La Svanvita (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO TERZO
 
 Gabinetto reale.
 
 SCENA PRIMA
 
 OLAO e RODERICO
 
 OLAO
 Chiamisi Asmondo. E nel guerrier de’ Dani
1100temi un rivale?
 RODERICO
                               E fortunato.
 OLAO
                                                       Ah, questo
 non sia tutto il timor di Roderico.
 Temi un maggior nimico.
 RODERICO
 Qual mai?
 OLAO
                       Spira Regnero...
 RODERICO
                                                       Il prence?...
 OLAO
                                                                               E spira,
 se non aure di vita, aure di amore.
1105Questo nome già sparso
 s’ama, s’applaude e dà pretesto all’armi.
 RODERICO
 Ed un’ombra di re dee spaventarmi?
 OLAO
 Quanto meno è sicura
 la ragion del temer, tanto è più forte.
 RODERICO
1110Se vero fia della sua vita il grido,
 che far pensi?
 OLAO
                             Esser giusto. A Roderico
 non mancheran corone,
 sinché non manchi a noi virtù e ragione.
 RODERICO
 Del magnanimo core adoro i sensi;
1115ma intanto?
 OLAO
                          Diasi al vero
 tempo per maturarsi.
 RODERICO
                                          Il tempo accresce
 l’odio in Svanvita, in me l’amor.
 OLAO
                                                             Nipote,
 il non certo rival fa’ che a me venga.
 RODERICO
 Consiglio o forza i mali miei prevenga.
 
1120   Se per te sono
 lieto regnante,
 fammi ancor felice amante.
 
    Dirò poi se maggior dono
 fu quel trono o quel sembiante.
 
 SCENA II
 
 ASMONDO ed OLAO
 
 ASMONDO
1125Eccomi a te.
 OLAO
                          (Costui
 o me ha deluso o altrui sedotto. Il vero
 ne vo’ scoprir. (Va a sedere)
 ASMONDO
                              (Siede turbato e tace).
 OLAO
 (E il vo’ per mia vendetta o per mia pace).
 Asmondo, allor che al fato
1130cedé Torilda, amai che in Roderico
 ne cadesse il retaggio.
 ASMONDO
                                           Or pago è il voto.
 OLAO
 Attendi. Io lo bramai; ma non volea
 all’amor del nipote
 sacrificar la mia virtù, il mio nome.
1135M’era noto in Regnero il regio erede.
 Tu lo giurasti estinto e la sua morte
 coronò Roderico.
 ASMONDO
                                  E lieto ei regna.
 OLAO
 Attendi ancor. Vola or d’intorno il grido
 che sia vivo Regnero e questa voce
1140tien gli animi sospesi.
 Non più riguardi, Asmondo. Eccomi pronto.
 Rendo alla Gozia il successor, s’ei vive.
 L’inganno tuo più non mi lasci ingiusto;
 e con liberi detti
1145assolvi la mia fama e i miei sospetti.
 ASMONDO
 (Non si creda a lusinghe).
 OLAO
 Il destino del prence a me confida.
 Parla.
 ASMONDO
              D’allor parlai che il dissi estinto.
 OLAO
 Fu sincero l’avviso o fu bugiardo?
 ASMONDO
1150Giovò, qualunque fosse, a Roderico.
 OLAO
 Anima generosa
 l’utile non desia, desia l’onesto.
 ASMONDO
 Onesto è sempre ciò che porta al trono.
 OLAO
 (Sfugge ad arte il cimento). Eh, più sicuro
1155parla ad Olao. Morto è Regnero o vive?
 ASMONDO
 Vive nel cor de’ suoi ma non nel soglio.
 OLAO
 Dove soggiorna?
 ASMONDO
                                 In questa reggia istessa
 esser può che s’aggiri, ombra amorosa.
 OLAO
 Ma con l’ossa onorate ove riposa?
 ASMONDO
1160Oscuro ei visse e sconosciuto ei giaccia.
 OLAO
 A chi ’l regno doveasi, almen di un’urna
 diasi l’ultimo onor.
 ASMONDO
                                      Morto ricusa
 chi vivo non gli ottenne, i tardi onori.
 (Costanza, o miei timori).
 OLAO
1165Custodi, in chiusa stanza (Vengono le guardie e circondano Asmondo)
 costui si guardi. Un parlar dubbio e lento
 te fa più reo, me più dubbioso. Io voglio
 opporre al comun grido il solo Asmondo.
 Oggi i Goti vedranno
1170se Olao sa vendicarsi
 della loro perfidia o del tuo inganno.
 ASMONDO
 
    Punisci, ferisci,
 sii tutto rigore;
 ma inganno non è
1175la pura mia fé.
 
