
 FARNACE
 L’aspetto e la vedrò ma senza tema. (Parte condotto da’ romani)
 DECIO
 Era quella la fiera, era la preda.
 Conobbi le sue frodi e le prevenni.
 ODENATO
 Al tuo valor la libertà degg’io.
 ZENOBIA
760E l’egual benefizio onoro anch’io.
 ASPASIA
 (Soffri, sdegnato cor. Quel che tu adori
 le vendette ti toglie).
 Si perdoni a Farnace. (A Odenato)
 ZENOBIA
 Non perdoni a Odenato ed è innocente;
765e ’l traditor difendi?
 ASPASIA
 Aspasia in lui si onori.
 ODENATO
                                            Assai ti onoro
 col non crederti rea del suo delitto.
 DECIO
 Non credo in lei così crudel desio.
 ASPASIA
 Non mi discolpo e non mi accuso. Addio.
 ODENATO
770Decio verrà. Di te tal guida è degna. (Ad Aspasia)
 Va’; e col tuo amor men crudeltà le insegna. (A Decio)
 ASPASIA
 
    Una nobile fierezza
 crudeltà chiamar non so.
 
    Più crudele è chi mi sprezza
775e più fier chi mi oltraggiò.
 
 SCENA XII
 
 ODENATO e ZENOBIA
 
 ODENATO
 Siam soli. È tempo, o cara,
 ch’io sappia il mio destin.
 ZENOBIA
                                                  Brama, che affretta
 gli affanni tuoi, troppo raddoppia i miei.
 ODENATO
 Ho cor per le sciagure.
 ZENOBIA
780S’hai grande amor, quella che cerchi è grande.
 ODENATO
 La pavento maggior, se non mi è nota.
 ZENOBIA
 Deh! Perdona a l’amor, perdona al zelo
 ch’or a te la nasconde.
 Basti a me del saperla e ’l duolo e ’l danno,
785senza quello di dirlo;
 e lascia che sia mio tutto il dolore.
 ODENATO
 No, la doglia e ’l piacere
 divider suol con chi ben ama amore.
 ZENOBIA
 Basta, basta così. Mi fanno audace
790i rimproveri tuoi. Senti.
 ODENATO
                                               Ti ascolto.
 ZENOBIA
 (O dio! Vorrei pur dirlo e non vorrei).
 ODENATO
 Parla, se m’ami.
 ZENOBIA
                                 E perché t’amo, io parlo.
 T’amo; ma ch’io sia tua, che tu sii mio
 non lice che al desio.
 ODENATO
795Chi possiede il tuo cor?
 ZENOBIA
                                             Solo Odenato.
 ODENATO
 Or a me chi ti toglie?
 ZENOBIA
 Io stessa a te m’involo.
 ODENATO
 Ami dunque altr’oggetto?
 ZENOBIA
 Fosti il mio solo amor e ’l sarai solo.
 ODENATO
800Mi assicuri, se parli;
 e poi turbi, se taci, il mio riposo.
 ZENOBIA
 Ahi! Senza tuo dolor, senza tuo rischio
 esser puoi l’amor mio, non il mio sposo.
 ODENATO
 Chi n’è cagion?
 ZENOBIA
                               La mia giurata fede.
 ODENATO
805Fede giurata? A chi? Rispondi.
 ZENOBIA
                                                           Ai numi.
 ODENATO
 Del mio goder rivale il cielo? E come?
 ZENOBIA
 Odi e fa’ cor. Dal fasto mio rapita,
 a’ numi protestai, promisi e, o dio!
 giurai che al seno mio degno consorte
810stringerei sol quel forte
 che me vincesse in singolar cimento.
 ODENATO
 O protesta! O promessa! O giuramento!
 ZENOBIA
 Scorgo la pena tua. Dubbio ti veggo
 tra la perdita acerba
815e l’amara conquista. A te frattanto
 racconti questo pianto, anima mia,
 quant’io detesti il mio feroce orgoglio.
 ODENATO
 Dura necessità!
 ZENOBIA
                                Ti dica il pianto
 come del voto suo si penta l’alma.
 ODENATO
820Speranze sventurate!
 ZENOBIA
 E dica alfin qual sia
 il mio grave rimorso, or che m’avvedo
 che tardi e invan de la mia fé mi pento.
 ODENATO
 O protesta! O promessa! O giuramento!
 ZENOBIA
 
825   Pianga pure in doppia vena
 l’alma altera e pianga insieme
 la mia sorte e ’l mio dolor.
 
    Ella è rea di doppia pena,
 perché in me svenò la speme
830ed in te tradì l’amor.
 
 SCENA XIII
 
 ODENATO
 
 ODENATO
 Dite, o stelle, poss’io
 chieder ad un delitto
 la mia felicità? Poss’io col ferro
 cercar quel cor che de’ miei voti è ’l segno?
835Pria nemico che sposo, anzi nemico
 per abbracciarla sposo
 dee vedermi Zenobia? Io pugnar seco,
 per seco esser contento? Un duolo atroce
 funesta la vittoria. Un lutto eterno
840succede a la sconfitta. Infausto voto!
 Tu fai la mia sciagura; e in ogni sorte
 veggio in te il mio rossore e la mia morte.
 
    Mi serve di spavento
 la brama di goder.
 
845   E fassi mio tormento
 la speme del piacer.
 
 Fine dell’atto secondo