La Svanvita (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO PRIMO
 
 Salone reale con due troni.
 
 SCENA PRIMA
 
 OLAO, RODERICO, ASMONDO, ILDEGONDA, coro di goti, coro di norvegi, popoli e soldati
 
 OLAO
 
    Viva e regni
 Roderico, il vostro re.
 
    De’ vassalli ogni salvezza
 nel suo seno omai riposi.
 
 ASMONDO
 
5   Ed ei trovi ogni grandezza
 nell’amor dell’altrui fé.
 
 CORO
 
    Viva e regni
 Roderico, il vostro re.
 
 OLAO
 Popoli, in breve età, quanti monarchi
10vi tolse invida parca! Unningo giacque,
 per cui l’Orse natie fur più temute.
 Torilda a lui consorte, a me germana,
 che con virtù tenne due lustri ’l regno,
 pur giacque e chiude un’urna,
15con le ceneri sue, quelle di Unningo.
 Vivea Regnero; Ulvilda,
 prima sposa di Unningo, a lui fu madre.
 Questi ancor cadde; Asmondo,
 al cui zel fu commesso il regio erede,
20di sua morte immatura a voi fa fede.
 Or che vedovo è il trono, il re voi siete.
 La scelta è in poter vostro;
 date al soglio un monarca. In Roderico
 a me lice proporlo, a voi gradirlo.
25Sia re chi più n’è degno;
 e dia con fausti auspici
 al gotico destin legge e consiglio
 di Olao il nipote e di Torilda il figlio.
 ASMONDO
 
    Regio sangue, eccelso core,
30perch’ei regni, il ciel gli diè.
 
 CORO
 
    Regni e viva
 Roderico, il nostro re. (Olao ascende sul suo trono)
 
 ILDEGONDA
 (Nel regio amante il mio destin pur gode).
 ASMONDO
 (Dove applaude il timor, l’applauso è frode).
 OLAO
35Roderico, nipote, i detti serba.
 Ecco scettro e diadema.
 Non l’hai da me; l’hai dall’amor di questi
 popoli, dirò tuoi,
 che tuoi gli rende il loro dono augusto.
40Alla Svezia da’ leggi
 ma più a te stesso; ed ora
 che il ciel la Gozia alla Norvegia unisce,
 il Sarmata feroce,
 che provocar l’armi comuni or tenta,
45tema il suo fato e del suo ardir si penta. (Al suono di trombe e timpani resta coronato da Olao Roderico)
 ASMONDO
 (Necessità fatale
 al legitimo re nega quel serto).
 ILDEGONDA
 (Gli dà fregio il diadema. Ahi, Sigiberto). (Roderico s’avvicina al suo trono)
 RODERICO
 
    Mente eterna, eccelso nume,
50giuro a te, che il tutto reggi,
 che del giusto e delle leggi
 in difesa io veglierò.
 
    Sarà oggetto del mio trono
 sol l’amor di chi ’l sostiene;
55e fra i premi e fra le pene
 il poter bilancerò. (Roderico ascende sul trono e passano ad inchinarlo i popoli ed i soldati con armi e bandiere, preceduti da Asmondo)
 
 ASMONDO
 Popoli, duci, io vi precedo e giuro
 al vostro, al mio regnante
 immortal vassallaggio e fé costante.
 RODERICO
60Asmondo, nel tuo zel leggo il tuo amore.
 ASMONDO
 (Finge così, quando ben serve un core).
 ILDEGONDA
 Ildegonda anche applaude,
 sire, al tuo fato e a te dal cielo impetra,
 in durevole impero, anni felici.
 RODERICO
65Regal germe di eroi, bella Ildegonda,
 sono i tuoi voti i miei più cari auspizi.
 (Un novo regno in quel bel sen sospiro).
 ILDEGONDA
 (Più che al suo core, al suo diadema aspiro). (Si ritira)
 