    Se parlo, se taccio,
 son giusto al mio core,
 son fido al mio re.
 
 SCENA III
 
 SVANVITA con REGNERO in disparte ed OLAO
 
 SVANVITA
 Qui attendi. (A Regnero su la porta del gabinetto)
 OLAO
                           A me Svanvita?
 SVANVITA
1180Al norvegio monarca
 porta giuste querele
 la danese regina
 e di tua sofferenza ella si duole.
 Regnante ancor Torilda,
1185tu oprasti sì ch’io fossi stretta in nodo
 al successor del gotico diadema.
 La Dania assente. Esco dal regno e giunta
 trovo morta Torilda. Roderico,
 taccio la sua Ildegonda e il mio rifiuto,
1190sposa mi chiama; mi rinfaccia i patti;
 i titoli confonde e perde i voti.
 Re, qui sposa non venni
 al nipote di Olao ma al re de’ Goti.
 OLAO
 Regina, in brevi accenti
1195risponde Olao. Sii moglie
 di Gozia al re. Tal Roderico...
 SVANVITA
                                                       È vero.
 Roderico n’ha il nome;
 altri n’ha la ragion.
 OLAO
                                      Chi mai?
 SVANVITA
                                                          Regnero.
 OLAO
 Chiuse morte in fredd’urna i suoi diritti.
 SVANVITA
1200Politico è l’amor che il finge estinto.
 OLAO
 O cieco è l’odio altrui che vivo il finge.
 Asmondo...
 SVANVITA
                        T’ingannò.
 OLAO
                                              N’hai tu certezza?
 SVANVITA
 E meco l’hanno e Sigiberto e il campo.
 OLAO
 S’ei vive, a che non viene? A che non chiede
1205il paterno retaggio?
 SVANVITA
 Verrà qual deve e il chiederà con l’armi.
 OLAO
 A che l’armi? A che l’ire? Ei venga e regni.
 SVANVITA
 Eh, da un alto comando
 non si scende giammai, se non a forza.
 OLAO
1210Odi, o Svanvita, e meglio Olao conosci.
 Asmondo è in mio poter. Poc’anzi estinto
 ei mi attestò Regnero.
 Vivo il campo lo acclama.
 O mentiscono i Goti o Asmondo è falso.
1215Regina, addio. Vado costretto all’ire.
 Di Regnero può solo
 disarmarle o il cadavere o il sembiante.
 Sì sì, quand’egli spiri
 credami generoso.
1220Scoprasi; e avrà, lo giuro,
 il suo sposo Svanvita,
 Asmondo il mio perdono, egli il suo impero. (In atto di partire è incontrato da Regnero su l’uscio del gabinetto)
 
 SCENA IV
 
 REGNERO e i suddetti
 
 REGNERO
 Ferma e sii generoso. Ecco Regnero.
 OLAO
 Che! Tu Regnero?
 SVANVITA
                                    (Intempestivo ardire).
 REGNERO
1225Sì, quel son io. Quanto giurasti adempi.
 OLAO
 Del tuo vanto, che ancora
 non so s’io chiami o generoso o giusto,
 qual mi dai chiara prova, anima ardita?
 REGNERO
 Dopo il mio volto a te la dia Svanvita.
 SVANVITA
1230(Ah, non si arrischi una sì cara vita).
 OLAO
 Più illustre testimon non vo’. Regina,
 questi è Regnero?
 SVANVITA
                                    Egli di Dania è il duce.
 Straniero a me sen venne
 e il suo merto gli ottenne e il suo valore
1235l’alto impero dell’armi (e del mio core).
 OLAO
 Ma nel duce stranier vive Regnero?
 SVANVITA
 Forse in Dania viss’io? Quando mai vidi
 più questo cielo? O respirai quest’aure?
 REGNERO
 Deh, licenzia un timor che al pari offende
1240in Olao la giustizia, in me la fede.
 Parla e fa’ che mi accolga
 la reggia omai, qual già mi accolse il campo.
 SVANVITA
 Colà fosti ’l mio duce e tale, o sire,
 questa reggia il rispetti.
 REGNERO
1245Rispetti di vassallo io non esigo
 dove re gli richieggio.
 OLAO
 Guardie, qui Asmondo. (In quali affetti ondeggio).
 REGNERO
 Sì, venga Asmondo. Ei, che due lustri ignoto
 mi educò in vile albergo,
1250dirà s’io mento.
 OLAO
                                Ah, puote
 idee superbe concepir di regno
 chi può amar le regine e amar sofferto.
 SVANVITA
 Non soffro amor che non sia regio e grande.
 E del mio cor l’impero...
 OLAO
1255Roderico l’avrà...
 SVANVITA
                                  L’avrà Regnero.
 
