La Svanvita (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 SVANVITA e poi REGNERO ed ASMONDO
 
 SVANVITA
 Scende Regnero. Il cor, che in sen mi balza,
 forse teme in que’ rai le sue ferite.
 
    Già nel sen palpita il core
320e agitata l’alma sento.
 
    Se presagio sia d’amore,
 non lo so ma lo pavento.
 
 REGNERO
 
    Quando tra i fiori
 scherza il ruscello,
325va dicendo a questo e quello:
 «Io son pur dolce, o fiori, io son pur chiaro».
 
    Ma se gli umori
 al mare invia,
 perde tosto il bel di pria
330e torbido diventa e fassi amaro.
 
 Asmondo, il rio mi dice
 che la mia povertade è un’innocenza.
 ASMONDO
 Oggi alle tue sciagure
 forse cortese il ciel segna le mete.
 REGNERO
335Mai ciò che piace al ciel non è sciagura.
 SVANVITA
 (Alma innocente e pura).
 ASMONDO
 Ecco il prence infelice. (A Svanvita)
 SVANVITA
 Quel regio aspetto e quel gran cor mel dice.
 REGNERO
 (Ma qual rara beltà).
 ASMONDO
                                         Questa che vedi
340è Svanvita, a cui serve
 la Dania intera, a cui la Gozia...
 REGNERO
                                                           Inchino
 del nome il merto e la beltà del volto.
 SVANVITA
 (Tel predissi, mio cor; non sei più sciolto).
 Torni Asmondo alla reggia.
345Dica ad Olao che offesa
 mi aspetti e vendicata. A Roderico
 dica che in Ildegonda
 goda il suo amore e in me lo tema; e dica
 ch’io venia sposa e giungerò nimica.
 ASMONDO
350(Ch’odo! Ildegonda). Ubbidirò. Tu intanto
 spera e confida.
 
    Quel valor, quella bellezza
 ti renderà
 la tua felicità, la tua grandezza.