La Svanvita (Pariati), Milano, Malatesta, 1707

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Salone reale con due troni.
 
 OLAO, RODERICO, ASMONDO, ILDEGONDA, coro di goti, coro di norvegi, popoli e soldati
 
 OLAO
 
    Viva e regni
 Roderico, il vostro re.
 
 CORO
 
    Viva e regni
 Roderico, il nostro re.
 
 OLAO
 
5   De’ vassalli ogni salvezza
 nel suo seno ormai riposi.
 
 ASMONDO
 
    Ed ei trovi ogni grandezza
 ne l’amor de l’altrui fé.
 
 CORO
 
    Viva e regni
10Roderico, il nostro re.
 
 OLAO
 Popoli, in breve età, quanti monarchi
 vi tolse invida parca! Unningo giacque,
 per cui l’Orse natie fur più temute.
 Torilda a lui consorte, a me germana,
15che con virtù tenne due lustri il regno,
 pur giacque e chiude un’urna,
 con le ceneri sue, quelle di Unningo.
 Vivea Regnero; Ulvilda,
 prima sposa d’Unningo, a lui fu madre.
20Questi ancor cadde; Asmondo,
 al cui zel fu commesso il regio erede,
 di sua morte immatura a voi fa fede.
 Or che vedovo è ’l trono, il re voi siete.
 La scielta è in poter vostro;
25date al soglio un monarca. In Roderico
 a me lice proporlo, a voi gradirlo.
 Sia re chi più n’è degno;
 e dia con fausti auspici
 al gotico destin legge e consiglio
30d’Olao ’l nipote e di Torilda il figlio.
 ASMONDO
 
    Regio sangue, eccelso core,
 perch’ei regni, il ciel gli diè.
 
 CORO
 
    Regni e viva
 Roderico, il nostro re. (Olao ascende sul suo trono)
 
 ILDEGONDA
35(Nel regio amante il mio destin pur gode).
 ASMONDO
 (Dove applaude il timor, l’applauso è frode).
 OLAO
 Roderico, nipote, i detti serba.
 Ecco scettro e diadema.
 Non l’hai da me; l’hai da l’amor di questi
40popoli, dirò tuoi,
 che tuoi li rende il loro dono augusto.
 A la Svezia da’ leggi
 ma più a te stesso; ed ora
 che il ciel la Gozia e la Norvegia unisce,
45il Sarmata feroce,
 che provocar l’armi comuni or tenta,
 tema il suo fato e del suo ardir si penta. (Al suono di trombe e timpani resta coronato da Olao Roderico)
 ASMONDO
 (Necessità fatale
 al legitimo re niega quel serto).
 ILDEGONDA
50(Gli dà fregio il diadema. Ah! Sigiberto). (Roderico s’avvicina al suo trono)
 RODERICO
 
    Mente eterna, eccelso nume,
 giuro a te, che ’l tutto reggi,
 che del giusto e de le leggi
 in difesa io veglierò.
 
55   Sarà oggetto del mio trono
 sol l’amor di chi ’l sostiene;
 e fra i premi e fra le pene
 il poter bilancierò. (Roderico ascende sul trono e passano ad inchinarlo i popoli ed i soldati con armi e bandiere, preceduti da Asmondo)
 
 ASMONDO
 Popoli, duci, io vi precedo e giuro
60al vostro, al mio regnante
 immortal vassallaggio e fé costante.
 RODERICO
 Asmondo, nel tuo zel leggo il tuo amore.
 ASMONDO
 (Finge così, quando ben serve un core).
 ILDEGONDA
 Ildegonda anche applaude,
65sire, al tuo fato e a te dal cielo impetra,
 in durevole impero, anni felici.
 RODERICO
 Regal germe di eroi, bella Ildegonda,
 sono i tuoi voti i miei più cari auspici.
 (Un nuovo regno in quel bel sen sospiro).
 ILDEGONDA
70(Più che al suo core, al suo diadema aspiro). (Si ritira)
 