    Degno oggetto di ogni affetto
 è lo sposo da te eletto,
 fido amante, gran regnante;
 ma non piace a questo core.
 
1260   Dovrei farlo; né so amarlo,
 che il piacere, no ’l dovere,
 fa il riposo dell’amore.
 
 SCENA V
 
 ASMONDO e i suddetti
 
 REGNERO
 Tempo non è che più si taccia, Asmondo,
 un nome ch’è mia gloria e tua salvezza.
1265Ad Olao generoso,
 generoso parlai. La tua virtude
 non c’imprima timor di alcun periglio.
 Tutto dissi.
 ASMONDO
                        Che mai?
 REGNERO
 Ch’io son Regnero e son di Unningo il figlio.
 ASMONDO
1270Che! Tu Regnero? In te sol veggo il forte
 duce de’ Dani.
 REGNERO
                              Invano
 si dissimula più svelato arcano.
 Di’ pur...
 ASMONDO
                    Piacesse a’ dei che al mio dolore
 far lusinga potessi. Ahi, me presente,
1275spirò il misero prence e ancor ne piango.
 Entro fredd’urna ei giace;
 e il suo cenere almen si lasci in pace.
 REGNERO
 Importuna pietà! Barbara fede!
 ASMONDO
 Questa fé mi convien, questa pietade.
 REGNERO
1280Che puoi temer, se parli?
 ASMONDO
 Sol temerei, se al mio dover mancassi.
 REGNERO
 Quando neghi ’l tuo re, manchi al dovere.
 ASMONDO
 Lodevol è nel zelo anche l’errore.
 SVANVITA
 (Tu stai penando, o core).
 REGNERO
1285Deh non t’infinger più. Rifletti omai
 che re mi neghi ed impostor mi fai.
 OLAO
 Che cieco laberinto è mai cotesto?
 Qual di loro è il mendace? Io che far posso?
 Qual parte seguo? Ombra real di Unningo,
1290che in queste soglie ancor ti aggiri e scorgi
 l’onestà de’ miei voti,
 tu m’inspira consiglio
 per giudicar tra l’impostore e il figlio.
 
 SCENA VI
 
 RODERICO e i suddetti
 
 RODERICO
 Sire, geloso amor non soffre indugi.
1295Nel duce di Svanvita
 cerco il rivale...
 OLAO
                               E il trovi
 rival più che non pensi.
 Ei si vanta Regnero e, benché Asmondo,
 benché Svanvita il neghi,
1300ei ti contende nell’audace impegno
 il possesso di un core e quel di un regno.
 REGNERO
 E giustamente a te il contendo.
 RODERICO
                                                           Scopro
 nell’inganno la colpa. Amor gl’inspira
 l’audacia rea di fingersi regnante.
1305Re non saria, s’ei già non fosse amante.
 REGNERO
 Lo stesso amor, che mi rinfacci, è prova
 dell’esser mio.
 RODERICO
                              Di’ pur del tuo ardimento;
 ma l’altrui tolleranza è tuo fomento. (A Svanvita)
 SVANVITA
 Gli affetti di Svanvita
1310sono in lor libertà. Pur se nel duce
 non ravviso Regnero e se Regnero
 l’oggetto è del mio amore,
 dunque non amo in lui fuor che il suo errore.
 REGNERO
 Lascia ancora... (A Svanvita)
 SVANVITA
                                E tu taci,
1315troppo incauto amator, reo di due colpe,
 l’una ch’osi di amar la tua regina,
 l’altra che, qual non sei, di esser ti vanti.
 REGNERO
 Io?
 SVANVITA
          Correggi l’amor; frena l’ardire.
 (Per torlo a maggior rischio io fingo l’ire).
 OLAO
1320Si dileguin le nebbie. Olà, custodi,
 mi si rechi onde scriva. (Ecco il cimento.
 Non vorrà mai Regnero
 nel periglio di Asmondo esser ingrato.
 Né potrà mai Svanvita
1325nel seno dell’amante esser crudele. (Va a sedere per scrivere)
 Scrivasi e a pro del vero
 veggiamo se in lui possa
 la giustizia o l’amor, se in lui prevalga
 grata riconoscenza o cieco orgoglio).
 ASMONDO
1330Salvate, oh dei, l’augusto germe al soglio.
 REGNERO
 
    Che più taci? Io son tuo re. (Ad Asmondo)
 
 ASMONDO
 
 Fier destin me l’involò. (A Regnero)
 
 RODERICO
 
    Tanto ardire io punirò.
 
