Flavio Anicio Olibrio (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO PRIMO
 
 Strada che conduce a Roma con reliquie di fabbriche diroccate. Veduta di Roma in lontano. Cielo stellato con luna.
 
 SCENA PRIMA
 
 OLIBRIO e FEDELE con seguito
 
 OLIBRIO
 Quanto festoso a rivederti io torno,
 o del Lazio, o del mondo alta regina,
 le cui torri superbe
 fan guerra agli astri e fan terrore al guardo!
5Ma quanto più giulivo a te ritorno,
 o del romano impero alto ornamento,
 sola de’ voti miei gloria e speranza,
 adorata Placidia!
 Il cor, che già vicino
10si sente a’ tuoi begli occhi, or lieto attende
 da un solo de’ tuoi sguardi il suo destino.
 FEDELE
 Signor, Roma è vicina.
 Poco resta al cammin.
 OLIBRIO
                                           Prima del giorno
 ivi desio mi chiama e amor mi guida.
 FEDELE
15Ma qual rumor?
 OLIBRIO
                                 Miei fidi,
 tosto s’impugni ’l ferro.
 
 SCENA II
 
 MASSIMO con quattro soldati alla gotica e i suddetti
 
 MASSIMO
 Principe, e qual fra tante
 sventure a te mi guida astro benigno!
 FEDELE
 Che fia?
 OLIBRIO
                   Massimo, duce,
20che fa Placidia?
 MASSIMO
                                In Roma
 impaziente il tuo ritorno attende.
 E nunzio de’ suoi mali a te m’invia.
 OLIBRIO
 Roma resiste ancor?
 MASSIMO
                                        L’alba novella
 temo che la vedrà preda infelice
25dell’empio Ricimero.
 OLIBRIO
 Che? La virtù romana
 avvilita è così?
 MASSIMO
                              Dentro noi stessi
 è il nimico più fier, da cui siam vinti.
 Dell’afflitta città crudel espugna
30Ricimero le mura,
 la fame i difensori. Oh quante volte
 cader io vidi il feritor sul colpo
 e, dalla rabbia del digiun sospinte,
 non risparmiar le stesse madri i figli.
35A’ cadaveri tronchi
 si move guerra; e più non lascia esenti
 la sacrilega destra i monumenti.
 FEDELE
 Città infelice!
 OLIBRIO
                            E può tanti disagi
 soffrir Placidia?...
 MASSIMO
                                   Prence,
40serve la sua costanza
 di stupore a’ più forti
 e di esempio a’ più fiacchi. Ella a misura
 della plebe minor nutre sé stessa.
 Ella all’uopo prepara
45le opportune difese.
 Ella ne’ rischi arma la destra.
 OLIBRIO
                                                        Oh cara!
 MASSIMO
 Ma alfin vincono i Goti.
 Roma cadrà. Forse ora cade.
 OLIBRIO
                                                      E seco
 la mia amata Placidia
50al lascivo amator... Massimo, rompi
 ogni dimora.
 MASSIMO
                           E che risolvi?
 OLIBRIO
                                                      Vanne
 con questi miei, che tra’ più cari io scelsi,
 all’esercito incontro e seco a Roma
 sollecito l’affretta. Io co’ tuoi fidi
55andrò a Placidia e le sarò in difesa.
 MASSIMO
 Tu noto in Roma...
 OLIBRIO
                                     E non a’ Goti, anch’io
 le vie occulte di quella,
 Massimo, tentar posso
 e a Placidia, onde parti, aprirmi ’l calle.
 MASSIMO
60Deh conserva in te stesso
 Placidia e Roma.
 OLIBRIO
                                  Ambe, se temo, io perdo.
 Seguo il mio core. Ogni consiglio è vano.
 FEDELE
 Oh magnanimo ardire!
 MASSIMO
                                             Oh cor romano! (Si parte)
 OLIBRIO
 Roma ci attende. Andiam, Fedele.
 FEDELE
                                                                Andiamo.
65Propizio il ciel ci arrida.
 OLIBRIO
 Tutto cede, o mio caro,
 a chi amore ed ardir servon di guida.
 
    Dolce mio ben, mia vita,
 sarò la tua difesa
70o a’ piè ti morirò.
 
    Vedrai che un’alma ardita
 e di amor vero accesa
 tutt’osa e tutto può.
 
