Scipione nelle Spagne, Barcellona, Figueró, [1710]

 SCENA VIII
 
 ELVIRA e CARDENIO
 
 ELVIRA
 Tersandro!
 CARDENIO
                        Ei da Scipione
810mi ottenne libertà. Per lui mi è dato
 posseder Sofonisba. Ella è mia sposa.
 ELVIRA
 E Tersandro assentì?
 CARDENIO
                                         Vi applause e tacque;
 e dal suo voto il mio piacer sol nacque.
 ELVIRA
 (Risorgete, o speranze).
 CARDENIO
815Ma di Tersandro al nome
 ond’è che impallidisci e ne sospiri?
 ELVIRA
 Più di quel che ne pensi, alto è l’arcano.
 CARDENIO
 Siegui e m’apri il tuo cor.
 ELVIRA
                                                 L’amo, o germano.
 CARDENIO
 Che? Tu di regal tralce
820germe sublime in bassi affetti?
 ELVIRA
                                                           Affrena
 i non giusti rimproveri. Non amo
 Tersandro in esso. Amo in Tersandro altrui.
 Amo nel finto il vero,
 dirollo infine; amo Luceio in lui.
 CARDENIO
825Come? Luceio?
 ELVIRA
                               Il tuo rival, l’eccelso
 de’ Celtiberi prence, è desso, è desso.
 CARDENIO
 Morto non è? (Son di stupore oppresso).
 ELVIRA
 Vive l’invitto. Io ben più volte il vidi;
 e mi costò il vederlo
830riposo e libertà. Degno è mi pare...
 CARDENIO
 Sì, di tua scelta è degno.
 Scelta onde nascer puote
 a me bene, a te gioia e gloria al regno.
 Vanne e per me tutto confida e spera.
 ELVIRA
835Speme ch’è mio conforto e falsa e vera.
 
    Sia bugiarda o sia verace,
 sempre piace
 una spene che lusinga.
 
    A disio, ch’è tormentoso,
840ella è tregua od è riposo,
 rechi il bene o pur lo finga.