Scipione nelle Spagne, Barcellona, Figueró, [1710]

 SCENA II
 
 ELVIRA e detti
 
 ELVIRA
 Invitto, eccelso duce, a’ tuoi trionfi
 altro fregio non manca
 che il ben usarli. Hai vinto
 l’afro e l’ibero; or vinci
30la tua stessa vittoria e non ti renda
 favor di cieca sorte empio o superbo.
 Sono ispana e mi diede
 pari al natal spiriti illustri il cielo.
 L’esser tua prigioniera
35non è l’affanno mio. Stretto anche il piede,
 anche reciso il crine,
 seguirò Scipio e seguirollo in pace.
 Ma che sovra la mia
 sacra onestà, la militar licenza
40mediti nuove palme,
 questa, è questa, o signor, mia pena e tema.
 Ah! Tu mi sii custode,
 tu difensor. Se l’umil voto e giusto
 o t’irrita o ti offende,
45sappi che a me rimane
 da l’armi illeso e dal poter di Roma
 un magnanimo core,
 cor che a difender basta,
 anche a costo di sangue, il proprio onore.
 SCIPIONE
50(In sen di donna ha cor di eroe). Qual fia,
 Marzio, costei che ha tutta
 la beltà del suo sesso e tutta insieme
 la fortezza del nostro?
 MARZIO
                                          In lei tu scorgi,
 signor, la bella Elvira,
55a Cardenio germana,
 che in fertil suolo agl’Illergeti impera.
 Ne la vinta Cartago
 mio fu l’onor del suo servaggio. (Ah! Ch’io
 restai sua preda e tu lo sai, cor mio).
 SCIPIONE
60Regal vergine Elvira,
 Scipio tutta v’impegna
 l’autorità del grado
 in difesa e in favor. Roma ha per legge
 di onorar la virtù, non di oltraggiarla.
65Marzio, a te qui l’affido,
 anzi a la tua virtude. Essa nel campo
 ospite sia, non schiava. Amisi in lei
 il cor più che il sembiante;
 e la rara beltade a te soggetti
70vegga, al par de’ nemici, anche gli affetti.
 ELVIRA
 Ben degno sei de la tua fama...