 SCENA III
 
 FEDELE
 
 FEDELE
 Seguasi un tanto eroe. La sua salvezza,
75numi, sia vostro impegno.
 Serbar voi ci dovete
 un’idea di virtude in cor sì degno.
 
    Da un’alma così invitta
 imparo ad esser forte.
 
80   Onor così mi chiede;
 e il merto di mia fede
 sia tutta la mia sorte.
 
 Atrio che introduce ad appartamenti imperiali. Segue la strage de’ Romani.
 
 SCENA IV
 
 PLACIDIA e RICIMERO con seguito
 
 PLACIDIA
 Ferma, o vandalo cor. Da’ tuoi furori
 la tenera innocenza
85scampo non ha?
 RICIMERO
                                 Mia principessa...
 PLACIDIA
                                                                    Iniquo,
 di popolo crudel re più feroce,
 alma alle stragi avvezza,
 così torni a Placidia?
 Così la cerchi? Forse,
90fors’era Ricimero
 poco orribile oggetto agli occhi miei,
 se distruttor di Roma,
 se uccisor de’ miei fidi,
 col ferro in mano e con la morte al fianco,
95non lo vedea?
 RICIMERO
                            Perdona...
 PLACIDIA
 Su, del sangue roman non ben satollo,
 vieni e gli ultimi avanzi
 bevi nel mio. T’offro già il petto e il ferro.
 Prendilo. Che più tardi?
 RICIMERO
100Giusto, Placidia, è il tuo furor. Ma alfine
 di esercito, irritato
 dalle lunghe vigilie e dal contrasto,
 chi può frenar nella vittoria il fasto?
 Non incolpar di tante stragi e tante
105altri che il tuo rigor.
 PLACIDIA
                                       Perfido, e tenti
 farmi rea de’ tuoi falli?
 Ministra de’ tuoi sdegni? Io son che struggo
 della patria infelice i muri e i templi?
 RICIMERO
 Quel solo amor...
 PLACIDIA
                                  Basta. Già tutti intesi
110i mali miei. Se vincitor tu pensi
 stender sopra il mio cor la tua vittoria,
 Ricimero, t’inganni.
 Mi saranno fra’ ceppi
 motivo di costanza anche gli affanni.
 
115   Sdegno, amore, minacce, lusinghe
 non son mio timore,
 non son mia speranza.
 
    Mirerò, soffrirò doni e pene,
 favori e catene,
120con pari valore,
 con pari costanza.
 
 SCENA V
 
 RICIMERO, poi OLDERICO con TEODELINDA
 
 RICIMERO
 Oh troppo a Ricimero
 lagrimosa vittoria!
 OLDERICO
 Della misera Roma
125fra le stragi, gl’incendi e le rapine,
 prima e sola mia cura,
 sire, fu Teodelinda.
 RICIMERO
 Germana, in dolce laccio
 pur ti stringo al mio sen.
 TEODELINDA
                                                Mio re, ti abbraccio.
 RICIMERO
130Prence.
 OLDERICO
                 Signor.
 RICIMERO
                                 Va’ tosto,
 tu, che per grado e per virtù fra’ Goti
 tema imprimi e rispetto,
 vanne a frenar l’ire guerriere. Imponi
 che le stragi sospenda
135l’esercito feroce. Assai bevuto
 han del sangue romano il foco e l’armi.
 TEODELINDA
 Magnanima clemenza!
 OLDERICO
 Pronto men vado. A esercitar sul vinto
 pietà sì giusta, o principessa, apprendi.
 TEODELINDA
140Va’, Olderico, a frenar l’ire e gl’incendi.
 OLDERICO
 
    Vinta e doma cadde Roma,
 bel trofeo del tuo valor.
 
    Ma la vince or con più gloria
 la vittoria del tuo cor.
 