 SCENA II
 
 SIGIBERTO con seguito e li sudetti
 
 SIGIBERTO
 Col lieto avviso accresco (A Roderico)
 gioia e splendor, sire, al tuo novo impero.
 Già del gotico ciel l’aura respira
 la vergine Svanvita,
75tua illustre sposa. Al nodo eccelso applause
 la Dania, ond’ella parte.
 Il minor de’ suoi fregi
 è ’l suo regio natal, la sua grandezza.
 Altro del debol sesso
80non ha che ’l gentil volto. Il cuore e i sensi
 son del più forte; e scopri
 solo l’eroe, dov’ella pensi ed opri.
 Pria che ’l giorno tramonti,
 l’avrà la reggia. Al grido
85che la Sarmazia arda teco in guerra,
 seco vien di guerrieri armato stuolo.
 Maggior n’arma la Dania; e per te in breve
 fia che gema e si asconda
 sotto peso maggior la terra e l’onda.
 RODERICO
90Prence, Olao strinse il nodo e Olao risponda. (Scende dal trono e fa lo stesso Olao)
 OLAO
 Amico Sigiberto, o se al tuo brando
 il destino de l’armi o se al tuo senno
 de la corona il grave affar s’affidi,
 saggio e forte ugualmente
95sei del gotico regno e braccio e mente.
 Il nodo di Svanvita
 ferma il diadema a Roderico in fronte.
 Vada Asmondo ed affretti
 l’alta donzella a l’imeneo felice.
100In mano a Sigiberto
 resti de l’armi il sommo impero; e in breve
 stenda l’invitto oltre il sarmazio lido
 del suo valor, del poter nostro il grido.
 SIGIBERTO
 Sire, l’onore è assai maggior del merto.
 RODERICO
105(Forza è ch’odi un rivale in Sigiberto).
 ASMONDO
 (Su l’altrui tempia ancor vedrò quel serto). (Parte)
 OLAO
 
    Già re fortunato,
 già sposo beato
 ti rende un sol dì.
 
110   Per te con amore
 fortuna si unì.
 
 SCENA III
 
 RODERICO e SIGIBERTO
 
 RODERICO
 Sigiberto, il mio grado
 questo esigge da te primo dovere,
 che si sveni il tuo affetto al mio piacere.
 SIGIBERTO
115Che? Non intendo.
 RODERICO
                                     Il so. Comincio il regno
 da un ingiusto desio;
 ma più ingiusto è l’amor che in me lo desta.
 SIGIBERTO
 Di quale amor, dacché è regnante e sposo,
 Roderico favella?
 RODERICO
120Di quel che m’arde in sen per Ildegonda.
 SIGIBERTO
 Ildegonda? L’oggetto
 de’ voti miei?
 RODERICO
                             Gli eroi, qual Sigiberto,
 altr’oggetto non han che la lor gloria.
 SIGIBERTO
 I re, qual Roderico,
125altro impegno non han che la lor fede.
 RODERICO
 E chi per Ildegonda a te la diede?
 SIGIBERTO
 Premio de’ miei trionfi,
 Torilda a me...
 RODERICO
                              Già chiuse
 Torilda i giorni estremi;
130tu da un re successor spera altri premi.
 SIGIBERTO
 I non chiesti ricuso,
 poiché mi nieghi i meritati...
 RODERICO
                                                       Meglio
 chi ti parla conosci. Ove ho la reggia
 rival non soffro. Di un regnante il voto
135si riceva in comando e si ubbidisca.
 SIGIBERTO
 S’ubbidisca il comando, o Roderico,
 da chi suddito nacque; io, di te al pari,
 nacqui libero e prence;
 né altre leggi ha la Frisia,
140fuorché da Sigiberto, e le ha più giuste.
 RODERICO
 Vanne dunque e la Frisia
 sia d’amori e di glorie a te feconda.
 Qui sia re Roderico e sua Ildegonda.
 
    Non vuo’ che mi contrasti
145audacia di rival
 l’amato bene.
 
    Al tuo piacer già basti
 che un affetto real
 innalzi la beltà
150ch’era tua spene.
 