 SCENA II
 
 SIGIBERTO con seguito e i suddetti
 
 SIGIBERTO
 Col lieto avviso accresco (A Roderico)
70gioia e splendor, sire, al tuo novo impero.
 Già del gotico ciel l’aure respira
 la vergine Svanvita,
 tua illustre sposa. Al nodo eccelso applause
 la Dania, ond’ella parte.
75Il minor de’ suoi fregi
 è il suo regio natal, la sua grandezza.
 Altro del debol sesso
 non ha che il gentil volto. Il core e i sensi
 son del più forte; e scopri
80solo l’eroe dov’ella pensi ed opri.
 Pria che il giorno tramonti,
 l’avrà la reggia. Al grido
 che la Sarmazia arda ora teco in guerra,
 seco vien di guerrieri armato stuolo.
85Maggior n’arma la Dania; e per te in breve
 fia che gema e si asconda
 sotto peso maggior la terra e l’onda.
 RODERICO
 Prence, Olao strinse il nodo e Olao risponda. (Scende dal trono e fa lo stesso Olao)
 OLAO
 Amico Sigiberto, o se al tuo brando
90il destino dell’armi o se al tuo seno
 della corona il grave affar s’affidi,
 saggio e forte ugualmente,
 sei del gotico regno e braccio e mente.
 Il nodo di Svanvita
95ferma il diadema a Roderico in fronte.
 Vada Asmondo ed affretti
 l’alta donzella all’imeneo felice.
 In mano a Sigiberto
 resti dell’armi il sommo impero; e in breve
100stenda l’invitto oltre il sarmazio lido
 del suo valor, del poter nostro il grido.
 SlGIBERTO
 Sire, l’onore è assai maggior del merto.
 RODERICO
 (Forza è ch’odi un rivale in Sigiberto).
 ASMONDO
 (Su l’altrui tempia ancor vedrò quel serto). (Si parte)
 OLAO
 
105   Già re fortunato,
 già sposo beato
 ti rende un sol dì.
 
    Per te con amore
 fortuna si unì.
 
 SCENA III
 
 RODERICO e SIGIBERTO
 
 RODERICO
110Sigiberto, il mio grado
 questo esige da te primo dovere,
 che si sveni ’l tuo affetto al mio piacere.
 SIGIBERTO
 Che? Non intendo.
 RODERICO
                                     Il so. Comincio il regno
 da un ingiusto desio;
115ma più ingiusto è l’amor che in me lo desta.
 SIGIBERTO
 Di quale amor, dacché è regnante e sposo,
 Roderico favella?
 RODERICO
 Di quel che m’arde in sen per Ildegonda.
 SIGIBERTO
 Ildegonda? L’oggetto
120de’ voti miei?
 RODERICO
                             Gli eroi, qual Sigiberto,
 altro oggetto non han che la lor gloria.
 SIGIBERTO
 I re, qual Roderico,
 altro impegno non han che la lor fede.
 RODERICO
 E chi per Ildegonda a te la diede?
 SIGIBERTO
125Premio de’ miei trionfi,
 Torilda a me...
 RODERICO
                              Già chiuse
 Torilda i giorni estremi;
 tu da un re successor spera altri premi.
 SIGIBERTO
 I non chiesti ricuso,
130poiché mi neghi i meritati...
 RODERICO
                                                      Meglio
 chi ti parla conosci. Ove ho la reggia
 rival non soffro. Di un regnante il voto
 si riceva in comando e si ubbidisca.
 SIGIBERTO
 Si ubbidisca il comando, o Roderico,
135da chi suddito nacque; io, di te al pari,
 nacqui libero e prence;
 né altre leggi ha la Frisia,
 fuorché da Sigiberto, e le ha più giuste.
 RODERICO
 Vanne dunque e la Frisia
140sia di amori e di glorie a te feconda.
 Qui sia re Roderico e sua Ildegonda.
 
    Non vo’ che mi contrasti
 audacia di rival
 l’amato bene.
 