 SCENA VI
 
 RICIMERO e TEODELINDA
 
 RICIMERO
145Eccomi, Teodelinda,
 vincitor, trionfante, a la cui gloria
 nulla resta a sperar.
 TEODELINDA
                                       L’Italia e Roma
 morde il gotico giogo.
 RICIMERO
 E pur fra tanti applausi
150non son contento. Amore
 avvelena il piacer de’ miei trionfi.
 Mi abborrisce Placidia; e più che Roma,
 mi è difficile acquisto il suo gran core.
 TEODELINDA
 Può temer la sua preda un vincitore?
155Fu Placidia sinora
 rigida teco. Il padre, il genio, il grado
 facean plauso a’ suoi voti, inciampo a’ tuoi.
 Tutto or cangia di aspetto. Ella è tuo acquisto.
 Valentiniano è morto.
160Olibrio è ancor lontano...
 RICIMERO
 Ah, che lontano ei me la usurpa ancora
 fortunato rival.
 TEODELINDA
                               Qui al suo ritorno
 celebrar si dovean gli alti sponsali.
 RICIMERO
 Ben ne giunse a me il grido; e il mio timore
165l’ire lente svegliò, diè moto all’armi.
 Strinsi Roma e cadé.
 TEODELINDA
                                         Rotto è già il nodo
 che restava a temer. L’ami Placidia,
 che può sperar, se alle tue leggi è serva?
 Cadrà, se il tenti; e ti amerà, se il chiedi.
170Vanne, prega, minaccia;
 usa la sorte tua; che più paventi?
 RICIMERO
 Teodelinda, il tuo labbro
 dà coraggio al timor, bando a’ tormenti.
 
    Perché ad amarmi
175quel cor si pieghi,
 userò i preghi,
 l’ire userò.
 
    Sia pur superbo,
 sia pur costante,
180o re od amante
 lo espugnerò.
 
 SCENA VII
 
 TEODELINDA
 
 TEODELINDA
 Oh qual propizio giorno
 a’ miei lumi sfavilla! Oggi più illustre
 mi si rende il germano; e mi si rende
185la libertà perduta.
 Il goto è vincitor, Roma in catene;
 e per maggior mio bene,
 l’altrui vittoria alla rival temuta
 Olibrio toglie e ne interrompe il nodo.
190Mio diletto, or chi sa che nel tuo core
 non dia loco Placidia a Teodelinda?
 Oh speranza che sola
 alimenta quest’alma e la consola!
 
    Un raggio lusinghier
195al torbido pensier
 mostra la calma.
 
    È forse il suo seren
 inganno del desio;
 ma dell’inganno almen
200gode quest’alma.
 
 Ritiro ne’ giardini reali, corrispondente a boschetto delizioso e con fontana nel mezzo.
 
 SCENA VIII
 
 PLACIDIA e poi FEDELE
 
 PLACIDIA
 
    Perché, amor, sorte, perché
 insidiarmi
 ogni mia felicità?
 
    Regno e trono dove sono?
205E dov’è
 patria, sposo e libertà?
 
 FEDELE
 Pur posso a’ piedi tuoi...
 PLACIDIA
                                               Fedel, tu in Roma?
 Che fia di Olibrio?
 FEDELE
                                     Ei meco
 qui venne e ascoso...
 PLACIDIA
                                        Olibrio in Roma? Oh dei!
210S’egli è scoperto... E se il tiranno... Vanne,
 digli che parta.
 FEDELE
                               E credi
 ch’egli possa partir senza vederti?
 E tu nol brami ancor?
 PLACIDIA
                                           Fedel, se il bramo,
 dopo un anno crudel di lontananza?
215Ma in sì rigida sorte
 vederlo è pena (e non vederlo è morte).
 FEDELE
 Ad ogni costo ei vuole
 o parlarti o morir.
 PLACIDIA
                                    Ma dove? E quando?
 Ingombrano la reggia
220l’armi di Ricimero; e a me d’intorno
 stan custodi e non servi.
 FEDELE
 Se più indugi, il disperi.
 PLACIDIA
 Che farò? Che risolvo? (In atto pensoso)
 TEODELINDA
 (No, non m’inganno, è desso. (Sopravviene in disparte)
225Fedele egli è; ma con Placidia? È forse
 vicino Olibrio. Inosservata ascolto). (Si ritira)
 PLACIDIA
 Tu come a me giungesti?
 FEDELE
 Per le vie più segrete
 del regal parco.
 PLACIDIA
                               Ove lasciasti ’l prence?
 FEDELE
230Entro quel bosco impaziente attende.
 PLACIDIA
 (Datti pace, cor mio).
 Vanne; digli che, in questo
 solingo orror, cauto lo attendo e solo.
 FEDELE
 Col lieto avviso a consolarlo io volo.
 
