La Svanvita (Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 RODERICO e SIGIBERTO
 
 RODERICO
110Sigiberto, il mio grado
 questo esige da te primo dovere,
 che si sveni ’l tuo affetto al mio piacere.
 SIGIBERTO
 Che? Non intendo.
 RODERICO
                                     Il so. Comincio il regno
 da un ingiusto desio;
115ma più ingiusto è l’amor che in me lo desta.
 SIGIBERTO
 Di quale amor, dacché è regnante e sposo,
 Roderico favella?
 RODERICO
 Di quel che m’arde in sen per Ildegonda.
 SIGIBERTO
 Ildegonda? L’oggetto
120de’ voti miei?
 RODERICO
                             Gli eroi, qual Sigiberto,
 altro oggetto non han che la lor gloria.
 SIGIBERTO
 I re, qual Roderico,
 altro impegno non han che la lor fede.
 RODERICO
 E chi per Ildegonda a te la diede?
 SIGIBERTO
125Premio de’ miei trionfi,
 Torilda a me...
 RODERICO
                              Già chiuse
 Torilda i giorni estremi;
 tu da un re successor spera altri premi.
 SIGIBERTO
 I non chiesti ricuso,
130poiché mi neghi i meritati...
 RODERICO
                                                      Meglio
 chi ti parla conosci. Ove ho la reggia
 rival non soffro. Di un regnante il voto
 si riceva in comando e si ubbidisca.
 SIGIBERTO
 Si ubbidisca il comando, o Roderico,
135da chi suddito nacque; io, di te al pari,
 nacqui libero e prence;
 né altre leggi ha la Frisia,
 fuorché da Sigiberto, e le ha più giuste.
 RODERICO
 Vanne dunque e la Frisia
140sia di amori e di glorie a te feconda.
 Qui sia re Roderico e sua Ildegonda.
 
    Non vo’ che mi contrasti
 audacia di rival
 l’amato bene.
 
145   Al tuo piacer già basti
 che un affetto real
 innalzi la beltà
 ch’era tua spene.