 SVANVITA
 
 La sua pena avrà da me. (A Roderico)
 
 REGNERO
 
1335Che più taci? Io son tuo re. (Ad Asmondo)
 
 OLAO
 Odi, non sei l’erede
 di questo regno? (A Regnero, levandosi con due fogli, uno per mano)
 REGNERO
                                   È vero.
 OLAO
 Tal non ti nega Asmondo?
 REGNERO
 Del suo mentirmi il nobil cor si sdegna.
 OLAO
1340Scrivi ’l tuo nome a’ piè del foglio e regna. (Dà un foglio a Regnero)
 RODERICO
 Che?...
 OLAO
                Taci. E tu, regina, (A Svanvita)
 nel duce ardito l’impostor non vedi?
 SVANVITA
 E l’ardir ne condanno e l’impostura.
 OLAO
 Il tuo sposo non vuoi nel re de’ Goti?
 SVANVITA
1345È questa sì dell’amor mio la brama.
 OLAO
 Segna il tuo nome a’ piè del foglio e l’ama. (Dà l’altro foglio a Svanvita)
 
    Vuoi regnar? Sia tuo il comando. (A Regnero)
 Amar vuoi? Le brame appaga. (A Svanvita)
 Ma tu amando e tu regnando,
1350prima adempi il tuo dover.
 
    Tolto il velo ad ogni frode,
 voi contento ed io avrò lode;
 ma non rida del mio inganno
 il tuo fasto, il tuo piacer.
 
 SCENA VII
 
 SVANVITA, REGNERO, RODERICO ed ASMONDO
 
 REGNERO
1355Scrivi ’l tuo nome a’ piè del foglio e regna!
 SVANVITA
 Segna il tuo nome a’ piè del foglio ed ama!
 REGNERO
 Per regnar...
 SVANVITA
                          Per amar...
 REGNERO
                                                 Qual si prescrisse
 meta al voler di un re? (Apre con disprezzo il foglio)
 SVANVITA
                                             Qual si destina
 legge al libero amor di una regina? (Fa lo stesso)
 RODERICO
1360(Che sarà mai). (Regnero e Svanvita vanno al tavolino)
 ASMONDO
                                 (Le oscure note attendo).
 REGNERO
 «Regnero io sono; è mio de’ Goti il regno.
 Asmondo mi mentì. Mora l’indegno». (Legge e prende la penna per scrivere ma poi resta sospeso)
 SVANVITA
 «Solo al gotico re sarò consorte.
 Tal se il duce mentì, sia reo di morte». (Fa lo stesso)
 REGNERO
1365Mora l’indegno? E che il decreto io segni? (Guardando con affetto Asmondo)
 SVANVITA
 Sia reo di morte? E che il comando io detti? (Guardando Regnero)
 RODERICO
 Qual orror ti sorprende? Il solo Asmondo (A Regnero)
 ti nega re né di punirlo hai core?
 ASMONDO
 Sì, punisci in Asmondo un fido errore. (A Svanvita)
 RODERICO
1370Ed a te qual rimorso
 la man disarma? Egli è costui l’audace
 che non so nel suo inganno
 se più al tuo core o più al mio trono insidi.
 REGNERO
 Sì, se in me neghi ’l re, l’amante uccidi. (A Svanvita)
 SVANVITA
1375Per vendicare i torti,
 stimoli o leggi io non attendo.
 RODERICO
                                                        Eh, scrivi.
 Olao disubbidito
 a giusto sfogo animerà lo sdegno.
 SVANVITA
 Vergo il foglio così. (Straccia il foglio)
 REGNERO
                                      Così lo segno. (Fa lo stesso)
 RODERICO
1380Troppo soffrii. Miei fidi, (Alle guardie che vengono chiamate da Roderico)
 costui si arresti.
 ASMONDO
                                Deh, signor...
 RODERICO
                                                           Qual zelo
 per un dano in Asmondo?
 REGNERO
 Lascia; saprò anche solo... (In atto di por mano alla spada)
 ASMONDO
 Zelo ho per Roderico. In esso offendi
1385dell’ospizio la legge,
 la ragion delle genti,
 la tua gloria, la Dania...
 SVANVITA
                                             E più Svanvita.
 Qual mai ti assumi autorità sovrana
 di punir?...
 RODERICO
                        Chi le colpe
1390commette in questa reggia, in questa ancora
 ne avrà la pena. E qui ’l suo fallo istesso
 fa mio suddito il reo, benché straniero.
 Ubbidite al comando. (Alle guardie)
 REGNERO
 Qual di voi primo chieda
1395la gloria di cader sotto il mio brando? (Snuda la spada)
 