 SCENA IX
 
 PLACIDIA, poi OLIBRIO con FEDELE dal boschetto
 
 PLACIDIA
235Palpita l’alma; il piè mal regge; il sangue
 agghiaccia nelle vene;
 ed un freddo sudore
 mi sparge il volto e mi ripiomba al core.
 FEDELE
 Seco ti lascio; io farò sì che alcuno
240non vi turbi improvviso. (Si ritira)
 OLIBRIO
 Cara mia principessa,
 bella Placidia, a’ piedi tuoi pur torna,
 torna il misero Olibrio...
 PLACIDIA
                                               Ah, prence, in quale
 tempo ritorni? Anch’io
245ben sospirava un sì felice istante;
 ma dovevi affrettarlo
 per mio riposo o più tardarlo almeno,
 che noi saremmo intanto
 tu fuori di periglio, io fuor di pianto.
 OLIBRIO
250La serie de’ miei casi a te ben nota
 scusa le mie dimore.
 De’ tuoi rischi e de’ miei
 accelerai sul primo avviso i passi.
 E se a tempo non fui di ripararli,
255eccomi in Roma.
 PLACIDIA
                                  E solo,
 solo il tuo arrivo i miei timori accresce.
 OLIBRIO
 Sol noto a te, chi può tradirmi?
 PLACIDIA
                                                           Il fato.
 Io già ne fremo, io ne sospiro... Ah, parti.
 Abbi, s’è ver che m’ami,
260pietà non più di te ma di me stessa.
 OLIBRIO
 Ma se il tiranno...
 PLACIDIA
                                   In me confida e parti.
 OLIBRIO
 Placidia, io morirò pria che lasciarti.
 PLACIDIA
 Crudel...
 FEDELE
                   Tosto ecco genti.
 PLACIDIA
 È Ricimero.
 OLIBRIO
                         Non temerne; ad esso
265noto non son.
 PLACIDIA
                            Ma chiederà qual sei.
 OLIBRIO
 Digli romano ed a te servo.
 PLACIDIA
                                                    Oh dei!
 OLIBRIO
 Tu colà attendi. (A Fedele)
 FEDELE
                                E starò pronto all’uopo. (Si ritira)
 