 SCENA IV
 
 SIGIBERTO, poi ILDEGONDA
 
 SIGIBERTO
 Svegliati, o forte sdegno
 di nobil alma; andiam; ma pria si cerchi
 se prevalga in un core
 desio di regno o fedeltà di amore.
155Ecco Ildegonda.
 ILDEGONDA
                                (Oh trono!
 Perché non sei di Sigiberto un dono?)
 SIGIBERTO
 Principessa, da questa
 reggia un tempo a me cara ed ora ingrata,
 l’ultimo addio prender convienmi. Cedo,
160più che al destin che mi è nemico, a quello
 che ti chiede regina e ti vuol grande.
 ILDEGONDA
 Dopo tanti miei voti
 tal riede Sigiberto? E questa arreca
 al mio tenero amor gioia crudele?
 SIGIBERTO
165(Cor d’Ildegonda, io ti vorrei fedele).
 ILDEGONDA
 Tu partir?
 SIGIBERTO
                      Questa è legge
 di Roderico.
 ILDEGONDA
                          E tu partir sì tosto?
 SIGIBERTO
 Un felice rival non ben si soffre.
 ILDEGONDA
 Sigiberto ha ’l mio core.
 SIGIBERTO
                                              E Roderico
170n’avrà la destra. Eh, parla
 con più liberi sensi. Invan t’infingi.
 Già col desio scettro possiedi e stringi.
 ILDEGONDA
 Sa ’l cielo, il sa quest’alma, il sai tu stesso
 se, d’alor che m’offristi
175coronato di lauri il core eccelso,
 godei che tu mi amassi e s’io t’amai.
 Ma...
 SIGIBERTO
             Siegui.
 ILDEGONDA
                             Oh dio!...
 SIGIBERTO
                                                 Vacilla
 l’antica fede; e al trono,
 quasi onda a scoglio si dibatte e frange.
 ILDEGONDA
180Quel trono, che rammenti,
 già fu degli avi miei lungo possesso.
 SIGIBERTO
 Tu ancor l’avrai lor figlia; e già t’inchina
 Sigiberto in un dì sposa e regina.
 ILDEGONDA
 Deh, perché non poss’io di Gozia al trono
185il talamo anche unir di Sigiberto?
 SIGIBERTO
 Questo nome, Ildegonda,
 esca pur del tuo seno. Un cor diviso
 a me fa più d’orror che un cor nemico.
 Mal vi stan Sigiberto e Roderico.
 ILDEGONDA
190Se parti, ahimè! qual resto?
 SIGIBERTO
 
    Resta al soglio; più non voglio
 per me un core, dove amore
 è superbo e non fedel.
 
    Ho dispetto che ’l mio petto
195abbia il vanto
 d’amar tanto un’infedel.
 
 SCENA V
 
 ILDEGONDA
 
 ILDEGONDA
 Stelle, fra due gran beni,
 come misera sono?
 Amo un cor, bramo un trono.
200Scieglie appena il desio che alor si pente;
 e ’l miglior si figura in quel che lascia.
 Quindi il perduto bene
 gli toglie anche il piacer di quel che ottiene.
 
    Sorte amica m’invita a regnar
205ma non può far contento il mio cor.
 
    Se m’abbaglio a la luce del soglio,
 appago l’orgoglio,
 tormento l’amor.
 
 SCENA VI
 
 Campagna orrida con veduta di mare ingombrato da navi. Siegue lo sbarco di Svanvita, preceduta dal suo corteggio e da deità marine che formano il ballo.
 
 SVANVITA
 
 SVANVITA
 
    Regio amore mi chiama al trono
210e seguirlo ancor non oso.
 
    La lusinga del suo gran dono
 è spavento de la mia fama,
 è tormento del mio riposo.
 
 Questi del goto impero, a cui mi tragge
215un reale imeneo, son pure i lidi.
 Come appena vi fermo il piè sovrano,
 che l’alma il frena e ne condanna i passi?
 Al talamo non vassi,
 non vassi a le corone
220con rimorso e con tema. Ah! Non intendo...
 