145   Al tuo piacer già basti
 che un affetto real
 innalzi la beltà
 ch’era tua spene.
 
 SCENA IV
 
 SIGIBERTO, poi ILDEGONDA
 
 SIGIBERTO
 Svegliati, o forte sdegno
150di nobil alma. Andiam; ma pria si cerchi
 se prevalga in un core
 desio di regno o fedeltà di amore.
 Ecco Ildegonda.
 ILDEGONDA
                                (Oh trono!
 Perché non sei di Sigiberto un dono).
 SIGIBERTO
155Principessa, da questa
 reggia un tempo a me cara ed ora ingrata,
 l’ultimo addio prender convienmi. Cedo,
 più che al destin che mi è nimico, a quello
 che ti chiede regina e ti vuol grande.
 ILDEGONDA
160Dopo tanti miei voti,
 tal riede Sigiberto? E questa arreca
 al mio tenero amor gioia crudele?
 SlGIBERTO
 (Cor d’Ildegonda, io ti vorrei fedele).
 ILDEGONDA
 Tu partir?
 SIGIBERTO
                      Questa è legge
165di Roderico.
 ILDEGONDA
                          E tu partir sì tosto?
 SIGIBERTO
 Un felice rival non ben si soffre.
 ILDEGONDA
 Sigiberto ha il mio core.
 SIGIBERTO
                                               E Roderico
 ne avrà la destra. Eh, parla
 con più liberi sensi. Invan t’infingi.
170Già col desio scettro possiedi e stringi.
 ILDEGONDA
 Sa il cielo, il sa quest’alma, il sai tu stesso
 se, d’allor che mi offristi
 coronato di lauri il core eccelso,
 godei che tu mi amassi e s’io ti amai.
175Ma...
 SIGIBERTO
             Segui.
 ILDEGONDA
                           Oh dio!
 SIGIBERTO
                                            Vacilla
 l’antica fede; e al trono,
 quasi onda a scoglio si dibatte e frange.
 ILDEGONDA
 Quel trono, che rammenti,
 già fu degli avi miei lungo possesso.
 SIGIBERTO
180Tu ancor l’avrai lor figlia; e già t’inchina
 Sigiberto in un dì sposa e regina.
 ILDEGONDA
 Deh, perché non poss’io di Gozia al trono
 il talamo anche unir di Sigiberto?
 SIGIBERTO
 Questo nome, Ildegonda,
185esca pur del tuo seno. Un cor diviso
 a me fa più d’orror che un cor nimico.
 Mal vi stan Sigiberto e Roderico.
 ILDEGONDA
 Se parti, oimè! qual resto?
 SIGIBERTO
 
    Resta al soglio; più non voglio
190per me un core, dove amore
 è superbo e non fedel.
 
    Ho dispetto che il mio petto
 abbia il vanto
 di amar tanto un’infedel.
 
 SCENA V
 
 ILDEGONDA
 
 ILDEGONDA
195Stelle, fra due gran beni,
 come misera sono?
 Amo un cor, bramo un trono.
 Sceglie appena il desio che allor si pente;
 e il miglior si figura in quel che lascia.
200Quindi il perduto bene
 gli toglie anche il piacer di quel che ottiene.
 
    Al core prometto
 che grande il farò,
 contento, non so.
 
205   Il vero diletto
 può darci l’affetto;
 la sorte nol può.
 
 Campagna orrida con veduta del mare ingombrato da navi. Segue lo sbarco di Svanvita, preceduta dal suo corteggio e da deità marine che formano il ballo.
 
 SCENA VI
 
 SVANVITA
 
 SVANVITA
 
    Regio amore mi chiama al trono
 e seguirlo ancor non oso.
 
210   La lusinga del suo gran dono
 è spavento della mia fama,
 è tormento del mio riposo.
 
 Questi del goto impero, a cui mi tragge
 un reale imeneo, son pure i lidi.
215Come appena vi fermo il piè sovrano,
 che l’alma il frena e ne condanna i passi?
 Al talamo non vassi,
 non vassi alle corone
 con rimorso e con tema. Ah, non intendo...
 
