L’amor generoso, Venezia, Rossetti, 1707

 ATTO SECONDO
 
 Bipartita di stanze con gabinetto interno.
 
 SCENA PRIMA
 
 ALVILDA ed ASMONDO
 
 ASMONDO
 Non è lontano il prence
430ed il nuncio real, cui dir tu possa
 i più liberi sensi
 del tuo nascente amor; seco è Sivardo.
 ALVILDA
 (Sivardo? O dio! Qual nome
 vien per l’udito a ritoccarti, Alvilda,
435l’interna piaga?) E qual ei fia?
 ASMONDO
                                                          (Mio labbro,
 al tuo rival cauto dà lodi). È questi
 cavalier di gran sangue, i cui maggiori
 tenner già nell’Allanda impero e scettro.
 Nulla però v’ha in lui che degno il renda
440de l’onor d’un tuo sguardo.
 ALVILDA
 (Questi non è, mio core, il tuo Sivardo).
 Vanne; qui ’l prence attendo.
 ASMONDO
 (Vi offuscate, o begli occhi, e non v’intendo).
 
 SCENA II
 
 ALVILDA
 
 ALVILDA
 Qual giunto appena il caro nome a’ sensi,
445qual nel sen mi si è desto
 tumulto di pensieri? Affetti miei,
 è inganno od è piacer questo ch’io sento
 ignoto turbamento?
 Qui... fra poco... Sivardo...
450Sivardo? O nome! O Alvilda!
 Andiam meglio a dispor l’anima amante.
 Sì, che se solo il nome
 tanto ti turba, e che farà ’l sembiante?
 
    Già credea mio sol diletto
455riveder nel vago oggetto
 la beltà che tanto adoro.
 
    Or sia amore o sia destino,
 quando forse io l’ho vicino,
 temo insino il mio ristoro. (Si ritira nel gabinetto)
 
 SCENA III
 
 ALDANO, SIVARDO ed ASMONDO
 
 ASMONDO
460Quelle sono di Alvilda
 le interne stanze.
 SIVARDO
                                  Ah! S’ei qui ferma il passo, (Ad Aldano)
 scoperto è ’l nostro inganno.
 ALDANO
                                                     Asmondo, in questo
 privato accoglimento, Alvilda ed io
 vorrem da sol’a solo
465trattar con libertà. Quando ha chi osservi,
 più timido è lo sguardo,
 più cauto il labbro e più guardingo il core;
 né vuol rispetti amore.
 ASMONDO
 Saggio favelli. O nasca
470vicendevole affetto
 che degli empi trionfi orridi sdegni,
 onde son minacciati i nostri regni.
 
 SCENA IV
 
 ALDANO e SIVARDO
 
 SIVARDO
 Un suo più lungo indugio
 sciogliea le ordite trame.
 ALDANO
                                                Ecco il momento.
475Sappi usarne in mio pro.
 SIVARDO
                                                Giammai non manca,
 a chi serve con fede, arte ed ingegno.
 ALDANO
 E scudo io ti sarò dal regio sdegno.
 
    Sappi ben fingere,
 se vuoi goder.
 
480   Dopo la frode
 meglio si gode
 vero piacer. (Aldano si ritira. Alvilda si fa veder nella camera, dove poi passa Sivardo)
 
