La Svanvita (Pariati), Milano, Malatesta, 1707

 SCENA III
 
 RODERICO e SIGIBERTO
 
 RODERICO
 Sigiberto, il mio grado
 questo esigge da te primo dovere,
 che si sveni il tuo affetto al mio piacere.
 SIGIBERTO
115Che? Non intendo.
 RODERICO
                                     Il so. Comincio il regno
 da un ingiusto desio;
 ma più ingiusto è l’amor che in me lo desta.
 SIGIBERTO
 Di quale amor, dacché è regnante e sposo,
 Roderico favella?
 RODERICO
120Di quel che m’arde in sen per Ildegonda.
 SIGIBERTO
 Ildegonda? L’oggetto
 de’ voti miei?
 RODERICO
                             Gli eroi, qual Sigiberto,
 altr’oggetto non han che la lor gloria.
 SIGIBERTO
 I re, qual Roderico,
125altro impegno non han che la lor fede.
 RODERICO
 E chi per Ildegonda a te la diede?
 SIGIBERTO
 Premio de’ miei trionfi,
 Torilda a me...
 RODERICO
                              Già chiuse
 Torilda i giorni estremi;
130tu da un re successor spera altri premi.
 SIGIBERTO
 I non chiesti ricuso,
 poiché mi nieghi i meritati...
 RODERICO
                                                       Meglio
 chi ti parla conosci. Ove ho la reggia
 rival non soffro. Di un regnante il voto
135si riceva in comando e si ubbidisca.
 SIGIBERTO
 S’ubbidisca il comando, o Roderico,
 da chi suddito nacque; io, di te al pari,
 nacqui libero e prence;
 né altre leggi ha la Frisia,
140fuorché da Sigiberto, e le ha più giuste.
 RODERICO
 Vanne dunque e la Frisia
 sia d’amori e di glorie a te feconda.
 Qui sia re Roderico e sua Ildegonda.
 
    Non vuo’ che mi contrasti
145audacia di rival
 l’amato bene.
 
    Al tuo piacer già basti
 che un affetto real
 innalzi la beltà
150ch’era tua spene.