L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 SCENA VI
 
 BONOSO, poi METILDE ed ARRIGO
 
 BONOSO
 Qual vi lusinga, o sensi,
 vana promessa? Al grado,
 onde Arrigo si vanta,
 ceder conviene. Andiamo.
550Sia felice il rival ma non rammenti
 ne’ fasti suoi la mia presenza. Andiamo.
 Senza veder Metilde? O dio, non posso.
 A lei portar, prender da lei degg’io
 l’ultimo mio sospir, l’ultimo addio.
 METILDE
555Bonoso. (È fermato da Metilde)
 BONOSO
                   (Ahi vista! Ahi pena!)
 ARRIGO
                                                             Ecco l’audace.
 BONOSO
 (Moro di duol). Mia principessa, io parto.
 METILDE
 Or che giunge Metilde?
 ARRIGO
 Parta egli pur.
 METILDE
                             Forse il mio volto, parla,
 di Bonoso alle luci oggi è molesto?
 ARRIGO
560Il duce è mio rival. (A Metilde)
 METILDE
                                      Che importa questo? (Ad Arrigo)
 BONOSO
 Metilde, un de’ tuoi sguardi è la mia sorte.
 METILDE
 Siegui; e che paventi?
 ARRIGO
 (E ’l soffro?)
 BONOSO
                          Bella, addio.
 METILDE
                                                   No, qui trattienti. (Di nuovo lo ferma)
 Ov’è quel cor che fido
565tante fiate giurasti?
 BONOSO
                                       In questo seno;
 e perderti non sa senza morire.
 ARRIGO
 Questo è troppo favor, quel troppo ardire. (A Metilde e poi a Bonoso)
 Bonoso, usa discreto
 del mio soffrir. Sugli occhi miei si tenta
570una beltà ch’è mia?
 METILDE
                                       Vanto mendace.
 ARRIGO
 Il voler di Engelberta
 ogni tua speme atterra.
 BONOSO
                                             Arrigo...
 METILDE
                                                               Eh taci. (A Bonoso)
 Ascolta, io son la rea. (Ad Arrigo)
 La sua speme, il suo amor mia colpa fassi
575né l’avresti rival, s’io non l’amassi.
 BONOSO
 Per me parlò Metilde; a lei rispondi.
 ARRIGO
 Sì orgoglioso ad un re?
 BONOSO
                                            Questo è ’l sol nome
 di cui lice vantarti
 sovra di me.
 ARRIGO
                          Taci, superbo, e parti.
 METILDE
580Cessin le gare e l’ira; e la presenza
 di vergine real meglio rispetta.
 ARRIGO
 Ceda l’audaci brame.
 BONOSO
 Le condanni Metilde e qui le cedo.
 ARRIGO
 Offrile un regno e l’ama.
 BONOSO
585Non fa la sorte il merto. In minor grado
 pure aspiro al suo amor.
 ARRIGO
                                               Non ne sei degno.
 BONOSO
 Io degno non ne son? Bella, perdona;
 e ad un cimento in campo
 qui t’invitto con l’armi e là ti aspetto.
 ARRIGO
590Vieni re qual io sono e allor t’accetto.
 
    Non è degno d’amar quel sembiante
 chi regnante nel soglio non l’ama.
 
    Vago seno che gli ostri non cinge,
 biondo crin cui corona non stringe
595men vezzoso e men bello si chiama.
 
 
 
 

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