 SCENA VII
 
 ASMONDO e SVANVITA
 
 ASMONDO
220Regina, un tuo vassallo
 vedi in Asmondo.
 SVANVITA
                                   E in esso
 il noto grado e il chiaro nome onoro.
 ASMONDO
 Roderico i suoi voti
 col labbro mio ti espone. A’ nostri numi,
225poiché salva giungesti, altro non chiede
 che il nodo stabilito.
 SVANVITA
 Tanto nelle mie nozze
 si affida il tuo signor?
 ASMONDO
                                           Può la tua destra
 fermargli su la fronte il suo diadema.
 SVANVITA
230Se il sostien la ragion, nulla si tema.
 ASMONDO
 Quale ragion? (Ma taci, Asmondo).
 SVANVITA
                                                                  Segui.
 ASMONDO
 (A Regnero si giovi). Armato il zio,
 trasse il nipote al soglio, è ver, ma...
 SVANVITA
                                                                   Come!
 Lice il temer? Già Roderico è grande.
 ASMONDO
235Eh, grandezza, cui manca
 l’amor de’ suoi, troppo ha vicin l’inciampo.
 SVANVITA
 Manca l’amore a chi già regna? E regna
 col pubblico piacer?
 ASMONDO
                                       Non sempre s’ama
 ciò che si soffre. Ogn’impotenza è freno.
 SVANVITA
240Non son vassalli a Roderico i Goti?
 ASMONDO
 Altro nome, o regina,
 loro nel seno antica fede impresse.
 SVANVITA
 Braman dunque altro impero?
 ASMONDO
 In ogni core ha il trono suo Regnero.
 SVANVITA
245Lieve guerra può far rivale estinto.
 ASMONDO
 E s’ei vivesse... (Oh cieli).
 SVANVITA
 Tronco favelli! Asmondo, parla.
 ASMONDO
                                                           Soffri
 che innocente ti lasci il mio tacere.
 Vien, regina, a regnar, vieni a godere.
 SVANVITA
250Svela gli arcani; io la mia fé ti giuro.
 ASMONDO
 (Regni ’l mio prence). Odi, gran donna. Vive,
 sotto spoglie neglette,
 il gotico monarca. Un fido inganno,
 per sottrarlo a’ perigli, estinto il disse.
255L’arte fu mia. Di Olao, di Roderico
 già scuoto il grave giogo; e per Regnero
 si dichiara il mio amore. Ei vive. Almeno
 se al suo regno, al suo nome, alla sua vita
 è crudele il destin, nol sia Svanvita.
 SVANVITA
260(Or sì v’intendo, oh stelle). Ove soggiorna?
 ASMONDO
 In quel monte, in quel tetto ha la sua reggia.
 SVANVITA
 Tosto a me il guida. Al re de’ Goti, Asmondo,
 mi giurai sposa; e questi
 Regnero sia, non Roderico. A lui
265dee la Dania quest’armi. Io il vo’ sul trono.
 ASMONDO
 Magnanima pietade!
 SVANVITA
 E perché egli vi ascenda,
 a lui sol porgerò, forte e pietosa,
 pria la man di guerriera e poi di sposa.
 ASMONDO
 
270   Dir potrai che in quel regnante
 la ragion portasti al soglio,
 coronasti la pietà.
 
    Ed avrai nel suo sembiante,
 per oggetto del tuo affetto,
275maestosa la beltà.
 
