Scipione nelle Spagne, Barcellona, Figueró, [1710]

 SCENA X
 
 SCIPIONE e detti
 
 CARDENIO
895Signor, la sconoscenza
 segno è d’alma plebea. Nota sì oscura
 non ingombri la mia. Darmi ti piacque
 Sofonisba in isposa,
 grande è ’l tuo don. L’amo e l’amai ma il tolgo
900al più tenero amante, ad un cui deggio
 quanto posso dover. Soffri la forza
 del mio rifiuto e Scipio non si offenda
 che per mia gloria un suo favor gli renda.
 SCIPIONE
 (Che invitto core! In Sofonisba ei vede
905l’amor di Scipio; e solo
 per piacer d’esser grato a me la cede).
 Cardenio, ammiro il nobil atto e ’l lodo;
 ma Scipion non ritoglie
 ciò ch’è suo dono.
 CARDENIO
                                   Offrir tu ’l puoi; ma tutta
910è mia la libertà del ricusarlo.
 SCIPIONE
 Anche un rifiuto è offesa.
 CARDENIO
                                                 Il mio dovere
 ama più l’onor mio che il tuo piacere.
 LUCEIO
 Contesa illustre, ove un gran ben si perde
 con la vittoria!
 SCIPIONE
                              Amico,
915tu giudice ne sii. Che oprar dobbiamo?
 LUCEIO
 Risponderò qual deggio (e non qual bramo).
 L’onesto oprar libero è sempre; e fora
 l’impedirlo viltade.
 Da generoso opra Cardenio e ’l muove
920la sua riconoscenza.
 Tu vietarlo non dei, perch’egli è grato;
 tu sdegnarti non puoi, perch’egli è giusto.
 Saria tua colpa amar ch’ei fosse ingrato,
 saria tuo scorno impor ch’ei fosse ingiusto.
 SCIPIONE
925Resto convinto e ’l tuo rifiuto accetto. (A Cardenio)
 CARDENIO
 (Ho vinto, sì, ma ’l cor mi langue in petto).
 
    Se amerò senza speranza
 con più merto anche amerò.
 
    Non si pregi di costanza
930un amor che sperar può.