Zenobia in Palmira, Barcellona, Figueró, [1708]

 SCENA X
 
 DECIO, poi ODENATO
 
 DECIO
 Si temano in costui
375un genio scelerato,
 un amor disperato.
 ODENATO
                                      E qual ti accolse,
 amico duce, la sdegnosa Aspasia?
 DECIO
 Piena de l’odio tuo, de l’odio mio,
 a me niega perdono,
380a te cerca nemici e tenta offese.
 ODENATO
 A la concessa libertà sì ingrata?
 DECIO
 Vol partir vendicata
 o non uscir di sua prigione.
 ODENATO
                                                    Eh! Decio,
 di amor che la trattiene
385l’odio è un pretesto; e tanto
 non l’arresta in Palmira
 Odenato nemico,
 quanto Decio amator.
 DECIO
                                          Cieca ne l’ira
 ella spinge a’ tuoi danni
390la rabbia di Farnace e ’l mio dovere.
 Ma Farnace è impotente, io son romano.
 E bench’ella mercede a l’opra sia,
 amo più del suo amor la gloria mia.
 ODENATO
 Quanto può, tenti Aspasia. In te mi affido
395e Farnace non temo.
 DECIO
 La troppa confidenza
 è rea talvolta od è nociva.
 ODENATO
                                                I passi
 tu ne osserva e le trame.
 Poi nel parco real fa’ che disposta
400sia nobil caccia. A la guerriera idea
 de l’invita Zenobia offrir non posso
 spettacolo più degno
 ch’ove pugnano a gara
 con la stolida forza e braccio e ingegno.
 DECIO
405Che? Zenobia in Palmira?
 ODENATO
 Nel mio liberator trovai la stessa;
 e parte del suo bello
 vedine, o duce, in questo cerchio espressa. (Gli mostra il ritratto)
 DECIO
 
    Ciel cortese, il gran potere
410de’ suoi doni in lei mostrò. (Guardandolo attentamente)
 
    Tutto il grande in lei si vede;
 e quel volto a noi fa fede
 di quel bel che lo creò.