Flavio Anicio Olibrio (Zeno e Pariati), Venezia, Rossetti, 1707

 SCENA IX
 
 PLACIDIA, poi OLIBRIO con FEDELE dal boschetto
 
 PLACIDIA
235Palpita l’alma; il piè mal regge; il sangue
 agghiaccia ne le vene;
 ed un freddo sudore
 mi sparge il volto e mi ripiomba al core.
 FEDELE
 Seco ti lascio; io farò sì che alcuno
240non vi turbi improvviso. (Si ritira)
 OLIBRIO
 Cara mia principessa,
 bella Placidia, a’ piedi tuoi pur torna,
 torna il misero Olibrio...
 PLACIDIA
                                               Ah! Prence, in quale
 tempo ritorni? Anch’io
245ben sospirava un sì felice istante;
 ma dovevi affrettarlo
 per mio riposo o più tardarlo almeno,
 che noi saremmo intanto
 tu fuori di periglio, io fuor di pianto.
 OLIBRIO
250La serie de’ miei casi a te ben nota
 scusa le mie dimore.
 De’ tuoi rischi e de’ miei
 accelerai sul primo avviso i passi;
 e se a tempo non fui di ripararli,
255eccomi in Roma.
 PLACIDIA
                                  E solo,
 solo il tuo arrivo i miei timori accresce.
 OLIBRIO
 Sol noto a te, chi può tradirmi?
 PLACIDIA
                                                           Il fato.
 Io già ne fremo, io ne sospiro... Ah! Parti.
 Abbi, s’è ver che m’ami,
260pietà non più di te ma di me stessa.
 OLIBRIO
 Ma se il tiranno...
 PLACIDIA
                                   In me confida e parti.
 OLIBRIO
 Placidia, io morirò pria che lasciarti.
 PLACIDIA
 Crudel...
 FEDELE
                   Tosto ecco genti.
 PLACIDIA
 È Ricimero.
 OLIBRIO
                         Non temerne; ad esso
265noto non son.
 PLACIDIA
                            Ma chiederà qual sei.
 OLIBRIO
 Digli romano ed a te servo.
 PLACIDIA
                                                    O dei!
 OLIBRIO
 Tu colà attendi. (A Fedele)
 FEDELE
                                E starò pronto a l’uopo. (Si ritira)