 SCENA VIII
 
 ILDEGONDA e i suddetti
 
 ILDEGONDA
 Roderico.
 RODERICO
                     Ildegonda
 non è con Sigiberto?
 ILDEGONDA
                                        Ei per Regnero
 l’armi ha già prese. In breve
 ne scoprirai da queste mura il lampo.
1400Olao con suoi norvegi
 si appresta alla difesa e n’esce in campo.
 Entro Scar più non resta
 che spavento e tumulto. Io te ne reco
 lieta l’infausto avviso;
1405e col primo terror di tua possanza
 incomincio a punir la tua incostanza.
 RODERICO
 Alla comun difesa
 e la corona e la vita mi chiama.
 Seguami Asmondo. In libertà ti lascio,
1410Svanvita, il reo. Questo gradir ti piaccia
 non vile testimon del mio rispetto.
 Ma quando io torno, in lui
 fa’ ch’io ritrovi o l’amator pentito
 o l’impostor punito.
 
 SCENA IX
 
 SVANVITA, REGNERO e ILDEGONDA
 
 SVANVITA
1415Più fausto avviso e più opportuno a noi
 non potevi recar, bella Ildegonda.
 REGNERO
 Ildegonda a me cara,
 o se penso al tuo merto o se a quel sangue
 che unì più volte a’ tuoi grand’avi i miei.
 ILDEGONDA
1420Regina, è mia gran sorte
 il poterti inchinar. Ma tu chi sei?
 REGNERO
 Perdonami, conviene
 che di me stesso obblii la sorte e il nome.
 Piace così... (Accenna Svanvita ad Ildegonda)
 SVANVITA
                         Distinguasi Ildegonda
1425da’ tuoi nimici. In lui tu vedi ’l degno
 figlio di Unningo.
 ILDEGONDA
                                   Oh dei! Regnero egli è?
 SVANVITA
 Sì, Regnero, il mio sposo.
 ILDEGONDA
                                                 Ed il mio re.
 SVANVITA
 Tacciasi. In questa reggia
 temonsi ancor di Roderico i cenni.
 ILDEGONDA
1430Cauti siamo, non timidi. Per noi
 il trionfo fia certo.
 La giusta causa è in man di Sigiberto.
 REGNERO
 Tutto spero, lui duce.
 ILDEGONDA
                                         In breve l’armi
 decideran. Lontana spettatrice
1435mi chiama il cor. Principi amanti, addio.
 All’amor vostro io così servo e al mio.
 
    So che consola
 star col suo bene
 da solo a sola
1440e alle sue pene
 dar libertà.
 
    Il vero amante
 non è il più audace.
 Se v’è chi ’l mira,
1445sospira e tace;
 e finger piace
 sembiante austero
 alla beltà.
 
 SCENA X
 
 REGNERO e SVANVITA
 
 SVANVITA
 Regnero, io ben sapea che il tuo coraggio
1450era qui tuo periglio.
 REGNERO
 L’altrui virtù mi rese ardito.
 SVANVITA
                                                      E il mio
 amor timida femmi.
 REGNERO
                                         Ah, questo amore,
 tolgalo il cielo, ancor fia reo del molto
 sangue che può versarsi.
 SVANVITA
1455Un re non può salvarsi a minor prezzo.
 REGNERO
 A sì gran prezzo abborro,
 non che il regno, la vita.
 SVANVITA
 Oh dio! Non dir così, s’ami Svanvita.
 REGNERO
 
    Amo, o cara, e vita e regno,
1460perché regno e vivo in te.
 
    Ma per quanto t’ami ’l core,
 il suo amore mai non t’ama
 quanto brama e quanto de’.
 
 SCENA XI
 
 SVANVITA
 
 SVANVITA
 Ite, o vani timori. A sì grand’alma,
1465in cui regnano unite
 tante virtù, quasi fra gli ostri ignote,
 mancar di sue difese il ciel non puote.
 
    Già mi dicea la spene
 che, unita al caro bene,
1470quest’anima dovea lieta goder.
 
