L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 SCENA II
 
 ENGELBERTA con guardie
 
 ENGELBERTA
 Del mio ingiusto consorte
 qui mi chiama un comando. Ombre romite,
 taciti orrori, solitarie fonti,
 sin che del mio destin giunga il momento,
995con voi ragiono. Almeno (Siede a’ piè d’un albero)
 alle mie voci intenti
 qui spererò que’ tronchi,
 troverò questi sassi,
 pietà che quel crudele
1000pur mi negò. Cotanto
 nel suo torto temé le mie querele.
 
    Usignuolo, che col volo
 sciogli il canto in verdi rami,
 vanne e di’, tu che ben ami,
1005al mio sposo il mio martiro.
 
    Di’ che cede alla mia fede
 ogni tronco in quelle piante,
 che ogni fronda è più costante
 di quel cor, per cui sospiro.
 
 
 
 

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