L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 SCENA III
 
 ERNESTO ed OTTONE
 
 ERNESTO
 Amico, a la tua fede
 deggio la vita e in breve
135dovrò un bene maggior, la mia vendetta.
 OTTONE
 Ch’io sia duce primiero
 de’ cesarei custodi, opra è di Ernesto;
 e che Ernesto in me trovi
 un’alma grata, è sol mio voto, o prence.
 ERNESTO
140Ma per qual via giunse al monarca il foglio?
 OTTONE
 Ne la sua tenda, ove il deposi, ei scosso
 d’alto sonno il rinvenne.
 ERNESTO
 Vada or l’altera e quell’amor rifiuti
 che le offersi in trofeo, spoglia non vile.
 OTTONE
145Amor solo soggiorna in cor gentile.
 ERNESTO
 Vada or l’ingrata e le minacce e l’onte
 opponga a la mia fé.
 OTTONE
                                        Fu solo orgoglio
 ciò che di grande ella portò sul soglio.
 ERNESTO
 Da quella man, che ne sostiene il fasto,
150ne avrà la pena. Infida
 già cesare la crede e forse il cenno,
 ch’a la reggia la toglie,
 al supplizio la guida.
 OTTONE
                                        Ah! Ch’ella è moglie,
 e moglie a pro di cui
155parla un tenero amor nel cor di lui.
 Nuove colpe in lei finga
 l’odio comun. Sai che qual tu nemico
 sono anch’io d’Engelberta.
 Tu l’odi, perché ingrata
160ributtò le tue fiamme, io perché avversa
 i gradi meritati a me contese.
 Te ne l’amore e me nel fasto offese.
 ERNESTO
 Che far pensi?
 OTTONE
                              Il mio zelo e ’l tuo periglio
 darà stimolo a l’opre, arte al consiglio.
 
165   Non manca a lo sdegno,
 che cerca vendette,
 ingegno e valor.
 
    San coglier nel segno
 ben tese saette,
170se al par de la mano
 le vibra anche il cuor.
 
 
 
 

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