L’Engelberta (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744 (Engelberta)

 SCENA III
 
 ENGELBERTA e LODOVICO
 
 ENGELBERTA
 Miri Engelberta, quella
 che tua direi, se tua più fosse; miri
 la venefica donna,
 l’impudica consorte
1220che condannasti a morte e che, fra questi
 apparati funebri,
 più che nella tua reggia ha il suo riposo;
 quella miri, empio mostro, iniquo sposo.
 LODOVICO
 È gioia? È speme? È error? Sogno? Traveggio?
 ENGELBERTA
1225Non sogni, no; della tradita moglie
 queste son le sembianze. Essa ti parla,
 essa che un empio, un traditor ti chiama.
 LODOVICO
 Tal dunque a me tu riedi?
 ENGELBERTA
 E tal tu vieni alla mia tomba? Ancora
1230un falso pianto e vano
 qui dell’anima mia turba la pace?
 LODOVICO
 Falso il mio pianto? Ah! S’egli è ver che il core
 parli negli occhi, in questi
 tu vedi il mio...
 ENGELBERTA
                               Già il vidi. Un cor che cieco
1235mancò all’amor col non udirlo, un core
 che complice si fa del tradimento,
 credendo al traditore.
 LODOVICO
 È ver; ma il mio dolore è tua vendetta.
 ENGELBERTA
 Duol che l’onte non toglie, accresce l’onte
1240e pena gli si dee, più che perdono.
 Parti; né più ti vegga un’alma offesa
 funestar questi sassi.
 LODOVICO
 Con l’odio di Engelberta?
 ENGELBERTA
                                                 Odio ch’è giusto
 rispetto insegni e non audacia a’ rei.
 LODOVICO
1245Incauto errai.
 ENGELBERTA
                            No no, perfido errasti.
 Il tuo amor, la mia fé toglier dovea
 a te il sospetto, a me il periglio. Vanne.
 LODOVICO
 Senza perdon?
 ENGELBERTA
                              Noi merti, o dispietato.
 LODOVICO
 Mira quale io mi sia.
 ENGELBERTA
                                         Sei un ingrato.
 LODOVICO
1250È ver; ti condannai.
 O colpa! O cecità!
 ENGELBERTA
                                   Vane querele.
 LODOVICO
 Più non sono qual fui.
 ENGELBERTA
                                           Sei un crudele.
 LODOVICO
 E tal dunque si mora.
 Ben tosto, o mia Engelberta,
1255la tua vittima avrai.
 Ti plachi il sangue, ove non giova il pianto.
 Sì, morirò. Ma sciolta
 che sia l’alma infelice, a lei tu almeno
 stendi le amiche braccia
1260né ricusarle un dolce sguardo, in segno
 del tuo perdon. Felice,
 se a quest’ultimo voto almen consenti.
 Cara Engelberta, addio.
 ENGELBERTA
                                              Fermati e senti.
 Vivi; e s’è ver che temi
1265l’odio mio, vivi, o sposo. Un sì bel nome
 t’insegni a vendicarlo.
 Vanne. Augusto e marito, all’innocenza
 reca pubblica aita
 e l’onor tuo nell’onor mio difendi;
1270poscia il perdon, se pur lo brami, attendi.
 
    Vivi per mio comando
 ma vivi sospirando
 e vendica il mio onor.
 
    Punir vo’ la tua colpa
1275ma sol con la tua vita
 che sia per me discolpa
 e sia per te dolor.