 SCENA VIII
 
 SVANVITA, poi SIGIBERTO
 
 SVANVITA
 Servasi al giusto. A Roderico io tolgo
 quella parte di me che il mio dovere
 mi avea rapita. Sigiberto.
 SIGIBERTO
                                                 Accogli,
 vergin real...
 SVANVITA
                          L’eroe maggior che stringa
280per la Gozia l’acciar.
 SIGIBERTO
                                        Non vuol più il fato
 ch’io serva a Roderico. Io parto offeso
 e il mio torto è comune anche a Svanvita.
 SVANVITA
 Troppo onoro il tuo merto,
 per non esserne a parte. Io sarò teco.
285Ma tu lasci Ildegonda?
 SIGIBERTO
                                            E vuoi ch’io possa
 servir la sconoscente? Amar l’ingrata?
 SVANVITA
 Ingrata e sconoscente? Ella che in Dania
 mi giurasti fedele al tuo bel foco?
 SIGIBERTO
 L’abbagliò la corona
290da Roderico offerta.
 SVANVITA
 Offerta allor che splende
 per me la sacra face?
 SIGIBERTO
 Ildegonda è il suo ardore.
 SVANVITA
                                                 E il soffri in pace?
 SIGIBERTO
 Si offende in Sigiberto
295solo il suo amor; ma in te, regina, è offesa
 la tua fé, l’onor tuo, la Dania intera.
 SVANVITA
 Veggio l’offesa e l’offensor ne pera.
 Co’ duci tuoi meco t’invito all’opra.
 SIGIBERTO
 Io, contro il lor sovrano
300spinger l’armi vassalle?
 SVANVITA
                                              Odi un arcano
 che salva la tua gloria. Odi e risolvi.
 Della Gozia Regnero è il solo erede.
 Ei vive. Io so che hai core; io so che hai fede.
 SIGIBERTO
 Ho fede, ho cor. Regni, se vive.
 SVANVITA
                                                          Segui
305il valoroso ardir. Meco quel prence
 sarà fra poco. Alle tue schiere intanto
 porta il nome reale. Io nelle mie
 spargerò la pietà, l’onta, lo sdegno.
 A’ Goti il lor monarca oggi prometto.
 SIGIBERTO
310Ed io per lor giuro al monarca il regno.
 
    Vendetta mi grida
 il core guerrier
 e pace non v’è.
 
    Di vincer mi affida
315la gloria, l’onore,
 l’amore, la fé.
 
 SCENA IX
 
 SVANVITA e poi REGNERO ed ASMONDO
 
 SVANVITA
 Scende Regnero. Il cor, che in sen mi balza,
 forse teme in que’ rai le sue ferite.
 
    Già nel sen palpita il core
320e agitata l’alma sento.
 
    Se presagio sia d’amore,
 non lo so ma lo pavento.
 
 REGNERO
 
    Quando tra i fiori
 scherza il ruscello,
325va dicendo a questo e quello:
 «Io son pur dolce, o fiori, io son pur chiaro».
 
    Ma se gli umori
 al mare invia,
 perde tosto il bel di pria
330e torbido diventa e fassi amaro.
 
 Asmondo, il rio mi dice
 che la mia povertade è un’innocenza.
 ASMONDO
 Oggi alle tue sciagure
 forse cortese il ciel segna le mete.
 REGNERO
335Mai ciò che piace al ciel non è sciagura.
 SVANVITA
 (Alma innocente e pura).
 ASMONDO
 Ecco il prence infelice. (A Svanvita)
 SVANVITA
 Quel regio aspetto e quel gran cor mel dice.
 REGNERO
 (Ma qual rara beltà).
 ASMONDO
                                         Questa che vedi
340è Svanvita, a cui serve
 la Dania intera, a cui la Gozia...
 REGNERO
                                                           Inchino
 del nome il merto e la beltà del volto.
 SVANVITA
 (Tel predissi, mio cor; non sei più sciolto).
 Torni Asmondo alla reggia.
345Dica ad Olao che offesa
 mi aspetti e vendicata. A Roderico
 dica che in Ildegonda
 goda il suo amore e in me lo tema; e dica
 ch’io venia sposa e giungerò nimica.
 ASMONDO
350(Ch’odo! Ildegonda). Ubbidirò. Tu intanto
 spera e confida.
 
    Quel valor, quella bellezza
 ti renderà
 la tua felicità, la tua grandezza.
 
