Zenobia in Palmira, Barcellona, Figueró, [1708]

 SCENA VIII
 
 ASPASIA e DECIO
 
 DECIO
1095Tanto piacer di un sì fatal cimento?
 ASPASIA
 Col senso de l’offesa
 si misura il piacer de la vendetta.
 DECIO
 Più generosa, o bella,
 con chi troppo è infelice.
 ASPASIA
1100E che? Son io cagion che ’l mio nemico
 cerchi nel rischio suo la sua fortuna?
 Zenobia col suo voto è la crudele.
 Essa è la sua miseria e ’l mio contento.
 Or venga pur, combatta pur. S’ei perde,
1105il suo dolor val l’onta mia. S’ei vince,
 di Zenobia il rossor paga i miei torti.
 Basta un di questi sfoghi a’ miei pensieri.
 DECIO
 Ma Decio?
 ASPASIA
                       Decio m’ami e Decio speri.
 DECIO
 
    È un merto amore
1110quando è comando
 del bel che s’ama.
 
    E di quel core
 che sta sperando
 lieta è la brama.
 
 ASPASIA
1115Basta, basta così, già i due campioni
 del fasto e de l’amor Palmira attende.
 DECIO
 Mio terror, mia speranza è ’l dubbio evento.
 ASPASIA
 Vediam come il destin serva al mio sdegno.
 E poi...
 DECIO
                 Siegui.
 ASPASIA
                                 Non più. Chi diè speranza
1120ad un timido amor, disse abbastanza.
 
    Molto dice alor che tace
 ben sovvente la beltà.
 
    È un favor, che rende audace,
 quell’amor ch’ ella concede;
1125ed è pegno di mercede
 quella speme ch’ella dà. (Vanno a sedere nell’anfiteatro che tutto si riempie di spettatori)