La Svanvita (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 RODERICO, ASMONDO, poi REGNERO e SIGIBERTO con dani, goti e frisoni
 
 RODERICO
 Tanta bellezza e tanto sdegno?
 ASMONDO
                                                         Un’ira
 è valor quando è giusta.
 RODERICO
730Ma qual campion con Sigiberto?
 ASMONDO
                                                             (Cieli!
 Che dirò). Quegli, o sire,
 è il sommo duce, al cui gran braccio illustre
 fidò la Dania il regal pegno e l’armi.
 RODERICO
 Mel disse il cor, pria che il tuo labbro. In lui
735conobbi ’l mio rival.
 SIGIBERTO
                                       Cauto t’infingi.
 RODERICO
 In fresca età merto sì grande? Attendi.
 So che col tuo consiglio
 regge Svanvita il suo voler.
 REGNERO
                                                   (Che sento).
 ASMONDO
 Al mio re noto sei.
 REGNERO
                                    (lo son tradito).
 ASMONDO
740Ei sa che sopra i Dani
 tieni ’l posto primiero e che Svanvita
 guidasti a noi.
 REGNERO
                             (Respiro).
 RODERICO
 Qui la guidasti alle mie nozze?
 REGNERO
                                                          È vero.
 RODERICO
 Or sdegnata è la bella. Non più sposa
745ma nimica si giura. Amico, io bramo...
 REGNERO
 Taci, taci un tal nome. Roderico,
 se Svanvita oltraggiò, m’abbia nimico.
 Svanvita è offesa; e seco
 la Dania è provocata.
750Dal grado mio riceve
 gran parte dell’affronto e dello sdegno.
 Se la vergine eccelsa
 meco si regge, a una mortal vendetta
 stimolarla degg’io, pria che al perdono;
755e se la vuole, il primo a farla io sono.
 RODERICO
 Temerario valor!
 SIGIBERTO
                                  Giusto ardimento.
 RODERICO
 Duce, la tua Ildegonda
 non è più la mia fiamma. Essa riaccenda;
 e l’esser dono mio più t’innamori.
 SIGIBERTO
760Tardo è il pensier.
 RODERICO
                                    Tu pur minacci?
 SIGIBERTO
                                                                    All’armi
 vo’ sol doverla; e perch’io l’ami, è d’uopo
 ch’ella sia mia conquista e non tuo dono.
 RODERICO
 Tanto ti offendi? Or via. La Frisia armata
 tutta la Gozia innondi;
765e tu, suo duce, i torti tuoi palesa.
 SIGIBERTO
 La vendetta dirà qual fu l’offesa.
 RODERICO
 
    M’apre in seno, col dardo di un guardo,
 dolce amor così vaga una piaga
 che d’ogni altra si scorda il mio cor.
 
770   E mi accende facella sì bella
 che di quella, che fu mio contento,
 più non sento né bramo l’ardor.