L’Engelberta (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1708 (Engelberta)

 SCENA IV
 
 METILDE ed ARRIGO
 
 METILDE
 Timida che mi fugga il caro bene,
965qui ’l seguo, ove poc’anzi
 rivolse il piè.
 ARRIGO
                           Qui me pur tragge amore
 su l’orme di Metilde.
 METILDE
                                         In fra gli amanti
 non è sempre il più caro il più importuno.
 ARRIGO
 E importuno tu chiami il più fedele?
 METILDE
970Gli affetti tuoi da questa fede assolvo.
 ARRIGO
 Odiar chi t’ama è crudeltà, o Metilde.
 METILDE
 Amar chi t’odia è stolidezza, o Arrigo.
 ARRIGO
 Ho soglio.
 METILDE
                      Ma nol curo.
 ARRIGO
 Ho merto.
 METILDE
                      Ma non piaci.
 ARRIGO
975Col voto della madre, amo la figlia.
 METILDE
 Nieghi la figlia il suo, l’altrui che giova?
 ARRIGO
 Sei tanto ingrata?
 METILDE
                                    Orsù, da quest’accusa
 nel tuo cor vo’ scolparmi.
 Vanne e fa’ che ’l tuo affetto
980sia di augusto un comando ed io l’accetto.
 ARRIGO
 
    Prometti?
 
 METILDE
 
                         Gli affetti...
 
 ARRIGO
 
 Ritorno a sperar.
 
    Mio bene.
 
 METILDE
 
                         Che spene?
 
 ARRIGO
 
 Sul soglio...
 
 METILDE
 
                        Che orgoglio?
 
 ARRIGO
 
985Ti vedo...
 
 METILDE
 
                    Nol credo.
 
 ARRIGO
 
 Vicina a regnar.