    Or che virtù mi affida,
 non è più speme infida
 ma ferma sicurezza il mio piacer.
 
 Veduta di Scar, metropoli della Dania, con gran porta, dalla quale esce Olao, preceduto dal seguito de’ norvegi e goti.
 
 SCENA XII
 
 OLAO
 
 OLAO
 Sigiberto verrà. Seco si tenti
1475la ragion pria che il ferro. Egli a noi venga
 e la pubblica fede a lui fia scorta.
 Norvegi, in Roderico
 la giustizia si opprime o si difende.
 Un torbido fantasma, un’ombra vana
1480sono il re, cui si giura
 da quell’armi ’l diadema. Empié Regnero
 col solo nome il cor de’ Goti ed essi
 solo col di lui nome empiono il trono.
 O vincasi in quel campo
1485col disinganno un cor sedotto o in quello
 vincasi col valore un cor rubello.
 
 SCENA XIII
 
 SIGIBERTO con seguito di goti, dani e frisoni, ed OLAO
 
 SIGIBERTO
 Che mi propone Olao?
 OLAO
 Amico duce, in questo sen... (In atto di abbracciarlo)
 SIGIBERTO
                                                      Perdona; (Si ritira con rispetto)
 se la neghi a Regnero,
1490mi offende l’amistà de’ regi amplessi.
 OLAO
 Sigiberto col volgo anch’ei vaneggia?
 SIGIBERTO
 Può vaneggiar chi un giusto re sostiene?
 OLAO
 In Roderico il veggio.
 SIGIBERTO
                                          A lui lo scettro
 chiede Regnero e con quest’armi ’l chiede.
 OLAO
1495Tu pur nostro nimico?
 SIGIBERTO
 Son l’onte esca dell’ire in alma grande.
 OLAO
 Brami Ildegonda? Hai su quel cor l’impero.
 SIGIBERTO
 Dal mio braccio l’attendo o da Regnero.
 OLAO
 L’asconde un’urna.
 SIGIBERTO
                                      E mostrerallo un soglio.
 OLAO
1500Roderico vi siede.
 SIGIBERTO
                                    Egli ne scenda.
 OLAO
 E lasci ’l regno?
 SIGIBERTO
                                Al vero erede il renda.
 OLAO
 Duce, il folle tumulto
 è tua vendetta, il so; tu di un fellone
 sei ministro all’ardir. Tu di Svanvita
1505l’ire fomenti e forse
 fomenti l’ire sue men ch’il suo amore.
 In essa, in te, nell’empio, io ben ravviso
 e l’ingrata e il nimico e l’impostore.
 SIGIBERTO
 Impostor chi desia degli avi ’l soglio?
 OLAO
1510Sì, se germe degli avi Asmondo il nega.
 SIGIBERTO
 (Cauto è Asmondo).
 OLAO
                                        Impostor, s’anche Svanvita
 solo il duce de’ Dani in lui m’addita.
 SIGIBERTO
 (Saggia è l’eccelsa donna). Olao, qui cedi
 a Regnero il comando o riedo al campo.
 OLAO
1515Al campo riedi e inspira
 miglior fé, più bel zelo a’ Goti, a’ Dani.
 Degno oggetto di entrambi è Roderico.
 SIGIBERTO
 La fede, il zelo è per Regnero. Addio.
 Gli amici ed i vassalli, il giusto e l’armi
1520il voglion coronato. A te, che neghi
 il viver suo, vivo lo mostro.
 OLAO
                                                   E dove?
 SIGIBERTO
 Nella battaglia. Olao, colà ti aspetto.
 OLAO
 E la battaglia in pro del vero accetto.
 
    Non si tema.
1525Per difendere un diadema,
 avrò meco il mio valore,
 la giustizia avrò con me.
 
    Punirò l’ardir, l’orgoglio
 pria nel campo, vincitore,
1530poi nel soglio
 col rigor di offeso re.
 
 SCENA XIV
 
 SIGIBERTO
 
 SIGIBERTO
 Amici, alle sconfitte
 spinge il ciel quelle schiere. Alle vittorie
 chiama il ciel le nostr’armi. In quelle mura
1535da’ suoi Regnero attende
 la man che l’alzi al trono.
 Andiam. Sia la sua gloria un vostro impegno
 e veda nel suo regno un vostro dono.
 
    Non sia sfida al cimento la tromba;
1540ma sia invito, campioni, alla gloria.
 
    E quel suono che lieto rimbomba
 sparga un’eco di certa vittoria.
 
 Sala reale preparata per nozze.
 