 SCENA V
 
 ALVILDA e SIVARDO
 
 ALVILDA
 Entri il principe. (Affetti,
 e pur mi ripetete: «Ecco il mio bene»). (Entra nella camera)
 SIVARDO
485Regina Alvilda, il cenno
 del fratello regnante,
 ma più ’l desio di vagheggiar quel volto,
 mi presenta a’ tuoi sguardi. Aldano io sono,
 nome forse non vil, nome che forse
490al norvego oceano e al più remoto,
 opra di mia virtù, non passa ignoto.
 ALVILDA
 (Questi è Aldano, o miei lumi?
 Questi è ’l danico Marte?
 Questi è l’amor? Son quelli
495gli atti, i moti, gli accenti,
 delizie de la mente?
 Incanti de lo sguardo?
 L’idea del mio Sivardo?
 Ah! Se fosse, occhi miei,
500se tal fosse Sivardo, io l’odierei).
 SIVARDO
 Anche nel tuo silenzio (Si avanza)
 amabile ti trovo.
 La gloria hai di piacermi ed in Aldano
 tua beltà mal negletta
505fa un’illustre vendetta.
 ALVILDA
 (Che alterigia!)
 SIVARDO
                                (È confusa).
 ALVILDA
 Principe, non mi infingo; al primo aspetto
 del german di Frilevo,
 tutta in sen mi si scosse
510l’alma sdegnosa; e in questo
 fier tumulto d’affetti
 mal poss’io...   (Sivardo, preso un seggio, si asside)
 SIVARDO
                             Non ti aggravi
 seder, regina. Io vengo
 ne’ tuoi lumi a cercar la mia fortuna,
515non a render ragion del fallo altrui.
 ALVILDA
 (Né v’è beltà né gentilezza in lui). (Siede)
 SIVARDO
 Certo genio feroce,
 che da la prima età mi spinse a l’armi,
 non degnò di abbassar l’idea guerriera
520nel vil piacer di effemminati amori.
 Or mi piacque su’ mari
 veleggiare a’ trionfi, ora oltre i lidi
 de le provincie conquistate e dome
 stender le leggi de la Dania e ’l nome.
 ALVILDA
525(Spira fasto). Mi è noto
 che il re Sveco vincesti...
 SIVARDO
                                               E ti sia nota
 la Blechingia ritolta,
 la Sconia soggiogata...
 ALVILDA
 Lo so...
 SIVARDO .
                Saprai la sorte
530del Sassone abbattuto,
 dell’Olsato sconfitto.
 Tanto poté sol questo braccio invitto.
 ALVILDA
 (Noiosi vanti).
 SIVARDO
                              Invitto dissi? O dei!
 
    A fronte di quelle
535vivaci facelle,
 inaridiscon tutti i lauri miei.
 
 Se pur, luci amorose,
 non è maggior mia gloria
 che divenuto io sia vostra vittoria.
 ALVILDA
540(Più noi posso soffrir. Quanto è superbo).
 SIVARDO
 
    Rispondi. Ti è grato
 ch’io t’ami con fé?
 
    Già tutto il mio fato
 dipende da te.
545Rispondi... (Alvilda interrompendolo si leva furiosa)
 
 ALVILDA
 Sì, rispondo; abbastanza
 tacqui e dissimulai. Prence, con tanta
 confidenza d’affetto
 non si denno trattar sì gravi affari.
550Vanne. Al regio ministro
 su’ proposti imenei
 esporrò risoluta i sensi miei.
 SIVARDO
 
    Ricordati, bel volto,
 che hai tolto ad un gran cor la libertà.
 