 SCENA VII
 
 ASMONDO e SVANVITA
 
 ASMONDO
 Regina, un tuo vassallo
 vedi in Asmondo.
 SVANVITA
                                   E in esso
 il noto grado e ’l chiaro nome onoro.
 ASMONDO
 Roderico i suoi voti
225col labbro mio ti espone. A’ nostri numi,
 poiché salva giungesti, altro non chiede
 che il nodo stabilito.
 SVANVITA
 Tanto ne le mie nozze
 si affida il tuo signor?
 ASMONDO
                                           Può la tua destra
230fermargli su la fronte il suo diadema.
 SVANVITA
 Se ’l sostien la ragion, nulla si tema.
 ASMONDO
 Quale ragion? (Ma taci, Asmondo). (Fra sé)
 SVANVITA
                                                                   Siegui.
 ASMONDO
 (A Regnero si giovi). Armato il zio,
 trasse il nipote al soglio, è ver, ma...
 SVANVITA
                                                                   Come
235lice il temer? Già Roderico è grande.
 ASMONDO
 Eh, grandezza, cui manca
 l’amor de’ suoi, troppo ha vicin l’inciampo.
 SVANVITA
 Manca l’amore a chi già regna? E regna
 col publico piacer?
 ASMONDO
                                     Non sempre si ama
240ciò che si soffre. Ogn’impotenza è freno.
 SVANVITA
 Non son vassalli a Roderico i Goti?
 ASMONDO
 Altro nome, o regina,
 loro nel seno antica fede impresse.
 SVANVITA
 Braman dunque altro impero?
 ASMONDO
245In ogni core ha ’l trono suo Regnero.
 SVANVITA
 Lieve guerra può far rivale estinto.
 ASMONDO
 E s’ei vivesse... (Oh cieli!)
 SVANVITA
 Tronco favelli? Asmondo, parla.
 ASMONDO
                                                            Soffri
 che innocente ti lasci il mio tacere.
250Vien, regina, a regnar, vieni a godere.
 SVANVITA
 Svela gli arcani. Io la mia fé ti giuro.
 ASMONDO
 (Regni ’l mio prence). Odi, gran donna. Vive
 sotto spoglie neglette
 il gotico monarca. Un fido inganno,
255per sottrarlo a’ perigli, estinto il disse.
 L’arte fu mia. Di Olao, di Roderico
 già scuoto il grave giogo; e per Regnero
 si dichiara il mio amore. Ei vive. Almeno
 se al suo regno, al suo nome, a la sua vita
260è crudele il destin, nol sia Svanvita.
 SVANVITA
 (Or sì v’intendo, o stelle!) Ove soggiorna?
 ASMONDO
 In quel monte, in quel tetto ha la sua reggia.
 SVANVITA
 Tosto a me ’l guida. Al re de’ Goti, Asmondo,
 mi giurai sposa; e questi
265Regnero sia, non Roderico. A lui
 dee la Dania quest’armi. Io ’l vuo’ sul trono.
 ASMONDO
 Magnanima pietade.
 SVANVITA
 E perch’egli v’ascenda,
 a lui sol porgerò, forte e pietosa,
270pria la man di guerriera e poi di sposa.
 ASMONDO
 
    Dir potrai che in quel regnante
 la ragion portasti al soglio,
 coronasti la pietà.
 
    Ed avrai nel suo sembiante,
275per oggetto del tuo affetto,
 maestosa la beltà.
 