 SCENA X
 
 SVANVITA e REGNERO
 
 SVANVITA
355(Vezzosa maestà).
 REGNERO
                                    Mandi ’l tuo sdegno
 primo araldo allo sposo?
 SVANVITA
 Risponde la vendetta a chi mi accoglie
 con l’onta di un disprezzo.
 REGNERO
 Un re...
 SVANVITA
                 Chi? Roderico?
360Regna; ma non è tale. Hanno i miei voti
 altre speranze, altro sovrano i Goti.
 REGNERO
 Altro sovrano?
 SVANVITA
                              (Egli si asconde). Ignoto
 a queste spiagge è di Regnero il nome?
 REGNERO
 Noto ma senza pro. Morì quel prence.
 SVANVITA
365(Prudente ancor diffida). E tu, chi sei?
 REGNERO
 Parlan le spoglie, onde mi vedi involto.
 SVANVITA
 Eh, le spoglie talor smentisce il volto.
 REGNERO
 
    Tu vedi un pastorello, un infelice.
 Se talor col pianto mio
370chiedo al fonte chi son io,
 mi risponde con l’onde e mi dice:
 «Tu vedi un pastorello, un infelice».
 
 SVANVITA
 In te tutto mi scopre
 virtude e nobiltà. Di un sangue augusto
375l’onor già leggo in quel rossor sincero.
 Parla; ardisci; abbi fé. Tu sei Regnero.
 REGNERO
 Regina, poiché in me di lui non resta
 che il nome sfortunato,
 io lo tacea per mio minor cordoglio.
380Regno, vassalli e soglio
 diemmi ’l natal. Torilda
 tutto mi tolse. A me pendea sul capo
 maggior periglio. Asmondo,
 che per cenno real mi custodia,
385cauto me n’involò; morto mi finse
 per serbarmi, felice, un giorno al trono.
 La mia sorte, i miei danni e il viver mio
 a Svanvita fidai. Regnero io sono.
 SVANVITA
 E ben tutto fidasti. Or quanto tacque
390la tua ragion?
 REGNERO
                            Due lustri.
 SVANVITA
 E perché non chiedesti
 a una fuga onorata il tuo soccorso?
 REGNERO
 Col periglio di Asmondo
 credute avrei le mie grandezze infami.
 SVANVITA
395Poteano armarsi i tuoi. Fidi ti sono.
 REGNERO
 Amo il sangue de’ miei più che il mio trono.
 SVANVITA
 Giova però sovente
 Marte ad Astrea. Giova allo scettro il brando.
 REGNERO
 Agli avi di Regnero
400piacque regnar su l’alme e il lor diadema
 cercar più nell’amor che nella tema.
 SVANVITA
 E nell’amor si cerchi ’l tuo. La Dania
 proteggerà con l’armi
 della Gozia la fede. In Sigiberto,
405che già prevenne a tuo favor le schiere,
 ti prometto un campion. Donna è Svanvita
 ma donna tal che fia tuo scudo e tale
 che già scema le glorie al tuo rivale.
 REGNERO
 Dal rio destino illesa
410mi rimanea la libertà dell’alma;
 ma di Svanvita a fronte
 oggi la perdo ed è mio fregio. Accetta,
 vergine illustre, il sacrifizio e il voto
 che tua virtude e tua bellezza onora.
 SVANVITA
415E l’accetta Svanvita, (E s’innamora).
 Qui parte de’ miei fidi
 resti con te. Dal mar trarrò sui lidi
 le forze nostre; e là ti attendo. Addio.
 Ah, non senza un sospir partir poss’io.
 
420   Nel guardo tuo seren
 sfavilla lo splendor che ti fa grande.
 (Ed anche nel mio sen ne giunse un lampo).
 
    E quel gentil balen
 diventa un dolce ardor, se al cor si spande.
425(Vorrei scoprirgli almen che anch’io n’avvampo).
 
 SCENA XI
 
 REGNERO
 
 REGNERO
 Da voi deriva, o numi,
 quella che di regnar speme sicura
 oggi mi nasce in seno. Un voto solo
 mi resta e voi lo secondate. Meco,
430se ho da regnar, regni Svanvita ancora,
 in cui quest’alma un’opra vostra adora.
 