555   Ei venne a te disciolto;
 ma parte in servitù
 né più gli val virtù
 contra la tua beltà.
 
 SCENA VI
 
 ALVILDA, poi ALDANO
 
 ALVILDA
 Sdegno, grado, poter, che più si aspetta?
560Alvilda, a la vendetta.
 ALDANO
 Regina eccelsa...
 ALVILDA
                                 O tu... (Che miri, Alvilda?
 Il sembiante... Lo sguardo...
 È desso, è desso).
 ALDANO
                                   (Impallidisce e tace).
 ALVILDA
 (Fosse questi lo sposo e darei pace).
 ALDANO
565(Com’è turbata!)
 ALVILDA
                                  (E dove,
 ire mie, dove siete? Ah! Vi sovvenga
 la fede violata,
 la dignità negletta.
 Alvilda, a la vendetta).
570O tu, che nuncio vieni
 d’ingiusto re, ciò ch’io risolvo attendi.
 A lui ritorna e digli
 che in mio sposo detesto Aldano e lui,
 lui perché fu spergiuro e mi è nemico,
575l’altro perch’è superbo e non mi piace.
 (Fosse questi lo sposo e darei pace).
 ALDANO
 Ubbidirò.
 ALVILDA
                      Ferma. Non tutti espose
 l’alma i suoi sensi. Aggiugni
 che de la grave offesa
580memoria lagrimevole e funesta
 lascerò ne’ suoi regni. E quando estinto
 di mia man lui rimiri
 a fianco di colei per cui sprezzommi,
 sarò contenta e vendicata appieno.
 ALDANO
585Tanto esporrò ma....
 ALVILDA
                                       Vanne.
 (S’anche il sieguo a mirar, l’ira vien meno).
 ALDANO
 (Qual voleste, o mie brame,
 sortì l’inganno). (Esce della camera)
 ALVILDA
                                 Ei parte, Alvilda. E puoi
 tal lasciarlo partir? Rieda il messaggio...
590Vile che sei... Parta... No. Venga.
 ALDANO
                                                             E vengo (Aldano rientra)
 a l’onor de’ tuoi cenni.
 ALVILDA
 (Che gli dirò?)
 ALDANO
                              (Temo l’indugio).
 ALVILDA
                                                                E quale,
 qual discolpa poc’anzi
 volesti addur del tuo signore al fallo?
 ALDANO
595Serve né più riflette umil vassallo.
 ALVILDA
 Il mio sdegno irritato
 pur ti chiuse sul labbro i primi accenti.
 ALDANO
 Dir sol volea che del commesso errore,
 se un re può errar, solo n’è reo...
 ALVILDA
                                                             Chi?
 ALDANO
                                                                         Amore.
 ALVILDA
600Amor dunque... Ma siedi. (Siede)
 ALDANO
 Servo non dee...
 ALVILDA
                                Siediti, dissi.
 ALDANO
                                                           (O inciampi). (Siede)
 ALVILDA
 Amor dunque in chi regna
 colpa non è?
 ALDANO
                          Colpa è ma lieve.
 ALVILDA
                                                           E ’l grado?
 ALDANO
 Non lo rende men suddito agli affetti.
 ALVILDA
605E ’l poter?
 ALDANO
                      Da un bel volto
 non gli è scudo bastante.
 ALVILDA
 (Purtroppo il sai, cor di regina amante).
 E s’io, nata a l’impero,
 mi lasciassi allettar da vago oggetto
610nobil sì ma vassallo?
 ALDANO
 Amor vien da beltà, non da fortuna.
 ALVILDA
 Se vinto ogni riguardo
 gli dicessi così: «Caro Sivardo»?...
 ALDANO
 Regina...
 ALVILDA
                    Il nome fingo,
615come fingo l’ardore.
 (O bellezze!)
 ALDANO
                           (O dimore!)
 ALVILDA
 
    Dacché ti rimirai,
 idolo mio, ti amai
 e sospirai per te.
 
620   Regno felice in trono;
 ma più felice io sono
 te in adorar, mio nume,
 te in sospirar, mio re.
 
 ALDANO
 (Qual favellar?)
 ALVILDA
                                Rispondi.
625Che diresti? (O periglio!)
 ALDANO
 Dove finto è l’error, vano è ’l consiglio.
 ALVILDA
 Finto l’error? Sivardo... (Ah, dove, dove,
 labbro incauto, trascorri?) (Si leva)
 Vanne; già troppo dissi; e i detti miei,
630non intesi da te, son mio dolore,
 e intesi mio rossore.
 ALDANO
 
    Datti pace; se ti spiace,
 non intesi il tuo voler.
 
    A capir sol bene appresi,
635dacché servo, il mio dover.
 