 SCENA VIII
 
 SVANVITA e poi SIGIBERTO
 
 SVANVITA
 Servasi al giusto. A Roderico io tolgo
 quella parte di me che ’l mio dovere
 mi avea rapita. Sigiberto.
 SIGIBERTO
                                                 Accogli,
280vergin real...
 SVANVITA
                          L’eroe maggior che stringa
 per la Gozia l’acciar.
 SIGIBERTO
                                        Non vuol più ’l fato
 ch’io serva a Roderico. Io parto offeso
 e ’l mio torto è comun anche a Svanvita.
 SVANVITA
 Troppo onoro il tuo merto
285per non esserne a parte. Io sarò teco.
 Ma tu lasci Ildegonda?
 SIGIBERTO
                                            E vuoi ch’io possa
 servir la sconoscente? Amar l’ingrata?
 SVANVITA
 Ingrata e sconoscente? Ella ch’in Dania
 mi giurasti fedele al tuo bel foco?
 SIGIBERTO
290L’abbagliò la corona
 da Roderico offerta.
 SVANVITA
 Offerta alor che splende
 per me la sacra face?
 SIGIBERTO
 Ildegonda è ’l suo ardore.
 SVANVITA
                                                 E ’l soffri in pace?
 SIGIBERTO
295Si offende in Sigiberto
 solo il suo amor; ma in te, regina, è offesa
 la tua fé, l’onor tuo, la Dania intera.
 SVANVITA
 Veggio l’offesa e l’offensor ne pera.
 Co’ duci tuoi meco t’invito a l’opra.
 SIGIBERTO
300Io contro il lor sovrano
 spinger l’armi vassalle?
 SVANVITA
                                              Odi un arcano
 che salva la tua gloria. Odi e risolvi.
 De la Gozia Regnero è ’l solo erede.
 Ei vive. Io so che hai core; io so che hai fede.
 SIGIBERTO
305Ho fede, ho cor. Regni, se vive.
 SVANVITA
                                                          Siegui
 il valoroso ardir. Meco quel prence
 sarà fra poco. A le tue schiere intanto
 porta il nome reale. Io ne le mie
 spargerò la pietà, l’onta, lo sdegno.
310A’ Goti il lor monarca oggi prometto.
 SIGIBERTO
 Ed io per lor giuro al monarca il regno.
 
    Vendetta mi grida
 il core guerrier
 e pace non v’è.
 
315   Di vincer m’affida
 la gloria, l’onore,
 l’amore, la fé.
 
 SCENA IX
 
 SVANVITA e poi REGNERO ed ASMONDO
 
 SVANVITA
 Scende Regnero. Il cor, che in sen mi balza,
 forse teme in que’ rai le sue ferite.
 
320   Già nel sen palpita ’l core
 e agitata l’alma sento.
 
    Se presagio sia d’amore,
 non lo so ma lo pavento.
 
 REGNERO
 
    Quando tra i fiori
325scherza il ruscello,
 va dicendo a questo e quello:
 «Io son pur dolce, o fiori, io son pur chiaro».
 
    Ma se gli umori
 al mare invia,
330perde tosto il bel di pria
 e torbido diventa e fassi amaro.
 
 Asmondo, il rio mi dice
 che la mia povertade è un’innocenza.
 ASMONDO
 Oggi a le tue sciagure
335forse cortese il ciel segna le mete.
 REGNERO
 Mai ciò che piace al ciel non è sciagura.
 SVANVITA
 (Alma innocente e pura).
 ASMONDO
 Ecco il prence infelice. (A Svanvita)
 SVANVITA
 Quel regio aspetto e quel gran cor mel dice.
 REGNERO
340(Ma qual rara beltà!)
 ASMONDO
                                         Questa che vedi
 è Svanvita, a cui serve
 la Dania intera, a cui la Gozia...
 REGNERO
                                                           Inchino
 del nome il merto e la beltà del volto.
 SVANVITA
 (Tel predissi, mio cor; non sei più sciolto).
345Torni Asmondo a la reggia.
 Dica ad Olao che offesa
 mi aspetti e vendicata. A Roderico
 dica che in Ildegonda
 goda il suo amore e in me lo tema; e dica
350ch’io venia sposa e giungerò nemica.
 ASMONDO
 (Ch’odo! Ildegonda!) Ubbidirò. Tu intanto
 spera e confida.
 
    Quel valor, quella bellezza
 ti renderà
355la tua felicità, la tua grandezza.
 
