Flavio Anicio Olibrio (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 PLACIDIA, OLIBRIO e FEDELE
 
 OLIBRIO
 E t’odo e non ti sveno, empio regnante?
 FEDELE
355Ferma.
 PLACIDIA
                 Se sol per me l’arme impugnasti,
 assai, perfido, assai
 a vincer ti rimane e nulla oprasti.
 OLIBRIO
 Quanto deggio a tuo amor!
 PLACIDIA
                                                   Dell’amor mio
 tu sei tutto il periglio.
 OLIBRIO
360Temi e son teco?
 PLACIDIA
                                  I mali miei non temo.
 Pavento i tuoi. Deh parti.
 OLIBRIO
                                                 E ch’io ti lasci
 vittima inerme all’amator tiranno?
 PLACIDIA
 Sarò Placidia.
 OLIBRIO
                            Udii le sue minacce.
 PLACIDIA
 E udisti ancor la mia costanza. Ho petto
365per morire, o mio ben, non per mancarti.
 OLIBRIO
 E anch’io l’ho per morir, non per lasciarti.
 PLACIDIA
 Sin qui pregai. Già tel comando. Vanne.
 E se a Roma ti chiama il tuo gran core,
 torna da eroe, da vincitor.
 OLIBRIO
                                                  Almeno...
 PLACIDIA
370Più non opporti. Vanne.
 Affretta una vittoria
 sì dolce a noi. Vanne, ritorna e vinci.
 Servi insieme a Placidia e la tua gloria.
 
    Spero dal tuo valor
375la cara libertà.
 Sovvengati che sei la mia speranza.
 
    Vanne a pugnar per me,
 che col fiero amator
 per te combatterà la mia costanza.