 SCENA VII
 
 ALVILDA, poi ASMONDO
 
 ALVILDA
 O se col piè potessi o se con gli occhi,
 come col cor ti sieguo, anima mia,
 tal qui non resterei sola e dolente.
 ASMONDO
 Regina, impaziente
640ritorno a te. Come ti piacque il prence?
 Come il tratto gentil, l’aspetto, il brio?
 ALVILDA
 Piacer puote a chi ’l mira
 con lo sguardo di Asmondo e non col mio.
 ASMONDO
 Dunque?...
 ALVILDA
                        Più ingrato oggetto
645non vidi mai. Di grande
 non ha che ’l fasto. O quanto d’esso, o quanto
 più amabile è Sivardo!
 ASMONDO
 Che sento?
 ALVILDA
                        In lui più splende
 la dignità di prence,
650la virtù di guerriero.
 ASMONDO
 Sivardo?
 ALVILDA
                    Quegli appunto
 ch’io già vidi in Norvegia. Egli ha più eccelsa
 l’idea, qual la persona; e a lui più bionda
 scende la ricca chioma e ’l collo inonda.
 ASMONDO
655Regina, o meco scherzi o se’ delusa.
 ALVILDA
 Delusa son?
 ASMONDO
                         Quegli cui scende il crine
 con più ricco tesoro,
 che più eccelso ha l’aspetto,
 che vedesti in Norvegia...
 ALVILDA
660È Sivardo.
 ASMONDO
                       Egli è Aldano.
 ALVILDA
                                                   Il prence?
 ASMONDO
                                                                        Il Marte,
 l’amor del nostro regno, il saggio, il prode,
 che non mai l’altro uscì di Dania.
 ALVILDA
                                                              O frode!
 Dunque io sposa, io regina
 sarò favola e riso
665di questa reggia? A tanto giugne, a tanto
 lo sprezzo altrui, la sofferenza mia?
 ASMONDO
 Frena l’impeto. Ancora...
 ALVILDA
 Mio poter, se’ schernito.
 Mia beltà, se’ negletta.
670Di perdono e di pace
 non mi si parli più. Voglio vendetta.
 
    Armi voglio; non voglio più amori;
 fiamme e stragi respiro dal sen.
 
    Più non ardo che d’odio e di sdegno;
675e sol nascer dal pianto d’un regno
 può a quest’alma la pace e ’l seren.
 
 Giardini.
 
 SCENA VIII
 
 GIRITA sola
 
 GIRITA
 
    Del tuo pastor dal sen non mai disgiunta,
 che dolce viver fai, ninfa amorosa!
 Al bosco, al colle, al rio, tu a lui congiunta
680tanto contenta sei, quanto vezzosa.
 
    Con lui ti trova in gioia il sol che spunta;
 con lui ti lascia in riso il sol che posa;
 e mai la gelosia livida e smunta
 i lieti giorni tuoi turbar non osa.
 
685Per tirannico cenno, or con Alvilda
 sarà il mio bene. Essa di bella ha ’l grido
 e le splende sul crin serto reale.
 Forse ei potrà... Di che pavento? A tante
 prove de l’amor suo rendasi questa
690o giustizia o mercede
 e ragion de la sua fia la mia fede.
 
 SCENA IX
 
 FRILEVO e GIRITA
 
 FRILEVO
 (Se mi arride l’inganno, o me felice!)
 Nel cor di Aldano alfin di amore ottenne
 ambizion la palma.
695Alvilda coronata a lui più piacque
 che Girita fedele.
 Stretto è già ’l nodo; e ’l regno
 ne festeggia con pompa e con diletto.
 GIRITA
 Fatal nuncio a Girita;
700ma sul tuo labbro ei mi divien sospetto.
 FRILEVO
 Pubblico è ’l grido; e prevenirlo io volli,
 per piacer di offerirti
 una vendetta a la tua offesa eguale.
 GIRITA
 Perdonami, signor; non ti do fede.
 FRILEVO
705Poco andrà che tu stessa
 il mirerai de la sua sposa al fianco
 festeggiato, applaudito,
 superbo andar di sua fortuna e insino
 sugli occhi tuoi portar gl’insulti e i vanti
710de’ suoi spergiuri. Alora, ingrata...
 GIRITA
                                                                E alora
 ti crederò. (Ma gelosia mi accora).
 FRILEVO
 È più sano consiglio
 l’offesa prevenir con la vendetta.
 GIRITA
 Quella ch’è la più cauta, è la più certa.
 FRILEVO
715Col darle tempo un gran piacer le scemi.
 GIRITA
 Non si credon sì tosto i mali estremi.
 FRILEVO
 Con questa legge almen dammi or la fede.
 Se Aldano è un traditor, l’avrai punito,
 pria ch’ei ti abbia tradito;
720e s’egli è fido, io la tua fede ancora
 dal giuramento assolvo.
 GIRITA
 Mi assolverieno poi gli dei giurati?
 FRILEVO
 Troppo incredula sei, troppo crudele.
 GIRITA
 Farmi un’empia vorresti o un’infedele.
 
