Scipione nelle Spagne, Barcellona, Figueró, [1710]

 SCENA XVIII
 
 MARZIO e li sodetti
 
 LUCEIO
 Amante?...
 MARZIO
                       (Ecco la bella. (Si ferma in disparte)
 Seco è Tersandro. Attenderò ch’ei parta).
 ELVIRA
 Già da l’incaute labbra
 mi uscì l’arcano e ritrattar nol posso.
1140T’amo.
 MARZIO
                Che sento?
 ELVIRA
                                       Ed a l’amor pudico
 fan coraggio e discolpa
 l’alto tuo merto ed il fraterno assenso.
 LUCEIO
 (Che le dirò?)
 MARZIO
                             (L’odo! La soffro! E taccio?)
 ELVIRA
 Né mercé te ne chieggo. Il solo amarti
1145a la pura mia fede
 serve assai di conforto e di mercede.
 MARZIO
 (Più resister non posso). Odi la bella
 inimica di amor, come favella!
 ELVIRA
 (Aimè!)
 MARZIO
                   Ti udì, ti udì quel Marzio, ingrata,
1150non dal tuo onor ma dal tuo basso affetto
 disprezzato e negletto.
 Ti udì tradir del tuo natal la gloria.
 Ti udì posporre a vil soldato e servo
 l’alto imeneo di un cavaglier romano.
1155E questo è ’l tuo? Questo è l’onore ispano?
 ELVIRA
 Marzio, vile non è ciò ch’è mio voto.
 In quel Tersandro... (Ove trascorro?)
 MARZIO
                                                                     Siegui.
 ELVIRA
 (Tacciasi e non s’esponga
 a periglio il mio ben).
 MARZIO
                                           Non hai difesa,
1160o indegna del tuo grado e del mio amore.
 LUCEIO
 Marzio, tu indegno sei, tu mentitore;
 e quest’acciar vendicherà le offese (Dà di mano alla spada)
 di una real donzella.
 MARZIO
 Su, principi da te la mia vendetta; (Fa lo stesso)
1165e nel tuo sangue, uom vile,
 trovi di che arrossir quell’alma ria. (Accenando Elvira)
 LUCEIO
 Non è facil trofeo la morte mia. (Si battono)