Zenobia in Palmira, Barcellona, Figueró, [1708]

 SCENA IV
 
 ASPASIA e poi ZENOBIA e ODENATO
 
 ASPASIA
 Si lusinghi Farnace; o bella sorte,
 se agl’amanti superbi i lacci io rendo,
 e più bella se Decio... Io taccio e fingo. (Vedendo Zenobia e Odenato)
 ODENATO
580Bella Aspasia...
 ASPASIA
                               Eh, signor, Zenobia è bella.
 ZENOBIA
 Ragion vuol ch’egli onori
 col tuo volto il tuo nome.
 ASPASIA
                                               Io non son quella.
 Negletta e prigioniera...
 ODENATO
 Tal più non sei. Ti giovi ed a te piaccia
585ch’oggi la real caccia
 abbia il fasto maggior dagl’occhi tuoi.
 ASPASIA
 Mi arride il cielo. Io là verrò, se vuoi.
 ZENOBIA
 Vieni, ma lieta, e l’ire acerbe ammorza.
 ASPASIA
 Lieta dov’è Zenobia? Un’alma grande
590non soffre senz’orror pubbliche l’onte;
 né più mi fermo, ove del mio rifiuto
 e la cagione e ’l reo presenti io veggio.
 ZENOBIA
 Così?
 ASPASIA
              Così.
 ODENATO
                          Placa il furor.
 ASPASIA
                                                     Nol deggio.
 
    Son offesa; e sol mi resta
595de lo sdegno e del dolore
 l’infelice libertà.
 
    Tormi questa
 è un ingiuria e par favore,
 è un rigore e par pietà.