725   Vorresti, o labbro amante,
 quest’anima ingannar;
 ma poi per farti amar
 non val l’inganno.
 
    Nol crede amor che ’l vede;
730e alor ti resta solo
 l’inutile rossor
 e ’l certo affanno.
 
 SCENA X
 
 FRILEVO, ALDANO e SIVARDO
 
 ALDANO
 Esecutor de’ tuoi comandi, o sire,
 vidi Alvilda.
 FRILEVO
                          E ti piacque?
 ALDANO
735Degna è di amor, degna d’impero.
 FRILEVO
                                                                 Ed ella
 come ti ricevé? Come gradisti?
 ALDANO
 Meco a tanto non giunse
 la real confidenza. Ecco il ministro.
 SIVARDO
 «Sivardo» ella mi disse,
740tutta orgoglio e tutt’ira «ambo detesto,
 l’uno perch’è spergiuro,
 l’altro perché non piace».
 FRILEVO
 O speranza fallace!
 SIVARDO
 Aggiunse poi che a riparar suoi torti
745non vuol più amori; odi sol vuole e morti.
 FRILEVO
 
    Cor di re, se’ sfortunato.
 Io pensai di consolarti;
 
    ma prevalse al mio consiglio
 la fierezza di un bel ciglio
750e ’l rigor di un empio fato.
 
 SCENA XI
 
 ALDANO e SIVARDO
 
 ALDANO
 Fido amico, il tuo amor che non mi diede?
 A te devo il riposo, a te la vita;
 tacqui il più del favor; devo Girita.
 SIVARDO
 Nulla mi dei; la fede
755è debito a chi serve e premio a l’opra.
 ALDANO
 Premio ti sarà Elfreda. Io tel promisi.
 Il tuo merto, i miei prieghi
 avran più di poter che gli altrui cenni
 e già i suoi voti a tuo favor prevenni.
 SIVARDO
 
760   Se ugual fosse a l’amor mio
 il piacer che per te sento,
 morirei di godimento.
 
    Ma lo tempra il cor dubbioso
 che diventa infin pietoso
765col rigor del suo spavento.
 
 SCENA XII
 
 ALDANO e poi GIRITA
 
 ALDANO
 Ma che giovano, Aldano,
 de la tua fedeltà l’estreme prove,
 se ne perdesti il frutto?
 Quel funesto momento, in cui ti vidi
770sì diversa da te, bella Girita,
 troppo impresso ho ne l’alma e non l’obblio.
 GIRITA
 Fuggi, ah! fuggi, se m’ami, idolo mio.
 ALDANO
 Girita...
 GIRITA
                  È grave il rischio
 che ti sovrasta. Il re di sdegno avvampa
775da te deluso. Io non lontano il vidi
 favellar con Asmondo. Intesi e corsi
 d’amor sospinta e da timor. Deh! Fuggi.
 ALDANO
 Ch’io fugga, ingrata?
 GIRITA
                                         Non è questo il tempo
 di discolpe per me, per te di pianti.
780T’amo, son tua, ti son fedel; ma fuggi.
 ALDANO
 E la mia fuga in libertà ti lasci
 i novelli sospiri.
 GIRITA
 Eh! Mio prence...
 ALDANO
                                   Ubbidirti
 già mi conviene e liberarti, infida,
785da quel rossor che hai di vederti avante
 un lusingato e poi tradito amante.
 GIRITA
 In un tempo miglior saprei punirti
 de la tua diffidenza.
 Ma nel vicin periglio
790cerco la tua salvezza,
 non la tua pena. Aldano, amato sposo,
 va’, ti consola e credimi innocente.
 ALDANO
 Tu che poc’anzi...
 GIRITA
                                  Alora
 la mia vita era il prezzo
795di un accento e di un guardo.
 Ci udia Frilevo e ’l minacciava ascoso.
 ALDANO
 Ci udia Frilevo?
 GIRITA
                                 Ed io dovea costretta
 e tacermi e salvarti. Alor fu solo
 ch’io volea non amati o amarti meno.
800Facea forza al dolore,
 soffocava i sospiri; e mio spavento
 era il mostrar pietà del tuo tormento.
 ALDANO
 Non più. Già troppo intesi
 il tuo amore, il mio bene e la mia colpa.
805Reo son del mio timore.
 Perdon ne chiedo, o mia diletta, e lascia
 che a’ tuoi piedi l’ottenga... (S’inginocchia)
 GIRITA
                                                     O ciel! Che fai?
 Ecco il re. Non vi è scampo. O rischi! O pene!
 
