L’Engelberta (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744 (Engelberta)

 SCENA II
 
 LODOVICO, OTTONE, poi ERNESTO dalla città con seguito
 
 OTTONE
30Cesare, al prence Ernesto
 recai gli ordini eccelsi. Ei frettoloso
 dalla città ver te già move i passi.
 LODOVICO
 Si ritiri ciascun. (Povero core!)
 OTTONE
 (Donde nasca mi è noto il suo dolore).
 ERNESTO
35Sire, le tue vittorie
 stancan la fama e...
 LODOVICO
                                      Qui non chiedo, Ernesto,
 di vane lodi ambiziosi omaggi.
 Libero parla e non celarmi il vero.
 ERNESTO
 Legge è di Ernesto un favellar sincero.
 LODOVICO
40Pria di partir duce guerriero al campo,
 ad Engelberta e a te commisi il freno
 del mio sovrano impero.
 ERNESTO
                                               E da quel giorno
 corser sei lune e sei.
 LODOVICO
                                        Vedovo letto
 tosto fa noia a giovanil beltade.
 ERNESTO
45Ne corregge l’ardor cauta onestade.
 LODOVICO
 Ah! D’Engelberta io temo.
 ERNESTO
 Timido è un grande amor.
 LODOVICO
                                                   Qui legga Ernesto; (Mostrandogli una lettera)
 ma pria giuri silenzio e fé prometta.
 ERNESTO
 Sai mia fede,
 LODOVICO
                            (O rossore!)
 ERNESTO
50(Comincia a respirar la mia vendetta). (Legge)
 «Cesare, in Engelberta,
 benché non corrisposti,
 ardono impuri affetti; e se non riedi,
 dall’atre vampe in breve
55fumo uscirà bastante
 ad offuscar della tua fama i rai.
 Pronto rimedio a vicin mal si chiede.
 Serve chi tutto è zelo e tutto è fede».
 Che lessi mai! (Godi, alma mia). (Rendendogli la lettera)
 LODOVICO
                                                               Tu, Ernesto,
60cui, me lontano, unir di augusta al fianco
 le pubbliche del regno ardue vicende,
 di’, chi svegliò l’ardor? Chi dell’iniqua
 ributtò le lusinghe?
 ERNESTO
 Dal crudel... cenno... assolvi... (Confuso)
 LODOVICO
65No no, ubbidisci; e s’ami
 il tuo sovrano o se lo temi, parla.
 ERNESTO
 Nol nego; errò Engelberta; e in basso affetto
 si avvilì la grand’alma.
 Amò, volle, tentò; ma risospinta
70penò nell’ozio de’ suoi voti e tacque;
 timida o disperata
 più non fallì...
 LODOVICO
                             Ma solo
 perché più non poté la scellerata;
 è altrui virtù quanto non è sua colpa.
 ERNESTO
75Ah, quegli è reo che non volendo ancora
 offende il suo signor.
 LODOVICO
                                         Sol dell’offese
 è misura il voler.
 ERNESTO
                                  (Sorte mi arride).
 LODOVICO
 Scuoprimi il fido.
 ERNESTO
                                   Alle tue piante il vedi... (S’inginocchia)
 LODOVICO
 Che?
 ERNESTO
             Sì, vedi prostrato il reo vassallo
80chiederti supplicante
 che tu in esso punisca un non suo fallo.
 LODOVICO
 Cieli!... Ernesto!
 ERNESTO
                                 Io quel sono, io l’infelice
 che piacque ad Engelberta e parve oggetto
 di facile trofeo, di debol fede.
85Me stesso odiai, dacché l’intesi; e senza
 l’impegno del mio grado
 lasciata avrei la fatal reggia e il regno,
 di viver più, di più mirarti indegno.
 LODOVICO
 Iniqua donna, o quanto
90più grave e più funesto
 m’era il tuo error, se mi toglieva Ernesto.
 O raro esempio d’amistà e di fede!
 Sorgi ed in grato amplesso,
 più che il tuo re, strigni il tuo amico.
 ERNESTO
                                                                    Io feci
95ciò che dovea.
 LODOVICO
                             Ciò ch’io pur deggio adempio.
 Ottone a me. Tu chiudi
 nel più cupo del sen l’alto segreto.
 ERNESTO
 Mancherò al viver mio, pria che al dovere.
 OTTONE
 Pronto al tuo cenno...
 LODOVICO
                                         In Aquisgrana, Ottone,
100riedi e fa’ che Engelberta
 tosto a me venga. In quella
 solitudine amena
 l’attenderò per mio riposo.
 OTTONE
                                                   Il cenno
 grato le fia. Gode esser solo amore.
 LODOVICO
105Fugge, Ernesto, d’esporsi
 alla pubblica vista il mio dolore.
 
    Selvagge amenità,
 tra voi ricercherà
 qualche riposo
110l’alma agitata.
 
    Splendor di corte,
 favor di sorte
 renderla illustre può
 ma non beata.