 SCENA X
 
 SVANVITA e REGNERO
 
 SVANVITA
 (Vezzosa maestà!)
 REGNERO
                                    Mandi ’l tuo sdegno
 primo araldo a lo sposo?
 SVANVITA
 Risponde la vendetta a chi m’accoglie
 con l’onta d’un disprezzo.
 REGNERO
360Un re...
 SVANVITA
                 Chi, Roderico?
 Regna; ma non è tale. Hanno i miei voti
 altre speranze, altro sovrano i Goti.
 REGNERO
 Altro sovrano?
 SVANVITA
                              (Egli si asconde). Ignoto
 a queste spiagge è di Regnero il nome?
 REGNERO
365Noto ma senza pro. Morì quel prence.
 SVANVITA
 (Prudente ancor diffida). E tu chi sei?
 REGNERO
 Parlan le spoglie, onde mi vedi involto.
 SVANVITA
 Eh, le spoglie talor smentisce il volto.
 REGNERO
 
    Tu vedi un pastorello, un infelice.
370Se talor col pianto mio
 chiedo al fonte chi son io,
 mi risponde con l’onde e mi dice:
 «Tu vedi un pastorello, un infelice».
 
 SVANVITA
 In te tutto mi scuopre
375virtude e nobiltà. D’un sangue augusto
 l’onor già leggo in quel rossor sincero.
 Parla; ardisci; abbi fé; tu sei Regnero.
 REGNERO
 Regina, poiché in me di lui non resta
 che il nome sfortunato,
380io lo tacea per mio minor cordoglio.
 Regno, vassalli e soglio
 diemmi ’l natal. Torilda
 tutto mi tolse. A me pendea sul capo
 maggior periglio. Asmondo,
385che per cenno real mi custodia,
 cauto me n’involò; morto mi finse
 per serbarmi, felice, un giorno al trono.
 La mia sorte, i miei danni e ’l viver mio
 a Svanvita fidai. Regnero io sono.
 SVANVITA
390E ben tutto fidasti. Or quanto tacque
 la tua ragion?
 REGNERO
                            Due lustri.
 SVANVITA
 E perché non chiedesti
 a una fuga onorata il tuo soccorso?
 REGNERO
 Col periglio d’Asmondo
395credute avrei le mie grandezze infami.
 SVANVITA
 Potean armarsi i tuoi. Fidi ti sono.
 REGNERO
 Amo il sangue de’ miei più ch’il mio trono.
 SVANVITA
 Giova però sovvente
 Marte ad Astrea. Giova a lo scettro il brando.
 REGNERO
400Agl’avi di Regnero
 piacque regnar su l’alme e ’l lor diadema
 cercar più ne l’amor che ne la tema.
 SVANVITA
 E ne l’amor si cerchi ’l tuo. La Dania
 proteggerà con l’armi
405de la Gozia la fede. In Sigiberto,
 che già prevenne a tuo favor le schiere,
 ti prometto un campion. Donna è Svanvita
 ma donna tal che fia tuo scudo e tale
 che già scema le glorie al tuo rivale.
 REGNERO
410Dal rio destino illesa
 mi rimanea la libertà de l’alma;
 ma di Svanvita a fronte
 oggi la perdo ed è mio fregio. Accetta,
 vergine illustre, il sacrifizio e ’l voto
415che tua virtude e tua bellezza onora.
 SVANVITA
 E l’accetta Svanvita (e s’innamora).
 Qui parte de’ miei fidi
 resti con te. Dal mar trarrò sui lidi
 le forze nostre. Colà ti attendo. Addio.
420Ah! non senza un sospir partir poss’io.
 
    Nel guardo tuo seren
 sfavilla lo splendor che ti fa grande.
 (Ed anche nel mio sen ne giunse un lampo). (A parte)
 
    E quel gentil balen
425diventa un dolce ardor, se al cor si spande.
 (Vorrei scoprirgli almen ch’anch’io n’avvampo).
 
 SCENA XI
 
 REGNERO
 
 REGNERO
 Da voi deriva, o numi,
 quella che di regnar speme sicura
 oggi mi nasce in seno. Un voto solo
430mi resta e voi lo secondate. Meco,
 se ho da regnar, regni Svanvita ancora,
 in cui quest’alma un’opra vostra adora.
 