 SCENA XV
 
 RODERICO e ASMONDO
 
 RODERICO
 Per l’estremo cimento, ove si provi
 del duce il vanto, egli a me venga.
 ASMONDO
                                                               Infido
1545mi fa pur anche un saldo zelo.
 RODERICO
                                                         In queste
 di un amante, di un re pompe fastose,
 trovo rischio e dolor; ma non si onori,
 col temerlo, il periglio.
 Sì, vincerà ne’ dani suoi Svanvita;
1550perirà l’impostor ne’ goti infidi.
 Io così spero e almeno
 così sperando ha qualche pace il seno.
 
    Se ben voi m’ingannate,
 contento io vi perdono,
1555speranze del mio trono,
 speranze del mio amor.
 
    Infin che lusingate
 pietose l’alma mia
 non sente gelosia
1560né crede al suo timor.
 
 SCENA XVI
 
 REGNERO, RODERICO e ASMONDO
 
 ASMONDO
 Qui giunge il duce. (A che mi astringi, o tema).
 RODERICO
 (Se per fasto di regno
 mentì il grado real, sappiasi). Ascolta. (A Regnero)
 La ragion che tu vanti
1565pende indecisa ancor.
 REGNERO
                                           Nacqui al comando.
 RODERICO
 Asmondo il nega.
 REGNERO
                                   E a te lo provi il brando.
 RODERICO
 Taccia l’ira. Io ti soffro
 mio rival nello scettro.
 Tutto almen di Svanvita
1570a me rimanga il cor. So che geloso
 della bella è il tuo amor, che senza prezzo
 non si cede un gran bene.
 REGNERO
 (Che proporrà).
 ASMONDO
                                (Tu mi tormenti, o spene).
 RODERICO
 Dividasi l’impero; abbia le leggi
1575da me la Gozia e serva
 la Svezia i cenni tuoi.
 REGNERO
                                          Con tale offerta
 ti mostri reo. Non ben possiede il tutto
 chi una parte ne cede. È mio diritto
 e la Gozia e la Svezia. Io non tradisco
1580il mio natal con la viltà dell’opre.
 Dal rifiuto già sai ch’io son Regnero.
 Ma quando anch’io nol fossi, è prezzo vile
 per il cor di Svanvita un mondo intero.
 
 SCENA XVII
 
 RODERICO ed ASMONDO
 
 RODERICO
 Un regno non ricusa
1585chi non ha cor di re.
 ASMONDO
                                       Cede talvolta
 a costanza d’amor ragion d’impero.
 RODERICO
 Men cauto e più verace
 parlami, Asmondo. In lui veggio Regnero.
 ASMONDO
 Signor, se non a me, credi a Svanvita.
 RODERICO
1590Mal mi rispondi. Sì, vive nel duce
 di Unningo il figlio. A che più frodi? Esponi.
 Vuoi le minacce oltre i comandi e i preghi?
 ASMONDO
 (Perché regni sicuro, il re sì neghi).
 RODERICO
 Ardisci e, sin che incerto
1595della pugna fatal pende l’evento,
 palesa o la menzogna o il tradimento.
 ASMONDO
 Sire, già dissi.
 RODERICO
                             Ancora
 quel perfido tacer sfida la morte.
 ASMONDO
 Morrò ma vendicato.
 RODERICO
1600Qual cieca fellonia? Di carcer tetro
 costui traggasi, o fidi, alle catene.
 
 SCENA XVIII
 
 REGNERO, SVANVITA e i suddetti
 
 REGNERO
 Ferma; e solo dal re vengan le pene.
 SVANVITA
 Sì, dal re, Roderico
 non è più tale in Gozia. Altro monarca
1605ha il campo vincitor.
 RODERICO
                                        Stelle, che sento!
 REGNERO
 Già spinse Sigiberto
 con la vittoria entro le mura i vinti,
 RODERICO
 Che fia di Olao?
 SVANVITA
                                 Seppe di Frisia il duce
 rispettar quella fronte. Ei torna illeso.
 RODERICO
1610Ma Regnero dov’è?
 REGNERO
                                      Chi sia Regnero
 Sigiberto il dirà, dirallo il campo.
 RODERICO
 D’ira, di gelosia, di sdegno avvampo.
 SVANVITA
 
    Respira lieta l’anima
 speranza così amabile
1615che tutto il dolce giubilo
 in sé capir non sa.
 
    E mentre ardito palpita,
 il cor, ch’era già timido,
 del mio goder più stabile
1620un pegno il ciel mi dà.
 