 SCENA X
 
 RICIMERO e i suddetti
 
 RICIMERO
 Condona, o principessa. Impaziente
 desio di favellarti a te mi trasse.
 PLACIDIA
270Che chiedi, o re?
 RICIMERO
                                  Pria ch’io le brame esponga,
 di’, qual stranier?...
 OLIBRIO
                                       Roma ho per patria...
 PLACIDIA
                                                                                Ed egli
 qui fu sinor de’ miei custodi il duce.
 RICIMERO
 (In nobil volto ha portamento altero).
 OLIBRIO
 (Traspar dal regal volto un cor ch’è fiero).
 RICIMERO
275Or siedi. A te qui vengo
 supplice e non sovrano.
 PLACIDIA
 Non deggio a te...
 RICIMERO
                                   Siedi, ten prego.
 PLACIDIA
                                                                   Siedo. (Siede alla fontana)
 Ma non abbia Placidia
 vicin a Ricimero alcun riposo.
 RICIMERO
280Sol per poco sospendi
 l’ire e mi ascolta. Un vincitor ten prega.
 OLIBRIO
 E ad un re vincitor nulla si nega. (Ricimero lo guarda ed egli sta ritirato alquanto indietro di lui)
 PLACIDIA
 (Che fia!) Parla. (In Olibrio
 ho un gran diletto e un gran dolor vicino).
 RICIMERO
285Da quel labbro dipende il mio destino. (Siede)
 Placidia, io ben m’avveggio,
 fiero oggetto a te vengo. In me tu trovi
 il nimico d’Italia,
 il distruttor di Roma.
 PLACIDIA
290Nomi per me fatali!
 RICIMERO
 Ma perché plachi alfin l’ire feroci,
 qui vengo. A me prescriva
 leggi ’l tuo labbro. Ubbidirò. Di Roma
 e le fiamme e le stragi
295sospese un tuo comando.
 PLACIDIA
 E di tanto favor grata a te sono.
 OLIBRIO
 Ma perde il merto chi rinfaccia il dono.
 RICIMERO
 Dove parla il sovran, taccia il vassallo.
 OLIBRIO
 Taccio.
 RICIMERO
                Della mia sorte (A Placidia)
300usa tu stessa a tuo piacer. L’Italia,
 se l’imponi, abbia pace;
 ed abbia libertà Roma, se il chiedi.
 PLACIDIA
 (Simulata virtù). Figli non sono
 i doni tuoi di un generoso istinto;
305ma partono da un cor che troppo è fiero,
 perché si abbassi a chieder leggi al vinto.
 RICIMERO
 Chi regna in sul mio core
 ne può dispor. Ben sai...
 PLACIDIA
                                               So, Ricimero,
 so qual tu sii, so qual io sono. I ceppi
310nulla avvilir pon di quest’alma il fregio;
 né più grande ti fa la tua vittoria.
 OLIBRIO
 Di te stesso trionfa e avrai più gloria.
 RICIMERO
 I non chiesti consigli
 sono indiscreti o audaci.
 OLIBRIO
315È ver.
 RICIMERO
               Rispondi, ov’io ti chieda, e taci.
 OLIBRIO
 Ammutisco.
 PLACIDIA
                          (Oh perigli!)
 RICIMERO
                                                    Ancorché t’ami (A Placidia)
 un vincitor, non paventarne oltraggi.
 Serberò quel rispetto
 che ti si dee...
 PLACIDIA
                            Sapria da’ tuoi furori
320liberarmi la destra; e se mai speri
 trionfar co’ tuoi doni
 della costanza mia, vedi ’l tuo inganno.
 L’odierò, sia qual vuole,
 lusinghier Ricimero o sia tiranno.
 RICIMERO
325(Questo è troppo soffrir). Placidia, intendo.
 L’amore a me ti toglie,
 più che lo sdegno. Olibrio...
 PLACIDIA
 Olibrio, sì, nol nego,
 degno è ch’io l’ami. A’ nostri voti arrise
330Valentiniano, il merto, il genio e Roma.
 RICIMERO
 Quale amator t’hai scelto?
 Placidia è in rischio; ed ei non vien? Né ancora
 dal letargo si desta?
 OLIBRIO
                                       Ah, tu l’insulti,
 perché a fronte non l’hai. Verrà e più tosto
335verrà di quel che vuoi, di quel che pensi.
 PLACIDIA
 (Dove il trasporta un troppo ardir!)
 RICIMERO
                                                                   Soffersi
 costui, perché tuo servo.
 Ma fa’ ch’ei taccia o le mie furie ei provi.
 PLACIDIA
 S’ei col mio cor risponde, in che ti offende?
 RICIMERO
340Mi offende e col suo labbro e col tuo core.
 PLACIDIA
 L’odio, ch’è nel mio cor, non è altrui colpa.
 RICIMERO
  A che quest’odio?
 PLACIDIA
                                    A Ricimero il serbo.
 RICIMERO
 Sei troppo ingiusta. Addio. Pensa. Ti lascio
 più maturo il riflesso
345sui casi tuoi.
 PLACIDIA
                          Già udisti.
 RICIMERO
 Vinto ha il mio braccio.
 PLACIDIA
                                             E vincitor ti ammiro.
 RICIMERO
 Son re.
 PLACIDIA
                 Ne onoro il grado.
 RICIMERO
 Non ti destino oltraggi.
 PLACIDIA
                                             E non gli temo.
 RICIMERO
 Frena lo sdegno.
 PLACIDIA
                                 E tu l’amor.
 RICIMERO
                                                         Placidia,
350non ostinarti a’ danni tuoi.
 PLACIDIA
                                                   Vil tema
 non può farmi incostante.
 RICIMERO
 Addio. M’oda il tuo duce.
 Parlai da vinto ed oprerò da amante.
 