    La mia fiamma è tanto chiara
 ch’io la credo ardor di stella.
 
435   E da quella so che impara
 la mia brama ad esser bella.
 
 SCENA XII
 
 Galleria d’armi.
 
 OLAO e RODERICO
 
 OLAO
 Partì offeso il gran duce.
 RODERICO
 Minaccia, ch’è lontana, è lenta o breve.
 OLAO
 Chi con l’odio è vicin non è mai lunge.
 RODERICO
440Che può l’odio impotente?
 OLAO
 Temasi il disonor, se non il danno.
 Sigiberto si duol.
 RODERICO
                                  Di un giusto sdegno.
 OLAO
 In che peccò?
 RODERICO
                            Non ne cercar l’errore.
 OLAO
 Ma lo cerca la reggia
445che d’ingiusto t’accusa o almen d’ingrato.
 RODERICO
 Mi accusi e mi paventi.
 OLAO
 Magnanimo è l’offeso.
 RODERICO
                                           È però solo.
 OLAO
 Solo non è chi può dar legge a l’armi.
 RODERICO
 Prima legge de’ Goti è Roderico.
 OLAO
450Ma primo ancor de l’armi è chi le regge.
 RODERICO
 Cotanta gelosia d’un brando solo?
 OLAO
 Spesso in man d’un eroe val molti regni.
 RODERICO
 Stringo lo scettro.
 OLAO
                                   Un’altra man può torlo.
 RODERICO
 Morì Regnero.
 OLAO
                              Ancor se n’ama il nome.
 RODERICO
455Servono i grandi.
 OLAF
                                   Esser può finto il volto.
 RODERICO
 Il volgo tace.
 OLAO
                          Ardir gli manca o lena.
 RODERICO
 Fede mi si giurò.
 OLAO
                                  Sì, ma con pena.
 
 SCENA XIII
 
 ASMONDO e li sudetti
 
 ASMONDO
 Mio re. mio sire, io sono
 de l’ire di Svanvita
460nuncio infelice. Offesa e vendicata
 vuol che l’aspetti Olao.
 OLAO
                                            Donde quest’ire?
 ASMONDO
 Per Roderico d’Ildegonda amante,
 vilipesa e sdegnosa,
 sua nemica verrà, non più sua sposa.
 OLAO
465Tu d’Ildegonda amante?
 RODERICO
 Non niego amor sì bello e nol discolpo.
 OLAO
 E l’ami or che la Dania
 provvede a’ tuoi sponsali? È poco saggia
 questa tua brama. È giusto
470di Sigiberto il duol. Giusto è lo sdegno
 di Svanvita. A placarlo io volgo i passi.
 ASMONDO
 (Inutile lusinga).
 OLAO
 Rendi al duce il suo amor. Rendi a te stesso
 la fé di lui. Ti salvi
475dal vicino periglio
 il comando d’un zio, di un re il consiglio.
 
    Cor di re non dee cercar
 il suo ben nel bel, che piace,
 ma sperarlo in ciò che giova.
 
480   Dov’è l’util del regnar,
 ivi accende amor la face;
 e verace
 il piacer ivi si trova.
 
 SCENA XIV
 
 RODERICO e ASMONDO
 
 RODERICO
 A me venga Ildegonda. E tanto irata
485giunge Svanvita?
 ASMONDO
                                   Essa infedel ti trova.
 RODERICO
 Colpa di amor. Si scorderà de l’onta;
 e quand’ella vi giunga,
 lascierà la vendetta a’ piè del trono.
 ASMONDO
 Sì lievi di quel cor l’ire non sono.
 
490   Se mai va negletta
 da un cor incostante,
 crudele vendetta
 ne vuol la beltà.
 
    Un nume si crede
495e fa che un amante,
 mancando di fede,
 sia reo d’empietà.
 
 SCENA XV
 
 RODERICO e poi ILDEGONDA
 
 RODERICO
 Ecco Ildegonda; ella vien mesta e solo
 fa ’l nodo di Svanvita il suo gran duolo.
 ILDEGONDA
 
500   Chi sa dirmi se regnando (Tra sé)
 o se amando io più godrò?
 
 RODERICO
 
    Donde nasca il tuo dolore,
 dolce amore, io ben lo so.
 
