L’amor generoso, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 SIVARDO e i suddetti
 
 SIVARDO
 L’ira di Alvilda non ammette indugi.
 Tosto a lei vada il prence; o a noi le grida
920verran de’ moribondi
 e dell’arsa città l’alte faville.
 Con novo araldo ella il minaccia e il giura.
 FRILEVO
 E non ti move ancor tanta sciagura?
 ALDANO
 Che? Manca a noi virtù e coraggio? Alvilda
925darà leggi alla Dania?
 All’armi, o re. Sivardo, all’armi. Io tutti
 precederò; vibrerò i colpi. All’armi.
 FRILEVO
 Di un inutile ardir non lusingarti.
 Perduta è la città, sorpreso è il porto,
930assediata la reggia.
 SIVARDO
                                      I Dani istessi
 fan ragione ad Alvilda.
 FRILEVO
 Deh, germano.
 SIVARDO
                              Deh, prence,
 vinci il tuo amor.
 FRILEVO
                                  Vinci te stesso e regna.
 SIVARDO
 Pietà de’ nostri mali.
 FRILEVO
935Pietà de’ tuoi.
 SIVARDO
                             Gradisci
 un talamo reale.
 FRILEVO
 E un trono, a cui t’invita
 l’amor di una regina.
 ALDANO
                                         Amo Girita.
 FRILEVO
 E in te gli ultimi sforzi
940tenti Girita istessa. Addio, spietato.
 (S’ei fia sposo di Alvilda, io son beato).
 
    La man che ti alza al trono,
 crudel, non disprezzar.
 
    Sprezzato nel suo dono,
945il ciel si può sdegnar. (Si parte)
 
 SIVARDO
 
    L’amor, ch’è tua grandezza,
 noi lieti ancor farà.
 
    Sarà comun salvezza
 la tua felicità.