L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 SCENA V
 
 LODOVICO e poi BONOSO
 
 LODOVICO
 Va’ del tuo fallo altera, iniqua donna,
 ma impunita  non già de la tua pena.
 Sia preludio fatal che dal mio labbro
 tolto ti sia di sposa il nome. Al duce
525si ascondan l’onte mie.
 BONOSO
                                            Signor, perdona
 se un tenero dolor chiama in soccorso
 la tua pietà.
 LODOVICO
                         Che sì ti afflige?
 BONOSO
                                                         Arrigo
 da’ cenni di Engelberta
 già ottenne di Metilde
530e la destra e la fé.
 LODOVICO
                                   Ne ottenne il core?
 BONOSO
 Nol so.
 LODOVICO
                Non si disperi.
 BONOSO
 Per farmi sventurato, altro non manca
 che il tuo assenso. Ah! Se tanto
 ha di merto il mio acciar quanto ha di speme,
535dal labbro imperial non esca il voto
 od esca in mio favor.
 LODOVICO
                                         Regge Engelberta
 il suo destin. Pur rasserena il ciglio;
 ed in tuo pro quanto mi lice attendi.
 BONOSO
 Se ho da te un sì gran ben, vita mi rendi.
 LODOVICO
 
540   Non ti vuo’, no, senza speme,
 sin che hai merto di sperar,
 sin che hai brama di goder.
 
    Ben sovente amor che teme
 si fa autor del suo penar
545e tradisce il suo piacer.
 
 
 
 

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