 ILDEGONDA
 Meraviglia non fia, mio re sovrano,
505se, a chi ’l cor ne possiede, il duolo è noto,
 ond’è oppressa Ildegonda.
 RODERICO
 Compiango anch’io la tua sciagura. Un bene,
 e sperato e promesso,
 vedersi tolto e non sentirne affanno
510stupidezza saria più che costanza.
 ILDEGONDA
 (Parla per Sigiberto).
 RODERICO
 Giusto è ’l tuo senso; e necessario sfogo
 a perdita sì ria non si divieta.
 (Vuo’ farla più gelosa e poi più lieta).
 ILDEGONDA
515Non m’infingo, signor. Perder l’oggetto,
 che fu gloria e piacer de’ voti miei,
 pare un colpo per me troppo spietato.
 RODERICO
 Così volea l’ardua ragion di stato.
 ILDEGONDA
 Empia ragion; ma forse
520tanto dolor ti offende.
 RODERICO
                                          (E m’innamora).
 ILDEGONDA
 Se non fossi fedel...
 RODERICO
                                      (Quanto m’adora).
 Non più pene, non più. Rotto è quel nodo
 che da te, caro ben, mi dividea.
 Provvedersi a Svanvita
525converrà d’altro sposo. Il soglio e ’l letto
 di Roderico a te comun sol sia.
 Son tuo; sgombra ogni duolo, anima mia.
 ILDEGONDA
 I rai del tuo diadema e del tuo affetto
 dileguar ben dovean nubi sì fosche.
530Ma questi ultimi avvanzi
 di lungo amor tu mi perdona. Ancora,
 senza qualche sospiro,
 non si rammenta il cor di Sigiberto.
 RODERICO
 Sigiberto?
 ILDEGONDA
                       Poc’anzi
535la tua stessa pietade
 rese questa giustizia ad una vampa
 che moribonda ancor fuma e divampa.
 RODERICO
 No, questa fiamma arda immortal. (L’ingrata...)
 ILDEGONDA
 Non porterà, tel giuro,
540gl’incendi suoi sin sul tuo trono augusto.
 RODERICO
 Sforzo sì grande a la tua fé non chieggio.
 In Sigiberto, il veggio,
 l’invito ami del genio, in Roderico
 la fortuna del soglio.
545A lui l’amor ti unisce, a me l’orgoglio.
 ILDEGONDA
 Un tempo...
 RODERICO
                         Vanne.
 ILDEGONDA
                                         Sigiberto...
 RODERICO
                                                                Intesi;
 è la gloria e ’l piacer de’ voti tuoi.
 ILDEGONDA
 È vero, il fu.
 RODERICO
                          Tanta costanza ammiro.
 ILDEGONDA
 Ma....
 RODERICO
              Vanne. Ancor gli dei qualche sospiro.
 ILDEGONDA
 
550   Qual fida amai
 due vaghi rai,
 voi ancor belle,
 vezzose stelle,
 fida amerò.
 
555   Voi mi arderete,
 mi piagherete,
 qual d’altro guardo
 la fiamma e ’l dardo
 m’arse e piagò.
 
 SCENA XVI
 
 RODERICO
 
 RODERICO
560Per Sigiberto arde l’ingrata e n’arde,
 quando più le grandezze
 con benefica man le spargo in seno.
 Ah! Facciamla pentir. Toglile, o core,
 te stesso e la sua spene.
565Il seguirla ad amar con cieca fede
 è tua viltà, forse è tuo rischio ancora.
 La punisca il suo esempio e la confonda;
 e Svanvita succeda ad Ildegonda.
 
    Vo cercando una sposa amorosa
570ma che solo languisca per me.
 
    La innamori più ’l volto che ’l soglio;
 non mi brami per pompa di orgoglio
 ma sol m’ami per gloria di fé.
 
 Fine dell’atto primo