L’Engelberta (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1708 (Engelberta)

 SCENA V
 
 METILDE e poi ARRIGO
 
 METILDE
 Affetti miei, qui trionfar vedrete
 de la madre l’onor, qui de l’amante
 crescer il merto.
 ARRIGO
                                 E qui a Metilde, o bella,
1295la gloria d’esser mia render io voglio.
 METILDE
 La figlia di Engelberta in sul tuo soglio?
 ARRIGO
 La virtù de la madre
 fortuna è de la figlia. Un certo grido,
 che innocente la fa, qui mi richiama
1300al mio laccio primiero.
 METILDE
 Chi una volta ne uscì, più non vi rieda.
 ARRIGO
 Il cor torna con fasto...
 METILDE
 No no, resti dov’è.
 ARRIGO
 Per mio novo comando,
1305ei rivola al tuo seno.
 METILDE
                                       Ed io, signore,
 qui comando al mio sen che nol riceva.
 ARRIGO
 Di sì ingiusti rigori...
 METILDE
 Questo è campo di pugna e non di amori.