 SCENA XI
 
 PLACIDIA, OLIBRIO e FEDELE
 
 OLIBRIO
 E t’odo e non ti sveno, empio regnante?
 FEDELE
355Ferma.
 PLACIDIA
                 Se sol per me l’arme impugnasti,
 assai, perfido, assai
 a vincer ti rimane e nulla oprasti.
 OLIBRIO
 Quanto deggio a tuo amor!
 PLACIDIA
                                                   Dell’amor mio
 tu sei tutto il periglio.
 OLIBRIO
360Temi e son teco?
 PLACIDIA
                                  I mali miei non temo.
 Pavento i tuoi. Deh parti.
 OLIBRIO
                                                 E ch’io ti lasci
 vittima inerme all’amator tiranno?
 PLACIDIA
 Sarò Placidia.
 OLIBRIO
                            Udii le sue minacce.
 PLACIDIA
 E udisti ancor la mia costanza. Ho petto
365per morire, o mio ben, non per mancarti.
 OLIBRIO
 E anch’io l’ho per morir, non per lasciarti.
 PLACIDIA
 Sin qui pregai. Già tel comando. Vanne.
 E se a Roma ti chiama il tuo gran core,
 torna da eroe, da vincitor.
 OLIBRIO
                                                  Almeno...
 PLACIDIA
370Più non opporti. Vanne.
 Affretta una vittoria
 sì dolce a noi. Vanne, ritorna e vinci.
 Servi insieme a Placidia e la tua gloria.
 
    Spero dal tuo valor
375la cara libertà.
 Sovvengati che sei la mia speranza.
 
    Vanne a pugnar per me,
 che col fiero amator
 per te combatterà la mia costanza.
 
 SCENA XII
 
 OLIBRIO e FEDELE
 
 FEDELE
380Principe, andiam; che indugi?
 OLIBRIO
 Preda di Ricimero
 lasciar potrei senza viltà chi adoro?
 Seguimi.
 FEDELE
                    Ove?
 OLIBRIO
                                 Celarmi
 nelle stanze più interne
385vo’ di Placidia.
 FEDELE
                              Ed ivi?
 OLIBRIO
 Le sarò scudo. In barbaro regnante
 temo il furor di un vilipeso amante.
 FEDELE
 Placidia offendi con l’indugio; e sei...
 OLIBRIO
 Misero son. Ch’altro far posso, oh dei?
 
390   Parto? Nol vuole amor;
 resto? Mel vieta onor.
 Che fo? Nol so.
 
    Se parto, ov’è la fé?
 Se resto, il cor dov’è?
395Penando sto così
 tra un sì, tra un no.
 
 SCENA XIII
 
 TEODELINDA
 
 TEODELINDA
 Udisti, Teodelinda?
 Affetti miei, che risolvete? Olibrio
 della rivale a canto
400godrà furtivo e tacerò? Se parlo,
 eccoti esposto, o caro,
 di Ricimero all’ire.
 Ma che? Soffrir degg’io
 che tu fugga di Roma
405con la rival felice? O che tu sveni
 il german vincitor? No no, si parli.
 E il tuo periglio? Io ti sarò ne’ mali
 non inutil riparo.
 Ti tradirò ma per salvarti, o caro.
 
 SCENA XIV
 
 OLDERICO e TEODELINDA
 
 OLDERICO
410Con un amor che teme,
 vengo a cercar ne’ tuoi begli occhi un raggio
 o una scintilla di quel primo ardore...
 TEODELINDA
 Olderico, l’affetto
 cangia col tempo.
 OLDERICO
                                   E in me più fermo il rese
415corso di età.
 TEODELINDA
                         La tua costanza ammiro.
 OLDERICO
 Ma non l’imiti.
 TEODELINDA
                               Il mio destin ne incolpa.
 OLDERICO
 Per meritar disprezzi
 che feci mai? Tu pur mi amasti?
 TEODELINDA
                                                              Amore
 non era il mio.
 OLDERICO
                              Fosti almen grata.
 TEODELINDA
                                                                 E il sono.
 OLDERICO
420Né sperar più mi lice?
 TEODELINDA
 Ama a tua voglia e spera.
 OLDERICO
 Ma poi...
 TEODELINDA
                    Voglio mercede
 esser di lungo amor, di lunga fede.
 
    Servi, se vuoi servir.
425Soffri, se puoi soffrir.
 Ama, sospira e pena;
 e poi risolverò.
 
    Se ti vedrò costante,
 quando non possa amante,
430pietosa almen sarò.
 
 SCENA XV
 
 OLDERICO
 
 OLDERICO
 Sia legge il tuo voler. S’ami e si soffra.
 Quanto più sospirata
 fia la mercé, tanto verrà più grata.
 
    Vuoi così? Così già t’amo.
435Il mio amore è tuo voler.
 
    Ciò che brami anch’io sol bramo.
 Sol mi piace il tuo piacer.
 
 Il fine dell’atto primo