    La mia fiamma è tanto chiara
 ch’io la credo ardor di stella.
 
    E da quella so che impara
435la mia brama ad esser bella.
 
 Galleria di armi.
 
 SCENA XII
 
 OLAO e RODERICO
 
 OLAO
 Partì offeso il gran duce.
 RODERICO
 Minaccia, ch’è lontana, è lenta o breve.
 OLAO
 Chi con l’odio è vicin non è mai lunge.
 RODERICO
 Che può l’odio impotente?
 OLAO
440Temasi il disonor, se non il danno.
 Sigiberto si duol.
 RODERICO
                                  Di un giusto sdegno.
 OLAO
 In che peccò?
 RODERICO
                            Non ne cercar l’errore.
 OLAO
 Ma lo cerca la reggia
 che d’ingiusto ti accusa o almen d’ingrato.
 RODERICO
445Mi accusi e mi paventi.
 OLAO
 Magnanimo è l’offeso.
 RODERICO
                                           È però solo.
 OLAO
 Solo non è chi può dar legge all’armi.
 RODERICO
 Prima legge de’ Goti è Roderico.
 OLAO
 Ma primo amor dell’armi è chi le regge.
 RODERICO
450Cotanta gelosia d’un brando solo?
 OLAO
 Spesso in man di un eroe val molti regni.
 RODERICO
 Stringo lo scettro.
 OLAO
                                   Un’altra man può torlo.
 RODERICO
 Morì Regnero.
 OLAO
                              Ancor se n’ama il nome.
 RODERICO
 Servono i grandi.
 OLAF
                                   Esser può finto il volto.
 RODERICO
455Il volgo tace.
 OLAO
                          Ardir gli manca o lena.
 RODERICO
 Fede mi si giurò.
 OLAO
                                  Sì, ma con pena.
 
 SCENA XIII
 
 ASMONDO e i suddetti
 
 ASMONDO
 Mio re, mio sire, io sono
 dell’ire di Svanvita
 nunzio infelice. Offesa e vendicata
460vuol che l’aspetti Olao.
 OLAO
                                            Donde quest’ire?
 ASMONDO
 Per Roderico d’Ildegonda amante,
 vilipesa e sdegnosa,
 sua nimica verrà, non più sua sposa.
 OLAO
 Tu d’Ildegonda amante?
 RODERICO
465Non nego amor sì bello e nol discolpo.
 OLAO
 E l’ami or che la Dania
 provvede a’ tuoi sponsali? È poco saggia
 questa tua brama. È giusto
 di Sigiberto il duol. Giusto è lo sdegno
470di Svanvita. A placarlo io volgo i passi.
 ASMONDO
 (Inutile lusinga).
 OLAO
 Rendi al duce il suo amor. Rendi a te stesso
 la fé di lui. Ti salvi
 dal vicino periglio
475il comando di un zio, di un re il consiglio.
 
    Cor di re non dee cercar
 il suo ben nel bel, che piace,
 ma sperarlo in ciò che giova.
 
    Dov’è l’util del regnar,
480ivi accende amor la face;
 e verace
 il piacer ivi si trova.
 
 SCENA XIV
 
 RODERICO e ASMONDO
 
 RODERICO
 A me venga Ildegonda. E tanto irata
 giunge Svanvita.
 ASMONDO
                                  Essa infedel ti trova.
 RODERICO
485Colpa di amor. Si scorderà dell’onta;
 e quand’ella vi giunga,
 lascierà la vendetta a’ piè del trono.
 ASMONDO
 Sì lievi di quel cor l’ire non sono.
 
    Se mai va negletta
490da un cor incostante,
 crudele vendetta
 ne vuol la beltà.
 
    Un nume si crede
 e fa che un amante,
495mancando di fede,
 sia reo d’empietà.
 
 SCENA XV
 
 RODERICO, poi ILDEGONDA
 
 RODERICO
 Ecco Ildegonda; ella vien mesta e solo
 fa il nodo di Svanvita il suo gran duolo.
 ILDEGONDA
 
    (Chi sa dirmi se regnando
500o se amando io più godrò).
 
