La Svanvita (Pariati), Milano, Malatesta, 1707

 SCENA V
 
 RODERICO, ASMONDO, poi REGNERO e SIGIBERTO con dani, goti e frisoni
 
 RODERICO
 Tanta bellezza e tanto sdegno?
 ASMONDO
                                                         Un’ira
730è valor quando è giusta.
 RODERICO
 Ma qual campion con Sigiberto?
 ASMONDO
                                                             (Cieli!
 Che dirò?) Quegli, o sire,
 è ’l sommo duce, al cui gran braccio illustre
 fidò la Dania il regal pegno e l’armi.
 RODERICO
735Mel disse il cor, pria che ’l tuo labbro. In lui
 conobbi il mio rival.
 SIGIBERTO
                                        Cauto t’infingi.
 RODERICO
 In fresca età merto sì grande? Attendi.
 So che col tuo consiglio
 regge Svanvita il suo voler.
 REGNERO
                                                   (Che sento!)
 ASMONDO
740Al mio re noto sei.
 REGNERO
                                    (lo son tradito).
 ASMONDO
 Ei sa che sovra i Dani
 tieni ’l posto primiero e che Svanvita
 guidasti a noi.
 REGNERO
                             (Respiro).
 RODERICO
 Qui la guidasti a le mie nozze?
 REGNERO
                                                          È vero.
 RODERICO
745Or sdegnata è la bella. Non più sposa
 ma nemica si giura. Amico, io bramo...
 REGNERO
 Taci, taci un tal nome. Roderico,
 se Svanvita oltraggiò, m’abbia nemico.
 Svanvita è offesa; e seco
750la Dania è provocata.
 Dal grado mio riceve
 gran parte de l’affronto e de lo sdegno.
 Se la vergine eccelsa
 meco si regge, a una mortal vendetta
755stimolarla degg’io, pria ch’al perdono.
 E se la vuole, il primo a farla io sono.
 RODERICO
 Temerario valor.
 SIGIBERTO
                                  Giusto ardimento.
 RODERICO
 Duce, la tua Ildegonda
 non è più la mia fiamma. Essa riaccenda;
760e l’esser dono mio più t’innamori.
 SIGIBERTO
 Tardo è ’l pensier.
 RODERICO
                                    Tu pur minacci?
 SIGIBERTO
                                                                    A l’armi
 vuo’ sol doverla; e perch’io l’ami, è d’uopo
 ch’ella sia mia conquista e non tuo dono.
 RODERICO
 Tanto ti offendi? Or via, la Frisia armata
765tutta la Gozia innondi;
 e tu, suo duce, i torti tuoi palesa.
 SIGIBERTO
 La vendetta dirà qual fu l’offesa.
 RODERICO
 
    Mi apre in seno, col dardo d’un guardo,
 dolce amor così vaga una piaga
770che d’ogn’altra si scorda il mio cor.
 
    E mi accende faccella sì bella
 che di quella, che fu il mio contento,
 più non sento né bramo l’ardor.