L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 ARGOMENTO
 
    Lodovico II imperadore sposò Engelberta, figlia di un duca di Spoleti e che prima era stata maritata ad un altro principe, di cui aveva una figlia per nome Metilde. Dispiacque a’ grandi dell’impero un matrimonio, creduto troppo diseguale, ma principalmente ad Ernesto, che Lodovico aveva lasciato vicario imperiale nel tempo che si portò a domare li Saraceni, e ad Ottone, capitano delle guardie cesaree; onde come amici ed egualmente interessati a perder quella sfortunata principessa, quegli perché, avendola ricercata amorosamente, n’ebbe un virtuoso rifiuto e questi perché, nella pretensione di certa carica, supponeva d’aver avuta contraria l’imperadrice, machinarono la di lei caduta, accusandola all’imperadore marito, nel suo ritorno, come rea di adulterio. Non contenti di questa trama o temendo che non bastasse a farla perire, impercioché sapevano quanto l’imperadore l’amasse teneramente, trovarono il modo di fargli credere ch’essa pensase di avvelenarlo, con un artificio di Ottone, del quale troppo si fidò la semplice ed innocente Engelberta; siché, commosso dall’orrore di questo secondo delitto, l’imperadore pensò di farla morire, commettendone l’esecuzione a Bonoso, duca di Arles, che si trovava nella corte imperiale ed amava appassionatamente Metilde, ancorché promessa da Engelberta ad Arrigo, principe reale di Norvegia. Nell’atto di eseguire tal colpo, del quale il saggio duca si era caricato per salvar Engelberta, la quale egli si figurava esser innocente, si accertò della calunnia e, sebbene raccontò all’imperadore d’averla uccisa quando infatti non avea, per un giusto gastigo del cielo contro di Ottone, ucciso che il medemo, protestò però altamente ch’Ernesto era calunniatore e produsse con una lettera, a lui consegnata da Engelberta, le chiare prove che veramente esso Ernesto l’aveva falsamente accusata per timore di perdere la propria vita. Ma perché, se bene manifestamente convinto, sosteneva il traditore d’essere innocente, ordinò Lodovico che in un singolare cimento egli sostenesse, conforme l’uso di que’ tempi, la vantata innocenza a fronte del valoroso Bonoso. Comparsi nello steccato ed agitato dall’interne smanie del suo rimorso, l’iniquo Ernesto cadde in un delirio così frenetico che manifestò tutte le trame con sommo dolore dell’imperadore, credendo morta la sua Engelberta, la quale opportunamente era stata già preservata e poi gli fu restituita da Bonoso, riportandone esso in ricompensa le nozze con Metilde e la dichiarazione della ducea d’Arles in regno. L’artificio, con il quale Ottone somministrò alla credula Engelberta un veleno, supponendo alla medesima che quello fosse una bevanda amatoria, da lei ricercata per ricuperar l’amore di Lodovico, di cui era gelosa e dal quale si vedeva freddamente accolta, è un fatto susseguentemente accaduto sotto un altro imperadore e che si fa servire all’intreccio del drama presente, conforme la lodevole libertà di farlo che ne dano gli esempi d’altri autori.
 
 
 
 

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