 RODERICO
 
    Donde nasca il tuo dolore,
 dolce amore, io ben lo so.
 
 ILDEGONDA
 Maraviglia non fia, mio re sovrano,
 se, a chi ’l cor ne possiede, il duolo è noto,
505ond’è oppressa Ildegonda.
 RODERICO
 Compiango anch’io la tua sciagura. Un bene,
 e sperato e promesso,
 vedersi tolto e non sentirne affanno,
 stupidezza saria più che costanza.
 ILDEGONDA
510(Parla per Sigiberto).
 RODERICO
 Giusto è il tuo senso; e necessario sfogo
 a perdita sì ria non si divieta.
 (Vo’ farla più gelosa e poi più lieta).
 ILDEGONDA
 Non m’infingo, signor. Perder l’oggetto,
515che fu gloria e piacer de’ voti miei,
 pare un colpo per me troppo spietato.
 RODERICO
 Così volea l’ardua ragion di stato.
 ILDEGONDA
 Empia ragion; ma forse
 tanto dolor ti offende.
 RODERICO
                                          (Ei m’innamora).
 ILDEGONDA
520Se non fossi fedel...
 RODERICO
                                      (Quanto mi adora).
 Non più pene, non più. Rotto è quel nodo
 che da te, caro ben, mi dividea.
 Provedersi a Svanvita
 converrà di altro sposo. Il soglio e il letto
525di Roderico a te comun sol sia.
 Son tuo; sgombra ogni duolo, anima mia.
 ILDEGONDA
 I rai del tuo diadema e del tuo affetto
 dileguar ben dovean nubi sì fosche.
 Ma questi ultimi avanzi
530di lungo amor tu mi perdona. Ancora,
 senza qualche sospiro,
 non si rammenta il cor di Sigiberto.
 RODERICO
 Sigiberto!
 ILDEGONDA
                      Poc’anzi
 la tua stessa pietade
535rese questa giustizia ad una vampa
 che moribonda ancor fuma e divampa.
 RODERICO
 No, questa fiamma arda immortal. (L’ingrata...)
 ILDEGONDA
 Non porterà, tel giuro,
 gl’incendi suoi sin sul tuo trono augusto.
 RODERICO
540Sforzo sì grande alla tua fé non chieggo.
 In Sigiberto, il veggo,
 l’invito ami del genio, in Roderico
 la fortuna del soglio.
 A lui l’amor ti unisce, a me l’orgoglio.
 ILDEGONDA
545Un tempo...
 RODERICO
                         Vanne.
 ILDEGONDA
                                         Sigiberto...
 RODERICO
                                                                Intesi;
 è la gloria e il piacer de’ voti tuoi.
 ILDEGONDA
 È vero, il fu.
 RODERICO
                          Tanta costanza ammiro.
 ILDEGONDA
 Ma....
 RODERICO
              Vanne. Ancor gli dei qualche sospiro.
 ILDEGONDA
 
    Qual fida amai
550due vaghi rai,
 voi ancor belle,
 vezzose stelle,
 fida amerò.
 
    Voi mi arderete,
555mi piagherete,
 qual d’altro guardo
 la fiamma e il dardo
 m’arse e piagò.
 
 SCENA XVI
 
 RODERICO
 
 RODERICO
 Per Sigiberto arde l’ingrata e n’arde,
560quando più le grandezze
 con benefica man le spargo in seno.
 Ah, facciamla pentir. Toglile, o core,
 te stesso e la sua spene.
 Il seguirla ad amar con cieca fede
565è tua viltà, forse è tuo rischio ancora.
 La punisca il suo esempio e la confonda;
 e Svanvita succeda ad Ildegonda.
 
    Vo cercando una sposa amorosa
 ma che solo languisca per me.
 
570   La innamori più il volto che il soglio;
 non mi brami per pompa di orgoglio
 ma sol m’ami per gloria di fé.
 
 Il fine dell’atto primo