 SCENA XIII
 
 FRILEVO con guardie e li suddetti
 
 FRILEVO
 Principe, a’ piè di quella
810beltà che ti è fedel, siegui a dar segni
 de la tua gratitudine; e poi vieni
 a implorar quel perdono a’ piedi miei,
 di cui, rival superbo, indegno sei.
 ALDANO
 Che perdono io ti chieda?
815Qual delitto commisi? Io seguii solo
 le tue vestigie; arte punii con arte.
 FRILEVO
 E con la forza io punirò l’inganno.
 ALDANO
 Ma ’l poter non avrai di spaventarmi.
 FRILEVO
 Né tu impune il trofeo de l’oltraggiarmi.
820Guardie, sia custodito
 ne le sue stanze.
 GIRITA
                                 (Iniquo).
 FRILEVO
                                                     Ivi fra poco
 vedrai ciò che un re possa a torto offeso.
 ALDANO
 Men degl’inganni tuoi temo i tuoi sdegni.
 FRILEVO
 A morir non andrai con tanto orgoglio.
 GIRITA
825(Ed ho cor che resiste al mio cordoglio?)
 ALDANO
 Ciò che temer sol posso
 è l’odio di Girita o ’l suo dolore.
 FRILEVO
 Saria questo tuo rischio e quel tua sorte.
 ALDANO
 Amami pur, mia bella, e morrò forte.
 
830   Care luci, amate tanto,
 nel crudele estremo addio
 chiedo amor, non chiedo pianto.
 
    Vagheggiandovi amorose,
 forte incontro il destin mio;
835ma in mirarvi lagrimose,
 di costanza io perdo il vanto.
 
 SCENA XIV
 
 FRILEVO e GIRITA
 
 FRILEVO
 Girita...
 GIRITA
                  No, signor. Doglia ch’è immensa
 testimon non ammette
 né riceve conforto.
840Lascia che a pianger vada;
 e a te basti saper che solo sei
 la funesta cagion de’ pianti miei.
 
    Non dir più di amarmi,
 se puoi tormentarmi
845con tanta impietà.
 
    Amor sì tiranno
 sol vago è di affanno
 e non di beltà.
 
 SCENA XV
 
 FRILEVO e poi ASMONDO
 
 FRILEVO
 Quai funesti pensieri,
850vilipeso amor mio, teco rivolgi?
 Converrà...
 ASMONDO
                        Di gran mali
 nuncio a te vengo, inclito sire; Alvilda,
 la superba regina,
 sorpreso ha ’l porto e la cittade. A questa
855mal difesa tua reggia, e ferro e fuoco,
 se non ti arrendi, ella minaccia e giura
 e comun vuol che sia la tua sciagura.
 FRILEVO
 Crudelissime stelle, avrete vinto.
 Caderò, perirò
860ma non invendicato e non codardo.
 Su miei fidi, ci attende,
 o si vinca o si muora, e gloria e sorte.
 È caro al ciel chi può morir da forte.
 
 SCENA XVI
 
 SIVARDO e li suddetti
 
 SIVARDO
 Dove, dove, o signor?
 FRILEVO
                                          Perfido...
 SIVARDO
                                                             Or ora
865chiede inchinarti un messaggier di Alvilda.
 FRILEVO
 Odasi; e tu frattanto
 pensa che reo già sei del mio furore.
 SIVARDO
 In che ti offesi? In che?
 FRILEVO
                                              Sei traditore.
 SIVARDO
 
    Son traditor? Perché?
870Perché servii con fé
 i voti di un amor giusto e innocente.
 
    Ma ’l tuo, spietato re,
 non è che un empio amor d’alma inclemente.
 
 Fine dell’atto secondo