 RODERICO
 Che più mi fermo? Ah, si contenda almeno
 al vincitor l’intera gloria. (Impugna la spada e in atto di partire incontra Olao)
 
 SCENA XIX
 
 OLAO, con norvegi e spada in mano, e i suddetti
 
 OLAO
                                                 Arresta,
 nipote, il passo.
 RODERICO
                                A Sigiberto...
 OLAO
                                                          Invano
 ti opponi al suo valore. Egli con l’armi
1625della città le strade inonda e ad esso
 ultimo de’ trofei resta la reggia.
 SVANVITA
 (Gran duce).
 REGNERO
                           (Amico eroe).
 ASMONDO
                                                       (Spada felice).
 OLAO
 Resta la reggia e quivi
 e dal guerriero e dal civil tumulto
1630si cerca il trono e vi si vuol Regnero.
 Al duce tuo, che tal vantossi, imponi
 la sua pena, o regina.
 SVANVITA
 Venga Regnero e il mentitor punisca.
 OLAO
 E tu cedi, s’ei vive,
1635nipote, il suo diadema.
 REGNERO
                                             E vivo e regno.
 OLAO
 Come! Seco l’ha il campo. Asmondo istesso
 già ti smentì. Svanvita
 soffre ma non applaude al tuo ardimento.
 RODERICO
 Signor, s’inoltran l’armi.
 REGNERO
1640E Sigiberto. Egli dirà s’io mento.
 
 SCENA ULTIMA
 
 SIGIBERTO con dani, goti e frisoni; poi ILDEGONDA e i suddetti
 
 SIGIBERTO
 Vano è l’ardir. Cedete. (All’arrivo di Sigiberto se gli oppongono i norvegi che restano incalzati da quelli che sopraggiungono)
 RODERICO
 Non cede Roderico.
 OLAO
 Teco viene il mio brando.
 REGNERO
                                                 Or sì ch’io spero.
 SIGIBERTO
 Nel trionfo de’ suoi, viva Regnero.
 REGNERO
1645Cessin gli sdegni, o fidi. Sigiberto,
 qui s’arrestino l’armi.
 SIGIBERTO
 Poiché giunse al tuo piede,
 si ferma la vittoria e i cenni attende.
 REGNERO
 E l’onor di sue braccia il re ti rende.
 ILDEGONDA
1650Applaude a Sigiberto
 anche Ildegonda.
 SVANVITA
                                  È questa
 delle conquiste tue, duce, la prima.
 SIGIBERTO
 E de’ sudori miei premio migliore.
 REGNERO
 Marte arrise al valore, al merto amore.
 OLAO
1655Regnero è il duce? (A Svanvita)
 SVANVITA
                                      Desso.
 OLAO
 Ed il negasti? Ingiusto
 il tuo tacer mi rese.
 SVANVITA
 Al mio timido amor rimetti ’l torto.
 RODERICO
 Mi deludesti, Asmondo.
 ASMONDO
1660Colpa di troppo affetto.
 REGNERO
 A sì bel zelo il tuo tacer perdono. (Ad Asmondo)
 Il valor, la virtude ha qui un bel campo (Ad Olao e Roderico)
 per vostra gloria. Scenda
 Roderico dal trono e non vi resti
1665pur un sospir che l’atto grande offenda.
 RODERICO
 Libero il cedo e senza duol. Maggiore
 del ben che perde ha Roderico il core.
 REGNERO
 Basti ad Olao la sua Norvegia e i regni
 cerchi fuor della Gozia a’ suoi nipoti.
 OLAO
1670I Dani amici e i Goti
 bramo, se lice.
 REGNERO
                              Io giuro pace.
 SVANVITA
                                                         E pace
 giura ad Olao Svanvita.
 REGNERO
 A te, duce, si stringa in Ildegonda
 di Gozia il regal sangue.
 SVANVITA
1675Giusto favor che i merti suoi ne dice.
 ILDEGONDA e SIGIBERTO A DUE
 In braccio alla virtude io son felice.
 REGNERO
 Qui meco il soglio avrai, se a te il degg’io.
 SVANVITA
 Il mio vi aggiungo e nel tuo seno io godo.
 REGNERO
 Applauda il mondo ed in Regnero onori
1680la comune allegrezza e il regno e il nodo.
 TUTTI
 
    In fronte al vero erede
 regnare il mondo vede
 pietà, giustizia e amor.
 
    E sua maggior grandezza
1685si fa quell’allegrezza
 che brilla in ogni cor.
 
 Il fine della «Svanvita»