L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 SCENA IX
 
 ENGELBERTA ed OTTONE
 
 ENGELBERTA
 Ottone, agli altrui mali
 cerco riposo e non lo trovo a’ miei.
 OTTONE
 Nel consorte sovran l’hai già vicino.
 ENGELBERTA
315Chi sa se ne lo sposo
 rivedrò ancor l’amante?
 OTTONE
                                              In rii sospetti
 t’agiti inutilmente. Il cor di augusto,
 qual ape o qual farfalla,
 spiega il volo a più fiori e un sol ne sugge;
320a più lumi s’aggira e un sol lo strugge.
 ENGELBERTA
 Deh! Qual mortal veleno
 spargi su la mia piaga? Ei puote adunque
 arder per altro bel?
 OTTONE
                                      Ma negl’altrui
 forse un raggio cercò de’ tuoi begl’occhi.
 ENGELBERTA
325Engelberta lontana
 non fu ’l suo amor, com’ei fu solo il mio.
 OTTONE
 Cesare ne la reggia è fido sposo.
 ENGELBERTA
 E cesare nel campo?
 OTTONE
                                        In mezzo a quella
 licenza militar, con l’altre leggi
330anche quella d’amor tace e si obblia.
 (Si fomenti in costei la gelosia).
 ENGELBERTA
 (Smanie d’alma fedel, purtroppo, o dio!
 me ne foste presaghe). Intendo, intendo.
 La segreta cagion del suo dolore
335è la sua infedeltà. Mesto egli riede,
 perché riede a una moglie,
 e fugge questa reggia, ov’ei mi diede
 la mal serbata fede.
 OTTONE
 (Ottone, è tempo, a l’arte).
340Tal senso ho de’ tuoi mali
 che con la mia pietà mi è forza offrirti
 l’opra mia a tuo soglievo.
 ENGELBERTA
                                                In che giovarmi
 può l’ingegno di Otton?
 OTTONE
                                              Nel dar la morte
 a quel verme letal che il sen ti rode.
 ENGELBERTA
345Qual arte giunge e qual potere a tanto?
 OTTONE
 Di pregiato liquor sol una stilla.
 ENGELBERTA
 Fole mi narri.
 OTTONE
                             Egizio schiavo in prezzo
 de la sua libertà mel diè poc’anzi;
 uso ne feci e non indarno. Un sorso,
350che ne assagi il tuo sposo,
 ammorzerà quel mal concetto ardore
 che al suo dover lo toglie ed al tuo core.
 ENGELBERTA
 Eh l’amor di un marito
 non ravviva per sorsi. A nuova vita
355può richiamarlo pudicizia e fede.
 OTTONE
 Chi vuol perir non crede
 a quella man che può sanarlo.
 ENGELBERTA
                                                        Andiamo
 ove augusto ci attende e dove ei veggia
 fra pompe non volgari
360il non vile mio affetto. Amante e sposo
 me lo diede e mel serbi amor pudico.
 OTTONE
 (Non fia sempre a’ miei voti il ciel nemico).
 ENGELBERTA
 
    Costanza ed onestà
 mi renderà amoroso
365il caro dolce sposo;
 e la sua infedeltà
 trofeo per me sarà
 se non mercede.
 
    Forza non può sanar
370di magico liquor
 l’affanno mio;
 sol racquistar poss’io
 amore con amor,
 fede con fede.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 
 

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